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A Scandolara Ravara festa per il ritorno del “San Gregorio Magno” rubato nel 2000

Quella del 20 marzo è stata una giornata di particolare significato per la comunità di Scandolara Ravara che ha visto tornare a casa un’opera trafugata il 9 maggio 2000 proprio dalla chiesa parrocchiale. Il dipinto, olio su tela risalente al XVIII secolo, raffigurante San Gregorio Magno è stato riconsegnato al parroco don Ettore Conti dal tenente colonnello Giuseppe Marsiglia, comandante del Gruppo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza.

La riconsegna è avvenuta proprio davanti alla chiesa parrocchiale, in una piazza gremita dai bambini della scuola elementare del paese che hanno partecipato all’evento sventolando bandierine dell’Italia. Presente anche don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali ecclesiastici, alla presenza anche del collaboratore parrocchiale don Luigi Carrai, dei militari che hanno reso possibile il ritrovamento dell’opera e i Carabinieri della locale stazione.

L’indagine condotta dal Nucleo Carabinieri TPC di Genova, coordinato dalla Procura della Repubblica di Bergamo, ha avuto origine nel luglio 2022 quando l’opera d’arte è stata localizzata su un catalogo di una casa d’asta del capoluogo ligure. L’individuazione del bene all’interno della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, gestita dal Comando TPC, la più grande banca dati di settore esistente al mondo per il volume di immagini e dati informatizzati in essa contenuti, ha dato avvio all’attività investigativa finalizzata al rintraccio della tela trafugata.

L’indagine ha portato al sequestro del significativo dipinto, rintracciato in provincia di Bergamo, e ha permesso di identificare, in tre soggetti del luogo, i responsabili della commercializzazione dello stesso.

Il dettagliato quadro probatorio fornito all’Autorità Giudiziaria Bergamasca ha determinato l’emissione del provvedimento di dissequestro e restituzione dell’opera d’arte alla sua comunità parrocchiale.

Il lavoro non è però finito. Ora sarà necessario analizzare l’opera per capirne la derivazione e le origini. A una prima analisi non sembrano essere stati fatti interventi di restauro moderni sulla tela.

«Gregorio Magno è uno dei quattro padri della Chiesa e sicuramente in passato questa opera era posta vicino alle altre tre oggi conservate nella sagrestia, e dove ora anche questa tela farà ritorno».




Università Cattolica, con il Dies academicus inaugurati i festeggiamenti per i 40 anni di presenza a Cremona

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Con il dies academicus celebrato nella mattinata di mercoledì 20 marzo presso il campus di Santa Monica, l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha ufficialmente aperto le celebrazioni del quarantesimo anniversario di presenza a Cremona.

La mattina di festa in via Bissolati è iniziata alle 10 con la Messa presieduta dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni nella cappella del campus, un momento di preghiera concelebrato da don Maurizio Compiani, assistente dell’Università Cattolica di Cremona, don Luca Ferrari, assistente del campus di Piacenza, padre Scaria Thuruthiyil e don Matteo Tolomelli.

«Il rischio di non avere futuro fa soffrire, spinge a chiudersi ulteriormente in se stessi – ha detto Napolioni nell’omelia – ma i giovani sono capaci di intuizioni radicali, di bellezza, di slancio, di dono, di amore, di poesia, di musica, dove la musica non è evasione, ma canto dell’anima». Rivolgendo un augurio agli studenti, il vescovo ha spiegato che «la possibilità di rimanere nella prova, nel tempo che cambia davanti alle sfide, in compagnia della Parola che ci libera, che genera la vera libertà, è la grande notizia che certi nostri attaccamenti miopi non riescono ad accogliere, ma che il cuore di un giovane può sempre accogliere, specie se incontrano maestri e testimoni dello stesso percorso di ricerca di vera libertà».

Dopo la celebrazione è stata scoperta la targa dedicata di ringraziamento alla Fondazione Arevedi Buscini che ha reso possibile il restauro e la nascita del campus Santa Monica, nel contesto di un più ampio progetto universitario per la città del Torrazzo. Presente insieme alla moglie Luciana Buschini il cav. Giovanni Arvedi: «Il futuro è qui – ha detto al termine della breve cerimonia – facciamo sì che questi ragazzi trasformino l’energia in materia. Non abbiate paura di andare avanti e accettate le sfide».

 

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Quindi in aula magna il magnifico rettore Franco Anelli ha tenuto il discorso introduttivo dell’anno accademico, nel quale ha in più occasioni ricordato la generosità di chi ha reso possibile la creazione di questo Campus all’avanguardia sia dal punto di vista architettonico sia per quanto riguarda la proposta curricolare dei corsi di formazione. Il magnifico rettore ha ripercorso i momenti che nel corso degli anni hanno reso l’Università Cattolica di Cremona una delle realtà protagoniste del panorama innovativo e culturale di Cremona, sottolineando che «la creazione di questo ateneo nasce da un bisogno antico di formazione, di istruzione e di condivisione delle conoscenze che già si segnalava alla fine dell’Ottocento». La Cattolica di Cremona emerge per competenze e per qualità, infatti «lo sforzo dell’ateneo prosegue intensamente: abbiamo potenziato l’offerta formativa con l’aggiunta di tre corsi di studio magistrale e un altro arriverà il prossimo ottobre. Lo scopo è quello di formare protagonisti competenti e autorevoli nel mondo del mercato moderno».

Dopo il saluto del sindaco Gianluca Galimberti, la mattina è proseguita con la prolusione del professor Lorenzo Morelli, professore di Microbiologia agraria sul tema “Studiare l’invisibile per la salute: dalla microflora al microbiota” e la lectio di Ettore Bologna dal titolo !Active and Healthy Aging: 40 anni di esperienza della Fondazione Ferrero”.

 

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Il vescovo alla Via Crucis delle scuole paritarie: «Solo voi ci fate fare Pasqua in maniera nuova»

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Quattro stazioni – “Gesù nell’orto degli ulivi”, “Gesù condannato a morte”, “Gesù sale al Calvario e viene crocifisso” e “Gesù muore in croce” – hanno caratterizzato, la sera di giovedì 14 marzo, la Via Crucis per le vie del centro di Cremona, organizzata dalla scuola “Sacra Famiglia”, in sinergia con le altre scuole paritarie della città. Quattro tappe – in piazza del Comune, in largo Boccaccino, poi, passando per piazza S. A. M. Zaccaria, di nuovo davanti alla Cattedrale, e infine all’interno di essa – in cui bambini e bambine, ragazzi e ragazze, accompagnati da genitori e insegnanti, hanno popolato le strade per la processione, che si è poi conclusa proprio all’interno del Duomo.

La Via Crucis è stata animata dai canti intonati dal coro delle medie ed eseguiti dai musicisti della Sacra Famiglia, dalle letture e dalle preghiere in cui i protagonisti sono stati gli alunni della “Sacra”, della scuola “Beata Vergine” e della scuola “Canossa”. La processione, guidata dalla croce e da don Stefano Montagna, vicario della Cattedrale e insegnante di religione alla “Sacra Famiglia”, è stata impreziosita dalla presenza del vescovo Antonio Napolioni, che al termine della serata ha voluto fare il suo saluto ai presenti.

«Quando arriva la sera della vostra Via Crucis, anche per il vescovo è il segnale che è proprio Pasqua – ha detto mons. Napolioni –. C’è ancora tempo, ma quando i bambini tirano fuori da casa le famiglie, la piazza si riempie e giriamo intorno alla Cattedrale, in questo canto un po’ dolente ma pieno di amore, con questo Vangelo sempre giovane, letto da bambini e ragazzi, con i genitori e gli insegnanti quasi presi per mano da voi, è proprio Pasqua, perché solo voi ci fate fare Pasqua in maniera nuova». E aggiunge: «Noi rischiamo di averci fatto l’abitudine, di essere pessimisti, di guardare solo a noi stessi. Voi invece guardate agli amici, guardate il mondo e avete diritto a non avere paura. E guadare Gesù che va a morire per noi è davvero una vittoria sulla paura». Il vescovo si è poi fermato a riflettere sul significato delle parole “Eloi, Eloi, lemà sabactani!” (“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato!): «Se lo chiedono in molti, soprattutto coloro che vivono situazioni di fragilità e sofferenza», ha sottolineato il vescovo. «Ma scopriamo che Dio non ci ha abbandonato, ma si è abbandonato, si è messo nelle mani e nel cuore di bambino, di ogni amicizia, di ogni famiglia, di ogni comunità». E ha concluso: «E allora grazie perché così ti sei abbandonato a noi affinché noi non ci sentiamo mai abbandonati da te».

Si è così conclusa, tra il silenzio e la meditazione, la Via Crucis delle scuole di ispirazione cattolica della città, con un’apertura a Dio e ai lontani, per compiere insieme il passo definitivo verso la Pasqua.




Il Vescovo alle Forze Armate e di Polizia: «Siete tanti angeli custodi visibili, uomini e donne che custodiscono»»

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«Attenti alla pace, attenti alla vita nel mondo, attenti all’ordine, attenti agli uomini e alle donne come noi, come voi. In questo giorno è la comunità cristiana che è attenta a voi». Con queste parole il vescovo di Cremona Antonio Napolioni ha introdotto la Messa con le forze armate e le forze di polizia, riunite in Cattedrale nella mattina di martedì 12 marzo.

«Celebriamo l’Eucaristia nell’imminenza della Pasqua – ha spiegato il Vescovo all’inizio della Messa – perché la Pasqua generi forza, potenza, secondo Dio. La potenza di Dio si è manifestata nell’impotenza del Figlio sulla croce, nella sorgente d’amore che ne sgorga per riscaldare il cuore degli uomini e delle donne, affinché siano davvero testimoni di Cristo, testimoni e operatori di pace».

Una Messa interforze per consegnare a chi difende lo Stato e i suoi cittadini il Precetto Pasquale, in un contesto attento e rivolto alla pace, dove Carabinieri, Esercito, Guardia di Finanza, corpi di Polizia e Vigili del Fuoco si sono uniti nella preghiera, affinché il loro operato sia guidato dalla fede e dalla carità. Nelle prime file erano presenti le autorità civili e militari del territorio, con il prefetto Corrado Conforto Galli, il questore Michele Davide Senigallia e il sindaco Gianluca Galimberti. Presenti in alta uniforme anche i comandanti delle forze armate e delle forze di polizia, insieme ad ufficiali, sottoufficiali, soldati e agenti. A delimitare il perimetro dell’altare le bandiere e i gonfaloni delle associazioni combattentistiche e d’arma.

I cappellani militari delle varie forze armate e di polizia hanno concelebrato la messa insieme al Vescovo, sottolineando il ruolo che la fede ricopre all’interno della realtà militare: don Andrea Scarabello, cappellano della Guardia di Finanza, don Marco Bresciani, cappellano dell’Esercito italiano, don Lorenzo Cottali, cappellano dei Carabinieri, don Stefano Peretti, cappellano della Polizia di Stato e don Roberto Musa, cappellano della casa circondariale di Cremona. A dirigere il coro della Cattedrale, don Graziano Ghisolfi, che insieme a don Roberto è cappellano della casa circondariale.

 

 

Nella sua omelia il vescovo Napolioni ha ripreso le parole del Salmo Responsoriale: “Il Signore degli eserciti è con noi”, specificando che «Il Signore è di tutti gli eserciti, l’unico Dio che ha creato tutti gli uomini e le donne che si amano e si odiano, che si conoscono e si ignorano, che si combattono e si riconciliano, in questo piccolo teatrino della Terra». Il rischio è quello di rendere il Dio di tutti un Dio personale, «questa è una grande tentazione, la tentazione di tirarlo dalla nostra parte, contro gli altri, la tentazione di sentirlo lontano, assente».

Ma il Signore non abbandona i suoi figli. Rivolgendosi ai militari, il Vescovo ha spiegato che «in effetti Lui mette in campo delle compagnie discrete, invisibili, amorevoli nei confronti di tutti noi, anche nelle situazioni più spinose che voi professionalmente affrontate nei diversi campi. C’è sempre una persona buona, c’è sempre una parola buona, c’è sempre chi dà buona testimonianza, c’è sempre chi sa capirci e incoraggiarci, c’è sempre la possibilità di ricominciare dal profondo del cuore, dallo spirito, da una preghiera». Una mano che veglia su di noi senza chiedere nulla in cambio, «un angelo custode invisibile e tanti angeli custodi visibili, gli uni per gli altri», ha aggiunto il Vescovo. «È un po’ la vostra missione, essere uomini e donne che custodiscono in nome della Patria, delle istituzioni, del bene comune, dunque anche del Signore».

«Tante sono le sfide che aspettano – ha quindi concluso mons. Napolioni, aggiungendo che – con Lui e uniti tra noi, in questa grazia dell’incontro vero con Colui che ci rende umani, allora saremo davvero capaci di essere operatori di pace».

E la riflessione è diventato ringraziamento, anche nel ricordo di chi ha sacrificato la propria vita spendendosi nel servizio per il prossimo, proprio come ha ricordato la Preghiera per la Patria al termine della Messa.




Il vescovo ai fidanzati: «Non siete soli. E vi prometto non lo sarete nei momenti difficili»

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Oltre un centinaio di coppie di fidanzati, nel pomeriggio di domenica 10 marzo si è ritrovata in Seminario, a Cremona, per concludere insieme al Vescovo il percorso in preparazione al matrimonio che hanno frequentato in questo anno nelle diverse le zone della diocesi. Come sigillo sul tuo cuore ea il titolo scelto dalla Pastorale famigliare diocesana per l’incontro.

All’ingresso del Seminario, l’accoglienza con una piccola merenda è stata anche occasione per consegnare a ogni coppia un foglio su cui scrivere i propri nomi e qualcosa che li descrivesse: questo è stato poi utilizzato per decorare un cuore di legno, reso vivo dai pensieri dei giovani.

I fidanzati, con i sacerdoti e le coppie di sposi che li hanno accompagnati nel cammino in preparazione alle nozze, hanno potuto riflettere sul valore dell’amore e sulla bellezza del matrimonio, grazie a canzoni della tradizione italiana – da Abbi cura di me di Simone Cristicchi a Sempre e per sempre di De Gregori, fino a Perdonare di Nek e Vorrei incontrarti tra cent’anni cantata da Ron e Tosca) e grazie allo spettacolo teatrale proposto da Mattia Cabrini e Francesca Suppini, dal titolo Parole e gesti che uniscono. Con leggerezza, ironia e intelligenza, Cabrini e Suppini hanno toccato ciò che, come dice lo stesso titolo, uniscono due innamorati: le parole d’amore e il dialogo, i gesti che accolgono. Poi le coppie, divise in piccoli gruppi, hanno preparato alcune domande da rivolgere al Vescovo.

«Io non ho la ricetta – ha detto Napolioni – ma posso dirvi la mia esperienza». E ancora: «Oggi avete incontrato la Chiesa di Cremona, non solo il vescovo. È la Chiesa che vi ha accolto con il Battesimo quando siete nati, che vi ha accompagnato nella crescita e ora vi ha guidati nei percorsi da fidanzati. Vi prometto che la vostra Diocesi sarà sempre disponibile ad aiutarvi nei momenti più difficili».

Il Vescovo ha risposto ai giovani con parole di speranza: «L’unico modo per schivare la tempesta, cari ragazzi, è non mettersi in mare e vivere la vita da spettatori. Ma, come diceva Baden-Powell, non esiste buono o cattivo tempo, esiste buono o cattivo equipaggiamento». E ha proseguito: «La vostra ricchezza è che non siete soli: non dovete dubitare mai della presenza del Signore! Dio si nasconde nella nostra piccolezza per aiutarci sempre a ricominciare e ad attingere alla sua fonte inesauribile di amore».

Il vescovo Napolioni ha poi continuato ricordando che la capacità di dialogare può far superare ogni ostacolo, ma non si può contare solo sulle proprie forze. Da qui l’immagine della coppia dove si è in tre, perché lo Spirito Santo si rivela e costruisce la comunione. «Benvenuti sulle montagne russe! – ha continuato il Vescovo –. Per noi cristiani è la logica pasquale: significa prima provare il massimo del dolore che rivela infine il massimo della gioia. La novità cristiana è confidare che la morte genera la vita».

L’augurio che monsignor Napolioni ha fatto ai futuri sposi è stato quello di creare relazioni anche tra diverse famiglie per aiutarsi a camminare nella fede e per vivere la comunione e la gratuità.

Il perdono è stato uno dei punti centrali della riflessione del Vescovo: «Gesù dice che prima di tutto dobbiamo accettare il perdono, perché è difficile perdonare se non si è sperimentata la misericordia di Dio, che agisce per primo: mentre siamo ancora peccatori Lui ha dato la vita per noi, non ha aspettato che ci lavassimo da soli».

Le domande, numerose, sono continuate. Il vescovo Napolioni ha ricordato che non bisogna avere paura del “per sempre”, perché non dipende dagli uomini, ma da Dio: è lui che agisce nell’eternità e rende possibile il nostro “per sempre”. «Ricordatevi che voi per il mondo siete folli, e continuate a esserlo! L’unico modo per farcela è accettare che sarete in perdita: se alla sera farete il conteggio di chi ha fatto di più, l’amore morirà sicuramente». E ha poi concluso citando Charles de Foucauld: «Padre mio mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace, così diceva il santo mentre pregava nel deserto. Invito a pregare anche voi così».

Dopo la preghiera conclusiva e la lettura del passo dei Cantico dei Cantici da dove è stato tratto il titolo dell’incontro, le coppie e i sacerdoti hanno condiviso un aperitivo, occasione per conoscersi e creare relazioni.




Itinerario di arte e spiritualità, a Santa Monica presentata “Fragili rive” di Ettore Favini

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«Bisogna stare con gli occhi aperti e le orecchie tese per ascoltare il fiume, da sempre fonte di vita per il nostro territorio, ma anche per l’intero Paese». Con queste parole l’artista cremonese Ettore Favini racconta il significato della sua ultima opera, installata tra le aule del campus Santa Monica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona, dove un tempo scorrevano le acque del Grande Fiume. Fragili rive, questo il nome dell’installazione, una scultura realizzata in cemento e sabbia, nata dall’abilità dell’artista e valorizzata grazie all’impegno di alcuni studenti della Cattolica che, in occasione della terza edizione del progetto Itinerario di arte e spiritualità, si sono interrogati su quali fossero i legami che uniscono il vivere in città con l’ambiente naturale delle campagne.

Alla presentazione, giovedì mattina nella sede cremonese dell’Ateneo, è intervenuto il vescovo Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Insieme a lui l’autore dell’opera e la co-curatrice della mostra, Monica di Matteo, il preside della Facoltà di Psicologia Alessandro Antonietti e Michela Valotti, docente del Dipartimento di Storia dell’arte, alla presenza anche del vescovo di Cremona.

 

L’iniziativa culturale

Eutopia – città, ambiente, comunità è il titolo che caratterizza l’edizione di quest’anno del progetto Itinerari di arte e spiritualità, ormai consolidato e da alcuni anni presente anche a Cremona. Un’idea che prende spunto dagli scritti dell’umanista inglese Tommaso Moro, che nelle sue opere parlava di una città ideale, solamente un’utopia. Nel titolo di questa manifestazione la «e» privativa di Eutopia dimostra come dall’idea si possa passare alla realizzazione del sogno, ammettendo che vivere in sintonia tra fratelli è davvero un futuro plausibile.

«Itinerario di Arte e Spiritualità – sottolinea il vescovo Giuliodori – è un’esperienza attuale e consapevole. Gli studenti hanno scelto un tema intrigante, un tema antico ma proiettato nel futuro. Le opere d’arte di quest’anno, infatti, si caratterizzano a partire da una convivenza tra le persone negli ambienti e nei luoghi, come le città, che possono essere ispirate da valori come la solidarietà, la fraternità, la stima reciproca e la collaborazione. Valori di cui abbiamo davvero bisogno».

 

L’opera d’arte

«Fragili Rive – spiega Ettore Favini, artista e creatore dell’opera – racconta di un fiume sofferente e debole: quello che vediamo è solamente una sindone del fiume, un calco delle sue sponde realizzato con la sua acqua e la sua sabbia. Le forme che il fiume crea con il suo flusso sono un racconto delle acque, flutti ricchi di storia e conoscenza, che vanno rispettati e ascoltati con attenzione».

Per realizzare l’opera è stata usata l’acqua del Po e la sua sabbia. «Ho aggiunto cemento e ossidi per conferire alla composizione il colore giallo della sabbia – racconta l’artista Ettore Favini –. Le forme dell’opera rappresentano le anse che il fiume crea lungo le sue sponde, in questo caso la sponda nord, quella cremonese».

E ancora: «Ciò che si vede è semplicemente quello che il cemento ha letto durante l’indurimento, avvenuto dopo che è stato messo nella sabbia del Po. Il fiume è come se fosse una corrente immobile, il tempo e lo spazio si condensano in un tutt’uno con l’acqua, le sponde e il cielo, creando così l’idea dell’infinito».

La decisione di creare Fragili rive è nata durante una secca, quando non si riusciva a vedere l’acqua, per immortalare con il cemento «la sofferenza del Po».




«Se incroceremo lo sguardo di Cristo tutto potrà cambiare»

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Si è conclusa domenica 10 marzo, con la celebrazione in tarda mattinata della Messa solenne nella chiesa parrocchiale caravaggina dei Santi Fermo e Rustico, la visita pastorale del vescovo Antonio Napolioni alle comunità di Caravaggio e della frazione Vidalengo. Tre giornate intense nelle quali il Vescovo ha incontrato bambini e genitori, giovani e meno giovani, anziani ed ammalati, insegnanti, imprenditori, amministratori comunali, educatori e volontari di queste due realtà (una molto più grande dell’altra) che da settembre hanno iniziato un cammino insieme, accomunate dal fatto di avere un unico parroco, monsignor Giansante Fusar Imperatore, anche vicario della Zona pastorale I della diocesi.

Gioioso l’incontro con gli alunni della scuola Conventino-La Sorgente, un bel momento di festa nel quale non sono ovviamente mancati degli spunti di riflessione.

In tutti gli eventi di questa visita lo spirito è stato sempre propositivo, teso a sottolineare, da parte del Vescovo, il messaggio di un Dio “Che ha tanto amato il mondo” e ad evidenziare e incoraggiare ciò che c’è di buono, senza naturalmente nascondere problematiche che esistono, a Caravaggio e a Vidalengo come dappertutto. Ad esempio, nel caso degli educatori delle due parrocchie, incontrati sabato mattina nel salone del nuovo oratorio, monsignor Napolioni ha avuto parole di ringraziamento e di incoraggiamento: «Voi avete una vocazione – ha detto – e la vita come vocazione è un’avventura di comunione che ne riempie il senso».

Un intero pomeriggio, quello di sabato, è stato dedicato a Vidalengo, con gli incontri con i ragazzi e i genitori, la visita agli ammalati e la celebrazione della Messa delle 18.

 

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A proposito di celebrazioni, molto partecipata quella domenicale di chiusura della visita pastorale. Accento al Vescovo c’erano il parroco monsignor Giansante Fusar Impertore, il vicario don Andrea Piana e i collaboratori parrocchiali don Paolo Ardemagni, don Bruno Grassi e don Gabriele Filippini, oltre al diacono permanente Roberto Cavalli. Fra i banchi il sindaco Claudio Bolandrini e subito dietro i cresimandi che durante la Messa hanno ricevuto una particolare benedizione in vista del sacramento che andranno a ricevere.

«Entriamo nel cuore di Gesù – ha detto il vescovo all’inizio della celebrazione –, che è Colui che va verso la Pasqua rinnovando lo sguardo d’amore nel cuore di Dio per noi». Un invito ribadito anche nell’omelia: «Se incroceremo lo sguardo di Cristo tutto potrà cambiare e anche chi non crede potrà lasciarsi guidare e ricominciare a farlo». E ancora: «È un amore disarmante quello di Gesù, che ci fa scoprire che una luce si riaccende. È lui la speranza, è lui la Pasqua che ci viene incontro e che ci aiuta a camminare come popolo di salvati».

Da parte del parroco, prima della benedizione finale, il grazie di fine-visita: «Grazie al vescovo perché ci ha ricordato quanto Dio ci vuole bene. Abbiamo sempre bisogno di sentircelo ripetere».

Il Vescovo tornerà a Caravaggio per l’inaugurazione del nuovo oratorio. Un gioiello. «In questa visita pastorale – ha detto Napolioni – abbiamo avuto la possibilità di annusarlo»: profuma infatti tutto di nuovo. Mancano ancora i permessi e le certificazioni normative, dopodiché potrà essere fissata la data dell’inaugurazione.

 

Il video integrale della celebrazione conclusiva




A Tignale gli esercizi spirituali giovani con il metodo ignaziano

È stato proprio il Vangelo della Trasfigurazione, della seconda Domenica di Quaresima, a dare una degna conclusione agli esercizi spirituali che i giovani della diocesi di Cremona hanno vissuto da venerdì 23 a domenica 25 febbraio a Tignale sul Garda. L’invito fatto nell’omelia dal vicario di Pandino, don Andrea Lamperti, presente assieme al vicario di Calcio don Michele Rocchetti e al responsabile della Pastorale giovanile diocesana don Francesco Fontana, è stato quello di tornare rigenerati dall’incontro con la Parola di Dio nella quotidianità e nelle occupazioni ordinarie: appunto giù dal monte.

Infatti, gli esercizi si sono tenuti all’eremo di Montecastello, sul lago di Garda, in cui il silenzio ha accompagnato i 21 giovani che hanno scelto di lasciarsi guidare dalle meditazioni e dagli spunti offerti da suor Sarah Bortolato. Spunti presi da diversi brani del Vangelo e affrontati attraverso il metodo ignaziano che ha permesso di vivere ancora più intensamente i giorni di ritiro.

I giovani partecipanti non solo hanno preso seriamente la proposta fatta, hanno davvero accolto l’invito a fare tesoro e ad accompagnare i compagni che con loro stavano vivendo tre giorni così da vivere al meglio l’esperienza.

Dal monte si è poi scesi, con la gratitudine e l’invito a ritrovarsi a vivere momenti simili, come la proposta della “Casa di Betania”, ovvero una giornata di fraternità e preghiera rivolta ai giovani di tutta la diocesi il prossimo 24 marzo presso il convento dei frati Cappuccini di Cremona.




Visita pastorale nel Casalasco, «Tre giorni di fraternità, di fede, di preghiera, di gioia e di speranza»

«Abbiamo vissuto giorni di fraternità, di fede, di preghiera, ma anche giorni di gioia e di speranza». Così, il vescovo Antonio Napolioni ha salutato e ringraziato le comunità di Agoiolo e Vicobellignano, di Camminata, Cappella e Vicoboneghisio, nella Messa conclusiva della visita pastorale alle due unità pastorali guidate da don Gabriele Bonoldi e don Alfredo Assandri. «Lo scopo della visita pastorale è renderci conto che la vera Chiesa non è solo la Chiesa della trasfigurazione – ha sottolineato nell’omelia –, ma la Chiesa della Pasqua, che continua a camminare, che torna nella realtà». E allora: «Per capire meglio quello che abbiamo vissuto, ripensiamoci, ripensiamo ai semi che abbiamo raccolto e seminato, agli incontri che abbiamo avuto e alle strade che ci si aprono davanti».

Una visita cominciata già nella mattina di venerdì 23 febbraio, in cui i bambini della scuola primaria di Vicobellignano, con gli insegnanti e la dirigente Cinzia Dall’’Asta, hanno accolto il vescovo, preparati per l’occasione dall’insegnante di religione. A seguire, mons. Napolioni ha fatto visita ad alcuni anziani e malati del territorio. Il pomeriggio è stato caratterizzato dalla visita alla cooperativa sociale “Storti Maria” di Vicoboneghisio, realtà che da oltre vent’anni svolge attività di confezionamento e imballaggio con inserimento lavorativo di persone fragili, come percorso di autonomia al lavoro. Ad accogliere il vescovo, insieme a educatori e volontari, il consiglio di amministratore della cooperativa con il presidente Giordano Riva e il fondatore Francesco Ferron. Presente anche il sindaco di Casalmaggiore Filippo Bongiovanni, che ha seguito da vicino la visita pastorale del vescovo Napolioni in tutte le frazioni casalasche in queste settimane.

A seguire la Via Crucis a Cappella e la Messa a Vicobellignano. Dopo la celebrazione un’ulteriore occasione di vicinanza a malati e anziani. In serata il vescovo Napolioni ha quindi incontrato, a Vicoboneghisio, tutti gli operatori delle due unità pastorali: circa 50 persone presenti all’incontro per il “Giorno dell’Ascolto”, che ha coinvolto anche i membri dei consigli pastorali, i catechisti e i volontari dei vari ambiti parrocchiali.

La giornata di sabato 24 febbraio è stata caratterizzata dalla Messa delle 10.30 a Camminata. In tarda mattinata il Vescovo ha fatto una speciale visita a una signora di Vicoboneghisio che ha recentemente compiuto cento anni. Nel pomeriggio, invece, c’è stata l’occasione di conoscere la comunità educativa per minori “Senghor” di Vicoboneghisio, che, negli spazi di Cascina Segalli, ha accolto il vescovo per un momento di dialogo e di rinfresco.

Il vescovo ha quindi avuto modo di confrontarsi, a Vicobellignano, con i genitori e i ragazzi dell’iniziazione cristiana. Dopo la Messa ad Agoiolo, celebrata alle 17, l’attenzione si è spostata nell’oratorio di Vicobellignano, in cui gli adolescenti delle comunità sono stati protagonisti. Con loro un incontro profondo, in cui il vescovo li ha spronati a perseverare e ad “allargarsi”, e convivale, con la pizzata che ha segnato conclusione della giornata. «Un momento davvero speciale. E lo dico da parroco dell’altra unità pastorale – ha sottolineato don Assandri –. Il vescovo ha fatto sentire i ragazzi a proprio agio, coinvolgendoli e stimolandoli a porre domande che partissero dalle loro inquietudini. Tanti di loro, finito l’incontro, non avevano la percezione che fosse davvero passata un’ora e mezza».

La visita del vescovo Napolioni si è dunque conclusa con la doppia celebrazione di domenica 25 febbraio. Prima a Vicoboneghisio, poi a Vicobellignano, con la Messa delle 11 che ha siglato la conclusione definitiva di questa visita pastorale. Accanto al Vescovo, oltre ai due parroci anche don Franco Vecchini, residente in paese. Al termine della celebrazione il momento dei saluti presso l’oratorio parrocchiale.

«Sono stati tre giorni molto belli, considerando soprattutto l’indole di una zona che solitamente non è caratterizzata dall’entusiasmo e dall’attesa – ha spiegato don Gabriele Bonoldi –. Ma l’iincontro con la realtà del vescovo ha scaturito una reazione positiva». «Le nostre comunità hanno vissuto bene e risposto bene a questa visita pastorale – ha quindi aggiunto don Alfredo Assandri –. Sono stati davvero giorni di grazia, in cui non tutti hanno partecipato, ma chi lo ha fatto lo ha fatto davvero bene». Due comunità che ripartono con «uno spirito nuovo, e con la volontà di camminare sotto la guida dello Spirito Santo, che ci mette in comunione».

 

Il video della celebrazione a Vicobelliganano




Immagini da guardare, vite da ascoltare: incontro con la comunità hutterita attraverso le foto e le parole di Tim Smith al Museo Diocesano

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Domenica 25 febbraio alle 18.30 le porte del Museo Diocesano di Cremona si sono aperte per ospitare il fotografo Tim Smith, autore della mostra “In the world but not of it – Il mondo degli Hutteriti in Canada” già presente all’interno delle sale del museo e che rimarrà visitabile al 7 aprile.

«Un momento di dialogo, di riflessione», come ha sottolineato il vescovo Antonio Napolioni a inizio incontro, mentre il fotografo dona alla Diocesi di Cremona come simbolo ecumenico una Bibbia con traduzione hutterita. «Ci troviamo di fronte a uno spazio di approfondimento, di condivisione per il quale è necessario e doveroso restare in ascolto».

L’esposizione è curata da Laura Covelli (curatrice delle mostre del Festival della Fotografia Etica di Lodi) e in collaborazione con lo stesso Festival. Alla presenza di un numeroso pubblico, Tim Smith ha raccontato i suoi quindici anni all’interno delle comunità hutterite dell’America del Nord e nel Canada: «Comunità religiose molto aperte, accoglienti, rispetto a quanto l’opinione pubblica possa pensare».

Un tema importante per Tim Smith è proprio quello dell’attesa perché, come sottolinea il fotografo stesso, oggigiorno la professione del fotoreporter porta a lavorare a ritmi veloci e convulsi. L’incontro fortuito con un gruppo di persone appartenenti alla comunità hutterita lo ha spinto a rallentare il passo e dedicarsi a un progetto completamente suo. Nel tempo ha familiarizzato con la comunità, con vite certamente diverse dalla sua. Questo ha favorito un processo di conoscenza reciproca che ha permesso alle persone, gradualmente, di fidarsi di lui, concedendogli di essere seguite passo passo durante le attività quotidiane svolte. 

«Negli ultimi quindici anni – ha raccontato Tim Smith – ho visto molte cose cambiare, ho visto bambini crescere, sposarsi, generare nuove vite. Ho purtroppo narrato anche il dolore per le perdite di persone care. Insomma, ho osservato la vita muoversi, evolvere e tutti noi con lei». 

Il fotografo ha sottolineato di aver voluto «raccontare questa cultura in modo veritiero e rispettoso», un progetto ampio finalizzato ad assicurarsi che la narrativa restituisse un ritratto reale ed evitasse in ogni modo stereotipi di una realtà in gran parte sconosciuta o poco compresa dalla società odierna.

Le immagini che compongono la mostra fanno riferimento a un mondo quotidiano intriso di cose semplici, momenti di lavoro, istruzione, altri di svago e di divertimento nelle quali spicca il valore fondamentale del sapersi prendere cura. Smith fa un uso sapiente di luce, dei contrasti e della composizione, in un costante lavoro di ricerca e apprendimento celebrando l’importanza dell’errore e dell’imperfezione di cui è intriso, per natura, l’essere umano.