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“Tu non uccidere”: la strada di don Primo è ricerca di pace, oltre la cultura del nemico

Ancora una volta le parole di don Primo Mazzolari hanno dimostrato la loro estrema attualità. L’occasione è stata il Convegno di sabato 14 pomeriggio presso il Salone dei Quadri del Comune di Cremona organizzato in occasione dei 133 anni dalla nascita del “Parroco d’Italia” come è stato definito don Primo.

L’evento, promosso dalla Fondazione don Primo Mazzolari, in collaborazione con il Comune di Cremona e il Liceo Vida, e con il patrocinio della Diocesi di Cremona, ha ruotato intorno al tema “Tu non uccidere!”, celebre opera di Mazzolari, secondo la declinazione proposta dal sottotitolo: “Fare pace, vocazione del cristiano”.

Centrale l’intervento di Franco Vaccari, fondatore e presidente di “Rondine Cittadella della Pace” di Arezzo che ha invitato ciascuno a «rimuovere l’inganno della costruzione di un nemico», un’idea falsa a cui contrapporre la volontà di farsi «costruttori di pace». Ma altrettanto stimolanti gli interventi  del vescovo Antonio Napolioni, del sindaco Gianluca Galimberti, di Paola Bignardi presidente della fondazione Mazzolari di Bozzolo, di don Bruno Bignami, postulatore della causa di beatificazione  e soprattutto le testimonianze dei giovani coinvolti nel progetto Rondine ad Arezzo e dei ragazzi del liceo impegnati in un lavoro di riflessione che ha preceduto l’evento e che è sfociato non solo in una esposizione sintetica delle loro conclusioni ma anche in una installazione curiosa lungo lo scalone del Comune. Tanti piccoli fogliettini, disposti sui gradini quasi fossero pietre d’inciampo, hanno segnato la salita (e quindi la riflessione) di chi ha varcato la soglia del palazzo. Tante frasi di don Primo, messe provocatoriamente a terra, come parole al vento, su carta ingiallita ma anche parole che costringono a fermarsi, a raccoglierle e a portarle a casa, come è stato l’invito dei ragazzi a fine convegno.

 

Parole che obbligano, per la loro forza, a trasformare ciascuno in «seminatore di speranza» come ha auspicato il vescovo Antonio Napolioni nel suo messaggio introduttivo al convegno (messaggio in differita, visti gli impegni del presule relativi alla visita pastorale). Parole che richiamano alla «centralità della coscienza» davanti alle scelte di pace quotidiane, come ha ricordato nel suo intervento don Bignami. Sono tre i concetti cardine del testo “Tu non uccidere” uscito dapprima in forma anonima e poi attribuito a Mazzolari solo dopo la sua morte. In quel manifesto per la pace (nel quale aveva rivisto alcune delle sue convinzioni precedenti, dopo aver vissuto in prima linea la guerra) si legge «l’assurdità della corsa agli armamenti», la visione di ogni guerra «come un fratricidio» e la constatazione amara che «la guerra colpisca sempre di più i poveri e deboli». Tre idee chiave che oggi (alla luce dei conflitti in atto, in primis quello in corso in Ucraina) dimostrano l’estrema attualità del pensiero profetico di don Primo. E quelle idee, ancora oggi poco condivise, sono il filo rosso dell’esperienza di Rondine, dove ragazzi di paesi “nemici” (come Russia e Ucraina) convivono e condividono il quotidiano, studi e progetti, dimostrando che l’idea di “nemico”, come ha detto Vaccari è in realtà «un fantasma con pretesa di realtà che inquina le nostre relazioni, nato da storia e politica avvelenata e fallita».

 

Ad Arezzo si è creato cioè uno spazio di pace dove i giovani (attraverso borse di studio) di nazioni spesso in guerra vivono la fratellanza, a partire da «una lavatrice condivisa dapprima a forza» come ha ricordato Aldo proveniente dall’Albania. L’esperienza di Rondine «aiuta a vedere e vivere le cose in maniera diversa» come è stato testimoniato da una giovane Serba. E la strada di Rondine, si è fatta “metodo” entrato nelle scuole, tra cui il Liceo Vida. Tutti segni concreti di come «la pace è possibile oggi», ha concluso Paola Bignardi e di come Tu non uccidere possa essere per ciascuno «un programma di vita dimostrando che si può superare l’indifferenza o le ostilità». E che a farlo, sulla scorta di don Mazzolari, possono essere le nuove generazioni, lanciando al mondo un messaggio di speranza.