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Trent’anni di accoglienza vissuta nella “Casa” voluta dal vescovo Assi a Cremona

È stata una serata di ricordi e riconoscenza quella di venerdì 9 novembre al Centro pastorale diocesano, con tutti i protagonisti della “Casa dell’accoglienza”, un’avventura che ha segnato la vita della città e della Diocesi di Cremona. A 30 anni dall’inaugurazione, la Casa è stata richiamo, profezia e operosa testimonianza di come la fede cristiana sappia incidere nella storia: questo fu il sogno di mons. Enrico Assi, che con determinazione la volle come cuore pulsante della carità, sulle orme del “padre dei poveri” Omobono.

La famiglia della “Casa dell’accoglienza, da 21 anni guidata da don Antonio Pezzetti, è stata accolta dal festoso ritmo delle percussioni di un gruppo di ospiti africani. Un inizio frizzante che ha subito sciolto in informale amicizia l’atmosfera “solenne” della ricorrenza, coinvolgendo volontari laici e autorità politiche, sacerdoti e benefattori. Un simpatico portachiavi recante il sigillo del trentennale – realizzato in cuoio nei laboratori di una delle opere-segno promosse dalla carità della Diocesi –  è stato donato ai presenti.

La serata si è aperta con il saluto e la gratitudine del Sindaco di Cremona Gianluca Galimberti, che ha ricordato come la ricchezza di una città si misuri nella sua capacità di “andare verso” i bisogni e le persone, riconoscendo alla “Casa dell’accoglienza” un ruolo decisivo nella storia e nell’evoluzione della città capoluogo.

Alessio Antonioli, moderatore dei diversi interventi in programma, ha quindi introdotto la testimonianza di mons. Giosuè Regonesi, cui all’epoca il vescovo Assi affidò la progettazione del recupero architettonico e funzionale dello stabile , già “Collegio Sfondrati”. La prima casa di accoglienza in Italia diede corpo all’intuizione ambiziosa del Vescovo milanese, accolta e sostenuta dalla generosa umanità delle comunità cristiane, pur tra prove e difficoltà.

All’Arcivescovo di Ferrara – Comacchio mons. Gian Carlo Perego, che da sacerdote nella Casa operò come responsabile, è stata affidata la più importante relazione. Una vasta e documentata panoramica dell’evoluzione legislativa cui la struttura voluta dalla Diocesi, nei decenni, cercò di dare concreta risposta, soprattutto affrontandone i limiti evidenti e le ombre. Con la precisione e la competenza che mons. Perego ha consolidato nel suo precedente servizio alla Caritas Nazionale e presso la Fondazione Migrantes della CEI, l’intervento ha sottolineato come l’accompagnamento delle dolorose situazioni di fragilità sociale, negli anni acuitesi nei fenomeni migratori, ha consentito a migliaia di persone di uscire dalla clandestinità. Nelle ambiguità di sanatorie e di “pacchetti sicurezza” emanati dai diversi governi italiani succedutisi nei anni, “l’attività della Casa dell’accoglienza ha saputo incarnare i principi di uguaglianza e di fraternità” – ha sostenuto il relatore – sconfessando, numeri alla mano, i proclami elettoralistici e le strumentalizzazioni faziose.

Impressionanti i dati, nella loro verità: a Cremona oggi gli immigrati sono il 15,1% della popolazione, ma metà sono cittadini europei, come lo sono i cremonesi. Rispetto all’anno precedente, ad oggi, sono cresciuti solo di 300 unità in tutta la città. In Italia nel 2000 i musulmani erano il 44% degli immigrati, oggi sono il 28%, mentre la propaganda parla di invasione…

Don Antonio Pezzetti, attuale direttore della “Casa dell’accoglienza”, ha poi raccontato il proficuo e silenzioso lavoro che insieme a tante realtà associative del territorio ha consentito a uomini e donne di altre culture e religioni di integrarsi e operare in vista di acquisire stabilità e lavoro. Un video volti e storie concrete di accoglienza e accompagnamento ha dato voce alla prossimità.

Al Vescovo Napolioni il compito di concludere l’intensa serata: “Vorrei che non ci fosse una casa dell’accoglienza, ma che tutta la nostra Chiesa fosse accoglienza – ha esordito – aiutatemi a custodire questa grande tradizione della Chiesa cremonese”.

Un grazie sincero al termine è stato rivolto agli ex-Direttori della struttura diocesana, ai tanti volontari e realtà caritative che fino ad oggi vi hanno speso energie e risorse, alle Istituzioni civili che ne hanno riconosciuto la lungimirante visione.