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Pellegrinaggio in Terra Santa. Don Rota: «Ritorniamo alla sorgente»

A poco meno di un mese dal pellegrinaggio in Terra Santa (6-13 marzo) presieduto dal vescovo, mons. Antonio Napolioni, abbiamo raggiunto don Roberto Rota, responsabile del Segretariato diocesano pellegrinaggi, per fare il punto della situazione.

Don Rota, gli iscritti sono oltre 220, un successo insperato…
«Certamente è una soddisfazione constatare come tanta gente abbia risposto all’invito del Vescovo a partecipare al pellegrinaggio: si rinnova una proposta che a cadenza biennale, da anni, la nostra diocesi porta avanti e che ha mantenuto anche durante i periodi più difficili, certo con numeri più contenuti, ma sempre significativi, per la presenza del Vescovo, di sacerdoti e fedeli.Questa volta si è mossa la zona pastorale XI, le parrocchie di Boschetto, Mozzanica, Castelleone, Grumello, Romanengo; un gruppo di Suore Adoratrici e il Seminario, oltre a tante persone che individualmente si sono iscritte, insieme a sedici sacerdoti»

Perché il vescovo Antonio tiene particolarmente a questo pellegrinaggio?
«Penso che il Vescovo abbia voluto questo pellegrinaggio nel contesto del progetto della Chiesa cremonese come “sogno e cantiere”. Costruiamo e, nella dimensione del pellegrinaggio, camminiamo verso una meta, sorretti da un grande ideale. La meta, come per gli antichi pellegrini è la Gerusalemme terrena, segno e immagine della Gerusalemme di lassù “che è nostra madre”. Il pellegrinaggio in Terra Santa ci fa toccare, vedere, gustare la terra dove è vissuto il Signore, la terra da dove gli Apostoli sono partiti per l’annuncio del Vangelo. E ritornare qui significa ritornare alle sorgenti, ritornare alla freschezza rinnovata di volersi sempre di più discepoli del Signore, dove il Signore chiama ogni giorno a vivere come comunità».

Qual è il programma che avete pensato per questa trasferta?
«Il programma è quello del pellegrinaggio tradizionale: si comincia dalla Galilea per continuare, attraverso la valle del Giordano, fino a Betlemme e a Gerusalemme.Dal punto di vista logistico il gruppo raggiungerà Israele con voli Alitalia ed El Al; successivamente ci si suddividerà in cinque sottogruppi, ciascuno guidato da un biblista esperto, autonomi dal punto di vista degli spostamenti ma che converranno insieme per le celebrazioni presiedute da mons. Napolioni e per gli altri momenti comuni del pellegrinaggio. Avremo poi la fortuna di essere alloggiati sia a Nazaret come a Betlemme in un’unica struttura, per cui avremo la possibilità di tanti momenti informali comuni. La responsabilità di animazione è affidata a mons. Alberto Franzini, don Marco d’Agostino, don Paolo Carraro, don Luigi Mantia e al sottoscritto che, assieme a Gianluigi Gremizzi coordinerà anche l’aspetto tecnico-logistico, in sinergia con i corrispondenti locali».

Quali saranno le tappe più significative?
«Innanzitutto Nazaret, dove, nella basilica dell’Annunciazione, celebreremo la Messa di apertura del pellegrinaggio, poi il Tabor, luogo della trasfigurazione, Cana di Galilea, il lago di Genezaret con Cafarnao, le Beatitudini e la località di Tabga, luoghi di tanti ricordi evangelici; dalla Galilea, lungo la valle del Giordano, ci si sposterà a Gerico, a Betlemme per raggiungere infine Gerusalemme, dove rimarremo alcuni giorni per le celebrazioni e le visite ai tanti luoghi santi. Non mancherà una visita anche allo Yad vashem, il museo dell’olocausto del popolo ebraico».

Ci sarà anche un incontro con la comunità cristiana locale?
«I numeri alti di questo pellegrinaggio non permettono un rapporto “feriale” con qualche comunità parrocchiale, come è avvenuto in passato, in qualche occasione. Tuttavia abbiamo voluto un incontro con l’Amministratore Apostolico di Gerusalemme che è mons. Pierbattista Pizzaballa, bergamasco, ex custode di Terra Santa, legato alla nostra diocesi a motivo dei genitori, originari di Brignano. Sarà l’occasione per capire un po’ più a fondo, dalla sua esperienza pluriennale, le caratteristiche e le problematicità di questa terra ed esprimere la nostra vicinanza e solidarietà».

Può assicurare che non ci saranno problemi di sicurezza?
«Il percorso ufficiale del pellegrinaggio non tocca “zone calde” per cui escludo che ci possano essere problemi di sicurezza. I controlli in Israele sono, da sempre, molto approfonditi, sia negli aeroporti, sia nei luoghi di massima affluenza. L’invito che mi sento di fare è quello di attenersi scrupolosamente alle indicazioni che di volta in volta verranno date, al fine di evitare inconvenienti. Ma sono certo che, come sempre, tutto andrà per il meglio».

Alcuni anni fa la diocesi si è fatta pellegrina in Siria. Che effetto vi fa vedere quei luoghi e soprattutto quelle popolazioni vittime della guerra e della violenza?
«Quando vedo le immagini di Aleppo devastata, di Palmira, di Maalula, ma anche di Damasco spesso mi ritornano alla mente i pellegrinaggi fatti, soltanto otto anni fa, in questa splendida terra, mi passano davanti i volti delle persone incontrate, di cui non so più niente, mi vengono in mente i discorsi affrontati, là dove ancora si viveva in pace, gomito a gomito, pur nella diversità della fede e delle convinzioni e su tutto aleggiava la grande domanda sull’incerto futuro politico dell’area mediorientale, dove successivamente si sono concretizzate le peggiori supposizioni. Appena prima di Natale ho ricevuto notizie rassicuranti dalle Suore trappiste che avevamo incontrato nel monastero che stavano costruendo vicino a Tartus: sperano e pregano per una svolta pacifica della regione: le ricordo sempre con tanta riconoscenza per l’accoglienza che ci avevano riservato e per questa loro testimonianza».

Cosa si aspetta da questo pellegrinaggio?
«Innanzitutto mi aspetto una rinnovata iniezione di entusiasmo per la vita cristiana delle comunità e dei singoli.  Si parte magari con una motivazione superficiale di curiosità, si sperimenta la ricchezza di una esperienza, si ritorna motivati e arricchiti. Andare alla sorgente, là dove tutto è iniziato, ha valore se c’è un ritorno nella vita cristiana ordinaria, ritornando ad ascoltare con assiduità la Parola di Dio, a meditarla e a celebrarla nella liturgia. Inoltre mi aspetto che lo stile di fraternità tra Vescovo, sacerdoti e fedeli possa continuare anche una volta ritornati a casa, soprattutto là dove le comunità sembrano vivere la rigidità formale dei rapporti. E non nascondo nemmeno la speranza che questo pellegrinaggio possa far assaporare a sacerdoti e fedeli la bellezza e l’importanza di questo strumento ordinario di pastorale».

Progetti futuri?
«Ci sono alcune scadenze celebrative di quest’anno che meritano attenzione: il centenario delle apparizioni di Fatima e i cinquecento anni della riforma luterana; saremo dunque a Fatima con alcuni pellegrinaggi, tra cui quello nazionale italiano del 13 giugno e visiteremo in Germania i luoghi legati a Lutero. Infine, nel mese di luglio, con un gruppo di persone particolarmente motivate faremo, a piedi il cammino di Santiago.
I programmi si possono trovare sul nuovo sito dell’agenzia Profilotours. Per il resto non ci sono progetti futuri già definiti ma mi par di capire che una proposta di pellegrinaggio diocesano con il Vescovo, anche con altre mete, possa continuare per gli anni prossimi e raggiungere capillarmente tutte le comunità parrocchiali».

Il programma del pellegrinaggio diocesano

Il nuovo sito della Profilotours