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A Vicomoscano la testimonianza di Fabrice, giovane seminarista togolese

Un racconto speciale quello che sabato 6 aprile ha echeggiato tra le pareti del salone dell’oratorio di Vicomoscano, penultimo appuntamento del ciclo di conferenze “Testimoni” organizzato dall’unità pastorale di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara. A testimoniare la sua formazione e la sua fede in Cristo un giovane togolese, Fabrice Sowou Kossi, ventinovenne arrivato in diocesi un anno fa direttamente dal Togo per affrontare 7 anni di formazione nel Seminario di Cremona e poi tornare in patria per svolgere il proprio ministero. Fabrice presta il suo servizio domenicale da seminarista proprio nella parrocchia di Vicomoscano.

I giovani seminaristi togolesi della Comunità di MiJeMa (Missionari di Gesù e di Maria), fondata da padre Emmanuel Amouzou-Dye, anch’egli seminarista negli anni ‘80 a Cremona, raggiungono il territorio cremonese e vivono, oltre agli anni di studio, anche la possibilità di entrare in contatto con la realtà delle parrocchie cui sono destinati. Così è stato per Fabrice, che ha voluto ricompensare Vicomoscano della bella accoglienza e presentare il suo Paese d’origine e la sua storia.

Dopo una breve descrizione per immagini del Togo, nazione dell’Africa occidentale che si affaccia sul Golfo di Guinea e che confina con Benin e Ghana (e condivide con quest’ultimo l’usanza di dare un secondo nome ai bambini in base al giorno della settimana in cui vedono la luce), Fabrice ha raccontato della sua vita, simile a molte altre vite di bambini togolesi, che restano orfani sin da piccoli o vengono abbandonati dai genitori, vessati da un’estrema povertà.

“Quando avevo 7 anni mio padre è morto di malattia in pochi giorni e a un anno di distanza dalla sua scomparsa mia madre ha lasciato me e mia sorella orfani di entrambi i genitori” racconta Fabrice tra la commozione dei presenti. La speranza di poter costruire un futuro migliore lo spinge ad abbandonare la sorella e ad attenderlo, dopo diverse peregrinazioni anche sofferenti, l’orfanotrofio fondato dallo stesso padre Emmanuel e gestito da una congregazione di suore. Lui che veniva dalla povertà – “un solo pasto al giorno” dice più volte – percepisce la vita in orfanotrofio come un paradiso.

“Avere un tetto, libri per studiare, mangiare tre volte al giorno, per me era il paradiso”. Davvero strana coincidenza che di lì a poco il ragazzo che intravedeva la salvezza nella prima opera fondata da padre Amouzou-Dye sarebbe poi entrato a far parte della sua stessa congregazione. Quando nel 2011 Fabrice viene accolto nella comunità dei Frati Missionari di Gesù e Maria la vita per lui cambia: i primi quattro anni di studio, i primi voti nel 2015, l’annuncio da parte di padre Emmanuel che sarebbe partito con altri due confratelli per l’Italia, destinazione diocesi di Cremona.

Quella stessa comunità da cui Fabrice proviene è da sempre legata a Cicognolo, da quando il suo padre fondatore vi prestò servizio. Qui è stata fondata, proprio per dare continuità all’amicizia coltivata negli anni con padre Emmanuel, l’onlus “Amici di Don Emanuele”, che ogni anno sostiene i diversi progetti portati avanti dai padri togolesi: un centro di formazione professionale per apprendere competenze meccaniche, idrauliche e di lavorazione dei metalli e del legno; un centro sanitario; un centro agricolo; un centro di accoglienza per bambini orfani. Ogni anno parte da Cicognolo un container ben stipato pieno di generi di prima necessità oltre che di materiali che possono migliorare la logistica dei centri professionali. Per questo ai presenti è stato sollecitato un aiuto, non solo necessariamente economico ma anche di partecipazione al viaggio poiché, per usare le parole di don Ottorino Baronio, parroco a Vicomoscano, “qui ci sono esperienze di vita e l’offerta va bene ma bisogna mettere al centro l’incontro con le persone”.

Il percorso per Fabrice è ancora lungo e probabilmente presenterà molte scelte. L’augurio è quello di vivere sempre con la stessa passione con cui in una sera qualunque ha raccontato il suo passato e ha gettato uno sguardo al futuro.

 




“Siamo donne: oltre la differenza c’è di più”, la testimonianza di Costanza Miriano e Paola Belletti (VIDEO e AUDIO)

Si è svolto sabato 25 gennaio il quarto appuntamento del ciclo di incontri “Testimoni” organizzato dalle Parrocchie di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara per l’anno pastorale 2018-2019. Protagoniste della serata Costanza Miriano e Paola Belletti, due donne già note sul territorio per i loro interventi negli anni passati a Vicomoscano e a Casalmaggiore. Il titolo dato al loro intervento “Siamo donne: oltre la differenza c’è di più” ha indotto le relatrici a concentrarsi sul ruolo della donna nella società attuale, a partire dalla famiglia fino all’ambito professionale e sociale.

Il quadro che è emerso è quello di una donna cui dalla società non viene riconosciuta la diversità sua specifica, insita in natura, di affidataria delle cure, che in ambito famigliare si concretizza nell’essere madre e moglie, ma viene richiesto di essere sempre performante in ambito lavorativo e di eguagliare, in una parità di genere che vorrebbe appiattire e livellare tutte le diversità tipica del pensiero unico dominante, il ruolo dell’uomo, sottraendo a quest’ultimo il suo specifico e provocando talora in esso una forte crisi identitaria.

“Il disegno del mondo e della cultura in cui siamo immersi – dice la Miriano- vorrebbe far abdicare le donne dalla loro natura, in cui è insito il lavoro di cura”.

Scarica qui l’audio della serata

Le relatrici sono partite dalle loro storie, decidendo di condividere il personale per giungere ad una visione universale e complessiva del rapporto femminile-maschile, spaziando anche sulla necessità che i governanti promuovano politiche volte al bene della famiglia (flessibilità sugli orari di lavoro e sul rientro dalla maternità, sistema fiscale, sistema culturale…).

Se un lato quindi si è affermato che nell’ambito sociale si trovano parecchie difficoltà a vedersi riconosciute per il ruolo centrale che si ha di generatrici oltre che di perno attorno a cui ruotano le relazioni famigliari, dall’altro ci si è domandati come nel privato si possa vivere concretamente una proficua complementarietà tra donna e uomo, stante le numerose ed accertate differenze. Una sola risposta è giunta da entrambe le relatrici: la presenza del Signore tra gli sposi fa miracoli e riporta le difficoltà su un piano di gestibilità.

“Siamo tutte in cammino verso come Dio ci vuole” (Miriano) e il matrimonio è uno di questi spazi vocazionali in cui possiamo dirigere il nostro sguardo di donna e uomo per colmare le differenze in una logica di alleanza, pari a quella di Dio con il suo popolo.

Allora se non è possibile cambiare il mondo nella sua complessità e nelle richieste che da esso provengono, possiamo però partire dal cambiare il nostro matrimonio. Un primo passo potrebbe consistere nel restituire all’uomo il ruolo di marito-padre, sostenendolo nelle sue scelte e avallando le sue decisioni nel privato e nel pubblico, e di opporsi alla richiesta di divenire unica autorità nella vita dei figli. Così forse l’equilibrio perso a causa dell’eccessivo controllo femminile verrebbe ripristinato nel nome della reciproca fiducia, parola che non a caso ha la stessa radice della parola fede. Quindi la fiducia nel proprio marito e la fede nel Signore che vive il sacramento del matrimonio con gli sposi potrebbero divenire la chiave risolutiva per essere donna che vive appieno il suo tempo senza dover rinunciare ai ruoli di moglie e di madre.

Prossimo appuntamento previsto dalla rassegna sabato 9 febbraio ore 21 a Vicomoscano: il dott. Osvaldo Poli parlerà del modo maschile di educare, a partire dal suo ultimo libro “Cuore di papà”




Una testimonianza di fede… con la maglietta a rovescio

Si è svolto sabato 15 dicembre il terzo incontro del ciclo di conferenze “Testimoni” organizzate dall’oratorio di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara dal titolo “Con la maglietta al rovescio. La storia di Filippo”. I molti presenti nella Chiesa di Vicomoscano hanno ascoltato una storia di sofferenza, quella di Filippo, un bambino romano che il 20 novembre 2014 non è sopravvissuto alla leucemia contro la quale lui e la sua famiglia hanno lottato diversi anni.

Niente di straordinario, di unico, di originale, qualcuno potrebbe pensare. Tante le morti di giovani vite ogni giorno nel mondo. Vero. Tanti i bambini che soffrono, lottano e, a volte, perdono.

Eppure, in quella Chiesa, in quell’ora, per chi era presente, la realtà è stata un’altra. Non sono solo le parole di due genitori straordinariamente veri che hanno raggiunto l’auditorium, non solo i racconti dei lunghi periodi nelle corsie di ospedale, nell’attesa del cambiamento, della buona notizia che facesse sperare. Altro è arrivato e non alle orecchie ma ai cuori. Una verità estrema che solo la morte può disvelare: Cristo è vicino a chi soffre, ai piccoli, agli ultimi della società, a chi in un determinato periodo della sua vita non può essere produttivo, efficiente, sorridente. Cristo è un po’ più vicino a chi lo invoca anche se con rabbia o interrogandolo e interrogandosi. Cristo stringe la mano a chi grida Abbà Padre. Perché la malattia, e per di più quella del giusto innocente, un bambino, mette in crisi anche le fedi migliori, anche le famiglie più solide. Una crisi che, se superata, rinforza e permette di divenire testimoni dell’amore di Gesù.

Ascolta qui l’audio della serata

Questo hanno raccontato Anna Mazzitelli e Stefano Bataloni, genitori di Filippo, sposi in Cristo, “evangelisti d’eccezione”, come don Baronio, parroco di Vicomoscano, li ha definiti. Ma anche tanto altro. Una sintesi di accoglienza, disponibilità, apertura e capacità di comprendere gli eventi in un’ottica di fede, che rivela il ben più ampio progetto che Dio ha su ogni uomo e che nel tempo si disvela. La grande difficoltà sta nell’accettarlo o meno, nel comprenderlo o nel rifiutarlo, nel riconoscersi come protagonisti di un “pellegrinaggio verso un’idea nuova di intendere la vita” (per citare papà Stefano) o nel limitare la propria intelligenza a un relativa lettura degli eventi.

Tanti gli spunti forniti dai due biologi romani, genitori di Filippo. In primis l’idea che da soli non si può affrontare le grandi prove e che la condivisione sia fondamentale sia nel racconto (da qui l’apertura del blog Piovono miracoli e le diverse testimonianze portate in giro per l’Italia) sia nella preghiera. In secondo luogo il rapporto di coppia, che in tanti casi entra in una reciproca incapacità di riconoscere e accettare l’altro per come assume la sua croce. Se non si accede all’intimo del proprio dialogo con Dio, affidandosi completamente al suo progetto, spesso anche il rapporto matrimoniale entra in crisi.

“Questo progetto di Dio su di noi, che cos’è?” il grande interrogativo che ha attraversato mamma Anna nei momenti più bui e dal quale entrambi i genitori sono emersi con una certezza: “Il nostro cammino di conversione ci ha portati a fidarci della volontà di Dio, che vuole il nostro bene, la nostra felicità. E abbiamo così capito che la cosa più importante per noi era salvare il nostro rapporto con Lui e non salvare a tutti i costi nostro figlio. Perdere l’amore di Dio sarebbe stato peggio che perdere nostro figlio”.

E’ stato appena sfiorato il tema dell’accanimento terapeutico ma il messaggio è stato comunque chiaro: accettare la morte che arriva, accompagnare negli ultimi momenti di questa esistenza anche chi, per la giovanissima età, avrebbe avuto tutto il diritto di superare la malattia, trovare il senso a quel rovescio della maglietta nel disegno d’amore di Dio, questo è quanto resterà di una serata irripetibile.

Per chi volesse conoscere la storia di Filippo e della sua maglietta a rovescio, è in vendita il libro “Con la maglietta a rovescio. Storia di Filippo Bataloni” (ed. La Porziuncola).




Nicola Legrottaglie, testimonianza di fede e conversione a Vicomoscano

L’appuntamento che Don Ottorino Baronio, sacerdote delle Parrocchie riunite di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara, aveva strutturato e pensato come un’intervista, si è trasformato ben presto in un monologo. Troppa la passione per Gesù Cristo di Nicola Legrottaglie, ex calciatore professionista e aspirante allenatore, per poterla contenere.

(foto Alessandro Osti)

Troppo forte il desiderio e anche il dovere di testimoniare l’incontro, quello con Gesù, che gli ha cambiato la vita e che gli ha permesso di continuare a vivere da protagonista in un mondo, quello dello sport ai massimi livelli, che spesso e volentieri ignora e calpesta i valori espressi dal Vangelo. Un Vangelo che Legrottaglie ha iniziato ad assaporare sin da ragazzino grazie alla mamma, che per tutta la serata non ha smesso di ringraziare anche per qualche ceffone ben assestato, prima artefice dei suoi successi attraverso i suoi insegnamenti e la preghiera. Preghiera che da anni ormai è al centro della quotidianità di Nicola e della moglie Erika, una splendida ragazza conosciuta ad un gruppo di incontro evangelico (particolare che si è scoperto solo alla fine della serata e che ha dato un valore aggiunto all’incontro, dimostrando come si è tutti parte della grande famiglia della Chiesa) e sposata nel 2013, con la quale condivide l’educazione del figlio Pietro, di 4 anni.

 

In una Chiesa gremita, l’ex giocatore di Juve e Milan ha parlato a lungo proprio del ruolo e delle responsabilità dei genitori, che hanno il diritto ma soprattutto il dovere di essere testimoni dei valori più profondi del Cristianesimo, in tutte le situazioni di vita che si trovano ad affrontare, e che non devono avere paura di dire la Verità, senza adeguarsi ad un mondo che accetta tutto in nome di un distorto e strumentalizzato concetto di amore o dell’ormai tanto di moda “ma a te cosa ti cambia?”. Ha esortato più volte i presenti a non accettare passivamente ideologie distorte o feste come Halloween che nulla hanno a che vedere con la nostra cultura e la nostra fede, e ad informarsi in tal senso, andando alla radice più profonda di ogni situazione per verificare come la comunicazione oggi cerchi più cha mai di indottrinarci e ingannarci, camuffando la realtà e stravolgendo il significato delle cose. E devono fare questo in nome di un Cristianesimo che non è una religione ma una relazione, che va coltivata e difesa, un percorso che dura tutta la vita e che si nutre della Parola di Dio.

Rivolgendosi poi ai molti ragazzi e giovani presenti, li ha invitati a non perdere tempo e a fare quanto prima esperienza viva e concreta di Gesù, perché lui questo incontro lo ha avuto a 28 anni (in uno dei periodi più grigi della sua carriera, in riferimento al quale ha voluto sottolineare come: “Il tuo momento peggiore è il momento migliore per Dio”) ma se qualcuno gliene avesse parlato prima, non di un Cristianesimo solo come tradizione e precetti ma come relazione di vita vera, avrebbe evitato di commettere tanti errori e procurare sofferenze a se stesso e ad altre persone. Nel raccontare di questo suo cambiamento, ha citato un episodio avvenuto all’età di 13 anni, quando, prima di addormentarsi, si rivolse a Dio facendogli la promessa di dedicarsi a Lui per tutta la vita se Egli gli avesse dato la gioia di esordire in Seria A. Ha sottolineato come il Signore ascolta veramente tutte le nostre richieste e non si dimentica di nessuno e, a differenza nostra che siamo infedeli, Lui è fedele e aspetta pazientemente che siamo noi a ricordarci di lui e delle promesse fatte, per realizzarle insieme. Parlando infine del rapporto tra fede e sport, ha ribadito come non siano realtà incompatibili e che, anzi, chi è portatore di determinati valori etici non debba arretrare di fronte a chi – allenatore, compagni, avversari, gli stessi genitori – cerca di farglieli mettere da parte in nome del risultato e del successo. Un valore “laico” su tutti: la parola data, cosa che oggi non viene più rispettata nemmeno nei contratti scritti.

L’incontro si è concluso con un breve ma significativo intervento della moglie Erika, sul tema del Sacramento del Matrimonio e dell’Amore, quello con la “A” maiuscola, non il sentimento e la facile emotività sbandierato sui social, nei programmi televisivi e nei reality, purtroppo anche nelle scuole ma quello della lettera ai Corinzi: “L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa”.

Nicola ed Erika hanno poi dato ulteriore dimostrazione di semplicità e disponibilità intrattenendosi, nonostante la tarda ora, con chi chiedeva loro un autografo o semplicemente voleva ringraziarli per la serata.




“Testimoni”, un ciclo di sette incontri a Vicomoscano

Si intitola “Testimoni” il ciclo di sette incontri organizzato dal 27 ottobre fino all’11 maggio dalle parrocchie di Vicomoscano, Quattrocase, Casalbellotto e Fossacaprara. Il primo ospite sarà l’ex calciatore della Juventus e della Nazionale Nicola Legrottaglie.

A presentare l’iniziativa è il parroco, don Ottonrino Baronio, organizzatore delle serate di testimonianza: «”La Chiesa deve essere capace di muovere il mondo e non di muoversi con il mondo”. E’ una frase di Chesterton.  Queste parole portano la nostra attenzione sulla questione di fondo della fede e della chiesa stessa che non solo se rimanere fedeli a Cristo, ma come rimanere fedeli a Cristo! Siamo in tempi sempre più difficili per il cristiano, in cui sembra smarrirsi sempre di più la stessa identità del credente, fra relativismi e personalismi, in una fede che vuole rincorrere il mondo e piacere al mondo più che guidarlo verso la verità e la salvezza. Ecco allora la necessità di testimoni autentici, che sappiano donarci il loro incontro con il Cristo che cambia la vita, la rende identitaria e la dispone a lottare per la verità del Vangelo, costi quel che costi».

Scarica la locandina con il programma di tutti gli incontri

Il primo di questi testimoni sarà Nicola Legrottaglie, ex calciatore ai massimi livelli, che parlerà del suo incontro con Cristo e con il suo percorso di conversione durante la serata del 27 ottobre.

A seguire  altri sei appuntamenti, uno ogni mese fino a maggio, aperti a tutti, con la presenza di ospiti molto noti che porteranno testimonianze provenienti da ambiti diversi della vita: «Sono voci spesso inascoltate o impopolari – spiega ancora don Baronio – voci che per la loro chiarezza e la loro fedeltà alla Parola e al Magistero spesso sono definite conservatrici se non discriminatorie o altri termini del genere. Sono voci diverse, che vengono da esperienze e vite diverse ma proprio per questo importanti e credibili: perché tutte giungono alla stessa straordinaria scoperta e testimonianza, ovvero che senza Cristo noi non possiamo vivere».

Tra questi la dottoressa Silvana De Mari, medico e scrittrice, e Gianfranco Amato leader del Popolo della Famiglia che rifletteranno sulla libertà di espressione, Anna e Stefano Bataloni autori di ‘Con la maglietta al rovescio. La storia di Filippo’, il libro che racconta la vicenda tragica e straordinaria di loro figlio. Il 28 gennaio arriverà a Vicomoscano Costanza Miriano che dialogherà con Paola Belletti sulla bellezza della femminilità e del ruolo della donna nella vita sociale e familiare in un’ottica di fede cristiana. Gli ultimi incontri saranno con  Osvaldo Poli autore di  ‘Cuore di papà’ con una riflessione sul ruolo del padre oggi, fra’ Vito d’Amato,  padre spirituale di Chiara Corbella Petrillo, la giovane madre morta a 28 anni per un carcinoma alla lingua, scoperto quanto era al quinto mese di gravidanza, avendo rimandato le cure per dare alla luce il suo bambino, di cui è in corso la causa di beatificazione, ed Elsa Belotti con un intervento dal titolo: ‘Pillole di vita per la coppia cristiana’.