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A Caravaggio associazioni in marcia per la pace in Ucraina

«Slava Ukraïni! Herojam slava!» (Gloria all’Ucraina! Gloria agli eroi!), è la frase che Dasha, rifugiata ucraina arrivata nei giorni scorsi in diocesi, ha insegnato alle oltre duemila persone che hanno preso parte alla marcia per la pace che si è svolta nella serata di sabato 5 marzo a Caravaggio.

La fiaccolata è stata coordinata dalla Croce rossa di Caravaggio e ha visto riuniti volontari del soccorso, l’Amministrazione comunale, Acli, Azione cattolica, Agesci, Movimento dei Focolari, Comunione e Liberazione, Caritas, Aido, Avis, Aiutiamoli a vivere, Fondazione don Pidrì e don Pierino, Chei de la Bosnia, Gruppo catechisti, Baristi e volontari oratorio, Arkis, Amici di don Maurizio, Libertas, Corpo di Bacco, Associazione Alpini, Gruppo di San Bernardino.

Tutti i partecipanti, provenienti anche dai comuni limitrofi, con la candela accesa e le bandiere della pace e dell’Ucraina, si sono ritrovati nei pressi di Porta Nuova a Caravaggio. La manifestazione si è aperta con Il mondo che vorrei di Laura Pausini, canzone che dipinge un mondo ideale di pace tra i popoli, e la lettura dell’articolo 11 della Costituzione che ricorda a tutti che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

È stata fatta poi una tappa davanti alla chiesa di San Bernardino, per ascoltare altre canzoni suggestive e scritti tratti dalla Bibbia, dall’enciclica Pacem in terris e dal Concilio Vaticano II.

La camminata si è conclusa al Santuario di S. Maria del Fonte con il saluto del presidente del Comitato di Caravaggio della Croce rossa italiana Carmine Musio, l’intervento dei ragazzi delle scuole secondarie caravaggine e con la toccante testimonianza di Dasha che ha raccontato la sua tragica fuga e il dolore provato nel salutare il padre e gli amici rimasti in Ucraina. Erano presenti alla manifestazione anche altri rifugiati ucraini. Il rettore del Santuario, monsignor Amedeo Ferrari, ha salutato la folla esprimendo parole di speranza e citando Isaia 2,4: “Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra”. Il parroco di Caravaggio, don Giansante Fusar Imperatore, con la benedizione ha quindi chiuso la serata.




Crisi ucraina, l’appello del Vescovo: «Prepariamoci a un’accoglienza diffusa»

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia impone a tutti noi un forte impegno di preghiera, riflessione e solidarietà. Il magistero del Papa ci guida, e il tempo di Quaresima che iniziamo ci orienta spiritualmente e concretamente ai gesti della fede e della carità, armi sempre efficaci davanti al male.

Dopo la preghiera del Rosario per la pace, che ci ha riunito nella Cattedrale di Cremona venerdì 25 febbraio, e la giornata di digiuno e preghiera in questo Mercoledì delle Ceneri, continueremo a pregare in tutte le comunità, perché lo Spirito Santo illumini menti e cuori dei responsabili delle nazioni, dei militari e dei civili, perché il conflitto cessi e si torni al dialogo, unica via per la convivenza pacifica tra i popoli.

Quanto avvenuto finora ha già prodotto sofferenze e danni enormi, e la rete Caritas si è subito impegnata per portare aiuto alla popolazione. La situazione di emergenza si sta evolvendo di ora in ora, ma, grazie alla presenza sul territorio ucraino di Caritas Ukraine (Chiesa cattolica di rito bizantino) e Caritas Spes (Chiesa cattolica latina), siamo operativi nel sostenere le famiglie in urgente stato di bisogno. In particolare, sul territorio ucraino sono già in atto:

  • servizi per l’accoglienza: luoghi sicuri, caldi, dotati di energia elettrica, dove le famiglie sfollate potranno ricevere informazioni aggiornate, pasti, forniture igieniche e un supporto psico-sociale;
  • evacuazione e protezione dei bambini ospiti delle case famiglia;
  • fornitura di pasti;
  • servizio docce e lavanderia.

La solidarietà si è estesa anche nei paesi limitrofi dove i profughi si stanno riversando e che stanno subendo il primo impatto delle conseguenze della fuga dalle zone di guerra. Come confermato dalle Caritas Nazionali e dai contatti locali, molti rifugiati, in particolare, donne, bambini e anziani, arrivano in Moldova e in Romania camminando. Le Caritas della Polonia, Moldova e Romania, in collaborazione con istituzioni e le ong locali, sono in prima fila nell’organizzazione dell’accoglienza e chiedono un aiuto per far fronte a tale emergenza.

COSA POSSIAMO FARE NOI, NELLA DIOCESI DI CREMONA?

La Chiesa cremonese rivolge un appello alle comunità affinché si rendano disponibili ad accogliere persone in fuga dalla guerra e in cerca di protezione. Al momento, non è facile quantificare tali esigenze, che le Autorità segnaleranno man mano. È bene però prepararci ad un’accoglienza diffusa, per la quale ogni comunità valuti sin da ora la disponibilità di spazi adeguati alle necessità che emergeranno. Ogni comunità potrà così esercitare i gesti della condivisione, non solo ospitando ma anche conoscendo e accompagnando i fratelli e le sorelle che la sciagura della guerra costringe ad essere temporaneamente lontani dalla loro terra e casa.

L’appello è aperto a tutti coloro che desiderano condividere questo cammino di costruzione di pace: parrocchie, istituti religiosi, associazioni o privati cittadini. La Caritas Cremonese, in base all’esperienza maturata in altre situazioni di emergenza, curerà il coordinamento delle disponibilità, in collegamento con le Autorità pubbliche. Segnalate perciò le vostre disponibilità, scrivendo a caritas@diocesidicremona.it.

Siamo in attesa di capire, in collegamento con le Istituzioni, come eventualmente sostenere un’adeguata accoglienza anche per coloro che sono già arrivati in Italia e sono stati accolti presso abitazioni di parenti oppure di amici.

Per quanto riguarda eventuali raccolte di beni, generi alimentari, medicinali e altro, sono diverse le associazioni che già se ne occupano. Al momento le Caritas Lombarde hanno deciso di NON ORGANIZZARE direttamente raccolte e spedizioni, ma di sostenere, con i fondi raccolti, le realtà che agiscono sul campo.

Prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, la nostra Caritas diocesana aveva promosso come iniziativa di Quaresima la campagna “una buona domenica per tutti”. Pensando a chi nelle nostre città e paesi è più solo ed emarginato: portare in dono il pasto della domenica ad anziani soli e/o a persone in difficoltà economica. L’attenzione che ora si sviluppa intorno all’emergenza Ucraina non ci farà dimenticare i poveri di casa nostra, per cui invitiamo a dare concretezza anche a questa proposta semplice ed eloquente. Ci farà bene vivere così il senso della domenica e della Pasqua.

+ Antonio Napolioni
Vescovo di Cremona

 

Per informazioni:

Caritas diocesana       0372 35063     via Stenico 2/B (Cremona)
caritas@diocesidicremona.it

 

Per sostenere la popolazione ucraina (donazioni in denaro):

Attraverso la Fondazione San Facio (deducibili se fatta con bonifico, assegno o versamento postale):
Conto Corrente Bancario IBAN: IT 57 H 05156 11400 CC0540005161
Conto Corrente Postale n. 68 411 503

Oppure, direttamente alla Caritas Cremonese:
Conto Corrente Bancario IBAN: IT 74 E 03069 11400 100000061305

 

Il Vescovo in Cattedrale: «In queste ceneri macerie e puzza di morte: lasciamo che restino sul nostro capo»




Cinque donne ucraine con tre bambini accolte a Cremona nell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari”: mobilitazione solidale delle comunità

È un 8 marzo con poca voglia di festeggiare per le donne di Ucraina. Semmai di gridare. Veronika parla a nome delle donne della sua famiglia, fuggite da sole da Leopoli, città Ucraina a pochi chilometri dalla frontiera con la Polonia, e giunte a Cremona dopo quattro giorni di viaggio, ma nella nella sua voce ferma si coglie la fierezza di un popolo che soffre e resiste: «Mamme di tutta la Russia, aiutateci a fermare la guerra. I nostri ragazzi muoiono. E muoiono anche i vostri figli. La guerra va fermata subito. Subito!».

Veronika ha 40 anni. Con lei sono arrivate la mamma Ela, la sorella Renata con  le piccole Emilia ed Erika (2 e 5 anni), le figlie Alina e Alona, con il nipotino Artem, tre anni, unico maschio della famiglia. Gli altri, i mariti, sono rimasti a Leopoli a fabbricare moltov nei sotterranei di una città assediata dal fiume di profughi in fuga dall’avanzata russa e dalle sirene che senza sosta esasperano la tensione.

Lyuba, la traduttrice, è originaria di Leopoli, la città ucraina sul confine polacco. Ma vive qui da molti anni e si sta rendendo utile nella comunicazione tra le conterranee e le parrocchie dell’unità pastorale “Don Primo Mazzolari” di Cremona (Sant’Ambrogio, Migliaro, Boschetto e Cambonino) che hanno offerto la disponibilità alla Caritas cremonese per organizzare l’accoglienza.

«I bambini hanno iniziato a dormire solo stanotte – traduce Lyuba – perché per due giorni il terrore del suono delle sirene ha tolto loro il sonno». Adesso giocano sul tappeto della casa parrocchiale al Migliaro, dove sono sopiti in attesa di trasferirsi negli spazi che saranno a loro disposizione nella parrocchia di Sant’Ambrogio. «Nelle celle dei frati francescani che vivevano nell’antico convento – spiega il parroco don Paolo Arienti – stiamo ricavando tre stanze da letto e una cucina, grazie al lavoro dei volontari e alle donazioni di tanti parrocchiani e non solo». Le Acli si occupano delle donazioni alimentari, mentre in parrocchia si sono raccolti indumenti, passeggini, biancheria: «C’è stata una grande partecipazione – spiega don Arienti – nella giornata di lunedì abbiamo ricevuto centinaia di telefonate e una grande quantità di aiuti concreti, tanto che ora abbiamo sospeso la raccolta, che riprenderemo nei prossimi giorni con richieste specifiche una volta che le donne e i bambini si saranno sistemati».

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L’arrivo a Cremona, dopo 14 ore di attesa in frontiera, i chilometri a piedi con i bambini al freddo e sotto la neve, e il lungo tragitto attraverso l’Europa a bordo di un van, è stato facilitato dalla presenza sul territorio di una zia, perfettamente integrata, che ha contattato Caritas, che ha poi accolto la disponibilità dell’unità pastorale cittadina. «Il viaggio è stato terribile. Sono arrivate provate e spaventate – racconta don Maurizio Ghilardi, parroco al Boschetto e Migliaro –  Cerchiamo di accoglierle con discrezione, ma la comunità delle nostre parrocchie sta comunque dando prova di grande generosità».

Nel salotto, i piccoli giocano e disegnano, le donne li osservano in silenzio. Nell’angolo accanto al divano c’è la chitarra che un ragazzo della parrocchia ha donato per Alina: ha saputo che ha dovuto abbandonare gli studi al conservatorio e il suo strumento a Leopoli. Chissà quando ci sarà spazio per la musica. Intanto però qualche timido sorriso spezza per un istante il velo di tristezza e fatica. Nei piccoli che sembrano aver ritrovato un fragile senso di sicurezza sotto lo sguardo delle mamme e dei don che si chinano per far correre le macchinine sul tappeto, gli occhi gonfi trovano una ragione di speranza.

Veronika guarda dritto in camera: non c’è privacy per chi scappa dalla guerra. Ci sono cose da dire, una realtà a cui resistere. «Noi vinceremo. Loro – guarda i bambini più piccoli – avranno un futuro. Torneremo presto in Ucraina».

Hanno pianto ieri sera quando, in videochiamata hanno chiesto ai mariti cosa stessero facendo: «Fabbrichiamo molotov» hanno risposto. «Nel nostro paese brucia tutto –  dice Verokika attraverso la traduzione di Lyuba – non si può restare là. A Leopoli arrivano dalle città sotto assedio donne e bambini che hanno dovuto lasciare tutto. Noi siamo scappate perché in tanti, in città, hanno iniziato a vedere le macchie di colori che i russi segnano sui palazzi per indicare ad aerei e elicotteri dove colpire».

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Ela ha settant’anni, si lascia andare a qualche lacrima sommessa mentre la figlia racconta. Cinque donne e tre bambini a migliaia di chilometri da casa e dalla famiglia. «Non ci sono parole per ringraziare per questa accoglienza» dice.

Anche questa, in fondo è resistenza: i disegni con cui i bambini della parrocchia hanno tappezzato la casa, fiori, alberi e sorrisi, contro le macchie che sfregiano i palazzi di Leopoli come macabri bersagli. Non bastano a fermare la guerra. Ma il futuro dell’Ucraina – delle sue donne e dei suoi bambini – non può farne a meno.




Casa Paola apre le porte ai profughi ucraini

A Rivarolo del Re, Casa Paola, la struttura di accoglienza dell’associazione La Tenda di Cristo, fondata dal camilliano padre Francesco Zambotti, ha aperto le proprie porte a una famiglia giunta il 1° marzo dall’Ucraina. Tania, vedova da qualche anno, con i figli di 17 e 14 anni ha lasciato Ternopil, città di 220 mila anime a 200 km dal confine rumeno e a 450 da Kiev, e dopo oltre 30 ore di autobus è giunta in Italia, dove da parecchio tempo vive la nonna Yaroslava. Proprio lei era stata ospitata, anni fa, nella struttura di padre Zambotti. Ora vi è provvisoriamente tornata per sostenere e fare ambientare i familiari, che non parlano l’italiano.

L’iniziativa si colloca nell’ambito del progetto “Un Ponte di Solidarietà con l’Ucraina” dell’Associazione La Tenda di Cristo che, oltre ad aver iniziato ad accogliere i profughi, sta anche raccogliendo generi di prima necessità da mandare in Ucraina. Per questo l’associazione rinnova a tutti un appello alla solidarietà con contributi che possono essere garantiti anche attraverso donazioni sul sito internet www.latendadicristo.it/come-aiutarci/ucraina.




Appello per la pace: tutte le Chiese in Italia unite in una preghiera corale

Le drammatiche immagini delle azioni militari in Ucraina provocano dolore e scuotono le coscienze. Nel condannare fermamente la scellerata decisione di ricorrere alle armi, esprimiamo vicinanza al popolo ucraino e alle comunità cristiane del Paese. Ogni conflitto porta con sé morte e distruzione, lacera il tessuto sociale e minaccia la convivenza tra le nazioni. La memoria di quanto accaduto nel Vecchio Continente nel secolo scorso deve indurci a rinnegare ogni discorso di odio e ogni riferimento alla violenza, spronandoci invece a coltivare relazioni di amicizia e propositi di pace.

È il desiderio dell’umanità intera, è l’impegno dei Vescovi del Mediterraneo che riuniti in questi giorni a Firenze per l’Incontro “Mediterraneo frontiera di pace” hanno chiesto ad una sola voce di far tacere le armi. Siamo chiamati, come diceva Giorgio La Pira, a “usare il metodo d’Isaia: convertire, cioè, in investimenti di pace gli investimenti di guerra: trasformare in aratri le bombe, in astronavi di pace i missili di guerra!”.

Facciamo appello alla coscienza di quanti hanno responsabilità politiche affinché si fermi al più presto la follia della guerra. Allo stesso tempo, invitiamo tutte Chiese che sono in Italia a unirsi in una corale preghiera per la pace e ad aderire alla Giornata di digiuno indetta da Papa Francesco per il prossimo 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri.

Firenze, 24 febbraio 2022

La Presidenza della Cei




Together for Ukraine, ACLI lancia una raccolta alimentare e di beni primari

“Together for Ukraine” è lo slogan della colletta alimentare e di beni primari destinati alle famiglie ucraine promossa dalle Acli di Cremona e insieme all’Associazione Pellegrini con gioia.

«Non possiamo abbandonare i fratelli in Ucraina – spiegano le ACLI cremonesi presentando l’iniziativa – e non possiamo farci trovare impreparati. Siamo chiamati alla carità, proprio come ci indica il nostro Vangelo. Confidiamo nella vostra solidarietà e profondo gesto di umanità! Pellegrini con gioia onlus è già stata allertata, perché possa assistere le famiglie che si troveranno in stato di bisogno».

Chi volesse sostenere il progetto potrà consegnare o far recapitare il proprio contributo (omogeneizzati, pannolini, cibo secco, cibo in scatola, sughi pronti, legumi in barattolo, prodotti per l’igiene, …) a:

  • Cremona, presso la sede provinciale delle Acli (via cardinal Massia 22)
  • San Bassano, presso la sede di Pellegrini con gioia (via Roma 40)
  • Casalmaggiore, presso Spazio Tenda (via Pozzi 17 – sabato pomeriggio dalle 15.30 alle 19)



La preghiera delle donne Ucraine di Cremona: «Così sosteniamo i nostri figli rimasti a lottare per la libertà»

Tra le mani il rosario e dei fili intrecciati con i colori della bandiera Ucraina. Un gruppo di donne ucraine da più di dieci si ritrova alla domenica, nel loro giorno libero, nei locali della Caritas cremonese per pregare e trascorrere qualche ora insieme. Sono tutte badanti, arrivate in Italia nei primi anni Duemila, per trovare un impiego che le permettesse di guadagnare abbastanza denaro da mantenersi e da mandare ai cari rimasti a casa. Il ritrovo della domenica alla Casa dell’Accoglienze è da sempre un modo per farsi forza e condividere il legame con le proprie radici.

Questa domenica, però, il ritrovarsi ha un significato diverso. Le donne pregano il Padre Nostro e l’Ave Maria, le preghiere che hanno imparato in italiano e parlano, con gli occhi pieni di lacrime di paura, dei figli rimasti nelle città sotto l’assedio delle armate russe. «Sono rimasti tutti in Ucraina – spiegano –  vogliono restare là e combattere per la libertà del nostro paese»

Alcune di loro non riescono a trattenere le lacrime. Si asciugano il volto in silenzio mentre le amiche raccontano: “Per fortuna riusciamo a sentire tutti i giorni i nostri figli e le nostre famiglie in Ucraina – dicono – Spesso ci scrivono, non chiamano perché devono essere veloci a proteggersi nelle cantine se suonano le sirene”.

Una di loro – riferisce il sito di Caritas Cremonese – ha la figlia che deve partorire a giorni: “Chissà dove nascerà mio nipote – si domanda con gli occhi lucidi – In ospedale, in casa, in cantina…”.  Sono preoccupate, ma trovano nella fede comune e nella preghiera la forza per tenere viva la speranza: «In questo periodo – spiega il direttore di Caritas don Pierluigi Codazzi – lasciamo spesso la chiesa a loro disposizione per pregare, perché ci dicono continuamente che solo con la preghiera le loro famiglie avranno la forza di rimanere in Ucraina e di affrontare questa prova durissima».

Una volta al mese da Brescia o Bergamo a celebrare la Messa per loro secondo il rito della Chiesa cattolica orientale. Questa domenica è don Codazzi unirsi alla loro preghiera.

“Noi assistiamo i vostri cari – dicono – e in questo momento non riusciamo ad abbracciare i nostri”. Ringraziano l’Italia e Cremona dove si sentono ormai come a casa, ma il cuore e la mente ora sono tutti per la Patria. Sanno che il loro popolo ha bisogno di aiuti, anche materiali, ma non rivolgono appelli. «Siamo gente abituata a dare agli altri, non a ricevere».

L’impegno di Caritas però, è concreto. Perché il momento della preghiera è il momento in cui non dimenticare di essere fratelli.

Ucraina, appello di Caritas per aiuti immediati. La testimonianza di don Tibaldini

 

 




Ucraina, famiglia Telò in salvo. I missionari cremonesi raccontano la fuga da Kiev: «Padri separati dalle famiglie per restare a combattere»

Hanno lasciato l’Ucraina Federico Telò e Elisa Manfredini, coniugi cremonesi di Bosco ex Parmigiano, parrocchiani di Sant’Imerio, nella” Unità pastorale Sant’Omobono” in città, che con i loro nove figli (il decimo è in arrivo) si trovavano a Kiev come famiglia missionaria del Cammino Neocatecumenale. A bordo del loro pullmino sono riusciti precipitosamente a lasciare il Paese insieme ad altre migliaia di civili in fuga, per poi dirigersi verso la frontiera con la Polonia. Varcata la frontiera, sono entrati ieri in territorio europeo: dopo il passaggio dalla Repubblica Ceca si trovano ora in Austria, ospiti di una famiglia di amici
“Mercoledì sera – racconta Federico in un messaggio vocale in cui racconta ciò che la sua famiglia ha vissuto nelle ultime settimane – abbiamo avuto un incontro con la comunità, le notizie parlavano di ammassamento delle truppe  ai confini, di un aereo russo in volo nello spazio ucraino, della richiesta di aiuto delle repubbliche autoproclamate, dell’attacco informatico alla protezione anti-aerea”.
Così la decisione di partire: “Mi sono alzato alle 5.30 per andare al lavoro, una forte esplosione ha fatto tremare il palazzo. Si sono svegliate anche mia moglie e una delle nostre figlie. Da due settimane ormai stavamo vivendo con le valigie pronte. Ogni bimbo aveva pronto uno zainetto con due felpe, un cambio i jeans. Avevamo preparato soldi, documenti e il pieno della macchina. Speravamo non servissero, che si trattasse solo di allarmismi”.
Perché questa era la vita in Ucraina prima dell’escalation di tensione che ha preceduto l’invasione russa. “Abbiamo vissuto nella normalità fino a due settimane fa. Il sabato le ambasciate e in particolare quella italiana ha invitato a lasciare il Paese. Leggevamo le notizie, ma la vita in città non sembrava diversa. Solo da quel sabato qualcosa ha iniziato a cambiare. Al lunedì al lavoro i colleghi hanno iniziato a parlare della possibile invasione”.
Questo, insieme alle telefonate allarmate dai parenti dall’Italia, hanno messo in allarme la famiglia cremonese: “Il popolo ucraino vive in guerra da 8 anni – spiega Federico – ed è abituato a non fermarsi agli eventi che capitano. Sanno di non avere il potere di fermare questi avvenimenti, che fanno parte di interessi più grandi. Vanno avanti a vivere. E anche noi, come famiglia missionaria, avevamo scelto di restare sul territorio finché fosse stato possibile”.
Da quando i Telò sono in Ucraina non era la prima volta che il paese viveva la minaccia di aggressione: “Le truppe russe erano già state raccolte ai confini ucraini lo scorso aprile, lo scorso 2 dicembre avrebbe dovuto esserci un colpo di stato… Però – racconta ancora Federico – negli ultimi giorni la preoccupazione è andata aumentando e gli ultimi giorni sono stati giorni di tensione. Gli eventi non erano controllati. Si aprivano tanti scenari imprevedibili. Ogni rumore forte ti faceva pensare a qualche esplosione. Siamo rimasti finché la situazione non è precipitata”.
La famiglia cremonese ha lasciato una città sull’orlo della guerra: “La situazione non era ancora quella di che vediamo ora nei video sul web, ma abbiamo visto scene che non dimenticheremo: file di macchine, un fiume di persone con le valigie che se ne andavano a piedi, tutto il condominio in fibrillazione alle cinque del mattino. Quattro persone ci hanno chiesto di venire con noi, ma non avevamo altro spazio e ho dovuto dire di no con il cuore che mi piangeva. Abbiamo visto benzinai e bancomat presi d’assalto”.
La presenza della famiglia cremonese in Ucraina è frutto di un cammino iniziato dai neocatecumenali già nel 1984, quando padre Mario Pezzi si recò nel Paese per portare questo itinerario di iniziazione cristiana insieme a padre Janez Bokavsek. Grazie a questo annuncio evangelico durante il comunismo, il Cammino è ora una realtà che conta circa 3mila fratelli riuniti in ottanta comunità presenti in ciascuna delle diocesi cattoliche e in alcune greco-cattoliche dell’Ucraina. Federico ed Elisa erano impegnati proprio nella capitale, città “culla della cultura cristiana di tutto l’Oriente europeo”, come disse Giovanni Paolo II nel 2001. Nel loro piccolo hanno collaborato attivamente con la realtà cristiana locale insieme ad altre tre famiglie del Cammino, guidati da un sacerdote amico.
A Kiev lasciano quindi colleghi, amici e conoscenti: “C’è da pregare tanto. Ci sono tante sofferenze”. La voce di Federico da whatsapp ha una pausa. Si parlava da qualche tempo della proposta di legge per lasciare le armi ai civili… “Era da vagliare, me ne parlavano i colleghi – riprende Telò – ma con lo stato di guerra è accaduto. Gli ucraini daranno la vita per difendere le loro terra e l’indipendenza che tanto duramente hanno conquistato”.
Lo stato di guerra è scattato proprio mentre la famiglia cremonese attraversava la frontiera. L’ultima immagine che l’Ucraina ha consegnato ai missionari cremonesi è stata la più dolorosa: “All’improvviso è arrivato l’ordine di non far più uscire dal Paese gli uomini abili alle armi. Abbiamo visto macchine tornare indietro, verso la guerra. E famiglie separarsi tra le lacrime: mamme, figlie e nonne se ne andavano verso l’Europa, mentre i mariti tornavano per combattere”.




Preghiera per la pace con il Vescovo. Le donne ucraine in Cattedrale: «I nostri cari sotto le bombe; nella fede l’unico conforto»

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Una preghiera per la pace colma di speranza anche se segnata dalla preoccupazione e dal dolore di quanto sta avvenendo in Ucraina. Un’invocazione, quella del Rosario di venerdì sera in Cattedrale, davanti ad «una storia della salvezza tradita e insanguinata dalla smania di potere, dall’odio fratricida, dai nazionalismi e persino dalla divisione tra i cristiani», come ha spiegato il vescovo Antonio Napolioni rivolgendosi ai presenti e a tutti coloro che si sono collegati ai canali web e social della diocesi. «Non la paura ma la speranza, unita a una sacrosanta indignazione – ha continuato Napolioni – muovono alla preghiera per la pace, per la giustizia, per il rispetto dei popoli e perché la Genesi che ci vede protagonisti di una nuova fraternità nel mondo non si arresti».

Con la recita dei misteri dolorosi ieri la Chiesa cremonese ha infatti risposto all’appello di Papa Francesco secondo cui «Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno», in piena sintonia con tutte le chiese italiane, invitate dalla Cei ad unirsi in una preghiera corale che vorrà farsi digiuno il prossimo 2 marzo, mercoledì delle ceneri.

La Cattedrale ha pregato all’unisono, in maniera composta, sobria, inframmezzando ai misteri l’ascolto di brani evangelici e di scritti e parole del Papa. Una meditazione ed una invocazione che ha unito i fedeli in una voce sola, perché «il contagio benefico dell’ascolto profondo della Verità – come ha spiegato monsignor Napolioni – orienti verso scelte di dialogo e di pace». Nessuna illusione, perché «Dio non si sostituirà alla libertà dell’uomo», ma la certezza che la fede non resterà inascoltata.

Tra i presenti, fedeli laici delle parrocchie cittadine, sacerdoti, religiosi e numerosi rappresentanti di associazioni e delle istituzioni, che hanno preso parte in forma privata al momento di preghiera comunitaria. Fianco a fianco, cremonesi ed ucraini. Perché in Cattedrale c’erano anche loro, quelle presenze discrete di donne che abitano tante case dei cremonesi aiutando gli anziani. Donne che hanno pregato con le lacrime agli occhi raccontando, al termine del rosario, a chi avevano accanto, dei loro cari. «Mia figlia – ci ha detto Maria – sta per partorire nella nostra terra, con la paura di un bombardamento. Non vuole andare via. Con il marito vuole difendere la nostra terra. Le nuove generazioni vogliono restare nella loro patria». Nel cuore hanno le parole, i racconti di nipoti e genitori, con i quali sono ancora in comunicazione, ma temono il peggio. «La nostra unica salvezza – ripete Maria, con le connazionali Alina e Olga – è solo Dio che può sconfiggere chi ha intenti diabolici».

Condividono con la chiesa cremonese l’invocazione alla pace, gli occhi però rivelano l’angoscia di queste ore, ferite che non si rimargineranno con facilità. Sulle spalle hanno storie di fatica e lavoro, la conquista, trent’anni fa, di una libertà che ora vedono calpestata. «Unico conforto è la fede», ripetono con convinzione, e la vicinanza di una Chiesa che le ha accolte come sorelle e che promette di non lasciarle sole, di stare accanto a loro, alle loro famiglie e al loro popolo con la preghiera, e con gesti concreti di solidarietà e fratellanza.

 




Ucraina, appello di Caritas per aiuti immediati. La testimonianza di don Tibaldini

«In questo momento difficile, c’è un grande bisogno di unità, sostegno, abbiamo bisogno di sentire che non siamo soli». Don Vyacheslav Grynevych, direttore della Caritas-Spes Ucraina, dopo il precipitare degli eventi e l’attacco da parte della Russia rilancia con forza un appello alla solidarietà. Una situazione drammatica che avrà ripercussioni non solo militari. Molti civili sono e saranno infatti sempre più coinvolti nei bombardamenti che stanno colpendo diverse città del Paese. C’è inoltre molta preoccupazione per l’enorme numero di profughi che sta cercando di lasciare le proprie città e le proprie case, per trovare riparo in altre zone dell’Ucraina o nei Paesi confinanti. Le notizie e le immagini raccontano di enormi colonne di cittadini in fuga con le loro auto dalle principali città, inclusa la capitale Kiev.

Caritas in Ucraina – grazie anche al sostegno della rete internazionale – è sempre rimasta accanto alla popolazione e ora sta moltiplicando gli sforzi per poter raggiungere quante più persone possibili. «Vi chiediamo di starci vicino con la solidarietà e la preghiera», ha detto Tetiana Stawnychy,  Presidente di Caritas Ucraina, assicurando che al momento tutti gli operatori della Caritas sono illesi e si stanno prodigando per far fronte all’emergenza.

I 19 centri presenti su tutto il territorio – una rete capillare tramite la quale la Caritas dal 2014 ha aiutato 826.500 persone, assistendole nei loro bisogni primari – hanno ora più che mai necessità di rifornimenti e attrezzature per rispondere all’attuale emergenza. In particolare servono: generi alimentari, prodotti per l’igiene e medicinali. Resta prioritaria anche la fornitura di acqua potabile, così come la distribuzione di materiale per garantire il riparo e il riscaldamento delle famiglie, considerate le rigide temperature invernali.  Accanto a Caritas Ucraina si sta attivando tutta la rete delle Caritas europee, in particolare le Caritas dei paesi limitrofi – Polonia, Romania e Moldavia – per accogliere tutti coloro, probabilmente migliaia di persone, in fuga dalla guerra.

Anche Caritas Cremonese, come Caritas Italiana, esprime la propria solidarietà alla Caritas in Ucraina e alla popolazione tutta, attivandosi per fornire gli aiuti necessari per rispondere ai bisogni più urgenti e ha avviato una raccolta fondi per sostenere gli interventi di assistenza umanitaria ed emergenziale.

Un appello che Caritas Cremonese rilancia sul proprio sito internet attraverso la testimonianza di don Natalino Tibaldini, parroco di Vailate, impegnato dal 1992 in progetti di aiuto alla popolazione ucraina, che in questi giorni sta seguendo con assoluta preoccupazione ciò che sta avvenendo. «La situazione è drammatica – conferma il sacerdote –. In queste ore ho sentito molte persone in Ucraina: alcune sono in fuga, altre stanno nei rifugi per proteggersi dai bombardamenti. Sono disperate». E prosegue: «Ho già sentito anche le suore canossiane con cui collaboriamo. Loro sono a Vinnytsia e hanno deciso di rimanere, perché sono un punto di riferimento, una speranza per tanta gente».

Molte sono le famiglie che hanno contattato al telefono don Tibaldini. «Quelli che hanno la macchina stanno provando a fuggire in Moldavia o al confine polacco – racconta –. Anche Vinnytsia sta subendo bombardamenti notturni. Quelli che rimangono stanno cercando rifugi per proteggersi».

La situazione della guerra si somma ad una situazione già di difficoltà. «Ci sono molte famiglie che erano già in uno stato di povertà, con stipendi da fame e condizioni difficili – prosegue don Tibaldini –. Tante vivono grazie ai soldi che componenti della famiglia che lavorano all’estero, spesso badanti, mandano a casa. Questa guerra non fa che peggiorare le cose».

La mente, anche e soprattutto in questo momento, va poi all’asilo costruito in una cittadina a 80 chilometri da Vinnytsia proprio grazie ai progetti coordinati dal parroco di Vailate e al sostegno di tanti nella nostra diocesi. «Lo hanno utilizzato per il Grest nel 2020 – dice –. Aspettavano noi per l’inaugurazione ufficiale, poi c’è stata la pandemia, ora la guerra che colpisce pesantemente anche quei bambini e quei ragazzi…».

L’appello è per una risoluzione di pace e un immediato stop alle armi. «Continuerò a tenermi in contatto con le suore e le famiglie – conclude don Tibaldini intervistato sul sito internet di Caritas Cremonese –. Appena si potrà partiremo per continuare ad aiutare questa povera gente».

In ogni momento è possibile dare il proprio contributo per i progetti della Caritas diocesana e italiana a sostegno della popolazione ucraina.

 

Come sostenere la popolazione ucraina

Attraverso la Fondazione San Facio:

  • Conto Corrente Bancario
    Banca di Piacenza – via Dante 126 – 26100 Cremona
    IBAN: IT 57 H 05156 11400 CC0540005161
  • Conto Corrente Postale
    n. 68 411 503

La donazione alla Fondazione San Facio è deducibile se fatta con bonifico, assegno o versamento postale.

Presso gli Uffici di Caritas Cremonese o sul conto corrente bancario

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