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Il percorso di Tds concluso con la testimonianza del vescovo Antonio (AUDIO e FOTO)

L’ultimo incontro di Tds-Traiettorie di Sguardi per l’anno 2018/2019 si è chiuso nel pomeriggio di domenica 17 marzo a Cremona, all’oratorio del Maristella, alla presenza del vescovo Antonio Napolioni che ha ricostruito la narrazione della sua vita e della sua vocazione attraverso il filo della Parola di Dio.

Il Vescovo ha raccontato che la sua famiglia d’origine non era particolarmente religiosa, in particolare gli uomini di famiglia – il padre e il nonno – erano tutti anticlericali. La mamma e le sue nonne, invece, erano più vicine alla fede, tant’è che sua nonna nel giorno della sua Cresima gli regala la Bibbia, dedicandogliela con parole che si riveleranno profetiche. Testo che mons. Napolioni ha portato all’incontro con i giovani, leggendo proprio la dedica della nonna.

Dopo un periodo di lontananza dalla Chiesa, il giovane Napolioni si avvicina all’esperienza dello Scautismo, che gli permette di scoprire la natura, di sperimentare l’amicizia, la misura del proprio limite, la bellezza dell’avventura ma anche del servizio. A sedici anni,, durante un campo, presso la scuola regionale degli Scout qualcosa in lui cambia e decide di dedicarsi al servizio educativo, mettendosi in gioco per i più piccoli. Nello stesso periodo avviene l’incontro con un sacerdote molto umile che ha saputo parlargli e trasmettergli la bellezza della Parola.

A diciannove anni sente che Gesù lo sta chiamando, si confessa e il sacerdote gli dice di leggere il Vangelo di Luca 15, in particolare il capitolo dedicato alle parabole della misericordia. Andando avanti intuisce che esiste una gioia più piena. All’età di vent’anni acquista una Bibbia in cerca di risposte e decide di entrare in Seminario.

La Parola ha segnato il cammino della sua vocazione, ma è andata in suo soccorso anche nei periodi bui e di sofferenza.

Il 5 novembre 2015 arriva a Cremona. La prima cosa che viene chiesta a un vescovo è disegnare lo stemma e scegliere il motto. La sua scelta cade su “Servite il signore nella gioia” perché richiama alla ricerca della gioia, del desiderio di essere felici, alla scoperta del Signore e richiama alla dimensione del servizio.

L’invito del Vescovo ai giovani presenti è quello di mettersi in dialogo con la Parola e cogliere la presenza significativa del Vangelo nella narrazione della propria vita.

 

Photogallery dell’incontro

 




A Tds parole e musica attraverso il Sud America

Domenica 20 gennaio, presso l’oratorio del Maristella, a Cremona, si è svolto il quarto incontro di Traiettorie di Sguardi, percorso per i giovani della Diocesi che quest’anno ha scelto come tema da seguire nei diversi incontri quello della narrazione. Ospite dell’ultimo incontro è stata l’Associazione latinoamericana di Cremona con il suo coro Voz Latina, esperienza nata qualche anno fa in città da un piccolo gruppo di musicisti argentini che si sono trasferiti in città per studiare musica antica e per riscoprire le loro radici italiane. 

Attraverso il canto la platea di giovani è stata accompagnata a scoprire la storia di un popolo che ha sempre espresso attraverso la musica la commistione e le influenze degli altri popoli che hanno conquistato, abitato e attraversato il Sud America, dal Messico fino alla Patagonia, lasciando un segno.

E così si scopre che nei loro canti tante sono le influenze della “musica nera” arrivata in America del Sud attraverso gli schiavi africani che venivano deportati per lavorare la terra.

Dopo la conquista degli spagnoli nascono canti e danze che tentano di tenere insieme l’identità del popolo indigeno e quella dei conquistatori arrivando anche a cercare somiglianze e punti di tangenza nel rito religioso. Tantissimi sono, infatti, i canti dedicati a Maria che però richiamano anche le caratteristiche dei canti dedicati a Madre Terra.

Nei loro canti numerosi sono i richiami al tema dell’esilio e della migrazione dal paese alla grande città, piuttosto che l’allontanamento dal proprio paese a causa della dittatura.

Altro tema ricorrente è quello dell’unità di un popolo che, nonostante le distanze geografiche, sente un forte senso di appartenenza a tradizioni comuni; e quello del lavoro: tanti, infatti, sono i canti dedicati ad alcune professioni molto umili, come quello della giardiniera.

Il filo narrativo ha tenuto la platea di giovani incantata di fronte a questo susseguirsi di note, parole e voci. Un’esperienza davvero suggestiva.

Scarica qui il programma di TDS 2018

 

 

 




Nello Scavo a TDS, il giornalismo dei volti che apre alla speranza

L’ospite dell’ultimo incontro di Traiettorie di Sguardi che si è tenuto domenica 16 dicembre è stato Nello Scavo, reporter internazionale, giornalista di Avvenire e scrittore. Definito – dai più – esperto di migrazione, anche se questa etichetta gli va un po’ stretta.

La sua attività inizia, infatti, negli anni ’90 in Sicilia ai tempi di una delle più terribili guerre di mafia. Successivamente si interessò del conflitto nei Balcani, che sollevò una grande solidarietà a livello europeo: migliaia di persone furono portate legalmente in Italia per essere salvate dalla guerra, e da parte di tutta Italia e degli italiani arrivarono aiuti.

Perché oggi, invece, nei confronti dei migranti siamo diventati così egoisti? Due sono gli elementi che sottolinea Nello Scavo: «Innanzitutto il fatto che negli anni ’90 si stava economicamente meglio, e dunque i migranti non erano percepiti come minaccia al nostro benessere, e seconda cosa, non c’era una propaganda così serrata sul tema dell’insicurezza che sembra essere frutto della sola immigrazione».

Ascolta qui l’audio della serata

Ma per andare vicino alla verità è necessario incontrare le persone. Ed è questo che spinge la sua attività di giornalista. «Il giornalista oggi deve raccontare di più lo sguardo di chi ha di fronte. Abbiamo oggi la presunzione di sapere tutto senza approfondire.

L’ipertrofia informativa è come la nebbia , impedisce di vedere bene i contorni delle cose. Le storie allora diventano fondamentali perché pur essendo a sé, sono rappresentative di una storia più grande. Anche se spesso queste storie sono scomode e urtano la sensibilità del lettore».

Questo giornalismo però può salvare quella parte di paese che vuole vederci meglio.

Come possiamo da lettori districarci? «Come per gli acquisti su internet – risponde con un esempio il giornalista di Avvenire – siamo sempre molto attenti prima di acquistare o prima di scegliere il ristorante in cui andare, leggiamo recensioni, facciamo ricerche… Allo stesso modo dovrebbe essere per le informazioni. Perché di fatto non abbiamo nessun filtro. Beviamo qualsiasi cosa».

«Una delle grandi menzogne del nostro tempo – fa notare ad esempio Scavo – è che i migranti e le donne del corno d’Africa che arrivano in Libia non sanno a cosa vanno incontro. In realtà si è scoperto che le donne prima di partire si iniettano un anticoncezionale che dà una copertura per un certo numero di mesi. Quindi sono consapevoli, ma allora perché partono se sanno a cosa vanno incontro? Incontrando queste persone nei campi libici piuttosto che sulla rotta dei Balcani si scopre che hanno qualche motivo in più per venire in Italia che non la speranza di un maggior guadagno. Il fenomeno migratorio è complesso, perché non è solo fatto di persone e storie ma anche di interessi internazionali che si intrecciano ai conflitti dei paesi di provenienza dei migranti».

Tuttavia se il giornalista non trovasse un briciolo di speranza nelle storie che racconta, non avrebbe nessuna ragione per lasciare famiglia e figli e andare in luoghi non turistici. «Se parte è perché trova speranza. Sono queste storie di speranza che tengono in piedi il senso del lavoro di giornalista. E sono queste storie che vanno lette per continuare ad approfondire alcuni temi che rischiano di essere semplificati e banalizzati o anche, come spesso accade, manipolati».

Se la buona informazione è uno dei pilastri della democrazia, – conclude dunque Scavo – allora «serve una nuova alleanza tra chi scrive e chi legge per evitare le fake news e soprattutto la manipolazione di alcune notizie».




Efrem Morelli, quando lo sport è una storia buona

L’ospite del primo incontro di Traiettorie di Sguardi, Silvano Petrosino, ha lasciato come compito ai giovani presenti di allenarsi nel discriminare le storie buone dalle storie cattive. Il secondo incontro di TDS che si è svolto domenica 18 novembre ha avuto come protagoniste due storie buone: il cortometraggio tratto dal libro di Jean Giono L’uomo che piantava gli alberi e quella di Efrem Morelli, nuotatore cremonese, medaglia di bronzo alle Paralimpiadi di Rio del 2016.

Il cortometraggio racconta la storia di Elzéard Bouffier un pastore francese che con costanza, pazienza e determinazione dedica parte della sua vita a piantare querce in una landa desolata del sud della Francia. La sua opera, faticosa e senza un tornaconto personale, ha come effetto quello di ridare vita ad una terra che era diventata arida ed abbandonata, che grazie al suo operare silenzioso torna ad essere verde, ricca di vegetazione e di animali e in cui l’uomo trova piacere e felicità nell’abitarla.

Questa storia, frutto dell’immaginazione dell’autore, dice però qualcosa a ciascuno di noi: ci invita, infatti, a trasformare la nostra vita individuale in una narrazione buona. Ciascuno di noi con la sua storia può essere generativo, aprirsi e permettere agli altri di aprirsi al futuro, di guardare al futuro con speranza.

È quello che cerca di fare ogni giorno Efrem Morelli che incalzato dalle domande della platea dei giovani ha condiviso il suo passato, il suo presente e il suo sguardo sul futuro. Per Efrem sperare significa porsi sempre dei nuovi obiettivi, dei nuovi traguardi da raggiungere.

Ascolta qui la testimonianza di Efrem Morelli

La sua vita ha subito un drastico cambio di direzione quando nel 2000 a causa di un incidente in moto è rimasto paralizzato. Ma il suo agonismo e la sua voglia di mettersi in gioco nello sport non l’hanno abbandonato. Anzi, ha scoperto – grazie alla riabilitazione – che l’acqua lo faceva stare bene ha scelto il nuoto come sua seconda disciplina sportiva. Nuoto che l’ha portato a guadagnarsi la medaglia di bronzo alle olimpiadi di Rio.

Ma lo sport non è il suo unico obiettivo; infatti, Efrem ha scelto di far conoscere ai ragazzi e ai giovani la sua storia e il mondo dello sport paralimpico per spronarli a non fermarsi davanti alle difficoltà e a guardare al futuro sempre con determinazione e voglia di giocarsi il tutto per tutto.




Tra vita ed esperienza, quali parole per raccontarle?

Il primo incontro di TDS è stato inaugurato dall’ospite Silvano Petrosino, professore di Antropologia Religiosa e Media e Teorie della Comunicazione presso l’università Cattolica di Milano.

A lui abbiamo chiesto di aiutarci a introdurci al tema della narrazione, che sarà il leitmotiv di questa edizione di Traiettorie di Sguardi. In particolare di approfondire il legame tra esperienza e narrazione. Il polo problematico di questo legame, a detta del professore, non è tanto la narrazione, quanto l’esperienza.

Scarica qui l’intervento completo

Come la definisce Cassirer, infatti, l’esperienza dell’uomo è sempre una trama aggrovigliata. Pensiamo al rapporto tra uomo e cibo. Per l’uomo mangiare un piatto di pasta non è mai solo mangiare un piatto di pasta, perché legato ad esso ci sono ricordi, sapori, emozioni, passioni, ma anche sofferenze e traumi, sensi di colpa. Quel piatto di pasta è abitato.

L’uomo, rispetto a tutti gli altri esseri viventi, è elemento di complicazione: l’animale non digiuna, non soffre di anoressia, né di bulimia, non discrimina tra cose pure e cose impure.

La narrazione diventa importante proprio perché non banalizza l’umano ma lo riesce a dire, è alla sua altezza. Il vantaggio della parola rispetto al numero è che riesce a descrivere l’esperienza, riesce a cogliere l’intreccio e la complessità dell’uomo.

È anche per questo che Dio ha scelto la parola per creare, non ha paura di chiamare le cose con il loro nome, ha scelto la narrazione per rivelarsi.

La parola però permette anche l’introduzione della menzogna e dell’imbroglio. Questo è un ulteriore elemento di complessità introdotto dall’uomo e che fa parte della sua esperienza.

La drammaticità dell’esperienza umana raggiunge così il suo culmine, e nonostante questo Dio ha scelto di incarnarsi e di condividere con l’uomo tutte le cose, sia quelle belle che quelle spregevoli.