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Festa nella memoria di san Francesco Spinelli. Il vescovo di Crema Gianotti: «Nell’incontro con la debolezza ha riconosciuto lo Spirito che rinnova»

 

Nella giornata di martedì 6 febbraio, l’Istituto delle Suore Adoratrici era in festa, a Rivolta d’Adda nella memoria del loro padre fondatore, san Francesco Spinelli, nell’anniversario della morte, avvenuta proprio il 6 febbraio del 1913.

Culmine delle celebrazioni è stata la Messa presieduta dal vescovo di Crema, monsignor Daniele Gianotti, e da diversi sacerdoti provenienti dalla Diocesi di Cremona, ma anche da Como e da Napoli, dove l’istituto fondato da San Francesco Spinelli è presente con le sue comunità di suore.

In apertura della funzione ha preso la parola la madre generale, suor Isabella Vecchio, che ha ringraziato i celebranti, la corale e tutti i presenti. «Mi piace pensare – ha detto – che san Francesco Spinelli, incrociando la nostra storia, scolpisce qualcosa di Dio in noi e ci lascia un sapore di eternità» ha continuato la Madre. «San Francesco ha sempre creduto la Chiesa come infallibile maestra e madre dolcissima. Nei suoi scritti ci indica l’Eucaristia come fonte a cui attingere l’accesa carità, nei più poveri ha sempre ravvisato il volto di Cristo e con le sue opere ci insegna il perdono».

«Mi sono chiesto spesso quale fosse la ragione dello scandalo che si è acceso tra chi ha sentito esprimere da Gesù la necessità per noi di mangiare la sua carne e bere il suo sangue» ha quindi introdotto la sua omelia il vescovo Gianotti. Per i contemporanei di Cristo era inimmaginabile bere il sangue di un essere vivente, in quanto ritenuto sede della vita. La carne e il sangue, soprattutto, «appaiono associati per indicare condizione di fragilità e debolezza umana». Da qui il paradosso che anticipa la croce e ribalta la logica umana di potere e invulnerabilità: «La forza di Dio si manifesta attraverso la carne e il sangue, con un corpo donato, per mezzo della vita offerta in pienezza. È a partire dal dono che si dispiega la potenza dello Spirito che dona la vita».

Il Vescovo, in conclusione dell’omelia, ha ripreso la figura di San Francesco Spinelli, che ha accolto pienamente l’insegnamento di Cristo in croce: «San Francesco ha compreso che la debolezza radicale apre la strada per la vita in abbondanza. Ha fatto esperienza della morte del Signore e del sacramento dell’Eucarestia nell’incontro con la debolezza manifestata nei nostri fratelli e sorelle più poveri, sofferenti, malati, disabili. San Francesco Spinelli ci aiuta a riconoscere che attraverso la debolezza passa lo Spirito che rinnova il mondo».




Il Vescovo a Rivolta d’Adda nella festa di San Francesco Spinelli (FOTO E AUDIO)

Prima la visita alla casa Santa Maria, che ospita le suore anziane ed ammalate, poi la messa solenne in Casa madre. Questi i due momenti che nel pomeriggio di giovedì 6 febbraio hanno caratterizzato la presenza del vescovo Antonio Napolioni presso le suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Rivolta d’Adda nel giorno della festa del loro fondatore, San Francesco Spinelli.

Accompagnato dal vescovo emerito di Cremona Dante Lafranconi e dal cerimoniere don Flavio Meano, in Casa Santa Maria il vescovo ha prima celebrato il vespro e poi incontrato le religiose per un saluto. «La stagione che vivete ora in questa casa – ha detto monsignor Napolioni alla suore presenti nella chiesetta della struttura di via Piave nella breve riflessione tenuta durante il vespro – non vi deve far sentire arrivate. Il Signore dà l’appuntamento a tutti noi nei nostri cuori, non si stanca mai di visitarci e di parlarci. Allora grazie e avanti. Grazie perché ogni giorno rinnovate il vostro sì, non meno difficile di quello in certi momenti entusiasmanti e di altri fragilissimi. Avanti dietro di Lui, con i fratelli, le sorelle e con tutta la Chiesa».

Omelia del Vescovo nei vespri a Santa Maria

Alle 17.30 il Vescovo ha presieduto la messa nella chiesa della casa madre delle Adoratrici, concelebrata da monsignor Dante Lafranconi, dal parroco di Rivolta monsignor Dennis Feudatari e da altri sacerdoti dicoesani e allietata dalla preghiera cantata dalle corali di Cella Dati, Derovere e Pugnolo. A rappresentare l’Amministrazione comunale c’erano gli assessori Andrea Vergani e Fiorella Boschetti con accanto il presidente della Pro Loco Giuseppe Strepparola, il presidente della Bcc di Caravaggio e Cremasco Giorgio Merigo ed il sindaco di Offanengo Gianni Rossoni.

A madre Isabella Vecchio, superiora generale delle Adoratrici, il compito di salutare il vescovo Antonio. «Dal cielo, San Francesco Spinelli – ha detto – oggi guarda e benedice anche lei, Eccellenza. Grazie al vescovo Dante che continua a portarci nel cuore, ai preti, alle suore e a tutti coloro che oggi sono qui in questa chiesa».

Saluto della superiora generale, madre Isabella Vecchio

«Il Signore è con noi e ci propone, mediante la figura di San Francesco Spinelli, la possibilità di una vita più bella di quella che finora abbiamo assaporato» ha esordito il vescovo Napolioni nella sua omelia, soffermandosi poi sulle letture e sul vangelo. «Chi mangia questo pane – ha proseguito – vivrà in eterno. Su questa frase del vangelo San Francesco Spinelli non ha detto “speriamo” ma ha insistito, costruendoci sopra una vita. Affido alle suore questa esortazione, questo “vivrà in eterno”, da interpretare non solo in chiave individuale ma anche in chiave comunitaria. Tutte le storie vissute sulla terra – ha concluso – nella misura in cui sono state docili alla provvidenza del Padre, sono eterne».

La celebrazione si è conclusa con la preghiera e la benedizione solenne impartita dal vescovo davanti all’urna di padre Spinelli.

Omelia del Vescovo nella Messa in Casa madre

 

Photogallery

 

Biografia di san Francesco Spinelli

Nato a Milano il 14 aprile 1853 da genitori bergamaschi a servizio dei Marchesi Stanga, Francesco cresce bravo e vivace e, come S. Giovanni Bosco, è pieno di gioia quando attira gli altri bambini organizzando spettacolini di marionette.  Quando è libero, la mamma lo conduce a visitare poveri e ammalati e lui è felice di amare e aiutare il prossimo, come insegnato da Gesù.

Nasce la vocazione, e Francesco studia a Bergamo, e viene ordinato sacerdote nel 1875.  In quello stesso anno si reca a Roma per il Giubileo, e in S. Maria Maggiore ha una visione: uno stuolo di vergini che adorano Gesù Sacramentato. Don Francesco capisce il progetto della sua vita, ma aspetta il momento giusto per realizzarlo.

Tornato da Roma, svolge attività educative e una scuola serale presso l’ oratorio di don Palazzolo, un’apostolato fra i poveri nella parrocchia dello zio don Pietro, l’insegnamento in Seminario e la guida di alcune comunità religiose femminili, fino a quando nel 1882 recatosi a S.Gervasio d’Adda (CR) incontra una giovane ragazza, Caterina Comensoli, che desidera diventare religiosa in una congregazione che abbia come scopo l’Adorazione Eucaristica.

Don Francesco può così realizzare quel sogno visto in S. Maria Maggiore. Il 15 dicembre 1882 le prime aspiranti suore entrano in una casa che sarà il primo convento, in via S. Antonino a Bergamo. Quel giorno l’Istituto delle Suore Adoratrici ha inizio.  Intanto si aprono nuove case e le religiose accolgono handicappati, poveri e ammalati.

Tutto va bene fino a quando, per una serie di spiacevoli equivoci, don Francesco è costretto ad abbandonare la diocesi di Bergamo, e il 4 aprile 1889 si trasferisce in diocesi di Cremona, a Rivolta d’Adda, dove le sue figlie hanno aperto una casa. Il sacerdote non può più governare l’Istituto, e così la fondazione si divide: madre Comensoli fonda la congregazione delle Suore Sacramentine, don Francesco quella delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento.

Ottenuta la giusta approvazione, le Adoratrici prendono vita. Esse hanno il compito di adorare giorno e notte Gesù nell’Eucarestia e di servire i fratelli poveri e sofferenti, nei quali “Ravvisare il Volto di Cristo”.  Gesù è la fonte e il modello della vita sacerdotale di don Francesco, dal quale prendeva forza e vigore per servire gli altri.

A Rivolta si piega a cercare Cristo fra gli infelici, gli emarginati, i respinti, e dove c’è un bisogno di qualsiasi tipo: scuole, oratori, assistenza agli infermi, agli anziani soli.

I suoi prediletti sono i portatori di handicap, per i quali nutre un affetto di padre. Per loro, oltre all’assistenza, si prodiga per farli organizzare in semplici lavori per sollecitare la loro capacità e promuovere una maggiore autonomia personale. Crede in loro e non li tratta come dei “minorati”.

Accoglie i giovani del grosso borgo cremonese, nella casa madre, ed è felice di trovarsi con loro e farli divertire.  Circondato da vastissima fama di santità, raggiunge l’amato Dio, il 6 febbraio 1913.

Viene dichiarato beato da Giovanni Paolo II il 21 giugno 1992, nel Santuario Mariano di Caravaggio, e proclamato santo in piazza San Pietro da Papa Francesco il 14 ottobre 2018.

 

Le parole e le immagini della Canonizzazione 




Il 6 febbraio la memoria di san Francesco Spinelli

Nei giorni precedenti alla Pasqua è giunto il decreto della Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, datato 28 febbraio 2019 (Prot. 32/19), con il quale si approva l’estensione della memoria del Santo come obbligatori per tutta la Diocesi. Inoltre viene approvata l’integrazione dei testi liturgici per la Messa (oltre la Colletta propria lo sono anche le Orazioni sulle offerte e Dopo la Comunione e le antifone d’ingresso e di comunione) e per la Liturgia delle Ore (antifone ai cantici evangelici di Lodi e Vespro). I testi sono tratti dal Proprio dell’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento.

Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti

 

Il materiale liturgico è disponibile nell’apposita sezione del portale diocesano: dal menu sezione Diocesi / Santi della Chiesa cremonese, Proprio diocesano:

6 FEBBRAIO
San Francesco Spinelli, sacerdote (memoria)
Messale    Lezionario    Liturgia Ore
Melodie per la Liturgia delle Ore




Il 6 febbraio a Rivolta d’Adda la festa di San Francesco Spinelli

Il 6 febbraio 1913 è nato al cielo don Francesco Spinelli. Da allora ogni anno, in questa data, le sue suore Adoratrici festeggiano il dono della sua vita, della sua opera, del suo grande sogno. Quest’anno però la ricorrenza del 6 febbraio assume un significato nuovo e speciale per le suore dell’Istituto e per tutta la Chiesa: per la prima volta, infatti, celebreremo la memoria liturgica ricordandolo come Santo.

Per condividere la memoria di San Francesco Spinelli le Suore Adoratrici di Rivolta d’Adda propongono un programma di celebrazioni presso la Casa Madre iniziato il 1° febbraio con la celebrazione penitenziale, le confessioni e la Messa, primi momenti del cammino di preparazione. Domenica 2 febbraio, Giornata per la vita consacrata, la celebrazione solenne dell’Eucaristia con il Vescovo Antonio alla presenza di tutti i religiosi e le religiose della diocesi (qui l’articolo e la photogallery). Lunedì 4 febbraio la giornata mariana con la recita del Rosario e una meditazione pomeridiana proposta dal vicario di Pandino don Andrea Lamperti e la messa alle 18, mentre martedì 5 la giornata di vigilia è dedicata all’adorazione eucaristica, centro del carisma di padre Spinelli, proposta per tutti alle 21 sempre presso la Casa Madre.

Scarica qui i sussidi per la preghiera

Mercoledì 6 la festa liturgica di San Francesco Spinelli sarà celebrata nelle Messe con la parrocchia di Rivolta d’Adda alle 7 e alle 8.30 e con la solenne Eucaristia celebrata dal Vescovo Antonio Napolioni alle 17.30. I sacerdoti che intendono concelebrare sono pregati di comunicarlo in segreteria 0363 379203.

La locandina delle celebrazioni

Le parole e le immagini della Canonizzazione 




A “La Pace” san Spinelli prepara la Giornata del malato

Nel contesto della memoria liturgica di san Francesco Spinelli (6 febbraio), che lo scorso 14 ottobre è stato canonizzato da Papa Francesco, presso la casa di riposo “Giovanni e Luciana Arvedi” di Cremona (un tempo casa di cura delle “sue” suore, come ricorda anche la grande statua all’ingresso della struttura) la Fondazione La Pace onlus ha programmato una settimana di eventi di spiritualità e approfondimento che culminerà lunedì 11 febbraio con la celebrazione della Giornata del malato. 

Si inizia la mattina di lunedì 4 febbraio (ore 10) con “Conosciamo S. Francesco Spinelli e le sue figlie…”, presentazione della figura del santo a a cura delle novizie delle Suore Adoratrici.

Mercoledì 6 febbraio, memoria liturgica di san Francesco Spinelli, in mattinata (ore 10) preghiera e adorazione guidata, animata da una suora adoratrice.

Nel pomeriggio di giovedì 7 febbraio, alle 15.30, sarà proiettato “Un silenzio che parla”, il docu-film sul fondatore delle Adoratrici realizzato in occasione della canonizzazione.

Domenica 10 febbraio, alla vigilia della Giornata del malato, Messa (ore 10) presieduta dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, e animata dal coro Folk di Castelverde, diretto dal maestro Giorgio Scolari.

Lunedì 11 febbraio, memoria liturgica della Madonna di Lourdes e 27esima Giornata mondiale del malato, alle 16 la preghiera del Rosario.

Tutte le celebrazioni e gli incontri – promossi con la collaborazione delle Suore Adoratrici e del cappellano don Luigi Mantia – si svolgeranno nel salone del centro diurno al piano terra, e aperti a tutti.




Santi e Beati del 2018: doni dell’amore di Dio alla Chiesa

La fine di un anno è tradizionalmente tempo di bilanci, di riflessione su quello che c’è stato – o non c’è stato – di buono, su quello che si può fare meglio e su quello che si può iniziare a fare. È anche il tempo della raccolta dei doni dell’amore del Signore alla Sua Chiesa, che si è arricchita di nuovi Beati e di 7 Santi: tra loro un Papa, molti sacerdoti (tra cui don Francesco Spinelli, fondatore delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento) e religiose, ma anche tanti laici, a dimostrazione che la santità è davvero alla portata di tutti, come ricorda Papa Francesco nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate:

“Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, ‘la classe media della santità’”.

Ripercorriamo quindi insieme quest’anno, facendoci guidare dagli insegnamenti di tante splendide figure e dalle immagini delle cerimonie: un modo in più per ringraziare il Signore di quanto ricevuto e facciamoci accompagnare in questo viaggio nella santità dalle parole di Papa Francesco.

 

I Martiri di guerra, quando dall’odio nasce l’amore

“Santo Stefano fu il primo a seguire le orme del divino Maestro con il martirio; morì come Gesù affidando la propria vita a Dio e perdonando i suoi persecutori. Due atteggiamenti: affidava la propria vita a Dio e perdonava. Mentre veniva lapidato disse: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» (At 7,59). Sono parole del tutto simili a quelle pronunciate da Cristo in croce: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23, 46). L’atteggiamento di Stefano che imita fedelmente il gesto di Gesù, è un invito rivolto a ciascuno di noi ad accogliere con fede dalle mani del Signore ciò che la vita ci riserva di positivo e anche di negativo”. (Angelus Solennità Santo Stefano 26 dicembre 2018)

Il 2018 si è aperto con la Beatificazione, il 3 febbraio, di Teresio Olivelli, ucciso “in odium fidei” dai nazisti nel campo di Hersbruck. Durante la Seconda Guerra Mondiale, al fronte si adoperò per soccorrere i commilitoni fisicamente e spiritualmente, scrivendo la preghiera “Facci liberi”. Durante la rivoluzione in Madagascar, invece, venne ucciso Luciano Botovasoa, terziario francescano che durante le persecuzioni alla chiesa volle restare accanto ai missionari francesi. È stato beatificato il 15 aprile nell’isola. Era stato ordinato solo due anni prima, Janos Brenner, il sacerdote ungherese beatificato il 1° maggio, e che fu ucciso dal regime comunista locale in un’imboscata mentre portava l’Eucaristia a un malato. Due le cerimonie di beatificazione collettive: quella del 10 novembre a Barcellona di Teodoro Del Olmo e di 15 compagni – tra sacerdoti della Congregazione di San Pietro in Vincoli e laici solidali – annoverati tra le vittime cristiane della guerra civile spagnola; e quella dell’8 dicembre scorso di Pietro Claverie, vescovo di Oran, e 18 compagni, più noti come i Martiri di Algeria che, negli anni più bui del fondamentalismo islamico nel Paese, scelsero di non abbandonare la propria gente.

 

I Missionari: come gli apostoli inviati nelle periferie del mondo

“Ambienti umani, culturali e religiosi ancora estranei al Vangelo di Gesù e alla presenza sacramentale della Chiesa rappresentano le estreme periferie, gli “estremi confini della terra”, verso cui, fin dalla Pasqua di Gesù, i suoi discepoli missionari sono inviati, nella certezza di avere il loro Signore sempre con sé (cfr Mt 28,20; At 1,8). In questo consiste ciò che chiamiamo missio ad gentes. La periferia più desolata dell’umanità bisognosa di Cristo è l’indifferenza verso la fede o addirittura l’odio contro la pienezza divina della vita”. (MessaggioGiornata Missionaria mondiale 20 maggio 2018)

Il 26 maggio è stata beatificata una piccola religiosa dal cuore grande: così chiamavano Leonella Sgorbati nella missione di Mogadiscio (Somalia) dove trascorse molti anni. In quella terra martoriata, il tabernacolo nella casa delle suore era l’unica presenza viva di Cristo nel Paese. Morì da martire perdonando il suo assassino. Fu a lungo missionaria in Bolivia anche Santa Nazaria Ignazia March Mesa, fondatrice delle Suore Missionarie Crociate della Chiesa, che dedicò la vita alla preghiera per la perseveranza dei religiosi e per lo spirito apostolico dei sacerdoti. Il 27 ottobre sono diventati Beati Tullio Maruzzo, sacerdote dei Frati minori missionario in Guatemala, e il suo catechista Luis Obdulio. Furono uccisi in un agguato nella foresta nel corso dell’ondata di violenza che colpì il Paese per l’indipendenza dalla Spagna.

 

La cura dei malati, il vero volto della tenerezza di Dio

“Le cure che sono prestate in famiglia sono una testimonianza straordinaria di amore per la persona umana e vanno sostenute con adeguato riconoscimento e con politiche adeguate. Pertanto, medici e infermieri, sacerdoti, consacrati e volontari, familiari e tutti coloro che si impegnano nella cura dei malati, partecipano a questa missione ecclesiale. È una responsabilità condivisa che arricchisce il valore del servizio quotidiano di ciascuno”. (Messaggio Giornata Mondiale Malato 26 novembre 2017)

Infermiera e scrittrice, inventò per prima nella sua Polonia l’assistenza domiciliare dei malati anche da un punto di vista spirituale: queste le virtù di Anna Chrzanowska, amica di Giovanni Paolo II, beatificata il 28 aprile. Hanno condiviso, invece, l’esperienza della malattia facendone la propria croce da offrire al Signore altri due nuovi Santi e una nuova Beata. Quest’ultima è Carmen Rendíles Martínez, fondatrice delle Suore Ancelle di Gesù, beatificata il 16 giugno. Era nata priva del braccio sinistro ma non di forza e vitalità che la portarono a incarnare il modello della vera santità quotidiana. C’è poi San Francesco Spinelli, toccato dalla grazia di Dio che lo ha guarito miracolosamente da una lesione alla colonna vertebrale mentre era in preghiera. Da allora si occupò nel suo ministero quasi esclusivamente dei malati più sofferenti cui portava la Parola e la carezza del Signore. Infine, San Nunzio Sulprizio, deceduto a 19 anni per un cancro alle ossa. Nella sua breve vita, che trascorse quasi interamente in ospedale, insegnò catechismo ai piccoli ricoverati assieme a lui e pregò molto offrendo il proprio dolore per la conversione dei peccatori.

 

Le martiri della purezza, gigli bianchi macchiati di sangue   

“Tutti noi nella vita siamo passati per momenti in cui questa virtù è molto difficile, ma è proprio la via di un amore genuino, di un amore che sa dare la vita, che non cerca di usare l’altro per il proprio piacere. È un amore che considera sacra la vita dell’altra persona: io ti rispetto, io non voglio usarti, io non voglio usarti”. (Discorso ai giovani durante visita pastorale a Torino 21 giugno 2015)

Ci sono anche due novelle Santa Maria Goretti tra i Beati del 2018. La slovacca Anna Kolesárová, beatificata il Primo settembre, fu uccisa in casa davanti alla sua famiglia da un soldato del regime che avrebbe voluto approfittare di lei; la romena Veronica Antal, beatificata il 22 settembre, fu uccisa da un fanatico che voleva violare una suora: tale, infatti, si considerava lei pur in un Paese in cui erano stati soppressi tutti gli ordini religiosi. Oggi è venerata da cattolici e ortodossi.

 

I Beati “immagini di Cristo per questo mondo”

“La nostra storia ha bisogno di ‘mistici’: di persone che rifiutano ogni dominio, che aspirano alla carità e alla fraternità. Uomini e donne che vivono accettando anche una porzione di sofferenza, perché si fanno carico della fatica degli altri. Ma senza questi uomini e donne il mondo non avrebbe speranza”. (Udienza generale 21 giugno 2017)

Ci sono poi due nuove Beate che ebbero un contatto particolarmente ravvicinato con il Signore anche durante la vita terrena. Maria Crocifissa del Divino Amore (beatificata il 2 giugno), figlia spirituale di Padre Pio attraverso il quale il Signore le parlò e la portò a fondare la Congregazione delle Suore Apostole del Sacro Cuore. Si occupava, in particolare, dell’insegnamento ai giovani. Alfonsa Maria Eppinger, beatificata il 9 settembre, aveva estasi molto lunghe e prostranti, visioni sulla politica e sul futuro della Chiesa. Fondò le Suore del Santissimo Salvatore. Il religioso lituano Michaľ Giedrojć, vissuto nel 1400, aveva, invece, frequenti attacchi del demonio e visioni del futuro. Papa Francesco ne ha riconosciuto le virtù eroiche e la conferma del culto da tempo immemorabile (Beatificazione equipollente) il 7 novembre.

 

I sacerdoti, uomini dell’incontro con Gesù

“I consacrati e le consacrate sono chiamati innanzitutto ad essere uomini e donne dell’incontro. La vocazione, infatti, non prende le mosse da un nostro progetto pensato “a tavolino”, ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita. Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose”. (Giubileo Vita consacrata 2 febbraio 2016)

C’è un Papa tra i nuovi Santi del 2018: Paolo VI, pontefice sobrio e misurato, grande difensore della vita nascente, che non dimenticava mai di essere “un sacerdote, innanzitutto”. Poi mons. Oscar Arnolfo Romero Galdámez, amico dei poveri e della pace, e per questo inviso al partito nazionalista del Salvador che lo fece uccidere durante la Messa. Ma sono molti i sacerdoti santi, anche meno conosciuti, come San Vincenzo Romano che nella Napoli di primo Ottocento era noto come il “prete faticatore”: andava a caccia dei covi dove si nascondevano i malviventi e predicava per strada con croce e campanello. Oppure Jean-Baptiste Foque, beatificato il 30 settembre, che tanto fece per la sua Marsiglia fondando addirittura l’ospedale di San Giuseppe, ancora oggi fiore all’occhiello della sanità francese. Infine ricordiamo Tiburcio Arnáiz Muñoz (beatificato il 20 ottobre), il gesuita che nelle periferie spagnole proponeva gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio anche a poveri e analfabeti.

 

Le suore, protagoniste della storia unica e originale che Dio scrive

“Alla fine dei Vangeli c’è un altro incontro con Gesù che può ispirare la vita consacrata: quello delle donne al sepolcro. Erano andate a incontrare un morto, il loro cammino sembrava inutile. Anche voi andate nel mondo controcorrente: la vita del mondo facilmente rigetta la povertà, la castità e l’obbedienza. Ma, come quelle donne, andate avanti, nonostante le preoccupazioni per le pesanti pietre da rimuovere (cfr Mc 16,3). E come quelle donne, per primi incontrate il Signore risorto e vivo, lo stringete a voi (cfr Mt 28,9) e lo annunciate subito ai fratelli, con gli occhi che brillano di gioia grande (cfr v. 8). Siete così l’alba perenne della Chiesa”. (OmeliaConcelebrazione eucaristica per i consacrati 2 febbraio 2018)

Ricevette in sogno il Bambino Gesù che la chiamava a occuparsi dei poveri, Clara Fey, che a questo apostolato dedicò l’intera vita, fondando ad Aquisgrana, in Germania, anche la Congregazione delle Suore del Povero Bambino Gesù. È stata beatificata il 5 maggio. Fondò, invece, le Figlie di Maria Immacolata – le Marianiste –Maria della Concezione, di origini nobili e di famiglia ricca, si spogliò di tutto fin da piccola portando la Parola di Dio ai contadini con la sua “piccola società”. La sua beatificazione è del 10 giugno. Anche Clelia Merloni, beatificata il 3 novembre, fu una madre superiora che iniziò ad avvicinarsi alla vita monacale con alcune amiche con cui educava i bambini alla gioia. Fondò, poi, l’Istituto delle Suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù. Santa Maria Caterina Kasper, fondatrice delle Povere Ancelle di Gesù, invece, aveva il carisma di occuparsi dei poveri perché era stata povera anch’essa, tanto da dover essere aiutata economicamente dai parrocchiani per fondare il nuovo istituto. Continuò a coltivare i campi fino alla morte. Fu una semplice suora dell’Ordine delle Carmelitane Scalze, infine, Maria Felicia di Gesù Sacramentato, beatificata il 23 giugno dopo una vita dedita alla cura di bambini e anziani: il suo “cammino della perfezione”, la sua personale via verso la santità. Quella che anche ognuno di noi è chiamato a trovare e seguire. Magari, possiamo iniziare proprio nel 2019.

(VaticanNews)




San Francesco Spinelli, un vero rivoluzionario capace di lasciar cambiare se stesso

«Un finto rivoluzionario vuole cambiare tutto tranne che se stesso, un vero rivoluzionario si lascia cambiare e cambia per contagio tutti gli altri. E quindi: qual è la rivoluzione che serve oggi?». È con questa provocazione che suor Paola Rizzi, suora adoratrice e vicepostulatrice per la causa di canonizzazione di san Francesco Spinelli, ha iniziato a parlare ad una sala gremita di gente venerdì 9 novembre a Rivolta d’Adda, in occasione del primo dei quattro incontri – dal titolo “Fede è libertà” – organizzati dalle parrocchie di Rivolta d’Adda, Cassano San Zeno, Arzago d’Adda, Calvenzano, Pandino, Vailate.

Suor Paola Rizzi si è lasciata guidare dal titolo dato alla serata – Attualità del pensiero di Francesco Spinelli – e ha iniziato un viaggio per scoprire chi era davvero il Fondatore delle Suore Adoratrici, per scoprire la rivoluzione che ha iniziato. Perché se è vero che «la canonizzazione è la consegna della Chiesa alla Chiesa di modelli e punti di riferimento, compagni di viaggio e intercessori», oggi più che mai è importante guardare a loro e farsi contagiare dalla loro rivoluzione.

Si, ma: qual è stata la rivoluzione di san Francesco Spinelli? Il perdono. La sua capacità di rispondere al male con il bene, la consapevolezza che la conversione deve partire da chi il male lo riceve.

E nella sua breve ma intensa vita don Spinelli ha avuto più di un’occasione per sperimentare questa conversione. Obbligato a fare investimenti che lo hanno portato al fallimento, ad un passo dal carcere e che lo hanno costretto a abbandonare le sue suore per rifugiarsi presso il convento di Rivolta, il fondatore delle Suore Adoratrici vedeva nei nemici coloro ai quali doveva rivolgere il suo più profondo affetto e nei fallimenti un’occasione che Dio gli donava per sperimentare il perdono e sviluppare la capacità di perdono.

La Chiesa cremonese e mondiale ha quindi acquistato un santo che aveva compreso la vera essenza del cristianesimo e la viveva quotidianamente «succhiando» l’amore e il perdono dal tabernacolo, davanti al quale stava per ore in preghiera e adorazione. Pregava e chiedeva al Signore di restituire altrettanto bene a chi gli avesse fatto del male. A coloro che, diceva, «erano  un dono di Dio per la santità».




Messa di ringraziamento in Cattedrale per padre Spinelli modello di santità

Si è celebrata domenica 28 ottobre in Cattedrale a Cremona la solenne Messa di ringraziamento per la canonizzazione di padre Francesco Spinelli, a conclusione della settimana in cui l’urna con le reliquie del santo hanno sostato nella navata centrale per la visita e la preghiera dei fedeli.

A presiedere la Messa il Vescovo Antonio che introducendo la celebrazione ha salutato e ringraziato la presenza delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda, che hanno animato “con freschezza” – ha sottolineato – la settimana della peregrinatio dell’urna del loro fondatore.

“Il 14 ottobre è una data ormai scritta nella storia”, ha esordito poi nella sua omelia, Mons. Napolioni, ricordando la data della canonizzazione di padre Spinelli. “Queste settimane – ha aggiunto – ci hanno riempito il cuore di gioia, entusiasmo e commozione”, ma l’invito è quello di non fermarsi all’evento: “Oggi – ha aggiunto – è il tempo in cui gli eventi si consumano in fretta. Li archiviamo, come le reliquie…”. Non basterà dunque fare memoria di San Francesco una volta l’anno. Per questo la riflessione del Vescovo riconduce al cuore dell’esperienza e del carisma di padre Spinelli: “Al centro di tutto questo – ha ricordato – c’è il pane dell’Eucaristia”, il continuo e appassionato ritorno all’adorazione che il fondatore ha voluto anche come carisma dell’Istituto che ha fondato a Rivolta d’Adda. “Per noi quel pane è la Messa. Per lui quel pane è Gesù”.

Ed è in questa relazione intima (“Don Francesco ha dato del tu a quel pane in cui ha riconosciuto Gesù vivente”) che si manifesta la chiamata alla santità che padre Spinelli indica oggi a tutta la Chiesa ed in modo particolare alla diocesi di Cremona. “Quel tu ci libera dalle paure, di non essere noi stessi, di non farcela, di non essere capiti, dalla paura dell’altro e persino dalla paura di Dio – riflette Mons. Napolioni – e ci aiuta a capovolgere lo sguardo”. Come per san Francesco Spinelli che ha riconosciuto quel Sacramento in ogni persona e in ogni esperienza di vita un’occasione di carità e santità.

“Chiedo al Signore – ha concluso il Vescovo – che questi giorni lascino  il desiderio e l’impegno di una chiesa più… francescana”. Pensando a padre Spinelli, a San Francesco d’Assisi, a Papa Francesco e a  “tutti i piccoli Francesco che Gesù vuole continuare a generare nel nascondimento ed esalta al momento opportuno perché siano fari sul nostro cammino”.

Poco dopo, conclusa l’orazione dopo la comunione, mentre il coro intonava il canto “Beati qui”, il Vescovo è sceso in navata per incensare le reliquie del Santo.

Dopo la benedizione la Madre Generale dell’Istituto delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento ha preso la parola per ringraziare la Chiesa locale per “il bene e l’accoglienza ricevuta. Ci siamo sentite abbracciate – ha detto – abbracciate dalla nostra Madre Chiesa di Cremona”. Un segno di condivisione e di appartenenza alla Chiesa che Madre Isabella Vecchio ha voluto sottolineare leggendo un passaggio significativo del testamento di padre Spinelli: “l’Intendo morire – scriveva – nelle braccia di questa infallibile maestra e madre dolcissima, con la più umile e profonda devozione e gratitudine”.

Parole sottolineate anche dal Vescovo prima della benedizione finale e dell’accompagnamento con i concelebranti e tutta l’assemblea delle reliquie di San Francesco Spinelli all’esterno della Cattedrale. Sul sagrato l’urna, accompagnata dal suono delle campane, è stata caricata sul mezzo che la riporterà a Rivolta d’Adda, nella sede originaria presso la Casa Madre delle Suore Adoratrici.

 

Photogallery della celebrazione

 




Successo al Museo del Violino per “Scolpisci te stesso”

La storia è quella di san Francesco Spinelli e dell’istituto religioso da lui fondato per vivere l’adorazione eucaristica e da questa saper vivere la carità nei confronti dei fratelli più bisognosi. Eppure Francesco non è un sacerdote e accanto a lui non ci sono giovani suore. “Scolpisci te stesso”, lo spettacolo teatrale messo in scena in prima assoluta la sera di venerdì 26 ottobre al Museo del Violino di Cremona, è un racconto che vuole andare oltre alla vicenda di don Spinelli per farne la storia di ciascuno, scolpito da un amore che è ben più forte di quello umanamente possibile.

Non a caso Francesco, interpretato dall’attore cremonese Mattia Cabrini, è un falegname. Un artigiano-artista alle prese con un’opera importante, forse il lavoro più prestigioso che gli abbiano mai commissionato.Eppure nonostante le crisi continua a scolpire con dei colpi sempre più urgenti e necessari producendo quei trucioli e quegli scarti per arrivare all’essenza della sua opera d’arte, l’incontro con il Maestro.

E proprio quando tutto sembra andare per il verso giusto, un imprevisto cambia le carte in tavola, e nel laboratorio irrompe la giovane Virginia (Alessia Bianchi). È proprio lei – che tanto ricorda la giovane Caterina Comensoli, con la quale prese avvio l’istituto delle Adoratrici, e le tante giovani in ricerca – a riuscire a trascinare Francesco e il suo apprendista (Remigio Quercia) nel turbinio del mondo giovanile, con le sue domande e le sue inquietudini. Un mondo che si affaccia alla vita adulta anche attraverso i “cocci rotti” di un passato che non risparmia tagli e ferite (con un chiaro richiamo alle travagliate vicende che provarono don Spinelli, sempre pronto però all’obbedienza e al perdono) obbligando la ragazza a fare i conti con il padre Alessandro (Marco Rossetti) e la dannata laurea in medicina.

Colpo dopo colpo, passata dopo passata, la narrazione – anche attraverso le coreografie interpretate da Ivana Xhani – ha saputo accompagnare lo spettatore quasi per mano a un livello sempre più profondo: non solo della storia messa in scena e neppure della vita di don Spinelli, ma della vicenda umana ed interiore di ciascuno dei presenti, chiamati a scoprirsi inconsapevoli comparse sul palcoscenico della vita. Una vita nella quale i santi passano accanto e scolpiscono… almeno un po’.

Uno spettacolo che, dunque, racconta don Francesco Spinelli come di un artista della relazione con Dio e con i fratelli. Artista perché capace di “stare” in dialogo con la sua opera attraverso una conversazione che ha fatto accadere, rendendola visibile, la sua santità.

Lo spettacolo è stato proposto dalla Compagnia dei Piccoli (un giovane gruppo teatrale che ormai da qualche anno offre sul territorio cremonese – e non solo – spettacoli, laboratori teatrali per bambini, ragazzi ed adolescenti) in sinergia con l’istituto delle Suore Adoratrici e la Federazione Oratori Cremonesi. I testi di Mattia Cabrini, Carolina Griffini, don Andrea Lamperti Tornaghi, Maria Chiara Pelosi e Marco Rossetti. Scenografia del Laboratorio BìU Milano; coreografia di Marianna Bufano e Ivana Xhani. Luci e tecnica a cura di Marco Rossetti; grafica Paolo Mazzini.

Una serata che, per chi ha voluto, è proseguita facendo tappa nella Cattedrale di Cremona, straordinariamente aperta di sera per dare modo di approfondire le tematiche emerse nello spettacolo in una silenziosa e personale preghiera proprio accanto al corpo di san Francesco Spinelli.

Lo spettacolo sarà riproposto all’interno della casa circondariale di Cremona, all’oratorio di Mozzanica (sabato 9 febbraio) e in Diocesi di Modena-Nonantola in occasione della veglia delle palme.

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In Cattedrale la veglia missionaria guardando a san Francesco Spinelli e ai giovani

È un forte appello a riprendere la responsabilità dell’accompagnamento e della proposta da parte degli adulti ai più giovani, in altre parole aiutare a capire la propria vocazione, quello che il vescovo Antonio Napolioni ha rivolto mercoledì 24 ottobre in occasione della veglia missionaria presieduta a Cremona, in Cattedrale, per la zona pastorale 3.

Duplice lo spunto di riflessione offerto al Vescovo. Da un lato il tema della Giornata missionaria mondiale – “Giovani per il Vangelo” – con un richiamo al Sinodo in via di conclusione a Roma. Dall’altro la figura di san Francesco Spinelli, il fondatore delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda, canonizzato lo scorso 14 ottobre, le cui spoglie sono state accolto in Duomo il 21 ottobre e qui rimarranno sino a domenica 28.

La veglia, animata con il canto dal coro giovanile delle parrocchie Boschetto e Migliaro, ha visto la presenza di tante suore Adoratrici, con la superiora generale madre Isabella Vecchio, giunta per l’occasione da Rivolta d’Adda.

Accanto al Vescovo il diacono don Arrigo Duranti e l’incaricato diocesano per la Pastorale missionaria, don Maurizio Ghilardi, che all’inizio della veglia ha ricordato il senso di questa serata di preghiera.

Sull’altare un catino, una brocca, un asciugamani e un libro posti sotto una grande croce: gli strumenti della missione. E proprio una croce, realizzata con legno di recupero, è stata consegnata ad ogni partecipante.

Aprendo l’omelia il Vescovo ha rivolto lo sguardo proprio a san Francesco Spinelli per tornare, attraverso di lui, alla sorgente della capacità missionaria della Chiesa. Nella consapevolezza che la Chiesa in uscita verso il mondo è un’istanza da sempre richiamata ai cristiani, come Giovanni Paolo II aveva ricordato a Palermo in occasione del terzo Convegno ecclesiale.

Mons. Napolioni ha quindi voluto chiarire lo stile della missione: che è quello della croce, e non di chi conquista, controlla o comanda. Sull’esempio di Cristo, «il missionario del Padre».

«Non c’è missione senza vocazione» ha affermato il Vescovo con un monito rispetto alla mentalità che sempre più guarda ai giovani come coloro che non sanno e non possono, mascherando nello stesso tempo la generazione adulta dietro a stili giovanilisti. «La giovinezza è meravigliosa proprio perché fa diventare adulti», ha ricordato mons. Napolioni, che ha poi inviato a non idealizzare la giovinezza esteriore, valorizzando piuttosto quella interiore,«che i santi hanno fatto fiorire in una infinità di storie».

Un ulteriore aspetto rimarcato dal Vescovo è stato quello del «cuore» che c’è tra la vocazione e la missione: la comunione con Cristo e i fratelli. E qui un richiamo esplicito a san Francesco Spinelli. Testimone di una missione che è scambio reciproco, e non solo dono dei più ricchi a chi è più povero.

A caratterizzare la veglia anche la testimonianza di suor Luoise Saar, Adoratrice originaria del Senegal, che da qualche anno opera in Italia, la sua terra di missione. Come infermiera in Africa «ho servito i fratelli – ha raccontato – nella cura delle loro malattie, attingendo la forza dall’Eucaristia, celebrata e adorata». Dal Congo al Camerun al Senegal, a contatto con malati di Aids e lebbrosi, accanto ai quali ha capito che cosa è la sofferenza.

Lo scorso anno, a 21 di professione religiosa, il trasferimento in Italia: «Prima incontravo persone povere e bisognose – ha affermato, guardando alla sua esperienza nel Modenese – che mancavano del necessario per sfamarsi; oggi incontro gente “sazia” fino a perdere i valori fondamentali della vita, come la fede, la speranza, il vero amore». Oggi, invece, opera a Rivolta d’Adda, presso S. Maria, la casa delle Suore Adoratrici che accoglie le religiose anziane e malate, «sorelle che mi raccontano, anche con i loro silenzi, che cosa vuol dire donare la vita».

La veglia si è conclusa con la benedizione episcopale e il mandato missionario a tutti presenti.

 

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