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Sinodo, pubblicate le linee guida della Cei per la fase sapienziale

Uno strumento per accompagnare e orientare il terzo anno del Cammino sinodale delle Chiese in Italia: sono da oggi on line le Linee guida per la fase sapienziale nella quale si cercherà di capire come far sì che il rinnovamento ecclesiale, coltivato nella fase narrativa, non rimanga solo un sogno.

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Il testo, che si intitola “Si avvicinò e camminava con loro” e si compone di tre parti, offre alcune riflessioni suscitate dal racconto di Emmaus – icona scelta per questo anno – e presenta elementi metodologici per valorizzare la grande ricchezza del lavoro finora svolto. Si tratta infatti di proseguire nel percorso avviato, rafforzando l’esercizio del discernimento a partire dai temi e dalle domande proposte nelle Linee guida e indicando decisioni possibili, impegni, aspetti ancora da sviluppare. Il documento evidenzia cinque macro-temi, che raggruppano le istanze raccolte nel biennio dedicato all’ascolto:

1) la missione secondo lo stile di prossimità;
2) il linguaggio e la comunicazione;
3) la formazione alla fede e alla vita;
4) la sinodalità e la corresponsabilità;
5) il cambiamento delle strutture.

Ogni macro-tema si articola in alcuni sotto-temi che esplicitano le questioni emerse. Una sola domanda per ciascun tema sollecita la riflessione e chiama le comunità al discernimento. Nelle prossime settimane seguiranno alcune schede operative.

 

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“Queste Linee guida, facendo tesoro del biennio narrativo – sottolinea il Consiglio Episcopale Permanente nell’introduzione al documento – gettano un ponte verso la fase profetica, incamminando le Chiese in Italia verso un discernimento operativo che prepari il terreno alle decisioni, necessariamente orientate a un rinnovamento ecclesiale e mai introverse; anche quando l’attenzione è puntata sulla vita interna delle nostre comunità, il pensiero è sempre quello estroverso della missione: rendere più agili alcune dinamiche ecclesiali (dottrinali, pastorali, giuridiche, amministrative) per rendere più efficace l’incontro tra il Vangelo, energia vivificante e perenne, e l’umanità di oggi”. Soprattutto in un tempo in cui “i lavori sinodali si intrecciano con i problemi e i drammi di ciascuno, che sono i problemi e i drammi del mondo: gli strascichi sanitari, economici e sociali della pandemia, il clima di guerra tragicamente ravvivatosi, le crisi ambientali, occupazionali, esistenziali. Un senso di precarietà e di smarrimento avvolge molte persone e famiglie nel nostro Paese”.

Il testo – che si arricchisce di alcune infografiche – contiene infine il cronoprogramma con l’agenda delle tappe e degli appuntamenti che condurranno all’apertura della fase profetica nel maggio 2024.

 

Sintesi a conclusione della fase narrativa del Sinodo (scarica qui il pdf.)




Sinodo, ecco la sintesi della fase “narrativa” vissuta dalla Chiesa cremonese

A due anni dall’avvio del cammino sinodale della Chiesa, si è conclusa la cosiddetta “fase narrativa” nella quale le Chiese locali hanno coinvolto le varie componenti della comunità cristiana per  un vero e profondo ascolto. I diversi contributi raccolti sono poi scaturiti a livello nazionale in tre “cantieri” che hanno impegnato le Diocesi in altrettante esperienze di dialogo e incontri con mondi extra ecclesiali finora poco ascoltati in una revisione autentica dello stile di vita delle comunità cristiane e in un rilancio dell’impegno formativo e della capacità di accompagnamento spirituale. A questi tre cantieri la Diocesi di Cremona ne ha aggiunto un quarto riguardante il cammino di Iniziazione cristiana, la celebrazione dei Sacramenti e l’impegno delle comunità cristiane nell’accompagnare i preadolescenti nel cammino della Mistagogia.

In questo secondo anno anche la Chiesa cremonese ha potuto percepire delle priorità pastorali che scaturiscono dall’esigenza di camminare più speditamente tutti insieme coinvolgendo le diverse membra del corpo ecclesiale (preti, religiosi, diaconi, laici) verso il sogno di una Chiesa rinnovata alla luce del Vangelo, delineata dal Concilio Vaticano II e di nuovo presentata, con un linguaggio adeguato ai nuovi tempi, dall’Evangelii Gaudium di Papa Francesco.

Ora tutte le Chiese diocesane sono state invitate a presentare alla Segreteria generale del Sinodo una sintesi di quanto vissuto in questa prima fase “narrativa”, in cui documentare i passi principali svolti in diocesi, insieme a una riflessione su quanto è emerso in questi due anni. Qui di seguito pubblichiamo il testo che la nostra diocesi ha elaborato: SCARICA IL TESTO.

Non è un testo esaustivo di tutto quanto si è vissuto in diocesi, ma presenta ciò che in questi anni è emerso come desiderio, richiesta e urgenza. Sono riflessioni utili a iniziare la seconda fase, quella “sapienziale”, che vedrà ancora tutte le Chiese diocesane impegnante in una lettura, alla luce della Parola di Dio, di quanto emerso, per comprendere quanto lo Spirito sta dicendo alla Chiesa.

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, commentando la presentazione dell’Instrumentum laboris della prima sessione della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione” (4-29 ottobre 2023) ha affermato: “Non vogliamo restare fermi, magari a discutere tra noi, ma camminare dietro al Signore e incontro alle persone, verso quella folla che Lui ci insegna a guardare con compassione perché stanca e sfinita”. È una Chiesa che cammina, quella a cui l’Instrumentum laboris si rivolge, spingendola a continuare quel “percorso che diventa invito ad abbandonare le certezze acquisite nel tempo e a muoversi sui sentieri dell’affidamento allo Spirito”. 

In questo impegno anche la Chiesa di Cremona si sente parte attiva con la sua storia, la sua vita di comunione, con il suo desiderio di essere sempre più pronta a percorrere nuove vie per un annuncio rinnovato del Vangelo.




Sinodo, Instrumentum Laboris: una Chiesa che accoglie tutti e non annulla le differenze

“Rilanciare il processo e incarnarlo nella vita ordinaria della Chiesa, identificando su quali linee lo Spirito ci invita a camminare con maggiore decisione come Popolo di Dio”. È l’obiettivo della fase finale del Sinodo, di cui il 20 giugno è stato diffuso l’Instrumentum laboris, “strumento operativo” redatto sulla base di tutto il materiale raccolto durante la fase dell’ascolto, e in particolare dei Documenti finali delle Assemblee continentali. “Il percorso compiuto finora, e in particolare la tappa continentale –  si legge nella premessa del testo, con cui si chiude la prima fase del Sinodo convocato per la prima volta “dal basso” da Papa Francesco, “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, e si apre la seconda,  articolata nelle due sessioni in cui si svolgerà la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2023 e ottobre 2024) – ha permesso di identificare e condividere anche le peculiarità delle situazioni che la Chiesa vive nelle diverse regioni del mondo, a partire “dalle troppe guerre che insanguinano il nostro pianeta e richiedono di rinnovare l’impegno per la costruzione di una pace giusta”.

Due le sezioni del documento: la sezione A, intitolata “Per una Chiesa sinodale”, prova a raccogliere i frutti della rilettura del cammino percorso, mentre la sezione B, intitolata “Comunione, missione, partecipazione”, esprime in forma di interrogativo le tre priorità che con maggiore forza emergono dal lavoro di tutti i continenti, sottoponendole al discernimento dell’Assemblea. A servizio della dinamica dell’Assemblea, in particolare dei lavori di gruppo (Circuli Minores), per ciascuna di queste tre priorità sono proposte cinque Schede di lavoro che consentono di affrontarle a partire da prospettive diverse.

Leggi il testo integrale del documento

Abusi e divorziati risposati. “In molte regioni le Chiese sono profondamente colpite dalla crisi degli abusi”, si denuncia nel testo: ”la cultura del clericalismo e le diverse forme di abuso – sessuale, finanziario, spirituale e di potere erodono la credibilità della Chiesa compromettendo l’efficacia della sua missione”. Nel documento, inoltre, si auspicano “passi concreti per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità”, come “divorziati risposati, persone in matrimonio poligamico, persone LGBTQ+”. Altro interrogativo da porsi, “come possiamo essere più aperti e accoglienti verso migranti e rifugiati, minoranze etniche e culturali, comunità indigene che da lungo tempo sono parte della Chiesa ma sono spesso ai margini”, in modo da “testimoniare che la loro presenza è un dono”.

Autorità e primato. L’Instrumentum laboris dà ampio risalto al tema del primato petrino e alla necessità di un “ripensamento dei processi decisionali”, all’insegna di una “sana decentralizzazione” all’interno della Chiesa. “La diversità dei carismi senza l’autorità diventa anarchia, così come il rigore dell’autorità senza la ricchezza dei carismi, dei ministeri, delle vocazioni diventa dittatura”, il monito del documento. “Come sono chiamati a evolvere, in una Chiesa sinodale, il ruolo del vescovo di Roma e l’esercizio del primato?”, una delle sfide da affrontare, tenendo presente che “autorità, responsabilità e ruoli di governo – talvolta indicati sinteticamente con il termine inglese leadership – si declinano in una varietà di forme all’interno della Chiesa”. “Atteggiamento di servizio e non di potere o controllo, trasparenza, incoraggiamento e promozione delle persone, competenza e capacità di visione, di discernimento, di inclusione, di collaborazione e di delega”, le caratteristiche di una Chiesa sinodale missionaria, dove centrale risulta “l’attitudine e la disponibilità all’ascolto”. Di qui la necessità di una formazione specifica a tali competenze “per chi occupa posizioni di responsabilità e autorità, oltre che sull’attivazione di procedure di selezione più partecipative, in particolare per i vescovi”.

Laici e donne. “Dare nuovo slancio alla partecipazione peculiare dei laici all’evangelizzazione nei vari ambiti della vita sociale, culturale, economica, politica”. Anche il tema dei “nuovi ministeri” al servizio della Chiesa trova ampio spazio nel testo: l’obiettivo è quello di “una reale ed effettiva corresponsabilità”, coinvolgendo anche quei fedeli che, “per diverse ragioni, sono ai margini della vita della comunità”. In particolare, nell’Instrumentum laboris si dà voce all’istanza di “un maggiore riconoscimento e promozione della dignità battesimale delle donne”, affinché la “pari dignità” possa “trovare una realizzazione sempre più concreta nella vita della Chiesa anche attraverso relazioni di mutualità, reciprocità e complementarità tra uomini e donne”, combattendo “tutte le forme di discriminazione ed esclusione” e garantendo alle donne “posti di responsabilità e  di governo”.

Preti sposati e ambiente digitale. “È possibile aprire una riflessione sulla possibilità di rivedere, almeno in alcune aree, la disciplina sull’accesso al Presbiterato di uomini sposati?”, ci si chiede nel testo, in cui a proposito dei candidati al sacerdozio si auspica “una riforma dei curricula di formazione nei seminari e nelle scuole di teologia”. “L’ambiente digitale ormai modella la vita della società”, si afferma nel documento, in cui si auspica un aggiornamento dei linguaggi e dell’”accompagnamento” in questo ambiente, attraverso percorsi adeguati.  “Come incoraggiare il protagonismo dei giovani, corresponsabili della missione della Chiesa in questo spazio?”, l’altra questione a alla quale è urgente rispondere.  No alle diverse forme di “colonizzazione culturale”, sì invece all’“opzione preferenziale” per i giovani e per le famiglie, “che li riconosca come soggetti e non oggetti della pastorale”.

M. Michela Nicolais (AgenSir)




Cammino sinodale delle Chiese in Italia, a Roma l’assemblea dei referenti diocesani

Si terrà l’11 e il 12 marzo, a Roma, presso l’Ergife Palace Hotel, l’assemblea nazionale dei referenti diocesani del Cammino sinodale. A rappresentare la diocesi di Cremona ci sarà Diana Afman, che in diocesi ricopre l’incarico di referente per il Sinodo insieme al diacono permanente Walter Cipolleschi.

I lavori, che nel pomeriggio di sabato 11 saranno aperti dall’introduzione di don Dionisio Candido, responsabile del Settore dell’apostolato biblico dell’Ufficio catechistico nazionale, prevedono gli interventi di mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, di mons. Antonio Mura, vescovo di Nuoro e di Lanusei, di Gioele Anni, membro del Comitato nazionale del Cammino sinodale. Domenica 12 saranno il teologo Francesco Zaccaria e il pedagogista Pierpaolo Triani ad offrire il loro contributo. Alle relazioni si affiancheranno, in entrambe le giornate, i tavoli sinodali sull’esperienza dei “Cantieri di Betania”.

“L’assemblea dei referenti diocesani si colloca in un momento significativo del percorso sinodale, ovvero tra la chiusura della fase narrativa e l’inizio di quella sapienziale che prenderà il via a settembre. Di fatto, la fase di discernimento si è già aperta con l’ascolto avviato in questi anni nelle diverse comunità ecclesiali; l’incontro di Roma vuole rimarcare proprio il tratto sinodale dei passaggi che si vivranno a livello locale», afferma mons. Castellucci.

La “due giorni” sarà anche l’occasione per presentare ai referenti diocesani e alle Chiese locali di cui sono espressione sia l’organigramma sia il primo nucleo del Comitato nazionale del Cammino sinodale che nei prossimi mesi si arricchirà di nuovi membri.




Sinodo, per avviare uno nuovo stile di essere Chiesa

Una Chiesa rivolta verso l’uomo e a servizio del suo vero bene. È questo l’orizzonte di senso in cui si pone l’esperienza del sinodo della Chiesa universale secondo Diana Afman Alquati e Walter Cipolleschi, referenti del cammino sinodale per la Diocesi di Cremona. Ospiti della nuova puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento pastorale da giovedì disponibile sui canali web diocesani, entrambi hanno sottolineato come quella del Sinodo sia una dinamica fondamentale per la vita della comunità: esprime il desiderio di «comprendere che cosa lo Spirito chieda a noi cristiani — ha spiegato Cipolleschi — senza esprimere la necessità di un risultato finale che sia quantificabile o valutabile».

Il cammino sinodale si pone, quindi, come occasione di confronto tra tutti i membri della comunità cristiana per crescere nella comunione. «Si percepisce una vera universalità – ha raccontato Diana Afman Alquati – perché recandoci a Roma abbiamo avuto modo di confrontarci con persone di altre parrocchie e diocesi».

La Chiesa italiana, infatti, sta affrontando un percorso comune fatto di diverse tappe. «Ci troviamo ora nella prima fase, quella narrativa – ha riportato Cipolleschi – che si svilupperà anche nel prossimo anno e sarà interamente dedicata all’ascolto. Ad essa farà seguito la fase sapienziale, in cui si rifletterà alla luce della Parola di Dio su ciò che è emerso in questi due anni. L’obiettivo è poi quello di arrivare alla fase profetica: l’ultima, con uno sguardo rivolto al futuro in vista di scelte condivise».

Il cammino, tuttavia, non è fatto di tappe forzate, ma prevede in questa prima fase, di raccogliere in sintesi i contributi di tutti. Il primo documento ha raccolto quanto emerso dalle parrocchie e realtà ecclesiali della diocesi che hanno avviato “spazi” di ascolto. Ed è proprio il legame con la diocesi a essere fondamentale, secondo Diana Afman Alquati: «L’indicazione era quella di parlare con i parrocchiani per comprendere che cosa vedessero e si aspettassero dalla Chiesa. Devo dire che molte comunità si sono buttate con entusiasmo per rispondere alle nostre richieste, talvolta andando oltre e portando contributi estremamente preziosi».

Nella diocesi di Cremona, tra il 2021 e il 2022, sono stati interpellati i Consigli pastorali parrocchiali con il desiderio di raccogliere spunti e sollecitazioni da parte di tutte le realtà che fanno parte delle comunità. La tappa successiva, che ha preso il via nelle scorse settimane con la consegna, da parte della Diocesi, di un sussidio preparato per i Consigli Pastorali Parrocchiali. Un vero e proprio invito, rivolto alla Chiesa locale, ad allargare lo sguardo oltre la parrocchia, per entrare in dialogo con quei mondi, ambienti di vita, nei quali i cristiani vivono accanto ai loro fratelli impegnati a testimoniare il Vangelo per il bene di tutti.

Il livello diocesano, dunque, è il punto di partenza di una riflessione molto più ampia, che si arricchisce sempre più con il contributo delle Chiese sorelle per raggiungere i diversi continenti. «È significativo il fatto che, insieme a Diana, abbiamo partecipato a un incontro in cui ci è stata data la possibilità di ascoltare le esperienze dei referenti di altre Chiese sorelle, non semplicemente italiane».

Un cammino così scandito e coinvolgente, come quello sinodale, si espone, però, al rischio di deludere quelle aspettative e attese che i fedeli hanno manifestato quando sono stati coinvolti. Un pericolo messo in evidenza dalla domanda di Davide Valesi, giovane della diocesi di Cremona che, nel 2017, aveva partecipato al Sinodo diocesano dei giovani: «Al termine di ogni esperienza sinodale vengono prodotti dei documenti. Ma poi, alla comunità, che cosa resta di tutto questo?». ​​​​​​​Alla domanda volutamente provocatoria del giovane, i referenti diocesani hanno risposto in modo chiaro: «Papa Francesco ci chiede di fare una riflessione su come la Chiesa debba camminare oggi sulle strade del mondo — ha commentato Cipolleschi — senza porre alcun termine o una data di scadenza». Alle sue parole hanno fatto eco quelle di Diana Afman Alquati, che ha ricordato come «all’interno del percorso del Sinodo si tiene conto di ogni riflessione, sfruttandola come occasione di stimolo per proseguire un cammino condiviso».

Il sinodo, come ha più volte ricordato il Papa, non dovrà esaurirsi in un evento tra i tanti, né mirare a produrre un nuovo documento, ma avviare uno stile nuovo di essere Chiesa, più impegnata a vivere la comunione a realizzare una vera partecipazione tra tutti i suoi membri e più gioiosamente protesa alla missione. Un cammino che chiederà tempi lunghi, ma anche, sotto la guida dello Spirito scelte concrete e coraggiose.




Sinodo. Per una Chiesa che non divide il mondo, ma lo ascolta alla luce della Parola. Intervista a don Maccagni

È stato pubblicato in questi giorni il documento di Sintesi in cui la Conferenza episcopale italiana ha raccolto il lavoro della prima fase del percorso sinodale avviato nelle diocesi italiane nel primo anno dedicato all’ascolto. Un percorso che ha coinvolto anche la Chiesa cremonese nelle zone pastorali, nelle parrocchie, tra i gruppi e le associazioni.

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Rileggiamo dunque la Sintesi della Cei alla luce del percorso diocesano insieme a don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il Clero e la pastorale della Diocesi di Cremona.

Don Maccagni, lei ha seguito da vicino la fase diocesana nelle comunità sul territorio: riconosce la voce della chiesa Cremonese tra le righe del documento di sintesi pubblicato della CEI?

Mi ci ritrovo molto, soprattutto nella prima parte del documento, in cui si descrivono le difficoltà e le buone opportunità sperimentate nel corso del percorso avviato in diocesi con la fase di ascolto. Da un lato la difficoltà di uscire dall’ambito parrocchiale e intra-ecclesiale, quella di intercettare alcuni ambiti della società, come ad esempio quello dei giovani, e anche la fatica di motivare tutto il clero che non ha accolto sempre con convinzione ed entusiasmo  l’opportunità dell’evento sinodale. Ci consola in qualche modo riconoscere che anche le altre diocesi italiane hanno vissuto le stesse difficoltà. Così come è bello vedere che anche le altre chiese locali italiane hanno riconosciuto nella riscoperta di uno stile di ascolto e di discernimento con il coinvolgimento dei laici una una buona opportunità. Certo, deve essere mantenuto e non solo ricordato come un evento che inizia e finisce.

La voce delle comunità, consegnato a Roma il documento di sintesi del Sinodo (video e download)

C’è nella sintesi Cei qualche passaggio in particolare emerso con forza anche in diocesi?

Si è notato subito un deficit di ascolto. Quando abbiamo creato situazioni in cui i laici hanno avuto la possibilità di esprimersi anche molto liberamente, si è notato con evidenza il bisogno di essere ascoltati. È una dimensione che si era trascurata. È emerso come la gestione delle parrocchie e delle strutture ecclesiali in generale sia ancora centrata sul ruolo determinante del clero. I laici e i religiosi si sentivano considerati come buoni collaboratori e non come soggetti attivi. Questo si traduce nell’invito urgente a mettere al centro persone e relazioni più che le cose da fare, così come – ad esempio – nella domanda di liturgie più attraenti e coinvolgenti, in un nuovo modo di concepire e praticare la collaborazione tra preti, laici e religiosi.

A che punto siamo su questo fronte?

Per rendercene conto abbiamo osservato lo stato di salute degli organismi diocesani di rappresentanza ecclesiale, che dovrebbero essere la rappresentazione di una Chiesa che vive dei suoi diversi carismi. Vi abbiamo trovato una sentimento diffuso di stanchezza e frustrazione; si percepisce spesso la sterilità di questi organismi che non mostrano il volto di una Chiesa come deve essere: luoghi di sincero ascolto dove esiste, certo, una presidenza presbiterale, ma soprattutto luoghi dove si ascolta. Il compito del prete è quello di riconoscere le voci di tutti e farne sintesi. Può avere l’ultima parola ma non deve certo essere l’unica. 

In questo senso come procede il cammino sulle nuove ministerialità laicali all’interno della Chiesa? 

Paradossalmente la diminuzione numerica del clero non ha portato in questi anni a una reale valorizzazione dei ministeri laicali, ma ha prodotto piuttosto un sovraccarico di lavoro per i preti e una tendenza alla delega ai laici di alcune mansioni pastorali, come una triste necessità più che come occasione. Dovremo lavorare per dare nuovo valore a spazi di condivisione e corresponsabilità e proporre percorsi efficaci di formazione per i ministeri laicali. Tra i cantieri messi in evidenza dal vescovo per il nuovo anno pastorale c’è proprio quello su ministerialità e formazione.

Fragilità, liturgia, ruolo delle donne, mancanza di una comunicazione trasparente… Sono tanti i temi affrontati dalla sintesi della CEI: quale tra questi secondo lei toccherà più da vicino la sensibilità delle comunità cristiane?

Sono temi significativi. A porli, anche in diocesi, più che i gruppi parrocchiali, sono stati movimenti, associazioni e gruppi informali creati nelle parrocchie. Ad esempio si è sottolineato con forza il bisogno di ridare vigore e dignità alla donna nella vita ecclesiale, non solo nella fase esecutiva, ma in quella decisionale da cui purtroppo la presenza femminile è ancora tenuta ai margini.

Un altro aspetto che è stato proposto con particolare urgenza è quello di una comunicazione che non può essere intesa sono solo interna al tessuto ecclesiale, ma deve porsi l’obiettivo di imparare un linguaggio meno ecclesiastico che consenta di aprire un dialogo con i mondi in cui cristiani sono presenti nel quotidiano: cultura politica sport… e con il mondo delle fragilità, ambito dove in alcuni casi la comunità si mobilita, mentre in altri la Chiesa appare ancora distante (penso ad esempio alle comunità Lgbt o alle persone separate e divorziate):  c’è ancora chi si sente giudicato come utente, più che accolto come persona con cui dialogare.

Da un lato il documento della Cei sottolinea il richiamo al rinnovamento, dall’altro la necessità di riferimenti certi: la Sintesi fa più volte riferimento alla necessità di tornare sempre di più alla Parola. Le nostre comunità hanno iniziato questo percorso con il Giorno dell’Ascolto: quali frutti sta portando e quali potrà portare?

È un cammino da proseguire. La Cei parla di “conversazione spirituale” e la logica è proprio quella del nostro Giorno dell’ascolto: abitudine a ritrovarsi nell’ascolto della Parola, e insieme a dei fratelli, per fare discernimento su una storia che pone interrogativi nuovi a cui lo Spirito dà risposte nuove da riconoscere per interpretare correttamente il tempo e il vissuto delle persone. È questo il fondamento per una Chiesa che non sia più solo “maestra”, che sa già tutte le risposte dare, ma che sia una Chiesa capace di ascoltare, di mettersi alla ricerca dei segni che lo Spirito ha disseminato negli ambiti e nei luoghi della società. “Discernimento” è la parola chiave che richiede oggi uno sforzo per mettersi autenticamente in ascolto della realtà, da comprendere e interpretare alla luce della Rivelazione che ci viene data nella Parola di Dio.

Certo, la volontà di rinnovamento che emerge da questa prima fase di Sinodo, prende forma da una forte presa di coscienza di criticità significative che mettono in evidenza il rischio di una distanza sempre maggiore tra la Chiesa e la società. Qual è la via da seguire?

Più che di strategie pastorali, si tratta di abbracciare una nuova mentalità: non considerare più il mondo spaccato in due tra chi è dentro e chi è fuori, tra chi è “dei nostri” e chi è lontano. C’è bisogno di una Chiesa che non abbia sul mondo uno sguardo di proselitismo: non viviamo un mondo da riconquistare perché abbiamo perso spazi, ma è principalmente un mondo da ascoltare, accompagnare e incontrare nei semi di verità che lo Spirito suscita in ogni circostanza. Così è urgente entrare in dialogo con il nostro tempo per portare la luce del Vangelo come risposta al bisogno di pienezza che c’è nel cuore di ogni uomo. I passi in avanti sono da fare insieme all’umanità e dentro la storia.

Quale sarà l’utilizzo che la comunità cristiana sul territorio potrà fare di questo documento?

Come orientamenti pastorali per il nuovo anno abbiamo sposato in pieno i cantieri proposti dalla Chiesa italiana per questa seconda fase del Sinodo, che chiamiamo “fase narrativa”. Sono quattro i cantieri che il Vescovo proporrà alla comunità cristiana  in cui i temi emersi verranno posti al centro dell’attenzione: l’ascolto di quei ‘mondi’ che non abbiamo ancora intercettato, la sperimentazione di nuovi spazi e nuovi linguaggi per il dialogo, la condivisione della Parola, la formazione del clero e del laicato, promuovendo una autentica ministerialità. Ci sarà anche un cantiere dedicato all’itinerario dell’iniziazione cristiana introdotto vent’anni fa in diocesi, ma bisognoso ora di adattamenti . Vivere questo secondo anno “narrativo” impegnandoci tutti in questi cantieri già aperti che ci permetteranno di individuare percorsi efficaci per il rinnovamento ecclesiale che viene richiesto.

Sinodo: pubblicata dalla CEI la sintesi finale della fase diocesana




Sinodo: pubblicata dalla CEI la sintesi finale della fase diocesana

È online la Sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 “Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione” che la Presidenza della CEI ha consegnato il 15 agosto alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Il Sinodo è inteso come un processo sinodale e culminerà nel 2023 con la fase universale, preceduta da quella continentale.
Il documento, disponibile online (SCARICA QUI), dà sinteticamente conto del percorso compiuto nell’anno pastorale 2021-2022, dedicato all’ascolto e alla consultazione capillare del Popolo di Dio. Questo primo “step” è stato armonizzato, per volere dei Vescovi, con il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, che sta interessando sempre di più i diversi territori con proposte e progetti. La Sintesi, dunque, offre anche una panoramica del primo anno di Cammino sinodale, che fino al 2025 sarà strutturato in tre momenti: fase narrativa (2021-2022 e 2022-2023); fase sapienziale (2023-2024); fase profetica (2025).
Sono 200 le sintesi diocesane e 19 quelle elaborate da altri gruppi per un totale di più di 1.500 pagine, pervenute alla Segreteria Generale della CEI a fine giugno.
Scarica qui la sintesi diocesana
“Non si è semplicemente parlato di sinodalità – viene riportato nella Sintesi –  ma la si è vissuta, facendo i conti anche con le inevitabili fatiche: nel lavoro dell’équipe diocesana – presbiteri, diaconi, laici, religiosi e religiose insieme, giovani e adulti, e con la presenza partecipe del Vescovo –, nell’accompagnamento discreto e sollecito delle parrocchie e delle realtà coinvolte, nella creatività pastorale messa in moto, nella capacità di progettare, verificare, raccogliere, restituire alla comunità”, rileva la Sintesi evidenziando che “l’esperienza fatta è stata entusiasmante e generativa per chi ha accettato di correre il rischio di impegnarvisi: in molti contesti ha contribuito a rivitalizzare gli organismi di partecipazione ecclesiale, ha aiutato a riscoprire la corresponsabilità che viene dalla dignità battesimale e ha lasciato emergere la possibilità di superare una visione di Chiesa costruita intorno al ministero ordinato per andare verso una Chiesa ‘tutta ministeriale’, che è comunione di carismi e ministeri diversi”.
Nella parte centrale, il documento presenta i dieci “nuclei” attorno a cui sono state organizzate le riflessioni emerse dalle sintesi diocesane: ascoltare, accogliere, relazioni, celebrare, comunicazione, condividere, dialogo, casa, passaggi di vita e metodo.
“La loro pluralità – viene precisato – non rappresenta un limite da superare, attraverso un’operazione di omogeneizzazione o di gerarchizzazione, ma contribuisce a custodire il fondamentale pluralismo dell’esperienza delle Chiese in Italia, con tutta la varietà di accenti e sensibilità da cui sono attraversate e di cui sono portatrici”.

«La consultazione sinodale ha messo in luce l’importanza di vivere la prossimità nella pluralità delle situazioni di vita e di condizioni che abitano un territorio: le persone costituiscono la vera ricchezza delle comunità, ciascuna con il suo valore unico e infinito. Non si tratta di pensare che chi è parte della comunità ecclesiale debba fare uno sforzo di apertura verso chi rimane sulla soglia. Piuttosto, l’accoglienza è un cammino di conversione per dare forma nella reciprocità a una comunità fraterna e inclusiva che sa accompagnare e valorizzare tutti. Questa consapevolezza consente di superare la distinzione “dentro/fuori”».

Il discernimento sulle sintesi diocesane e l’elaborazione dei dieci nuclei hanno permesso di individuare alcune priorità che, con l’obiettivo di alimentare e sostenere il Cammino sinodale delle Chiese in Italia in comunione con il processo in corso a livello universale, si è scelto di raggruppare lungo tre assi, definiti “cantieri sinodali”: quello della strada e del villaggio (l’ascolto dei mondi vitali), quello dell’ospitalità e della casa (la qualità delle relazioni e le strutture ecclesiali) e quello delle diaconie e della formazione spirituale. Questi cantieri potranno essere adattati liberamente e ogni Chiesa locale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dal percorso compiuto lungo il primo anno.
“Quella del cantiere – ricorda la Sintesi – è un’immagine che indica la necessità di un lavoro che duri nel tempo, che non si limiti all’organizzazione di eventi, ma punti alla realizzazione di percorsi di ascolto e di esperienze di sinodalità vissuta, la cui rilettura sia punto di partenza per le successive fasi del Cammino sinodale nazionale”.
qui il documento completo (pdf)



Il Sinodo in parrocchia. In una Chiesa che sia come casa

Un po’ rincuora, un po’ sollecita la sintesi (SCARICA QUI) pubblicata dalla CEI e riguardante gli ascolti diocesani a chiusura del primo anno sinodale delle chiese in Italia. Sì, perché l’articolazione del testo, di non immediata lettura e non così sintetico, colpisce per alcune pennellate di realismo che disinnescano lo scetticismo con cui ormai si approcciano testi “ufficiali”. Colpisce un approccio aderente alla realtà, capace di non trasformare immediatamente i vissuti raccolti in moralismo. Non mancano alcune sottolineature “fuori onda”, come quella di alcuni stili episcopali non in linea con le istanze sinodali o come quella che riguarda il peso – anche giuridico – delle strutture pastorali, come pure quella che fotografa il carattere ondivago dei processi sinodali, segnati anche da una buona dose di scetticismo.

A leggere il testo, soprattutto nello scorrere le dieci parole-chiave che fungono da coagulo dei materiali prodotti dalle singole diocesi, si riconosce un pezzo importante della condizione ecclesiale oggi: non di una chiesa teorizzata a tavolino, ma di un corpo reale che a volte intuisce ma non sa mettersi in gioco, a volte abita la prossimità ma non sa trasformare questa vocazione in cultura… insomma sembra di essere a casa. E si sa, ciascuno conosce di casa sua la bellezza e la familiarità, ma anche i guai che non si cancellano a suon di documenti o certificati.

C’è molta verità della Chiesa e sulla Chiesa e a fare la differenza sembra proprio il nesso esistenziale tra biografie (personali e comunitarie) e mistero di Gesù. Perché ricorre spessissimo, come chiave di lettura, il binomio che unisce relazioni ed esperienza vitale della fede.
La massa di riletture è ricondotta a dieci snodi di fondo, da leggere come i segnavia di un percorso non sempre facile, come accade a chi parte per la montagna e ogni tanto deve consultare la mappa, verificare la propria posizione, sostare per riposare, prendere fiato e bere qualcosa: ascoltare, accogliere, relazioni, celebrare, comunicazione, condividere, dialogo, casa, passaggi di vita e metodo. Ce ne sarebbe per innumerevoli consigli pastorali, ma soprattutto ce ne sarebbe per sfatare certi miti: quelli numerici, quello dell’innervatura certa delle comunità nei territori, quello della chiesa-istituzione ancora modellata e percepita su un’idea piramidale e discendente dell’autorità… ma, si sa, i miti persistono e spesso abitano la ruggine più insistente delle simboliche mentali.
A porre in filigrana il testo di sintesi con l’esperienza quotidiana di una comunità, sembrano evidenziarsi almeno quattro questioni, problemi e sfide ad un tempo:

  1. lo stile delle relazioni: ormai la questione “affettiva” dentro la Chiesa non è più rinviabile. Essa non si limita al delicato e pure urgente tema delle minoranze né al solo recupero della presenza femminile, ma ha il sapore più ampio, e spesso più amaro, della temperatura emotiva dell’appartenenza comunitaria. Si fa spesso fatica a percepire nell’esperienza psicologica quello che per teologia si è nella Chiesa: fratelli e sorelle, commensali alla medesima Eucaristia. Mettere a tema la qualità delle relazioni significa ridisegnare costantemente il modo di essere nella Chiesa, non dare per scontata la leadership, smettere di mettere tra parentesi la questione del potere e delle responsabilità, come se esistesse un cortile dove si è fratelli e una stanza dei bottoni in cui solo la solitudine magari del clero può espletare alcune funzioni.
  2. la connessione tra parola di Dio e vita: perché l’annuncio del Vangelo narri un senso, è necessario l’incontro con la vita e quella saldatura di realtà che oggi è la grande sfida culturale della Chiesa. Si può continuare a riproporre un ritmo, anche liturgico, separato ed autonomo oppure si può dar fiducia alla vita, soprattutto delle famiglie e delle esperienze laicali: queste interpellare ed ascoltare, a queste chiedere di innervare la parola di Dio nella storia. Le conseguenze soprattutto di natura psicologica sull’idea anche della parrocchia come un centro di servizi o un luogo in cui “fare rapporto” sono evidenti.
  3. la geografia della cura e della prossimità: non va mai perso di vista il dispositivo centrale della fede cristiana, la norma dell’incarnazione che giudica ogni stile e lo richiama alla sua prima vocazione. Che il destino bello ed avvincente delle comunità ecclesiali stia proprio anche nel farsi carico delle periferie, anzi essere loro stesse periferie? Domanda scomoda, che però risuona anche oltre la retorica su papa Francesco. Chiese, parrocchie e oratori sono già periferia, e da un pezzo. La sfida è sempre con quale stile questi luoghi vengono abitati e chi sceglie di accettare questa vocazione, dentro la complessità della vita.
  4. l’idea di una Chiesa-casa: le metafore per descrivere la Chiesa sono davvero moltissime, ma forse in questa stagione ecclesiale l’idea di una Chiesa che assomigli anche ad una casa, accogliente ed inclusiva, pare efficace ed urgente. Una casa in cui la familiarità delle relazioni non sia una chimera e in cui l’arredamento, i ritmi e l’atmosfera facciano percepire che si è autorizzati a vivere. Una casa in cui si abbia il coraggio non solo di fare cose o pretendere servizi, ma anche raccontarsi e respirare. Forse non è un caso che il prossimo anno sinodale sia scandito dall’episodio di Gesù che frequenta la casa di Marta e Maria.

don Paolo Arienti
Docente Teologia ISSR S. Agostino e Seminario di Cremona

Sinodo: pubblicata dalla CEI la sintesi finale della fase diocesana

Sinodo. Per una Chiesa che non divide il mondo, ma lo ascolta alla luce della Parola. Intervista a don Maccagni




Sinodo. “I cantieri di Betania” è il tema proposto dalla CEI per il secondo anno di ascolto

Si intitola “I cantieri di Betania” il testo con le prospettive per il secondo anno del Cammino sinodale che viene consegnato alle Chiese locali ed è disponibile a questo link . Questo documento spiega il Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI, nell’introduzione “è frutto della sinodalità” e “nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa), strumento di riferimento per il prosieguo del Cammino che intende coinvolgere anche coloro che ne sono finora restati ai margini”. Secondo il Cardinale Presidente, “è tanto necessario ascoltare per capire, perché tanti non si sentono ascoltati da noi; per non parlare sopra; per farci toccare il cuore; per comprendere le urgenze; per sentire le sofferenze; per farci ferire dalle attese; sempre solo per annunciare il Signore Gesù, in quella conversione pastorale e missionaria che ci è chiesta”. Si tratta, dunque, di “una grande opportunità per aprirsi ai tanti ‘mondi’ che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù”.

Il testo che ha come icona biblica di riferimento l’incontro di Gesù con Marta e Maria, nella casa di Betania presenta tre cantieri: quello della strada e del villaggio, quello dell’ospitalità e della casa e quello delle diaconie e della formazione spirituale. Questi cantieri potranno essere adattati liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nei diversi territori. A questi, ogni Chiesa locale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal Sinodo che sta celebrando o ha concluso da poco. Il documento viene diffuso all’inizio dell’estate, “perché così abbiamo modo di impostare il cammino del prossimo anno”.

“Lo sappiamo: a volte sarà faticoso, altre coinvolgente, altre ancora gravato dalla diffidenza che ‘tanto poi non cambia niente’, ma siamo certi conclude il Card. Zuppi che lo Spirito trasformerà la nostra povera vita e le nostre comunità e le renderà capaci di uscire, come a Pentecoste, e di parlare pieni del suo amore”.
In vista della realizzazione dei cantieri, durante l’estate, attraverso il sito dedicato (
https://camminosinodale.chiesacattolica.it/), verranno messe a disposizione esperienze e buone pratiche come doni reciproci tra le Chiese locali.




Sinodo, a Roma il secondo incontro nazionale dei referenti diocesani. Presente anche la delegazione cremonese

Nuovo appuntamento per i referenti diocesani del Cammino sinodale che, a distanza di due mesi, si ritrovano a Roma per il loro secondo incontro nazionale. Si è aperta ieri sera, 13 maggio, la riunione alla quale partecipano 242 referenti (laici, presbiteri e diaconi, consacrate e consacrati) e 12 Vescovi delegati dalle Conferenze Episcopali Regionali. Tra loro anche Walter Cipolleschi e Diana Afman, delegati della diocesi di Cremona
L’incontro rappresenta un momento di condivisione delle istanze messe in luce dalle sintesi diocesane, che hanno raccolto le esperienze, le idee e le attese emerse durante la prima fase di ascolto portata avanti sui territori.
“Nonostante la pandemia abbia rallentato, almeno nei mesi invernali, il percorso avviato in autunno, abbiamo ‘scaldato i motori’ e le nostre diocesi hanno vissuto il percorso con crescente entusiasmo; ne fanno fede i circa cinquantamila incontri sinodali, confluiti nelle duecento sintesi diocesane”, sottolinea Mons. Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, vicepresidente CEI e membro del Gruppo di coordinamento nazionale del Cammino sinodale.
“È presto – aggiunge – per dire quali saranno le traiettorie sulle quali si concentrerà il secondo anno del Cammino italiano. Alcune convergenze si sono delineate: si potrebbe dire che il magistero di Papa Francesco, con le sue sottolineature della gioia, dell’ascolto, della leggerezza, delle periferie e della bellezza, risuona in tutti i contributi, sotto forma di esperienze narrate, proposte e critiche”.
La riflessione che chiude il primo anno del percorso sinodale e avvia, a partire da settembre, il secondo che completa la “fase narrativa”, proseguirà durante l’Assemblea Generale della CEI, in programma dal 23 al 27 maggio. Il Cammino sinodale sarà infatti uno dei temi all’ordine del giorno dell’Assemblea, alla quale prenderanno parte anche due delegati individuati dalle Conferenze episcopali regionali e chiamati a portare il loro contributo al confronto. “In questo modo è la rappresentanza dell’intero popolo di Dio, nelle sue componenti, a leggere quanto lo Spirito sta dicendo alle nostre Chiese”, rileva Mons. Castellucci ricordando che “a fine maggio verranno riconsegnate ai territori, per un ulteriore discernimento, le proposte su cui avviare il secondo anno di ascolto capillare”. Queste saranno consegnate ufficialmente alle Chiese locali in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale (Matera, 22-25 settembre).