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Il Vescovo alla Messa di Pasqua: come «cercatori d’oro» davanti al sepolcro vuoto (VIDEO)

Dopo la Veglia del Sabato Santo, il vescovo Napolioni ha celebrato nella mattina di Pasqua il solenne Pontificale in Cattedrale.

Nella sua omelia ha proposto una profonda riflessione sul senso della ricerca richiamando la domanda che echeggia dalle Scritture: «Cosa stiamo cercando, a cosa stiamo pensando? Forse – ha osservato – fino a poco tempo fa eravamo spensierati, anche se non tutti perché le sofferenze nascoste affliggevano tanti fratelli e sorelle anche prima della pandemia. Oggi siamo pensierosi, impensieriti, preoccupati, impauriti. Ma quali pensieri dobbiamo coltivare a partire dalla Pasqua, che cosa genera in noi la Pasqua? Siamo costretti alla gioia? Oppure siamo resi capaci, ospitali nei confronti della luce della grazia della presenza del Signore».

E la ricerca a cui questa domanda chiama è attratta dal Risorto che «non è qui»: «Il nostro compito – ha detto monsignor Napolioni – è quello di cercare il Signore: non essere consumatori religiosi fedeli ma in fondo insoddisfatti. Ma cercatori di Dio, Colui che si fa riconoscere ovunque, in ogni angolo di strada, in ogni frammento di vita. Non è prigioniero di un luogo o di un momento: è ovunque, è sempre avanti a noi e ci invita a cercarlo». instancabilmente.

Nella sua omelia il Vescovo ripercorre i momenti in cui il Vangelo ha richiesto il desiderio, la ricerca dell’incontro con Gesù per riconoscerne la divinità: «Non si è fatto imprigionare da una ricerca possessiva, miracolistica… di parte – ha commentato – ma vuole purificare la nostra ricerca, educarci ad essere cercatori di verità. Come i cercatori d’oro che non si accontentano di meno perché sanno che quello è prezioso, quello cambia la vita».

E di nuovo nel sepolcro vuoto: «”Perché piangi, chi cerchi?”… hanno portato via i miei soldi, la mia saluti, la mia bellezza, la mia giovinezza, la festa a cui ero abituato… Che cosa ci hanno portato via e che cosa cerchiamo davvero? SI tratta di cercare nella vita l’essenziale, la bellezza, il futuro, le ragioni di speranza, Colui che tutto rende possibile a chi crede e si lascia purificare il cuore dal Vangelo».

Così il Vescovo ha affidato la conclusione della sua riflessione ancora alle parole di Paolo: «”Cercate le cose di lassù”… quaggiù, dove Cisto è vivente nello Spirito, nella Chiesa, nel mondo, in particolare nei piccoli, nei cuori che osano una fiducia semplice. La vita davanti a noi è questo campo di ricerca, il grande gioco appassionante di scoperta di ciò che ci rende veramente felici anche al di là della morte e di ciò che ci impaurisce e ci raffredda il cuore».




Colletta “pro Terra Sancta”. Card. Sandri: “Non girare lo sguardo, non ignorare le situazioni di bisogno dei nostri fratelli cristiani”

La colletta “pro Terra Sancta” 2021 sia “per tutti l’occasione per non girare lo sguardo, per non passare oltre, per non ignorare le situazioni di bisogno e di difficoltà dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che vivono nei Luoghi Santi. È stato un anno di prova anche per la Città Santa di Gerusalemme, per la Terra Santa e per la piccola comunità cristiana che dimora in Medio Oriente, che vuole essere luce, sale e lievito del Vangelo”.

foto SIR/Marco Calvarese

È quanto scrive il card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali nella lettera per la Colletta “pro Terra Sancta” che si celebra il Venerdì Santo.

Guerre, sanzioni e Covid. Il testo ricorda “l’isolamento” dei cristiani della Terra Santa dovuto alla pandemia: “Tagliati fuori dal contatto vitale con i fratelli provenienti dai vari Paesi del mondo. Hanno patito la perdita del lavoro, dovuta all’assenza di pellegrini, e la conseguente difficoltà a vivere dignitosamente e a provvedere alle proprie famiglie e ai propri figli”. In molti Paesi, ricorda la lettera, “il persistere della guerra e delle sanzioni hanno aggravato gli effetti stessi della pandemia. Inoltre è venuto meno anche parte dell’aiuto economico che la colletta pro Terra Sancta, ogni anno garantiva, a motivo delle difficoltà di poterla svolgere in molti Paesi nel 2020”.

“Se verrà meno questo piccolo gesto di solidarietà e di condivisione – avverte il cardinale – sarà ancora più difficile per tanti cristiani di quelle terre resistere alla tentazione di lasciare il proprio paese, sarà faticoso sostenere le parrocchie nella loro missione pastorale, e continuare l’opera educativa attraverso le scuole cristiane e l’impegno sociale a favore dei poveri e dei sofferenti. Le sofferenze dei tanti sfollati e rifugiati che hanno dovuto lasciare le loro case a causa della guerra necessitano di una mano tesa ed amica per versare sulle loro ferite il balsamo della consolazione”.

 

La video intervista al card. Sandri

 

La raccolta 2020. “9.775.603,58 dollari: è questa la cifra complessiva delle offerte pervenute nell’anno 2020 per la Colletta di Terra Santa”. I territori che beneficiano sotto diverse forme di un sostegno proveniente dalla Colletta sono Gerusalemme, Palestina, Israele, Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq. Di norma, spiega la Congregazione per le Chiese orientali, la Custodia di Terra Santa “riceve il 65% della Colletta, mentre il restante 35% va alla Congregazione per le Chiese orientali, che lo utilizza per la formazione dei candidati al sacerdozio, il sostentamento del clero, l’attività scolastica, la formazione culturale e i sussidi alle diverse circoscrizioni ecclesiastiche in Medio Oriente”. A tale riguardo la cifra destinata alla formazione è stata di “2.341.242,00 dollari. Sono circa 300 gli studenti, che beneficiano dei una borsa di studio, ospiti in 7 collegi di competenza del Dicastero”. Per i sussidi per l’attività scolastica sono stati utilizzati “2.998.000 dollari, di questi 900mila dollari destinati alle scuole del Patriarcato latino, e 1,2 milioni di dollari alla Bethlehem University dove studiano circa 3.300 giovani, musulmani e cristiani”. “2.491.685,85 dollari sono stati impegnati per ‘sussidi ordinari e straordinari’, necessari a garantire cibo, cure mediche, istruzione, e a sostenere orfani, feriti e vedove. Per l’emergenza Covid sono stati impegnati 566.781 dollari”.

Aleppo, Siria (foto SIR/Marco Calvarese)

Reso noto anche un Rapporto della Custodia di Terra Santa sui progetti e le opere realizzati con la Colletta 2019-2020. Si tratta di opere rivolte ai pellegrini, a favore della comunità locale, e a progetti in Giordania, Libano, Siria e Rodi.

Un video. In occasione della pubblicazione della lettera per la Colletta “pro Terra Sancta”, la Custodia di Terra Santa ha diffuso anche un video nel quale ricorda gli effetti della pandemia sulla Terra Santa, con la mancanza dei pellegrini e santuari deserti. La Colletta, si afferma nel video, è la fonte principale di sostentamento della vita che si svolge intorno ai Luoghi Santi. Da qui l’appello della Custodia alla solidarietà per continuare ad aiutare le comunità cristiane della Terra Santa. La Custodia è presente con 300 frati in Israele, Palestina, Giordania, Libano, Siria, Egitto, Cipro e Rodi.




Venerdì Santo senza processione cittadina, ma venerando la Sacra Spina

Anche quest’anno i riti della Settimana Santa si svolgeranno in modo inedito a causa delle limitazioni dovute alla pandemia. Durante la sera del Venerdì Santo non sarà possibile celebrare la tradizionale processione della Sacra Spina per le vie del centro storico di Cremona. La reliquia della Sacra Spina, comunque, sarà offerta alla devozione dei fedeli.

Nelle giornate di venerdì 2 e sabato 3 aprile si potrà pregare davanti alla preziosa reliquia esposta presso l’altare delle reliquie, nel transetto nord della Cattedrale. Un gesto di devozione che anche il Vescovo compirà al termine dell’azione liturgica del Venerdì Santo.

La Cappella delle Reliquie è stata commissionata a fine Settecento dal Capitolo della Cattedrale nel desiderio di dare una decorosa sistemazione a tutte le reliquie della Cattedrale. In stile neoclassico, la sua realizzazione è stata affidata a Giovanni Manfredini. Le sculture della cappella sono di Carlo Maria Giudici: la Temperanza e la Fortezza in apertura, mentre nel fastigio in sommità si trovano la rappresentazione della Fede e della Carità.

La reliquia più preziosa conservata in questo altare è proprio la Sacra Spina. La sua presenza in città è dovuta a Papa Gregorio XIV, che fu vescovo di Cremona dal 1560 fino all’elezione pontificia nel 1590: fu lui a donare la reliquia al Capitolo del duomo della città lombarda nel corso di una visita a Roma nel 1591. Da allora questa preziosa reliquia è oggetto di devozione da parte dei fedeli cremonesi, in particolare durante il Venerdì Santo, giorno in cui si fa memoria della Passione e morte di Gesù.




«Proprio oggi che non possiamo invitarci a cena, riscopriamo lo stupore della Cena con Dio» (VIDEO E FOTO)

«Il ricordo dello scorso anno è ancora vivo e dolente». Con queste parole, con questo sguardo su un passato ancora così vicino, il vescovo Napolioni ha introdotto la Messa nella Cena del Signore, presieduta in Cattedrale nella serata del Giovedì Santo. Uno sguardo che richiama agli occhi della memoria alla stessa celebrazione durante il Triduo del 2020, a «quella cena del Signore celebrata con tutti voi chiusi in casa, costretti al digiuno eucaristico e all’attesa di una liberazione dal male, certamente spirituale ma che ha preso anche le forme della insidia alla salute, della morte, della solitudine, dello scoraggiamento. Per questo – ha detto monsignor Napolioni – non possiamo non gioire stasera, perché anche se c’è ancora tanta strada da fare in questo tunnel buio la luce affascina e la nostra Cattedrale la raccoglie e la riconsegna al suo Signore che ci ospita al suo banchetto»

Ed è l’immagine del banchetto a guidare verso il senso più profondo di questa celebrazione e di ogni celebrazione Eucaristica, anche e in questo tempo: «Come quegli inviti a cena che oggi non ci possiamo rivolgere – ha invitato a riflettere il vescovo – Gesù però ci consente di essere a cena con lui. Siamo a cena da Dio. In questo gesto umanissimo si rivela il volto del Signore, il suo stile, la sua originalità. il suo cuore di padre, di madre, di fonte della vita».

Se tutta la storia della salvezza si può raccontare attraverso i pasti condivisi, «non come appuntamenti biologici, ma umani, comunitari, spirituali» è proprio in questa dinamica di condivisione, di convivialità e gioia condivisa a compiersi nel cenacolo la promessa di salvezza dell’Antico Testamento: «La Parola che salva è il nome di ciascuno di noi: “la festa è per te, invito te, mi do a te”… Gesù ha desiderato riunire i discepoli per consegnare loro questi gesti e per renderli consapevoli di un mistero così inesauribile ha lavato i loro piedi. Li ha stupiti».

Uno stupore che continuamente siamo chiamati a riconoscere e rinnovare: «Nel tempo – ha osservato monsignor Napolioni – abbiamo rischiato di congelare tutto ciò, di farne qualcosa che possiamo controllare con le cerimonie, i riti e con il rischio che tornando a casa l’unico commento sia: “che belli i canti” “la predica era lunga” “eravamo di più”, “eravamo di meno”… come fosse la cronaca di una partita. Invece eravamo a cena con Dio».

Un Dio – ha aggiunto – che ha mostrato il suo cuore all’uomo nella viat di Gesù che è venuto a «ribaltare l’ospitalità dei notabili invitando al suo banchetto gli scarti della società».

Questo lo stupore che non deve abbandonare il popolo cristiano: «Riprendiamo il cammino da ogni Eucaristia sempre più forti. – ha esortato il vescovo – Siamo più vecchi, siamo di meno, ma sempre più forti perché sempre guidati dal Signore. Chiediamogli – ha detto concludendo la sua omelia con una preghiera – di riaccendere questa sera in noi lo stupore: “Tu lavi i piedi a me?”, “Tu ti offri da mangiare a noi?”, “Non sei stanco del mondo, ci ami in maniera così incommensurabile… non bastano i numeri a misurarlo, a mettere confini. L’unico confine è il tuo abbraccio di Padre. Quell’abbraccio che noi non possiamo darci tra noi ma che tu ci fai sentire nel profondo del cuore”»

Nel rispetto delle norme di contenimento dell’epidemia in corso non si è svolto in questa celebrazione il gesto caratteristico della lavanda dei piedi.

La Celebrazione si è conclusa con la processione accompagnata dai canonici del Capitolo nel raccoglimento dell’assemblea verso l’altare dell’Adorazione per la reposizione dell’Eucaristia, dove il vescovo si è trattenuto per una preghiera silenziosa in ginocchio davanti al Santissimo Sacramento prima dello scioglimento silenzioso dell’assemblea.

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Il Vescovo battezza tre catecumeni nella Veglia di Pasqua: «Non è mai troppo tardi per riaccendere fiducia e speranza» (VIDEO E FOTO)

In una Cattedrale di Cremona completamente immersa nel silenzio e nel buio, ma che torna a vivere (pur nel rispetto del distanziamento e delle norme di sicurezza) la notte della Risurrezione di Cristo con la presenza dei fedeli, è la luce del cero pasquale, acceso dal vescovo Napolioni al centro della grande navata, ad aprire la solenne Veglia pasquale.

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A rendere ancora più prezioso e carico di significato questo momento c’è stato poi il conferimento dei sacramenti dell’iniziazione cristiana a tre catecumeni. Ieri sera a dire di sì alla vita cristiana sono state tre adulti. La prima è Jarelin Rodriguez: di origine cubana, è sposata civilmente con Sergio e frequenta la parrocchia di Mozzanica. A Cuba, sotto il regime, vivere il Cristianesimo non era semplice e anche quel poco trasmessole dalla famiglia si era perso. Arrivata in Italia, ha vissuto la nostalgia di una fede vera e profonda e così ha deciso di fare un passo di avvicinamento, accompagnata anche dal marito e dai figli (educati cristianamente) e da alcuni amici.

Oltre a Jarelin, ieri sera ha ricevuto i sacramenti anche una giovane studentessa albanese, Alessia Habibi. La ragazza, che si sposerà tra poche settimane, aveva respirato la fede cristiana grazie ai nonni, ma le vicissitudini sociali e politiche del paese d’origine le hanno impedito di continuare su quella strada. Innamorata profondamente del suo futuro marito, un ragazzo della parrocchia di Sant’Imerio, a Cremona, ha deciso quindi di conoscere più a fondo la fede cristiana. Un cammino di scoperta che, capisce, è per la sua felicità e anche per poter vivere più pienamente la bellezza del matrimonio.

Anche Mundi Shota è albanese: sposato con Mimosa e con figli già grandi, frequenta la parrocchia di Cristo Re, a Cremona. La moglie è cristiana e anche i figli sono stati cresciuti nei sacramenti. Nel tempo, quindi, anche in Mundi è nato il desiderio di chiarire questa appartenenza alla Chiesa Cattolica.

Ieri sera, di fronte al vescovo, il suo sì e quello di Alessia e Jarelin hanno restituito al mistero della Pasqua il suo senso più grande: quello di una rinascita, nella certezza che la morte non ha l’ultima parola.

E «cosa c’entra» l’inizio della vita cristiana di questi tre nuovi fratelli nella fede, con le promesse del Signore? Lo ha chiesto il vescovo Napolioni durante la sua omelia, partita dalla riflessione sulla liturgia della Parola che ha ripercorso le tappe della storia della salvezza fino a liberarsi nel canto dell’Alleluia.  Un canto – ha osservato iniziando la sua riflessione – «di cui avevamo una gran voglia», ricordando la Pasqua dell’anno 2020, senza celebrazioni in presenza: «Abbiamo celebrato la Pasqua con tutta la fede che avevamo – ha detto – ma la fede ha bisogno anche di segni, volti, corpi, di assemblea. Ha bisogno di storia, di eventi e persino di misurarsi con il male. Non ci è stata data ala fede per chiuderci in una bolla, ma per vincere il male con il bene. Questa è l’opera di Dio».

Un’opera che dalla Creazione ad Abramo, dalla schiavitù in Egitto all’esodo nel deserto, ha manifestato la «fedeltà di Dio alle sue promesse: promessa di terra e di discendenza». Ma davvero è fedele Dio? interroga ancora il Vescovo. E la risposta arriva dal sepolcro vuoto «È Gesù che inaugura una terra nuova, un rapporto nuovo con gli altri.  Donne e bambini non contavano… Invece quel mattino sono le donne a esplorare la tomba vuota. E lì trovano un giovane: un angelo giovane, non della giovinezza mitizzata dalla società dei consumi, ma della giovinezza di Dio che è sempre nuovo, è sempre avanti a noi, finte di vita».

«Se c’è un futuro per l’Italia e per il mondo dopo la pandemia – ha aggiunto monsignor Napolioni – c’è nella misura in cui custodiremo la terra e la terremo in serbo per i figli e i figli dei nostri figli».

Ed ecco dunque la domanda sul Battesimo e sulla Cresima che di lì a pochi minuti sarebbero stati conferiti a Jarelin, Alessia e Mundi proprio dalle mani del Vescovo: “cosa c’entra questo con queste vite cristiane che iniziano? «Voi ne siete la conferma – ha risposto con sicurezza il vescovo – Voi siete la testimonianza che Cristo è sempre affascinante che il bisogno di speranza trova la sua risposta più vera nel Vangelo e che davvero la notte di Pasqua è un grembo di vita nuova. Grazie – ha concluso l’omelia – perché ci aiutate a riscoprire che non è mai troppo tardi per diventare davvero cristiani, per gioire di nuovo del dono della salvezza, per riaccendere nel nostro cuore ragioni di fiducia e di speranza. Guai a noi se ci pensassimo una Chiesa vecchia: lasciamolo dire alle statistiche, non lo dica il nostro cuore, la nostra preghiera la nostra quotidianità fatta di incontri fraterni in cui il Signore risorto e vivente tutto ci rende capaci di fare. Non le grandi cose ma i passi secondo la sua volontà».

Passi che conducono dove il risorto attende: in Galilea. «E la Galilea è ovunque i nostri ragazzi andranno a lavorare e a vivere. Non possediamoli, non controlliamoli. Facciamo che la Galilea non sia una babilonia, ma sia la frontiera su cui il mondo moderno – così piccolo, così fragile, così presuntuoso – viene salvato proprio dall’amore di chi ne ha ricevuto tanto dal Signore da non fare altro che spartirlo con chiunque incontra».




Settimana Santa, il programma delle celebrazioni presiedute dal Vescovo

Con la Domenica delle Palme si apriranno ufficialmente i riti della Settimana Santa. Le principali celebrazioni presiedute dal vescovo Antonio Napolioni in Cattedrale saranno proposte in diretta streaming sui canali web della Diocesi (il nostro portale internet, la pagina facebook, il canale YouTube), via radio su RCN–InBlu (100.3 fm per Cremona) e in tv su Cremona1 (canale 80).

Il servizio liturgico sarà garantito dagli studenti di Teologia del Seminario Vescovile di Cremona, coordinati dal cerimoniere vescovile don Flavio Meani. L’animazione con il canto sarà a cura di una selezione del Coro della Cattedrale, sotto la direzione di don Graziano Ghisolfi e con all’organo il maestro Fausto Caporali.

Di seguito il programma completo:

 

Domenica delle Palme – 28 marzo

Ore 11.00 – S. Messa delle Palme 
L’intera liturgia si svolgerà all’interno della Cattedrale, senza alcuna processione di popolo. All’inizio della Messa il Vescovo aspergerà i rami d’ulivo dal fondo della navata centrale.
Diretta sui canali social, in radio e in tv.

 

Giovedì Santo – 1 aprile

Ore 9.30 – S. Messa del Crisma
L’Eucaristia, concelebrata da tutti i presbiteri della diocesi, che rinnoveranno le promesse sacerdotali, non inizierà quest’anno con la tradizionale processione dal Palazzo vescovile: ogni sacerdote prenderà posto direttamente in Cattedrale.
Accanto al vescovo Antonio Napolioni concelebreranno il vescovo emerito Dante Lafranconi, il vicario generale don Massimo Calvi, il vicario per la pastorale e il clero don Gianpaolo Maccagni, il vicario giudiziale monsignor Mario Marchesi, il delegato per la vita consacrata don Giulio Brambilla e i canonici del Capitolo.
I cinque vicari zonali, i responsabili delle quattro aree pastorali e i presbiteri che ricordano uno speciale anniversario di ordinazione prenderanno posto nei primi posti della navata centrale.
Durante la Messa saranno benedetti gli oli santi che, diversamente dal solito, al termine non saranno consegnati dal vescovo ai vicari zonali, che invece li ritireranno in forma privata.
Quest’anno, inoltre, non si terrà il consueto momento di incontro del vescovo con i gruppi dei cresimandi al termine della celebrazione.
Diretta sui canali social, in radio.

Ore 18 – S. Messa “in Coena Domini”
Alle ore 18 in Cattedrale il vescovo Napolioni presiederà la Messa “in Coena Domini”, che quest’anno non potrà essere caratterizzata dal suggestivo gesto della lavanda dei piedi. Un momento che, in diocesi, potrà essere sostituito con la raccolta della carità quaresimale.
Al termine della Messa il Santissimo Sacramento sarà portato nella cappella della riposizione.
Diretta sui canali social, in radio e in tv.

Le chiese della città, compresa la Cattedrale, il Giovedì Santo resteranno aperte fino alle 21.30 per consentire l’adorazione personale. Non si potrà svolgere quest’anno la tradizionale visita di gruppo alle sette chiese.

 

Venerdì Santo – 2 aprile

Ore 8.45 – Liturgia delle Ore 
La giornata si aprirà in Cattedrale alle 8.45 con la Liturgia delle Ore (Ufficio delle letture e Lodi mattutine) presieduta dal Vescovo insieme al Capitolo della Cattedrale.

Ore 18 – Azione liturgica della Passione e Morte del Signore
Alle ore 18 in Cattedrale monsignor Napolioni presiederà l’azione liturgica della Passione e Morte del Signore caratterizzata dalla lettura dialogata della Passione e dall’adorazione della Croce, che a motivo precauzionale non potrà essere baciata dai fedeli.
Al termine della liturgia vi sarà un momento di preghiera davanti alla reliquia della Sacra Spina che, nelle giornate di Venerdì e Sabato Santo, sarà esposta alla devozione dei fedeli presso l’altare delle reliquie. Sarà sospesa quest’anno la tradizionale processione serale della Sacra Spina per le strade della città. In serata i fedeli potranno vivere in comunione spirituale con Papa Francesco e l’intera Chiesa universale la Via Crucis trasmessa da Piazza San Pietro.
Diretta sui canali social, in radio e in tv.

 

Sabato Santo – 3 aprile

Ore 8.45 – Liturgia delle Ore 
Anche la giornata del Sabato Santo si aprirà in Cattedrale alle 8.45 con la Liturgia delle Ore (Ufficio delle letture e Lodi mattutine) presieduta dal Vescovo insieme al Capitolo della Cattedrale.

Ore 20.00 – Veglia di Pasqua
Alle ore 20.00 il Vescovo presiederà la solenne Veglia pasquale. L’inizio non avrà luogo nel cortile del Palazzo Vescovile, ma direttamente in Cattedrale. Durante la celebrazione monsignor Napolioni amministrerà i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana a tre catecumeni adulti.
Diretta sui canali social, in radio e in tv.

 

Domenica di Pasqua – 4 aprile

Ore 11 – S. Messa di Pasqua
Alle ore 11 in Cattedrale il Vescovo presiederà la solenne Messa Pontificale del giorno di Pasqua, al termine della quale impartirà la benedizione apostolica con annessa indulgenza plenaria.
Diretta sui canali social, in radio e in tv.

 

 




Nella Messa del Crisma i sacerdoti rinnoveranno le loro promesse festeggiando chi celebra un particolare anniversario

È la benedizione dell’olio del Crisma a dare il nome di Messa Crismale alla liturgica che si celebra il Giovedì Santo nelle chiese cattedrali. Tra i momenti caratteristici di questa celebrazione ci sono il rito della benedizione degli oli, inserito nella celebrazione eucaristica, dopo l’omelia, e la rinnovazione delle promesse sacerdotali, che sottolinea il mistero della Chiesa come sacramento globale del Cristo, che santifica ogni realtà e situazione di vita.

La Messa crismale, che il Vescovo concelebra con i presbiteri, è considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del Vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui. La Messa Crismale è quasi epifania della Chiesa, corpo di Cristo, organicamente strutturato, che nei vari ministeri e carismi esprime, per la grazia dello Spirito, i doni nuziali di Cristo alla sua sposa pellegrina nel mondo.

La nuova fisionomia, attribuita dalla riforma post-conciliare alla Messa crismale, rende ancor più evidente il clima di una vera festa del sacerdozio ministeriale all’interno di tutto il popolo sacerdotale e orienta l’attenzione verso il Cristo, il cui nome significa «consacrato per mezzo dell’unzione».

In questo contesto, dunque, vengono festeggiati i sacerdoti che ricordano un particolare anniversario di ordinazione.

Il 60°: don Mario Aldighieri, don Antonio Aresi, mons. Felice Bosio, don Romeo Cavedo, don Umberto Leoni, don Angelo Ramella, don Giosuè Regonesi, don Attilio Sarzi Sartori.

Il 50°: don Ezio Bellini, don Gianfranco Castelli, don Gianni Maccalli, mons. Primo Margini, don Carlo Rodolfi, don Marco Tizzi, don Carlo Valli.

Il 25°: don Marino Dalè, don Gianluca Gaiardi, don Roberto Musa, don Davide Osio, don Diego Poli, don Fabio Santambrogio, don Antonio Trapattoni.

Nell’occasione saranno anche ricordati i presbiteri deceduti tra la Messa Crismale del 2020 (celebrata straordinariamente a Pentecoste, dopo lo slittamento durante il lockdown) e la celebrazione di quest’anno, come sempre il Giovedì Santo. Si tratta di don Emilio Doldi, don Giancarlo Regazzetti, don Giuseppe Giussani, don Franco Regonaschi.




Fame d’aria buona, il messaggio d’auguri del vescovo Napolioni

Un anno fa esplodeva l’epidemia, e il deserto della Quaresima ci portava ad una Pasqua drammatica, di vuoto e silenzio, di dolore e morte, quasi un interminabile Venerdì Santo. Poi la primavera e l’estate ci hanno dato sollievo, illuso di avercela fatta, e sono tornati mesi di paura e di lutto, mentre tanti purtroppo cedevano all’abitudine, all’indifferenza e alla sterile polemica. I cristiani, con prudenza e timore, uno alla volta, tornano in chiesa per attingere, alle fonti della fede, ragioni di speranza e sforzi di carità, tanto necessari.

Quanti malati allora, come oggi, avevano “fame d’aria”, dove drammaticamente mancava ossigeno per tutti! Anche le famiglie e i bambini chiusi in casa, lontani da scuola, hanno sperimentato una simile “claustrofobia”, perché siamo fatti per la libertà, il gioco e l’incontro, e lo capiamo quando cose così semplici ci mancano. Quanti anziani, che ora vediamo al massimo dietro un vetro, si spengono in tristezza e solitudine, perché l’abbraccio dei cari manca loro come l’aria.

Penso anche al dramma di famiglie strozzate dai debiti e tentate dalla violenza, a chi soffoca perché non riesce ad onorare le proprie responsabilità di padre e di madre, e non sa più come guardare negli occhi i propri figli. Tira brutta aria in troppe case!

Nella società, nella politica e nella Chiesa, c’è tanta fame d’aria buona, nauseati da ciò che ci intossica la mente e il cuore. C’è da ricostruire un Paese, l’Europa, il mondo, e ci vuole un vento potente che spazzi via corruzione e mediocrità, per far respirare soprattutto le nuove generazioni.

In questa realtà, risuona ancora la grande notizia: l’aria buona c’è, non ve ne accorgete? C’è un respiro di speranza, che buca ogni smog e raggiunge ogni cuore, specie se affamato di salute dell’anima, oltre che del corpo.

È lo Spirito di Dio, il suo soffio creatore, che spira ancora bellezza e novità, come in un bacio d’amore eterno che ravviva i piccoli, i poveri, i deboli, gli ultimi del mondo. E da lì, dalle periferie dell’esistenza, spinge avanti la storia e il cosmo, verso l’appuntamento con un destino di gloria. È lo Spirito di Gesù, che ci dona mentre spira sulla croce, dove il sangue versato sgorga come sorgente di salvezza per tutti. È lo Spirito del Risorto, che provoca la Chiesa di ogni tempo, chiamandola a rinnovarsi sempre per essere puntuale nel dialogo con gli uomini e le donne che chiedono ragioni per credere e forza per amare.

Invito tutti a respirare quest’aria buona, che spazza via il virus dell’egoismo e del disfattismo, riempiendo il cuore della forza della santità. Mentre siamo ancora impediti di andare ovunque, di fare vacanze chissà dove, invito a vivere questa Settimana Santa, sì con sobrietà e prudenza, ma senza mancare l’appuntamento con la bellezza intramontabile della liturgia. Il mistero, coi suoi segni poveri e potenti, ci rimette alla sequela del Salvatore, con cuore, polmoni e gambe, da uomini nuovi.

Questa fame di Pasqua, fame dello Spirito, fame di aria buona… è il mio augurio fraterno. Grato per le tante testimonianze di impegno generoso, che autorizzano a guardare con fiducia alla strada ancora da fare, insieme.

+ Antonio Napolioni
vescovo di Cremona




«Riavvolto il rotolo, guardiamoci negli occhi…»: in Cattedrale la Messa crismale con il vescovo e il clero diocesano (VIDEO e FOTO)

«Cosa abbiamo da dirci? Cosa dobbiamo fare? Chi me lo fa fare?». Tre domande per un dialogo schietto e cordiale che il vescovo Napolioni ha proposto al clero diocesano riunito in Cattedrale per la Messa Crismale in cui, nella mattinata del Giovedì Santo, all’ingresso nel Triduo Pasquale, i sacerdoti rinnovano le promesse, ricordando i confratelli che festeggiano anniversari importanti e quello che nell’ultimo anno hanno lasciato questo mondo.

La celebrazione è dunque occasione annuale per una condivisione e una riflessione sul cuore del ministero sacerdotale: «Siamo qui per guardarci negli occhi, per aprire il cuore ad una confidenza di famiglia» ha detto monsignor Napolioni,  «perché – ha aggiunto poco dopo – il nostro sacerdozio sia più Suo che mio, più nostro che mio, più della gente che mio».

Per questo la Messa si è aperta con un pensiero dei sacerdoti e dei diaconi che non hanno potuto essere presenti in Cattedrale: «Li sentiamo vicini – ha detto introducendo la celebrazione – ci sentiamo uniti a chi è provato nella malattia, pensiamo ai confratelli in servizio fuori dalla Diocesi, presso la Santa Sede e nelle missioni; pensiamo – ha aggiungo – all’unità profonda che il dono di grazia costituisce nella nostra vita»

La fotogallery completa della celebrazione

Nelle prime file di un’assemblea che ha tinto del bianco delle vesti dei presbiteri tutta la navata centrale, i sacerdoti che proprio in questa occasione hanno festeggiato gli anniversari di ordinazione. Occasione significativa per il clero diocesano che all’inizio del Triduo Pasquale torna a ritrovarsi in Cattedrale (lo scorso anno la “Messa del clero diocesano” era stata posticipata a causa del lockdown) per il ricordo e il rinnovamento delle promesse sacerdotali.

Durante la sua omelia il vescovo li ha ricordati, insieme ai confratelli morti in questi ultimi dodici mesi: «Oggi lodiamo il Signore insieme a tanti nostri fratelli, umili e generosi nel compimento dei doveri della missione ricevuta, in modi e contesti assai diversi e tutti preziosi. Ricorrono infatti il 60° di sacerdozio di don Mario Aldighieri, don Antonio Aresi, mons. Felice Bosio, don Romeo Cavedo, don Umberto Leoni, don Angelo Ramella, don Giosuè Regonesi, don Attilio Sarzi Sartori; il 50° di don Ezio Bellini, don Gianfranco Castelli, don Gianni Maccalli, mons. Primo Margini, don Carlo Rodolfi, don Marco Tizzi, don Carlo Valli; il 25° di don Marino Dalé, don Gianluca Gaiardi, don Roberto Musa, don Davide Osio, don Diego Poli, don Fabio Santambrogio, don Antonio Trapattoni. L’oggi eterno della contemplazione del volto di Dio è iniziato per don Emilio Doldi, don Giancarlo Regazzetti, don Giuseppe Giussani e don Franco Regonaschi, defunti nel tempo che va dalla Messa Crismale del 2020 ad oggi».

Tra gli anniversari da ricordare anche il 50° di ordinazione di monsignor Carmelo Scampa, oggi vescovo emerito di Sao Luis de Montes Belos in Brasile.

«Io e il carissimo fratello Dante – ha iniziato la sua omelia monsignor Napolioni con un riferimento al vescovo emerito Lafranconi, presente tra i concelebranti – vi guardiamo con gratitudine, simpatia e tenerezza».

La riflessione ha preso le mosse dallo sguardo anche sulla realtà di questo tempo di prova: «Riavvolto il rotolo, anche voi sedete e fissate gli occhi sul vostro Vescovo, per ascoltare il suo discorso annuale al Presbiterio…  no, non può essere tutto qui! La tempesta di dolore e paura che ancora infuria non ce lo permette».

In questo contesto risuonano le domande sulla missione di una vita consacrata: «È Gesù – ha detto il Vescovo – che mal tollera una Chiesa ridotta a cerimonia, routine, come un volume polveroso che una volta all’anno esce dallo scaffale per ritornarvi dopo il consueto uso».

I riferimenti sono alla fraternità del clero, alla prossimità con le comunità, al rinnovamento di una pastorale autenticamente ancorata alla vita di Cristo presente nella Parola: «Cosa dobbiamo fare, alla ripresa delle attività? Cosa dobbiamo fare, in un mondo che cambia così vorticosamente, in una Chiesa che sempre ha da riformarsi per conformarsi a Cristo, in una realtà pastorale in cui sembrano crollare sicurezze e tradizioni cui eravamo stati preparati con cura? Dobbiamo compiere le Scritture […] Non possiamo allontanarcene, pena l’insignificanza, l’eresia e la sterilità. Dobbiamo leggerle e “farle” le Scritture, oggi».

Anche l’esperienza della visita pastorale in corso è segno di questo cammino e questa ricerca che accomuna tutta la Chiesa locale: «Quando vengo nelle comunità – ha osservato monsignor Napolioni – imparo da buoni preti la vicinanza discreta a tanti fratelli e sorelle sofferenti, che ci fanno scuola di pazienza, sono testimoni di fede e segno sicuro del Regno di Dio». «Possiamo dirci: “grazie, coraggio, ti ascolto, da amico…”, – ha aggiunto – riscoprendo l’alfabeto di un’evangelizzazione reciproca che è sempre un bisogno, mai un mestiere. Vi chiedo perdono se anche io non l’ho fatto abbastanza, sempre, con tutti, e ringrazio quelli che mi aiutano a declinare concretamente la carità fraterna nel nostro Presbiterio».

E come  esempio di amicizia e condivisione tra confratelli ha terminato citando un passaggio da una lettera scritta nel 1919 all’amico don Guido Astori e raccolta di recente nel volume “Ho bisogno di amicizia” curato da don Bruno Bignami e don Umberto Zanaboni per le edizioni dehoniane (il libro sarà presentato in un convegno organizzato online da Fondazione Mazzolari il prossimo 10 aprile): «…io guardo quasi con indifferenza questo attimo che si sfascia, alla Chiesa che si irrigidisce in uno sforzo vano di resistenza materiale – scriveva il giovane don Primo –  e ad ogni crollo cerco con il cuore piangente ed esultante le pietre che serviranno per il nuovo edificio. Non è un sogno il mio, perché è fede, la mia fede. E anche se io dovessi morire senza che nulla di quanto io vedo si approssimi nella realtà tangibile, la mia fiducia rimarrebbe incrollabile».

La liturgia è poi proseguita con il rinnovo delle promesse sacerdotali, la preghiera per il vescovo e per tutti i presbiteri e la benedizione degli oli che saranno utilizzati per l’amministrazione dei Sacramenti in Diocesi nel corso dell’anno: l’olio degli infermi, quello dei catecumeni e il Sacro Crisma.

Al termine della Messa, all’uscita dalla Cattedrale i sacerdoti hanno dato il proprio contributo alla tradizionale raccolta di offerte a sostegno del Seminario diocesano. Dal vicario generale don Massimo Calvi l’invito a coinvolgere le comunità anche alla Colletta per la Terra Santa nella giornata del Venerdì Santo.




Il Vescovo alla Messa delle Palme: «Viviamo “da dentro” la Settimana Santa: siano i giorni per fare verità» (FOTO E VIDEO)

Come Gesù, impariamo a svuotare il nostro cuore per fare spazio alla verità e «vivere da dentro» il mistero della Settimana Santa. È questo l’invito principale che il vescovo Antonio Napolioni ha rivolto alla Diocesi durante l’omelia della Messa celebrata in occasione della Domenica delle Palme.

La consueta processione, che tradizionalmente partiva dalla chiesa di S. Girolamo e giungeva in Cattedrale, non si è potuta svolgere – in ottemperanza alle norme vigenti – ma questo non ha impedito ai fedeli presenti di vivere la celebrazione di apertura della Settimana Santa in modo significativo e vero.

Alle porte della Cattedrale, infatti, si è comunque svolta la commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, con la lettura del Vangelo di Marco e la benedizione degli ulivi. Successivamente il Vescovo Antonio ha portato, con una breve processione e insieme ad alcuni concelebranti, il proprio ramo di palma fino al presbiterio, guidando idealmente tutta l’assemblea dei fedeli.

La fotogallery completa  della celebrazione

«È una folla festante – ha esordito il Vescovo nell’omelia – quella che accoglie Gesù secondo il racconto che Marco fa del suo ingresso a Gerusalemme. Eppure, oggi, questo non è l’unico brano di Vangelo che ascoltiamo».

Come sempre, infatti, la liturgia della Domenica delle Palme ha proposto la lettura del racconto della Passione – quest’anno nella versione di Marco -, per iniziare ad avvicinarsi al mistero della morte e risurrezione di Gesù.

«Dalle parole dell’evangelista – ha commentato mons. Napolioni – emerge il ritratto di un Gesù docile, capace di svuotare se stesso, come detto dall’apostolo Paolo, e desideroso di mettersi nelle mani di Dio e degli uomini».

Se, dunque, il racconto dell’ingresso a Gerusalemme riporta il clima esteriore con cui la folla va incontro al Cristo , quello della Passione si focalizza sull’interiorità del Maestro, «che apre il suo cuore per accogliere ogni uomo e condurlo all’incontro con il Padre».

La celebrazione della Domenica delle Palme vuole essere, secondo la riflessione del Vescovo Antonio, una porta d’accesso al mistero della Pasqua, un invito a seguire l’esempio di Gesù, capace di affidarsi a Dio con coraggio, fiducia e speranza «Oggi pre-ascoltiamo il Vangelo della Passione – ha invitato a riflettere monsignor Napolioni – per stare con Lui, per entrare anche noi nella Pasqua non solo da fuori, ma da dentro. Da fuori questa Pasqua ci appare ancora limitata, meno festosa del solito… e allora facciamone occasione per viverla da dentro. Da dentro il cuore di Gesù…». Così – ha aggiunto – «la festa non sarà un’illusione, non sarà tradita, ma sarà eterna».

La Settimana Santa si apre quindi con la proposta, rivolta a ciascuno, di rileggere il proprio personale cammino di fede, ma senza dimenticare la dimensione comunitaria. A conclusione della Santa Messa, infatti, il Vescovo stesso ha ricordato che, a differenza dell’anno scorso, in vista di questa Pasqua sarà possibile tornare a partecipare alle celebrazioni del Triduo, vivendo così in prima persona i riti che la liturgia pasquale propone. Così ha concluso infatti la sua omelia il Vescovo: «La Pasqua nelle nostre case, nei nostri cuori sia la Pasqua di chi non ha paura di scorgere il buio che fa capolino in noi perché può aprirlo alla presenza del Signore… Siano i giorni in cui fare verità, in cui ritrovare il senso profondo della nostra esistenza, la ragione più autentica di una speranza più forte di ogni prova»