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Davanti alla Vergine lauretana invocando la sua intercessione per la città e la diocesi (VIDEO)

«Ritrovarsi qui, nella Santa Casa, per celebrare l’Eucarestia, significa raggiungere il cuore della nostra città per riscoprirci uniti e fiduciosi». Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni ha aperto la celebrazione che si è tenuta nel Santuario Lauretano della chiesa di S. Abbondio, a Cremona, nella mattinata di lunedì 13 aprile.

Dopo le grandi solennità pasquali, la Messa celebrata ai piedi dell’altare della Vergine ha avuto un sapore molto particolare ed intimo. «Fin dal principio dei racconti evangelici, Maria viene descritta come una donna che matura la propria fede interiormente – ha spiegato il Vescovo nella sua omelia – e anche oggi la sua presenza è discreta nelle nostre famiglie, nelle nostre case. Siamo noi ad essere invitati a riscoprirla vicina, come una madre premurosa che si prende cura dei propri figli».

Il Lunedì dell’Angelo, tradizionalmente, prosegue le celebrazioni della Resurrezione anche a livello liturgico: le letture invitano all’incontro con il Cristo vincitore della morte.

«San Giovanni Paolo II ha legittimato il pensiero secondo cui  – ha proseguito il Vescovo Antonio nella propria riflessione – la Madonna sia stata la prima a cui il Risorto si è mostrato, ma, come sempre, ha preferito custodire nella propria intimità questa consapevolezza. Allo stesso modo noi, oggi, nelle nostre case, siamo spronati a riflettere e a prepararci a ciò che verrà dopo».

Lo sguardo di Mons. Napolioni si è infatti spinto oltre la condizione attuale. Non è ovviamente mancata una preghiera di affidamento per tutti coloro che soffrono e che stanno attraversando momenti difficili – senza dimenticare i defunti – ma l’invito che è stato rivolto a tutti i fedeli è stato profondo e radicale, rivolto al domani.

«Quando usciremo dalle nostre case – così si è conclusa l’omelia – ritorneremo ad abitare la nostra casa comune, il mondo. Lo stile che dovremo avere, però, non è quello di Giuda, o dei soldati del racconto evangelico, che fanno un uso distorto del denaro e della parola. La vera sfida sarà quella di accorgerci di non essere soli, provando quindi a vivere nel mondo da fratelli, desiderosi di lasciare un eredità degna dei figli di Dio a chi verrà dopo di noi».

La celebrazione, dunque, ha avuto come cuore pulsante il rapporto tra il Risorto, la Vergine Maria ed i credenti, la cui fede, in questo momento, è messa a dura prova, ma a cui non può mancare la fiducia e la speranza che vengono dalla Pasqua.

Per questo motivo la Messa, animata da don Andrea Foglia e don Francesco Gandioli, parroco e vicario di S. Abbondio, si è conclusa con la preghiera alla Vergine Lauretana: alla sua intercessione è stata affidata la città di Cremona, la diocesi ed il mondo intero, perché ognuno possa riscoprirsi come figlio amato e mai abbandonato alla solitudine, anche nella sofferenza.

 

 

Lunedì dell’Angelo, alle 11 in diretta la Messa del Vescovo dalla Santa Casa lauretana presso S. Abbondio




Il vescovo nella Veglia di Pasqua: «La risurrezione non è un lieto fine, è il perché di tutto» (VIDEO e FOTO)

La solenne Veglia della notte di Pasqua è iniziata nel silenzio di una Cattedrale senza fedeli, completamente buia. Il Vescovo ha acceso il Cero pasquale, nel buio, unica sorgente di luce che è entrata nelle case dei fedeli attraverso gli schermi televisivi. La voce del celebrante ha rotto il silenzio: «Cristo Luce del mondo».

Il canto dell’’Exultet, intonato da don Graziano Ghisolfi accompagnato all’organo dal maestro Caporali, ha concluso il rito del “lucernario”, celebrato in una versione differente dalla tradizione, secondo le misure di sicurezza disposte in questo tempo di pendemia: senza l’accensione e la benedizione del fuoco, la processione e la consegna della luce tra i fedeli.

Si è aperta poi la liturgia della Parola, seconda parte della celebrazione, che «ripercorre la lunga storia del dialogo che Dio da sempre ha intessuto con l’uomo, fino a manifestarsi chiaramente in Cristo morto e risorto». I lettori proclamano il racconto della Creazione del libro della Genesi, la promessa di Dio ad Abramo che non rifiutò il sacrificio di Isacco, la liberazione del popolo di Israele dall’Egitto con il passaggio del Mar Rosso raccontata nel libro dell’Esodo e la profezia di Isaia (Is 54, 5-14).

«Ora il suono dell’organo e delle campane si uniscono alla nostra voce»: dopo le letture dall’Antico Testamento, queste parole hanno annunciato al suono delle campane il canto del Glo­ria intonato dal Vescovo, con l’accompagnamento dell’organo.

Al termine la lettura dalla Lettera di san Paolo ai Romani (Rm, 6, 3-11), prima del canto dell’Alleluja che torna in questa notte dopo quaranta giorni, prima del Vangelo della risurrezione secondo Matteo proclamato dal diacono Cesare Galantini.

Dal Vangelo ha iniziato la sua riflessione il Vescovo: «”L’angelo disse alle donne: so che cercate il crocifisso”  Forse questa – ha riflettuto – è la condizione prevalente nel nostro spirito: siamo ancora alla ricerca del Crocifisso, smarriti di fronte alla potenza del male. E che la ricorrenza della Pasqua arrivi comunque, forse a qualcuno dà fastidio, perché abbiamo ancora da stare lì di fronte a tanti crocisissi: morti, crocifissi, soli, disperati… “Ma Gesù – ha riletto – venne loro incontro”. Mentre noi ci ripieghiamo sui noi stessi, lui vivente non ci guarda da lontano, ma è risorto per comunicarci la vita, la potenza della risurrezione, la gioia della Pasqua».

Una gioia che è «rigenerazione del mondo» che attraversa la storia chiamando tutti noi a farne parte: «La risurrezione di Gesù – ha aggiunto il Vescovo – non è il lieto fine ad una vicenda privata ma è il perché di tutto, insieme alla sua passione, alla sua vita».

Ricordando il rito del Battesimo dei catecumeni che in questa Veglia non è stato possibile celebrare, mons. Napolioni ha proposto una riflessione profonda sul significato battesimale di questa Pasqua «speriamo irripetibile», nella straordinarietà e nella difficoltà del momento storico che stiamo attraversano. Lo ha fatto ricorrendo ad un’immagine eloquente e oggi particolarmente significativa, quella del vaccino: «Nel battesimo siamo come vaccinati: siamo immersi nella morte di Cristo perché la morte non abbia l’ultima parola. Perché abbiamo gli anticorpi a quella maledizione che accompagna la morte quando è disperata, senza amore».

Anticorpi spirituali che – ricorderà di lì a poco monsignor Napolioni – «ci rendono rende forti nella fiducia nel dono di Dio, ma non si esonerano dal mettere la mascherina e nel seguire le misure che servono per difenderci dal virus del corpo».

La forza liberatrice del Battesimo e della risurrezione, però, entra davvero dentro l’esperienza dell’epidemia che stiamo vivendo: «Un’esperienza che rende questa Pasqua dura ed esigente, quanto feconda e potente, che ci può schiudere il cammino verso una vita nuova. La Veglia pasquale del 2020 – ha aggiunto – possa segnare questa riscoperta del Battesimo non solo come rito, ma come progetto di Dio e come metodo di vero cambiamento interiore e riscattare in noi tutte quelle capacità che in questi giorni vengono a galla e che non devono tornare nel cassetto quando troveremo al sospirata normalità». 

Lo sguardo si è dunque rivolto al futuro con una speranza che irrompe come luce nel buio: «Dio non ci propone la normalità, la tranquillità – ha concluso la sua omelia il vescovo – ma la gioia perfetta che è intrisa di una donazione simile alla sua: come siamo stati simili a lui nella fragilità e nella morte così possiamo essere simili a lui nella vita nuova che sgorga dalla Pasqua. La Pasqua di Cristo, la Pasqua della Chiesa, la Pasqua del mondo».

Dopo la riflessione del vescovo la Veglia pasquale è prseguita con la liturgia battesimale attraverso il rinnovamento delle promesse (ma senza la benedizione dell’acqua presso il fonte e l’aspersione), e con la liturgia eucaristica, fino alla conclusione con la preghiera a Maria e la Solenne Benedizione.

Domani, domenica 12 aprile, alle 11, sempre dalla Cattedrale a porte chiuse, il Vescovo presiederà la Messa Solenne nel giorno di Pasqua, in collegamento in diretta con i mezzi della comunicazione diocesana e la tv locale.

 

Photogallery della Veglia di Pasqua

 

Il video integrale della celebrazione




Il messaggio di auguri per la Pasqua del vescovo Napolioni

Durante questa drammatica Quaresima di lotta contro l’epidemia e contro la morte, abbiamo già dato voce a tanti pensieri e sentimenti, utili a sentirci tutti coinvolti nella medesima prova. In questa Pasqua, che accogliamo davvero come un dono del cielo, mi limito a fare gli auguri. Quelli che ci saremmo fatti per strada, nel vociare delle piazze e alla fine delle Messe.

Ne faccio alcuni, sapendo di dimenticarne altri. Semmai, continuerete voi…

Auguro ai malati di guarire.

Auguro ai medici e agli infermieri di farcela e, presto, di potersi riposare.

Auguro a chi ha avuto lutti in famiglia o in comunità, di poter presto celebrare degnamente il loro ricordo.

Auguro alle famiglie di uscire dalla quarantena più unite di prima.

Auguro ai responsabili delle Istituzioni di riconoscere quanto han fatto insieme, e di non dividersi in polemiche sterili.

Auguro ai sacerdoti di poter celebrare belle domeniche con le loro comunità.

Auguro ai bambini di giocare tranquilli.

Auguro ai mass-media di poterci raccontare tante buone notizie.

Auguro alle imprese di avere tanto lavoro.

Auguro ai più deboli di non venire dimenticati.

Auguro …

Lo so che non sarà facile realizzare presto tutti questi auspici.

Perciò, auguro a tutti di non dimenticare, di riflettere ancora nel silenzio, di invocare lo Spirito perché ci dia luce sul nostro futuro, di imparare la lezione, di osare cambiare ciò che va cambiato.

Auguro a me stesso e a ciascuno di voi di riconoscere che anche così il Cristo Risorto, Signore del cosmo e della storia, eppure rifiutato e crocifisso da noi peccatori, ci è venuto incontro per amore, per salvarci, per prenderci per mano e rimetterci sul giusto cammino, verso il Padre.

Se non fosse così, che Pasqua sarebbe?

Ma se è così, è una Pasqua gravida di risurrezione e di gioia. Che riempie i nostri cuori di più sospirati e maturi “Alleluia”.

Non solo ve lo auguro, ma ve lo annuncio e prometto, in nome di Dio.

+Antonio, vescovo


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Nel Venerdì Santo la benedizione alla città e alla diocesi con la reliquia della Sacra Spina (VIDEO e FOTO)

Si è conclusa in modo del tutto particolare l’azione liturgica della Passione del Signore che il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto nel pomeriggio di venerdì 10 aprile in Cattedrale. Non potendosi svolgere in serata la tradizionale processione cittadina del Venerdì Santo, monsignor Napolioni ha voluto comunque portare in qualche modo per le strade di Cremona quella che la tradizione vuole essere un frammento della corona di spine posta sul capo di Gesù e donata , subito dopo l’elezione al Soglio di Pietro, da Gregorio XIV (Niccolò Sfondrati) alla città della quale era stato vescovo per 30 anni, dal 1560. E proprio con quella Sacra Spina il Vescovo dalla piazza del Comune ha impartito la solenne benedizione alla città e alla diocesi.

Tutto è avvenuto poco prima delle 19 quando il portone della Cattedrale si è spalancato su una piazza deserta, come le vie della città in questi giorni.

Ad aspettare il Vescovo (uscito indossando la mascherina di protezione) solo una rappresentanza dell’Amministrazione comunale formata dall’assessore Barbara Manfredini in fascia tricolore (al posto del sindaco Gianluca Galimberti, in quarantena dopo la riscontrata positività al coronavirus) e – ben distanziati – l’assessore Luca Burgazzi, il comandante della Polizia locale Pierluigi Sforza e l’ufficiale Giorgio Catapane con il Gonfalone del Comune.

Tutto si è svolto nel più completo silenzio, proprio come la celebrazione del Venerdì Santo era iniziata. È così ogni anno, ma quest’anno il silenzio era ancor più forte. In modo «ancor più giusto e ancor più inevitabile», ha detto monsignor Napolioni iniziando l’omelia dopo la lettura del Passio, perché «quest’anno non possiamo avere fretta di fare Pasqua». Prima dell’Alleluia il grido che risuona è: «Cristo è veramente morto! Come tanti nostri fratelli e sorelle – ha detto il Vescovo – nelle circostanze di queste settimane. Sono veramente morti! Come siamo veramente provati, intimoriti e ricondotti alla nostra verità e fragilità».

La riflessione del Vescovo è proseguita rileggendo il brano del profeta Isaia (52,13-53,12) che presenta il servo del Signore come “uomo dei dolori che ben conosce il patire”. «Un pezzo della nostra carta d’identità – ha precisato monsignor Napolioni – che noi vorremmo stracciare, per evitarlo il più possibile. Certo non siamo fatti per il dolore e il dolore in sé non è un bene. Ma non possiamo continuare a girargli al largo come se non ci fosse: è parte integrante del mistero e della bellezza della vita. Per quanto ci si industri in forme di anestesia, anche nel parto la vita nasce nel dolore e poi sboccia in una gioia che lo supera, che lo trasfigura, che gli dà senso, che lo rende ripetibile, come stanno le grandi mamme».

Monsignor Napolioni ha poi voluto soffermarsi su due passaggi della lettura biblica che specificano in maniera provocante il rapporto dell’uomo e di Cristo con il dolore. “Egli si è addossato i nostri dolori” e “Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori”. «Qui si rivela l’abisso del cuore di Dio Padre che non risparmia nulla al suo rapporto con il figlio per espandere questo suo amore su tutte le creature», ha sottolineato.

Infine un invito: «Sostiamo!». «Non dobbiamo – ha detto – avere fretta di pensare che si ci sarà un lieto fine. La realtà cruda dei nostri giorni ci ricorda che non è una parentesi per l’intero corpo di Cristo essere l’uomo dei dolori. E guai se la nostra convivenza sociale non si misura con il dolore, non lo rimette al centro: non una società che insegue i piaceri né tanto meno una società che propone e giustifica i dolori, ma una società che cura talmente i dolori e sa aver cura dei più deboli da riaprire a tutti non la via ai piaceri, ma alla gioia». «Quella gioia – ha concluso con un riferimento tutto personale – che io ho sperimentato in questi giorni dopo la guarigione e che come me sperimentano tutti quelli che, avendo ricevuto le cure adeguate, avendo ricevuto l’amore e l’attenzione dei fratelli e avendo sentito l’amore del Padre, avendo sperimento che Cristo è morto per noi, hanno ritrovato la gioia e la speranza, la fiducia e la vita».

Dopo l’omelia la lunga preghiera universale prima dell’adorazione della Croce, innalzata per tre volte dal Vescovo ma senza poi il gesto devozionale del bacio, così caro alla tradizione popolare.

La preghiera del Padre nostro ha poi introdotto il momento della Comunione, con il Pane eucaristico consacrato il giorno precedente. Sino alla benedizione della città e della diocesi con la Sacra Spina che ha concluso la celebrazione del Venerdì Santo presieduta dal Vescovo in Cattedrale, anche questa a porte chiuse e vissuta da molti in comunione spirituale attraverso i mezzi della comunicazione sociale.

 

Photogallery della celebrazione e della benedizione con la Sacra Spina

 

 




La preghiera del Vescovo «con e per» l’Ospedale di Cremona (FOTO e VIDEO)

L’immagine che arriva nelle case attraverso pc, smartphone e tv è una di quelle che resteranno vive nella memoria di questa Pasqua. Il vescovo Napolioni arriva camminando, quasi scortato dai tre cappellani don Giuseppe Leoni, don Maurizio Lucini, don Riccardo Vespertini, e si posiziona al centro della piattaforma di atterraggio degli elicotteri di soccorso, nel piazzale dell’Ospedale di Cremona.


La mascherina copre bocca e naso, mentre gli occhi guardano sempre verso l’alto, verso il grande reticolo di finestre. La telecamera indugia sulla struttura diventata simbolo della resistenza al Covid–19. «Da una di quelle stanze – ricorderà qualche minuto dopo monsignor Napolioni – un mese fa vedevo proprio questo piazzale. Davanti a me c’era un piccolo crocifisso a dirmi, giorno e notte: “Sono qui, non sei solo”. E non lo diceva solo a me, prete e vescovo, ma a ciascuno di voi». Il vescovo alza la mano coperta dal guanto azzurro in direzione delle finestre. Si rivolge agli ammalati, che ancora combattono per sopravvivere al virus, e agli operatori sanitari che «per professione ma anche per scelta vocazionale si consumano a servizio degli altri»

A medici e infermieri a cui dedica anche un applauso prima di iniziare la preghiera: «Sono la dimostrazione – osserva – che davvero dipendiamo gli uni dagli altri».

Il pensiero del Vescovo va anche alle forze dell’ordine, ai volontari che in queste settimane provvedono alle necessità di chi è più fragile, a chi è venuto da lontano per aiutare, come la Ong evangelica americana Samaritan’s Purse, nel cui ospedale da campo ha voluto passare per un saluto e un ringraziamento prima di arrivare nel piazzale dell’elisoccorso.

«Ora dobbiamo costruire insieme – risuona la sua voce negli altoparlanti che la spingono fino ai reparti della degenza – non solo le risposte all’emergenza, ma le risposte alle domande che portiamo nel cuore. E al Signore chiediamo che ci aiuti a trovare domande vere e risposte giuste».

La preghiera del Vescovo per e con l’Ospedale di Cremona, che lo ha invitato per questo momento di condivisione e vicinanza, ma anche con gli altri del territorio diocesano, l’Oglio Po, le strutture sanitarie, le case di riposo, è un momento forte in una giornata densa di senso: «È sempre Gesù – osserva monsignor Napolioni – che soffre e muore ed è lui che se ne prende cura e lo accompagna al padre. Oggi sappiamo che è Cristo il vero nome della nostra convivenza umana: dirlo il Venerdì Santo, davanti al Signore che muore in croce, proietta una luce speciale sui misteri della nostra esistenza». Il Vescovo parla e prega in un silenzio profondo.

Due ore e tornerà a benedire la città e la diocesi portando in processione solitaria la Sacra Spina, quella che la tradizione vuole sia la reliquia della “corona” posta sul capo di Gesù, che ogni anno con questa giornata percorre le strade cittadine accompagnata dalla comunità in preghiera: «Stasera la Spina è fatta dalle tante spine di ciascuno di noi: di chi lotta per la vita, dei famigliari che non possono essere vicino ai loro cari come vorrebbero, di chi dà il massimo ogni giorno e si trova a dover assumere scelte difficili per il bene degli altri, di una società che deve riconoscersi malata per guarire. È una corona di spine – conclude – che risponde al coronavirus con la capacità di amare che Dio non ha ridotto in questo tempo, ma anche fa sgorgare nei cuori e nelle situazioni più impensate».

Un venerdì di passione che la comunità cremonese sente quanto mai vicino alla propria vita, ma anche un passaggio di speranza verso la Pasqua: «In un anno che ricorderemo a lungo – ha detto ancora il vescovo – spero non soltanto per la pandemia, ma anche come anno del risveglio di tutti noi alla coscienza di ciò che più ci sta a cuore: la vita, la salute, l’amicizia, la famiglia, la pace, il futuro. Tutto ciò che Dio ha creato e donato ai suoi figli per renderli simile a sé, Signore amante della vita».

Prima di lasciare l’ospedale la visita di monsignor Napolioni nel reparto di Pneumologia dove è stato ricoverato, il saluto e il grazie agli operatori – a cominciare dal primario Giancarlo Bosio – e in dono a tutti i ricoverati la coronicina del Rosario del Papa.

 




Mons. Napolioni nella Messa del Giovedì Santo: «La lavanda dei piedi diventa il pane quotidiano» (VIDEO e FOTO)

Uno dei gesti più suggestivi della Messa nella cena del Signore, quella del Giovedì Santo, è certamente la lavanda dei piedi. Ma non per questo 2020 di Covid-19. Eppure in questo inizio di Triduo pasquale in cui si ricorda l’istituzione dell’Eucaristia «la lavanda dei piedi diventa il pane quotidiano». «Quasi come se le proporzioni fossero ristabilite – ha detto il Vescovo dalla Cattedrale di Cremona –. Ora meno comunione eucaristica e più comunione con la sofferenza, più servizio vicendevole, più amore praticato e non solo pregato e celebrato».

Deserta la Cattedrale, come ormai, purtroppo, ci si è abituati a vedere. Con il vescovo che dall’ambone si è rivolto a quanti hanno vissuto questa celebrazione in comunione spirituale attraverso i mezzi di comunicazione.

Nella riflessione del Vescovo l’ultima cena è stata accostata a quella pasquale degli ebrei, ma guardando anche alle cene eucaristiche domenicali in attesa del banchetto finale con Dio.

Non sono mancati i riferimenti all’oggi con la “quarantena degli ebrei”, chiusi in casa nella notte del passaggio dell’Angelo sterminatore, così come nei precedenti giorni delle altre nove piaghe. «Quante parti del mondo, quanti popoli poveri – ha ricordato monsignor Napolioni – anche in questi anni hanno sofferto e soffrono prove del genere che lasciano uno strascico di morte di miseria, che ora impaurisce anche noi».

Le piaghe d’Egitto ricordate dunque come strumento di vittoria di Dio sul male. Ma il Vescovo ha invitato a non formarsi solamente a questa interpretazione miope della parola di Dio, nella consapevolezza che il vero significato delle Scritture è illuminato dalla venuta di Cristo.

Monsignor Napolioni ha voluto poi ricordare il memoriale della liberazione dall’Egitto degli ebrei: un momento di vita familiare in cui i bambini disegnano i dieci flagelli di Dio che diventano durante la cena domande per comprendere meglio il significato di ciò che viene ricordato. Una liturgia familiare che in queste settimane anche i cristiani hanno in qualche modo imparato a vivere. «Anche noi – ha affermato il Vescovo – ci dobbiamo fare le domande giuste in questo momento».

Dalle piaghe dell’Egitto a quelle di Gesù sulla croce: l’onnipotente viene a condividere la fragilità umana.

E proprio in riferimento alla fragilità un passaggio in cui il Vescovo ha voluto aprire il proprio cuore: «Quando ero all’ospedale malato – ha raccontato – mi sentivo unito ai malati e particolarmente sentivo vicino Gesù. Perché Gesù è lì! Gesù ci si fa vicino così, non ci guarda da lontano, non decide a chi fare un miracolo e a chi no. Ma com-patisce, solidale, da dentro il nostro cuore, da dentro la nostra carne».

«Per questo ci consegna l’Eucaristia e contemporaneamente lava i piedi ai discepoli – ha proseguito –. Due grandi segni che ci giudicano, specie in questi giorni. Mai come stasera soffriamo un digiuno eucaristico forzato. Capisco il gran dispiacere di non celebrare pienamente la cena: si può guardare una cena in tv? Aumenta la fame!».

E ancora: «Magari aumentasse davvero la fame per scoprire che non è solo fame di un rito, di una tradizione, ma è la fame dell’amore! E l’amore il Signore lo sa far giungere nel cuore dei suoi figli in mille modi. Lo sa stanare dal cuore dei suoi figli come capacità di amare anche al di là delle nostre forze».

E qui ancora un riferimento all’oggi: «Non è quello che stiamo vedendo e sperimentando in questi giorni? Non è automatico: è frutto della libertà di ogni uomo e di ogni donna, che davanti alla sofferenza dell’altro decide se farsene carico, chinarsi, prendersene cura o girarsi dall’altra parte o, peggio, approfittarne per il proprio tornaconto».

Ecco allora che la lavanda dei piedi diventa il pane quotidiano. «Questa Quaresima lunga, in cui la lavanda dei piedi è cominciata molto presto, e non solo negli ospedali, ora culmina in questo Triduo che inizia così. Lasciamoci educare da Dio! Non pretendiamo di insegnargli la lezione: egli è più vivo che mai, si prende cura di noi, ci sta lavando i piedi così, ci sta lavando il cuore e la mente, anche con le lacrime che non cessano di sgorgare dai nostri occhi».

Se è mancato in questa Messa il gesto concreto della lavanda dei piedi, c’è stato, invece, un altro momento tipico: dopo l’intonazione del Gloria, il suono delle campane e dell’organo, che rimarranno “muti” sino all’annuncio pasquale.

Dopo l’omelia, poi, l’intensa liturgia eucaristica, con l’ultima consacrazione fino alla Pasqua.

La benedizione finale ha chiuso la Messa quest’anno senza la processione per riporre il Santissimo nel tabernacolo.

 

Photogallery della celebrazione

 

 

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Le prossime dirette sui nostri social e in tv

  • Venerdì ore 16 – Preghiera dall’Ospedale di Cremona
  • Venerdì ore 18 – Celebrazione della Passione del Signore (Cattedrale)
  • Sabato ore 21 – Veglia pasquale (Cattedrale)
  • Domenica ore 11 – Messa nella Risurrezione del Signore (Cattedrale)
  • Lunedì ore 11 – Messa dalla Santa Casa presso la chiesa di S. Abbondio in Cremona

 




Il Vescovo al Clero diocesano: «Accettiamo di essere una Chiesa piagata e piegata su un mondo malato» (VIDEO)

La Cattedrale di Cremona deserta nella mattina del Giovedì Santo. Quest’anno ad affollare la navata centralo non c’era alcun presbitero. Niente Messa Crismale, uno dei momenti fondativi dell’essere presbiterio, impediti dall’emergenza sanitaria. La celebrazione è stata rinviata a una data successiva, ma il vescovo Antonio Napolioni ha voluto comunque, in qualche modo, incontrare i suoi preti e i diaconi della diocesi. Lo ha fatto proprio dalla Cattedrale, dove alle 10.30, in diretta attraverso i canali web della Diocesi, si è unito spiritualmente con loro per un saluto e un momento di preghiera.

Un momento sobrio, durato meno di mezz’ora, nel quale il Vescovo ha voluto aprire il proprio cuore, nel quale «dolore e fiducia combattono e si incontrano». Fortemente voluto per «incontrarci per entrare comunque insieme nel Triduo: non potevamo farlo in ordine sparso».

«Vi saluto e vi ringrazio perché ci siete», ha detto il Vescovo. «Perché ci siete sempre», ha proseguito facendo riferimento alla «dedizione alle comunità». «Con lo slancio giovanile o con qualche affanno dell’età e della salute, sempre però piccole vite spese per il regno di Dio, per l’annuncio del Vangelo, per tenere unite le comunità. Mai come in questi giorni!». E ancora: «Grazie perché siete stati fedeli. Grazie perché avete un gran desiderio di rivedere le vostre comunità la domenica. Grazie perché tenete i contatti con i più deboli, chi più soffre, chi più incarna il crocifisso Gesù».

Il Vescovo non ha voluto tralasciare neppure uno speciale grazie per la vicinanza mostrata nei suoi confronti durante la malattia: «Ho sentito un grande sostegno spirituale da questa comunione con tutti voi e ripartiamo da questa comunione, che la distanza non allenta, anzi rende ancor più bisogno del cuore, scelta di vita, impegno per il futuro». E qui un invito chiaro: «Ripartiamo da noi! Il Presbiterio nel Cenacolo, come i discepoli della prima ora». «Un cenacolo fatto di tante case, un cenacolo in diaspora, un cenacolo che così ci vede ancor più a contatto con la vita della gente».

Il pensiero del Vescovo è andato anche ai diaconi, alla comunità del Seminario e alle comunità religiose, provate da tanti lutti. E qui il ricordo, commosso, dei sacerdoti morti in queste settimane: monsignor Mario Cavalleri, monsignor Vincenzo Rini, don Achille Baronio, don Albino Aglio, don Francesco Nisoli, don Arnaldo Peternazzi, monsignor Giuseppe Aresi, don Vito Magri e monsignor Alberto Franzini.

Il grazie ai suoi preti monsignor Napolioni l’ha voluto esprimere anche per il gesto di carità loro proposto e che ha già portato a raccogliere più di 50mila euro, che saranno destinati alle urgenze di questo momento negli ospedali.

Ha fatto seguito un momento di preghiera, prendendo spunto da quella che avrebbe dovuto essere la prima lettura della Messa del Crisma (Is 61,1-3.6.8-9), letta all’ambone da monsignor Attilio Cibolini, recentemente nominato pro-rettore della Cattedrale.

Poi la breve riflessione del Vescovo, a partire dall’immagine di chi è mandato “a fasciare le piaghe dei cuori spezzati”, ma con nella mente anche il richiamo alle piaghe d’Egitto, ai cataclismi straordinari della natura che gli uomini non riescono a controllare. Arrivando poi alle piaghe del Cristo in croce, «dalle cui piaghe siamo stati guariti».

«Dio in Gesù – ha ricordato monsignor Napolioni – sceglie un altro modo di liberarci dal male: non piagando il creato e punendolo per la sua colpevole fragilità, ma prendendo su di sé il peccato del mondo. E dunque è contemplando il Cristo crocifisso che esprime la totale solidarietà di Dio con l’uomo, l’immedesimarsi Dio con le sue creature, il chinarsi fino in fondo, fino alla morte di croce, fino a svuotare se stesso, per riempirsi di noi, per portare tutti noi. È lì che noi riconosciamo il modo in cui il Signore ci viene a salvare». Una grande luce nello scenario attuale, dimostrato dalla forza di chi non si risparmia dallo stare accanto a chi soffre e a chi muore.

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«Anche la Chiesa, dunque, deve essere così!», il preciso monito del Vescovo. «Una Chiesa che accetta di essere piagata, se necessario piegata su un mondo malato. Non per giudicarlo, ma per testimoniare quanto il Signore ama ciò che ha creato e porta a compimento ciò che hai iniziato».

Da qui l’augurio a tutto il Clero diocesano a riscoprire e a vivere «giorni santi», aperti alla misericordia di Dio che viene curare le piaghe e renderle – ha detto citando don Tonino Bello – sorgenti e feritoia di speranza, finestre dalle quali la luce che il Signore ci dona passa e ci illumina il cammino». «Da stasera annunciamo questo Dio – ha concluso – da stasera diventiamo questa Chiesa».

 

 

 

 

 

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Le prossime dirette sui nostri social e in tv

  • Giovedì ore 18 – Messa nella cena del Signore (Cattedrale)
  • Venerdì ore 16 – Preghiera dall’Ospedale di Cremona
  • Venerdì ore 18 – Celebrazione della Passione del Signore (Cattedrale)
  • Sabato ore 21 – Veglia pasquale (Cattedrale)
  • Domenica ore 11 – Messa nella Risurrezione del Signore (Cattedrale)
  • Lunedì ore 11 – Messa dalla Santa Casa presso la chiesa di S. Abbondio in Cremona



Il Triduo pasquale in Cattedrale con le celebrazioni presiedute dal Vescovo Napolioni

Con la Domenica delle Palme si sono ufficialmente aperti i riti della Settimana Santa, che avranno il loro culmine nel Triduo pasquale che quest’anno sarà vissuto nella Cattedrale di Cremona a porte chiuse, senza fedeli. A presiedere tutte le celebrazioni – che potranno comunque essere seguite in diretta attraverso i mezzi di comunicazione – sarà il vescovo Antonio Napolioni che può riprendere l’attività pastorale dopo la guarigione dal coronavirus.

Non si svolgerà quest’anno la Messa Crismale che solitamente la mattina del Giovedì Santo riunisce in Cattedrale l’intero clero diocesano. La celebrazione è rinviata a una data successiva, al termine dell’emergenza sanitaria. Comunque, al mattino del 9 aprile alle 10.30 il Vescovo – in una diretta web sui canali diocesani rivolta innanzitutto al Presbiterio – condividerà con i presbiteri e i diaconi un breve momento di preghiera e un suo messaggio.

Tutte le altre celebrazioni in programma sino a Pasqua saranno trasmesse sul nostro portale, sulla pagina Facebook e il canale YouTube della Diocesi, in televisione su Cremona1 (canale 80) e in radio sulle frequenze di RCN-InBlu (Fm 100.3 per la città di Cremona).

Giovedì 9 aprile La Messa nella cena del Signore di sarà presieduta dal vescovo Napolioni in Cattedrale alle 18.

Venerdì 10 aprile Sarà alle 18 anche la celebrazione della Passione del Signore, al termine della quale, dal portone della Cattedrale, il Vescovo con la reliquia della Sacra Spina impartirà una solenne benedizione alla città e alla diocesi.

Sabato 11 aprile La Veglia pasquale sarà presieduta da monsignor Antonio Napolioni alle 21 del Sabato Santo.

Domenica 12 aprile Alle 11, la Messa nella Risurrezione del Signore sempre presieduta da monsignor Napolioni.




Il Vescovo nella Messa di Pasqua: «Dopo una durissima Quaresima ora un tempo Pasquale che è la “Fase 2” del rinnovamento ecclesiale e sociale»

«Davvero il saluto del Signore risorto, la sera di Pasqua nel Cenacolo ai discepoli impauriti, giunga anche nelle vostre case che ospitano, in maniera costretta, la nostra attesa di salute, di salvezza, di libertà, la pace di Cristo, la pienezza della carità, l’amore di Dio che diventa attenzione reciproca, come i fratelli sanno usarsi». È questo l’augurio che il vescovo Antonio Napolioni ha voluto esprimere all’intera diocesi nel giorno di Pasqua, durante la Messa presieduta alle 11 in Cattedrale.

Una liturgia celebrata, come per tutta la Settimana Santa e come ancora sarà nei prossimi giorni, senza la presenza dei fedeli, che in questo giorno della Risurrezione di Cristo si sono comunque potuti unire in comunione spirituale con il loro pastore e le diverse comunità parrocchiali attraverso i mezzi della comunicazione.

«Non sembra Pasqua!», ha detto il Vescovo iniziando l’omelia, riferendosi alla particolare situazione che si sta vivendo a motivo del Coronavirus. Ma la Pasqua «non deve sembrare», ha subito aggiunto, guardando al sole primaverile di questa giornata. «Certo – ha affermato – desideriamo tornare a lavorare e a muoverci, e dovremo riuscire a farlo in una maniera nuova! Come dovremmo non stare a piangere una primavera sprecata: dovremmo creare, con l’aiuto di Dio e con tutte le nostre capacità migliori, una lunga primavera di risveglio della coscienza, della dignità, della fiducia, della laboriosità, nella solidarietà, facendo tesoro di ciò che questa esperienza così dolorosa ci ha insegnato. E dunque realizzando quella novità che è il vero frutto della Pasqua».

Un vero e proprio «ritmo di rigenerazione» lo ha definito monsignor Napolioni: «Dopo una durissima Quaresima, una Pasqua con il fiato sospeso e ora un tempo Pasquale – cinquanta giorni – che mi permetto di chiamare la “Fase 2” del rinnovamento ecclesiale e sociale». «Quanto desideriamo e crediamo che la Pentecoste, punto di arrivo del tempo Pasquale, segni davvero la pienezza della Pasqua», ha detto ancora riprendendo i tre verbi richiamati nella preghiera di Colletta: «risorgere, rinascere, rinnovare».

Il riferimento all’antica “Sequenza di Pasqua”, cantata prima della proclamazione del Vangelo, con la lotta tra la vita e la morte, ha ispirato il Vescovo per un’altra immagine legata all’emergenza di questi giorni: «Questo duello continua tutti i giorni, tanto è vero che tutti noi siamo un po’ morti e un po’ risorti. Ci stavo pensando per me e per tutti quelli che hanno avuto un impatto più diretto con la malattia: siamo stati tutti un po’ lì vicini al rischio di morire, nella fragilità, con il bisogno di tutto; ma siamo anche un po’ risorti, e non solo quando possiamo dire “ce l’ho fatta!”, ma perché tanti ci hanno aiutato a farcela».

Da qui un invito chiaro: «Scorgere in questi giorni le ferite, ma anche le luci che si sono accese: la riscoperta dei vicini di casa, la riscoperta della possibilità di contare su qualcuno quando si è soli, la riscoperta di una maggiore unità cittadina, regionale, nazionale, mondiale, al di là delle litigiosità che fanno rumore sui media. Sta a noi far crescere tutto il positivo e, da lì, fare professione di fede, nella rigenerazione possibile di un tessuto umano, sociale e spirituale che ha ricevuto uno strappo per essere rinnovato all’altezza dei tempi, all’altezza delle sfide che abbiamo davanti». Con la richiesta poi di raccontarsi in famiglia proprio questi aspetti.

Concludendo l’omelia, con riferimento alle letture del giorni di Pasqua, un ultimo accenno soffermandosi sulle figure di san Pietro, il più spavaldo ma anche il più fragile dei discepoli che si rimettere in moto grazie dallo Spirito Santo (At 10,34a.37-43) e Paolo che proclama la certezza della Risurrezione perché, scaraventato a terra, è ricondotto a una relazione faccia a faccia con il Risorto. «Da Paolo – ha detto il Vescovo – raccogliamo quest’ultimo invito: “Se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù”. Ma contemporaneamente ci dice: “Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Col 3, 1-4).

Ecco dunque il compito per il tempo Pasquale: «Vivere nella coscienza di essere un po’ più morti al peccato, all’egoismo, alla paura, alla solitudine; ed essere già un po’ più risorti in Cristo, cercando di vedere le cose come le vede Lui e di farle secondo la Sua volontà, mettendoci davvero a servizio del Suo progetto del regno di Dio. Le cose di lassù quaggiù oggi più che mai ci sono necessarie». «La Pasqua che stiamo celebrando – ha concluso monsignor Napolioni – ce le riconsegna come vocazione e missione, ciascuno di noi secondo il ruolo che ha nella comunità e tutti insieme in quella fraternità umile e potente che Gesù in queste circostanze sta ricostruendo tra noi».

La celebrazione, che è stata animata con il canto da don Graziano Ghisolfi accompagnato dai maestri Fausto Caportali all’organo e Giovanni Grandi alla tromba, si è conclusa con la solenne benedizione apostolica con annessa indulgenza plenaria impartita per tutti coloro che con devozione hanno seguito, a distanza, questa Messa di un giorno di Pasqua così strano.

 

 




Messa delle Palme: «I giorni del dolore non sono infiniti. La croce ci conduce ad una felicità eterna» (VIDEO e FOTO)

Anche la Messa della Domenica delle Palme si è celebrata quest’anno nelle chiese a porte chiuse. Anche in Cattedrale i banchi vuoti hanno accolto l’ingresso del vescovo emerito Dante Lafranconi che ha iniziato la celebrazione trasmessa in diretta per tutta la diocesi dal fondo della navata centrale: da lì, in processione con i rami d’ulivo, si è rivissuto l’ingresso di Gesù a Gerusalemme.

Con lui il cerimoniere don Flavio Meani e don Graziano Ghisolfi per l’animazione dei canti, accompagnati all’organo dal maestro Fausto Caporali, e il diacono permanente Cesare Galantini con seminaristi Alberto Bigatti e Francesco Tassi per la lettura del Vangelo della Passione secondo Matteo.

E della Passione, nella sua omelia, il vescovo emerito Lafranconi ha colto in particolare il passaggio radicale dalla gloria degli “Osanna!” all’ingresso di Gesù in Gerusalemme, al grido della folla sul Calvario “Crocifiggilo!”. «Tutte le glorie di questo mondo – ha riflettuto – sono effimere. Così passiamo dalla gloria di Gerusalemme al Calvario, passando però dal Cenacolo dove Gesù lascia il suo corpo e il suo sangue come perenne memoria di ciò che si è svolto durante la sua Passione. Noi lo abbiamo tra le mani come Eucaristia».

Di fronte alla sofferenza che anche noi, oggi, in questo tempo di epidemia che stiamo vivendo – ha proseguito monsignor Lafranconi – «giustamente speriamo si concluda e chiediamo al Signore di venirci in soccorso e di liberarci da questa sofferenza. Quanto dolore, fatiche, stanchezza! Ma vediamo anche quanto amore di persone che si donano per andare incontro alle necessità. E soprattutto non viene meno la nostra certezza che anche la pandemia passerà. Mentre noi speriamo la felicità che dura in eterno, quella che il Signore ci garantisce con la sua risurrezione».

Se «la tentazione può essere quella di gridare a Cristo: “Scendi dalla croce, così ti crederemo”», come la folla sul Calvario, non dimentichiamo «che il nostro desiderio di salvezza e felicità passa dalla croce».

Il vescovo emerito ha concluso con una preghiera per i giorni di questa Settimana Santa così particolare da vivere «con occhi concreti di fronte a tanto dolore e tante lacrime, ma senza dimenticare che c’è qualcosa di grande e definitivo»: «O Signore – ha pregato – aiutaci a vivere i giorni della nostra passione senza dimenticare che sono pesanti, sono lunghi, ma non sono infiniti. Non sono il tutto. Ciò che non finisce è invece la beatitudine eterna che condividi con noi attraverso la risurrezione di tuo Figlio».

La celebrazione è poi proseguita con il Credo e le intenzioni di preghiera, tra cui anche quella per i sacerdoti defunti e in particolare il ricordo di monsignor Alberto Franzini, parroco della Cattedrale deceduto nella notte tra venerdì e sabato.

A seguire la preghiera per la Comunione spirituale ha accompagnato nel silenzio del raccoglimento i fedeli collegati attraverso i canali della comunicazione, prima della benedizione finale.

 

Photogallery della Messa delle Palme in Cattedrale

 

Il video della celebrazione