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La liturgia e i giovani, nel dialogo tra don Falabretti e don Belli

La diversità generazionale è indubbiamente una delle questioni che, negli ultimi anni, è emersa in modo più deciso e preponderante: per stimolare la riflessione attorno a questa tematica, durante la terza giornata della 71ª Settimana Liturgica Nazionale ospitata a Cremona, si è sviluppato un confronto tra don Manuel Belli, insegnante di Teologia dei Sacramenti, e don Michele Falabretti, direttore del servizio nazionale di pastorale giovanile, moderato da don Paolo Arienti, incaricato per la pastorale giovanile della Diocesi di Cremona.

Se la liturgia vuole essere espressione di una comunità, non può non tenere conto della presenza del mondo giovanile. Insieme ai due sacerdoti bergamaschi, don Arienti ha tentato di problematizzare alcune questioni legate al rapporto tra liturgia e giovani: «È evidente che ci sia un calo di presenze alle nostre celebrazioni – ha riflettuto don Falabretti – forse questa dinamica è dovuta al fatto che la fascia giovanile si sente poco coinvolta nella vita liturgica della Chiesa».

In questo senso appare significativa la considerazione di don Belli: «C’è spesso una sorta di sconnessione tra i vari ambiti della comunità cristiana, e questo ha contribuito, specialmente nel mondo giovanile, a spostare l’accento sulla soggettività, più che sulla collettività». La visione sui giovani di entrambi i relatori è comune su un punto: «Nei giovani non manca una ricerca di senso e nemmeno una capacità di vivere una dimensione rituale, bensì si manifesta un evidente problema comunicativo: il linguaggio della Chiesa a loro dice poco».

Don Arienti ha dunque provocato i due sacerdoti a proposito del grande successo che spesso hanno iniziative come le Gmg o le proposte più meditative legate alle comunità monastiche come ad esempio quella di Taizé: «Credo che in occasioni come queste – ha spiegato don Belli – i giovani si sentano aiutati a trovare una connessione tra ciò che vedono e ciò che sentono: questo ci dovrebbe spingere a ripensare alle nostre liturgie rendendole meno pensate e più vissute».

Sulla stessa linea si è articolata anche la risposta di don Falabretti: «I grandi eventi sono momenti eccezionali, ma sui quali non si può fare affidamento esclusivo: hanno un grande valore universale, però è necessario recuperarne la memoria nel tempo per far sì che non si riducano a semplici ricordi». La questione si è infine spostata sul futuro: come iniziare, o re-iniziare, i giovani alla liturgia? «Le nostre comunità – ha concluso don Falabretti – sono ancora luogo di iniziazione, ma devono imparare a celebrare con i giovani, senza perdere il contatto con la Parola: essa infatti sa interrogare ed aprire spazi di crescita e confronto».

Un’ultima lettura è stata fornita da don Belli: «È necessario celebrare quei riti che sono parte fondante e fondamentale del cammino di iniziazione cristiana vivendoli: viceversa la liturgia parlerà una lingua che pochi riusciranno ad interpretare e comprendere». Ritualità e mondo giovanile sono dunque, secondo quanto emerso dal dibattito della terza giornata della Settimana Liturgica Nazionale, realtà che necessitano di mettersi in dialogo, ma che, per farlo, hanno bisogno di trovare un linguaggio comune e condiviso.

 

Il video integrale dell’intervento al convegno

 

 

Don Manuel Belli è sacerdote della diocesi di Bergamo dal 2009. Insegna Teologia dei Sacramenti presso la scuola di Teologia del Seminario diocesano; svolge anche il compito di educatore nel Seminario minore e di animatore vocazionale. Ha pubblicato: Caro veritatis cardo. L’interesse della fenomenologia francese per la teologia dei sacramenti, Milano 2013; Al di là del limite. Filosofia e teologia nella proposta di Emmanuel Falque, Milano 2015; Celebrare per credere. La forma rituale della fede ecclesiale e la realizzazione simbolica dell’umano, Milano 2015; Sacramenti tra dire e fare Piccoli paradossi e rompicapi celebrativi, Brescia 2018; L’epoca dei riti tristi, Brescia 2021.

 

Don Michele Falabretti, già direttore dell’Ufficio per la Pastorale dell’età evolutiva della Diocesi di Bergamo, nel 2012 è stato chiamato dalla CEI a guidare il Servizio nazionale di pastorale giovanile. Ha al suo attivo un grande lavoro di animazione della pastorale giovanile nella sua diocesi e anche le esperienze degli oratori bergamaschi nelle GMG a Colonia, a Sydney ed a Madrid, il pellegrinaggio ad Assisi, l’Agorà dei giovani italiani a Loreto e il cammino di Santiago. Collabora con diverse riviste di pastorale giovanile.

 

 


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Settimana liturgica, monsignor Lafranconi alle Lodi: «Le nostre assemblee liturgiche siano veri momenti di comunione, non solo agli occhi degli uomini ma anche a quelli di Dio»

La terza giornata della 71ª Settimana Liturgica Nazionale si è aperta mercoledì 25 agosto nella Cattedrale di Cremona con le Lodi presiedute da monsignor Dante Lafranconi, vescovo emerito di Cremona.

«Questo riunirsi a celebrare il Signore ha un aspetto visibile, infatti noi siamo qui riuniti – ha riflettuto mons. Lafranconi –. Questo riunirsi insieme può però nascondere la divisione nei nostri cuori».

Il vescovo emerito di Cremona ha quindi proseguito nella sua riflessione: «Mentre ci riuniamo in due o tre nel nome del Signore pensiamo alla nostra vita che si svolge nelle strade dei nostri paesi, nelle relazioni delle molte persone che incontriamo. E anche di quelle che non incontriamo, ma le cui notizie di gioia, di dolore o di speranza ci raggiungono ugualmente». E ancora: «La nostra assemblea, soprattutto come assemblea liturgica, è segno visibile che cerchiamo di vivere in comunione e questo segno visibile dell’assemblea ha bisogno di mettere in comunione prima di tutto il cuore».

Il vescovo Lafranconi ha quindi terminato con un auspicio: «È importante che il nostro atteggiamento interiore non sia smentito dall’atteggiamento esteriore: chiediamo che le nostre assemblee liturgiche siano veri momenti di comunione, non solo agli occhi degli uomini ma anche agli occhi di Dio».

La celebrazione è stata animata, come nelle giornate precedenti, da una rappresentanza del coro della Cattedrale accompagnato all’organo dal maestro Fausto Caporali.

 

 


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Liturgia e differenze culturali, dall’arcivescovo Palmieri un invito a fare della assemblea «un’esperienza di unità»

«La liturgia è ciò che rende visibile la presenza di Dio che, gratuitamente, convoca i suoi figli». Mons. Gianpiero Palmieri – arcivescovo vicegerente di Roma – ha più volte insistito su questo aspetto nella sua relazione dedicata al tema della differenze culturali nella liturgia, che mercoledì 25 agosto ha aperto la terza giornata di lavori della Settimana Liturgica Nazionale che si sta svolgendo nella Cattedrale di Cremona.

Attraverso una lettura fenomenolgica della realtà, mons. Palmieri ha evidenziato come l’interculturalità «possa diventare a tutti gli effetti una risorsa che unisce, anziché, come spesso accade, una barriera che divide».

La diversa provenienza sociale e culturale dei credenti, infatti, «genera spesso divisioni che poco hanno a che vedere con la cattolicità della Chiesa. È allora la liturgia ad avere il compito di aiutare ciascuno a superare l’individualismo attraverso un’esperienza fattuale, concreta, di unità».

Mons. Palmieri non ha mancato di sottolineare come «il nostro tempo ci ponga di fronte ad evidenti fatiche: il numero dei partecipanti all’assemblea domenicale è in calo, così come la costanza nella presenza alle celebrazioni». Il rischio a cui tutto ciò conduce, secondo il relatore, è che si creino «dei piccoli gruppi elitari, all’interno dei quali gli irriducibili praticanti si sentano autorizzati ad individualizzare l’esperienza di fede, anche a livello liturgico».

Il risultato di questa eccessiva frammentazione è «una forma rituale che da personale diventa escludente, e dunque non assolve alla missione che la Chiesa, da sempre, si prefigge».

A questa estremizzazione mons. Palmieri ha risposto con una proposta chiara e definita: «Se è vero che il rito punta a radunare i figli che rispondono alla convocazione del Padre, è necessario realizzare laboratori liturgici capaci di ascoltare la voce di tutti, così che ciascuno possa ritrovarsi nel linguaggio proposto dalla liturgia che viene celebrata».

A conclusione della propria relazione il Vicegerente di Roma ha individuato tre possibili cambiamenti di ritmo e di stile che la comunità cristiana può adottare in vista di una vera conversione: «Innanzitutto la liturgia ha bisogno di tornare ad abitare il ritmo del riposo – ha spiegato mons. Palmieri – restituendogli quel valore che, oggi, tanti uomini e donne cercano al di fuori della Chiesa». Proseguendo nella riflessione è stato posto l’accento sulla necessità di «recuperare il ritmo della gratuità ed il tempo delle relazioni ospitali, per non dimenticare che la liturgia coinvolge e parla a tutti». Infine mons. Palmieri ha richiamato l’attenzione sull’esigenza di «uno stile che sia allo stesso tempo familiare ed essenziale, universale e personalizzato, in modo che ciascuno si senta interpellato, incluso e partecipe della vita della comunità cristiana».

Il video integrale della relazione

 

Mons. Gianpiero Palmieri è nato a Taranto nel 1966. Del clero di Roma, ordinato presbitero nel 1992, è stato eletto vescovo titolare di Idassa e nominato ausiliare di Roma nel 2018: è stato ordinato vescovo il 24 giugno 2018 e promosso arcivescovo e nominato vicegerente di Roma il 19 settembre 2020.

Il suo servizio pastorale si è esplicato attraverso diversi ministeri: vicerettore del Pontificio seminario Minore (1992-1997); assistente diocesano dell’Azione Cattolica Ragazzi (1992-1999); vicario parrocchiale della parrocchia Santi Simone e Giuda (1997-1999); vicario parrocchiale prima (1992-2004) e parroco poi (2004-2016) della parrocchia San Frumenzio ai Prati Fiscali; prefetto della IX Prefettura (2007-2011); parroco della parrocchia San Gregorio Magno (2016-2018). Dal 2017 al 2018 è stato responsabile del Servizio diocesano per la formazione permanente del clero. È stato responsabile del Servizio diocesano per la formazione permanente del clero, delegato per il diaconato permanente, per la carità, la pastorale dei migranti e dei rom, ed è stato incaricato del Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese.

 

 


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Al via la Settimana liturgica nazionale, una comunità che si fa Chiesa

Riunirsi nel nome del Signore è il cuore dell’esperienza di fede cristiana. Alla luce di questa consapevolezza lunedì 23 agosto a Cremona si sono aperti i lavori della 71ª Settimana liturgica nazionale, dal titolo “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome”. Ed è stata proprio l’esperienza dell’incontrarsi a dare il via al momento celebrativo di questo evento.

Tra le mura della Cattedrale di Cremona sono arrivate oltre centocinquanta persone, che si sono riunite per condividere momenti di preghiera e di formazione.

Per la Diocesi di Cremona – come ricordato dal Vescovo Napolioni – la celebrazione della Settimana Liturgica rappresenta un «passo significativo di un cammino di rilancio che coinvolge l’intera comunità ecclesiale, non solo noi sacerdoti e vescovi». In questo senso, la risposta dei fedeli è stata significativa: ai presbiteri, consacrati e laici presenti fisicamente, si sono unite quasi duecento persone che hanno seguito gli interventi proposti dai relatori in diretta streaming.

Centro della riflessione della prima giornata è stato un approfondimento sui modi e i tempi della celebrazione, messi a tema dall’intervento di mons. Franco Giulio Brambilla – vescovo di Novara – prima, e di Ina Siviglia – docente di antropologia teologica – poi.

Da entrambe le relazioni è emersa la necessità di una riscoperta del legame tra liturgia e comunità, messa in luce anche dalla scelta del sottotitolo dell’evento: “Comunità, liturgie e territori”. Ed è stato proprio il Vescovo di Cremona a richiamare l’importanza del radicamento della Chiesa nel territorio. Sia dall’altare della Cattedrale, durante il suo intervento introduttivo, sia nella diretta con Radio Vaticana, mons. Napolioni ha voluto sottolineare quanto sia «fondamentale riscoprirsi Chiesa in uscita, ossia capace di partire dalla celebrazione liturgica per arrivare a tutti ed a ciascuno».

Significativa è stata anche la presenza di alcuni vescovi lombardi, tra cui mons. Daniele Gianotti (cui è affidata la relazione conclusiva) e mons. Maurizio Malvestiti, vescovi di Crema e Lodi, che non hanno voluto mancare a questo appuntamento. In particolare, mons. Malvestiti si è detto molto lieto di poter partecipare ai lavori della Settimana Liturgica «perché è nella riscoperta dell’unità attorno a Cristo che possiamo rimetterci, ogni giorno, in cammino come Chiesa».

Da Roma, invece, il saluto del direttore dell’Ufficio liturgico nazionale, don Mario Castellano, atteso a Cremona ma che, per sopraggiunti impegni, ha dovuto annullare la sua trasferta all’ombra del Torrazzo: «Auguro a tutti i partecipanti di vivere questa 71ª Settimana Liturgica Nazionale, se pur a tratti inedita, ma proprio per questo aperta alla novità del Padre che continua a radunarci ogni domenica, per farci fare esperienza dell’incontro con il Risorto che ci fa comunità nella comunione dello Spirito. Sono certo che anche l’impegno di queste giornate ci aiuteranno come Chiesa a ritrovare nell’Eucaristia celebrata comunitariamente, e ben celebrata con la nuova edizione del Messale Romano, la fonte della comunione e della sinodalità, pilastri di una Chiesa che si rinnova continuamente alla luce degli insegnamenti conciliari».

A un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, durante la quale anche i momenti celebrativi hanno dovuto prima essere sospesi, poi ripensati, la celebrazione della 71ª Settimana Liturgica Nazionale «rappresenta un passo di ripresa e di speranza, che ci permette di guardare al domani con maggior fiducia», secondo le parole di mons. Claudio Maniago, presidente del Centro Azione Liturgica.

Rispetto della tradizione, valorizzazione della comunità ecclesiale, incontro con i territori e sguardo rivolto al futuro: con questi impegni si è dunque avviato il cammino della Settimana Liturgica, con la certezza che la riscoperta del rito celebrativo può aiutare a cogliere la presenza del Signore laddove “due o tre sono riuniti nel Suo nome”.

 

Le relazioni integrali e le video-interviste sul canale youtube ufficiale

 

Il saluto del Papa alla Settimana Liturgica di Cremona: auspico nuove linee di pastorale liturgica per rimettere la Messa al centro della Fede

Il vescovo Brambilla nella prolusione: «Riuniti per celebrare il suo nome, con la bocca e con il cuore»

Ina Siviglia e la sfida di pensare la liturgia come anima della preghiera domestica

 

 


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Il vescovo Busca: «Celebrare la liturgia significa convergere nell’unità del corpo di Cristo»

«Celebrare la liturgia significa convergere nell’unità del corpo di Cristo». Con queste semplici, ma profonde parole, mons. Marco Busca – vescovo di Mantova e da poco presidente della Commissione liturgica della Conferenza episcopale italiana – ha salutato i presenti ai lavori della seconda giornata della Settimana Liturgica Nazionale, nella mattinata martedì 28 agosto nella Cattedrale di Cremona.

«Siamo nel contesto della riflessione sulla liturgia – ha proseguito mons. Busca – ovvero quella dimensione della vita di fede che ci offre la possibilità di essere la forma del Cristo che abita la storia».

Non è mancato, poi, un riferimento alla situazione attuale: «Il corpo che formiamo, la Chiesa, non è mai perfetto, anzi, è spesso piagato. Il luogo in cui ci troviamo ce lo ricorda: quello di Cremona è un popolo che è stato duramente colpito».

Il Vescovo di Mantova, però, ha comunque voluto chiudere con un messaggio di speranza, ricordando che «quello stesso popolo può diventare il corpo pasquale di Cristo attraverso l’Eucaristia, che sana ogni ferita trasformandola in occasione di resurrezione».

 

 


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Settimana Liturgica, la relazione di don Tomatis tra passato, presente e futuro: le celebrazioni liturgiche in un territorio che cambia, pluralità di stili e unità ecclesiale

Già citata da mons. Brambilla nel suo intervento di lunedì 24 agosto, l’assemblea liturgica è stata posta al centro della propria riflessione da don Paolo Tomatis, presidente dell’Associazione Professori di Liturgia.


«La Chiesa ha bisogno di confrontarsi con la contemporaneità – ha esordito Tomatis – perché innegabilmente la fede stessa è sempre contestuale. Questo non significa cedere alla tentazione di piegarsi alle mode dei tempi, bensì pensare la fede celebrata in modo non atemporale».
La vita della Chiesa, d’altra parte, non ha mai potuto prescindere dal contesto socio-culturale che si è trovata ad abitare. Allo stesso modo la liturgia si è spesso declinata in modo leggermente differente a seconda delle comunità in cui viene celebrata.

«La Scrittura ci racconta proprio questo – ha proseguito Tomatis – quando ci propone letture del Nuovo Testamento: la comunità di Corinto era diversa da quella di Efeso, parlava un linguaggio diverso, manifestava preoccupazioni e sensibilità differenti».
Quello della celebrazione liturgica, quindi – ed in particolare della partecipazione dell’assemblea ai riti celebrati – è, da sempre, uno dei temi focali su cui la Chiesa ha posto la propria attenzione. Partendo da questa considerazione, don Paolo Tomatis ha dunque proposto una rilettura degli ultimi cinquant’anni di storia della Chiesa, soffermandosi sulla recezione delle novità introdotte dal Messale di Paolo VI.

Il relatore ha messo in luce le varie attenzioni che, di decade in decade, sono state portate in primo piano all’interno della comunità ecclesiale: «Dall’accento posto sulla ministerialità, nei primi anni, si è passati ad un focus sul tema del Giorno del Signore. Nel nuovo millennio l’attenzione si è spostata su coloro che vivono un rapporto frammentato con la Chiesa e, successivamente, sulle dinamiche comunitarie, di fraternità, che la Celebrazione Eucaristica dovrebbe portare con sé».
Alla luce di questo excursus storico, Tomatis ha concluso il proprio intervento provando ad offrire qualche spunto di riflessione aperto al presente e al futuro: «Le nostre assemblee liturgiche – ha osservato – sono soggette ad un processo di invecchiamento, di restringimento e dunque di impoverimento di cui prendere atto e al quale porre rimedio».

Due sono state le provocazioni lanciate dal sacerdote torinese: da una parte la necessità di far luce sul rapporto tra assemblea eucaristica e comunità; dall’altra, il bisogno di chiarire l’ambivalenza tra pluralismo delle assemblee liturgiche e custodia dell’unità ecclesiale.
«L’importante è che in ogni singola assemblea si possano percepire queste due caratteristiche: un senso di ecclesialità, per cui ciascuno possa sentirsi davvero “a casa” nel rito celebrato; una sensibilità celebrativa, per cui il rito costituisca davvero il luogo della manifestazione del Mistero di Cristo e della Chiesa, e non il luogo del suo occultamento». La relazione di don Paolo Tomatis non ha quindi avuto la pretesa di esaurire il discorso relativo all’assemblea liturgica, ma di riportare alla luce la questione provando a problematizzarla in modo propositivo e costruttivo.

«La tendenza attuale alla concentrazione (a motivo della diminuzione dei sacerdoti presidenti oltre che dei fedeli), dopo secoli di moltiplicazione capillare delle assemblee nel tempo e nello spazio – ha quindi concluso – plaude ad una figura di assemblea capace di manifestare, nella tensione tra l’unità e la pluralità delle assemblee, la Chiesa come comunità di comunità. La varietà di attese e di sensibilità (più festosa, più intima, più sobria, più libera dall’orologio, più concentrata sulla Parola, più attenta alla varietà dei codici impegnati nel rito; più vicina a casa, più vicina alla propria spiritualità, più in sintonia con il sacerdote o la comunità celebrante) non è da condannare, ma da considerare attentamente, perché nella pluralità delle figure assembleari si cammini verso una sostanziale unità nel modo di celebrare, così che non solo i singoli individui ma pure le singole assemblee e comunità sappiano convenire in unum nell’atto di radunarsi nel nome del Signore».

Il video integrale della relazione

 

Don Paolo Tomatis, nato a Torino nel 1968, è presbitero della diocesi di Torino dal 1993. Ha conseguito la licenza e il dottorato in Sacra Liturgia al Pontificio Ateneo di Sant Anselmo in Roma, con una tesi sul rapporto tra estetica e liturgia (Accende lumen sensibus. La liturgia e i sensi del corpo, Edizioni Liturgiche Vincenziane, Roma 2010).

È docente incaricato di Liturgia e Sacramentaria fondamentale alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, sezione di Torino e all’Istituto Superiore di Scienze religiose della stessa città. Dal 2012 è docente invitato ai corsi di Licenza dell’Istituto di Liturgia pastorale di S. Giustina di Padova. Dal 2013 insegna Liturgia e spiritualità al Centro studi di spiritualità della Facoltà teologica di Milano. Nella stessa facoltà tiene, dal 2016, i corsi di Liturgia al primo ciclo per il baccellierato e al secondo ciclo per la licenza. Dal 2005 dirige l’Ufficio liturgico della diocesi e coordina la Commissione liturgica regionale del Piemonte e Valle d’Aosta.

Dal 2006 è membro della redazione della Rivista Liturgica. Dal 2007 è membro della Consulta dell’Ufficio Liturgico nazionale della CEI. Dal 2010 è membro del consiglio di presidenza dell’Associazione Professori e cultori di Liturgia (APL). Nel 2018 è stato eletto presidente della stessa Associazione.

 


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Settimana liturgica, con don Paolo Carrara una riflessione sulla liturgia a fronte dei cambiamenti di questo tempo

«Il tempo che stiamo vivendo ha messo in luce, e ha accelerato, alcuni processi di cambiamento all’interno della Chiesa». Partendo da questa premessa di fondo, don Paolo Carrara – docente di Teologia Pastorale presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – nella seconda relazione di martedì 24 agosto ha sviluppato la propria relazione nella seconda giornata della Settimana Liturgica Nazionale in svolgimento nella Cattedrale di Cremona.

Tre sono state le tematiche chiave, attorno alle quali costruire una seria riflessione, indicate dal sacerdote bergamasco: «Il rapporto tra vita sacramentale e pastorale, intesa nel suo significato più ampio; l’educazione rituale, da parte della Chiesa, che va sostenuta ed incentivata; l’attenzione al mondo digitale, che presenta innumerevoli risorse, ma per il quale è necessaria un’adeguata preparazione».

Don Carrara ha dunque riletto, a livello fenomenologico, le principali dinamiche emerse durante le varie ondate pandemiche, mettendo in luce come «la Chiesa, sottoposta a un vero e proprio stress test, abbia palesato la propria effettiva condizione: una sorta di sfilacciamento che inerisce ai rapporti tra Chiesa e famiglie, giovani e presbiteri».

Prendendo spunto dalle difficoltà intra ed extra ecclesiali emerse negli ultimi mesi, il relatore ha poi fornito un’istantanea della realtà ecclesiale, realtà in cui «la comunità cristiana fatica a riconoscersi e, di conseguenza, a farsi vedere».

Tuttavia, secondo don Carrara, il periodo di crisi contemporaneo può essere sfruttato per «tentare di recuperare valide alleanze soprattutto con quelle fasce sociali rispetto a cui il processo di sfilacciamento si mostra in tutta la sua forza: famiglie e giovani». In questo senso il sacerdote bergamasco ha richiamato proprio l’importanza delle relazioni come «linfa vitale della vita liturgica e pastorale della Chiesa».

Non tutto di quanto è stato vissuto, dunque, rappresenta un mero problema, «anzi può essere letto come stimolo per proseguire quel cammino di riforma che ormai è avviato già da alcuni anni». A conferma di ciò, secondo la lettura di don Carrara, «è la centralità che il discorso attorno all’Eucaristia ha sempre avuto, insieme alla riscoperta di alcune dinamiche tipiche della vita di fede cristiana: il sacramento della penitenza, l’adorazione Eucaristica e le forme di pietà popolare». Da non mettere in secondo piano, poi, è il discorso relativo all’utilizzo dei media, «che spesso hanno svolto la funzione di vero e proprio collante tra i membri della comunità cristiana, permettendo a molti di partecipare in prima persona alla vita della Chiesa».

Concludendo il proprio intervento, don Carrara ha individuato quattro obiettivi verso cui mettersi in cammino. In primo luogo ha sottolineato la necessità di «una liturgia, una ritualità capace di intercettare effettivamente la vita concreta delle persone, che sarebbero così aiutate ad identificarsi come comunità che si riunisce». Conseguentemente è stato rilevato il bisogno di acquisire una consapevolezza di fondo: «I singoli cristiani, spesso, faticano a mantenersi autonomamente in un cammino di fede maturo». Da queste considerazione emerge poi l’esigenza di una «azione volta all’integrazione dei vari campi della pastorale, con la liturgia che non si pone come dinamica sostitutiva di qualsiasi altra iniziativa, bensì come fonte della vita di fede di ciascuno». Infine è stata messa in luce la necessità di una maggior «unificazione e riconciliazione a livello ecclesiale. La comunità cristiana non ha bisogno di presbitéri lacerati, ma di pastori capaci di guidare, insieme, il gregge».

Clicca qui per il video integrale della relazione

 

Don Paolo Carrara, presbitero della diocesi di Bergamo dal 2010, ha conseguito il dottorato in Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale con una tesi in cotutelle con la Faculté de Théologie et de Sciences religieuses dell’Università Laval in Québec. Insegna Teologia pastorale presso la Scuola di Teologia del Seminario di Bergamo, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bergamo e il Ciclo di specializzazione della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. È collaboratore pastorale presso la parrocchia di Casazza, in diocesi di Bergamo.  Ha all’attivo diverse pubblicazioni di teologia e prassi pastorale, tra le quali: La fede cristiana alla prova dei giovani (Quodlibet 36), Glossa, Milano 2018; Forma ecclesiae. Per un cattolicesimo di popolo oggi: “per tutti” anche se non “di tutti” (Quodlibet 34), Glossa, Milano 2017.

 

 


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Le Lodi del 24 agosto con mons. Gianotti vescovo di Crema

«Una grande e bella sfida per le nostre celebrazioni è farle abitare e trasfigurare da questa tensione tra la presenza e l’attesa» così monsignor Daniele Gianotti, vescovo di Crema e delegato della Conferenza episcopale lombarda per la Liturgia e la Catechesi nella sua omelia durante la preghiera delle lodi di martedì 24 agosto ad apertura della seconda giornata della 71ª Settimana Liturgica Nazionale di Cremona.

Nella sua riflessione mons. Gianotti ha voluto soffermarsi sul tema della tradizione liturgica: «Guardando bene dentro la ricca tradizione della liturgia, tradizione che come ci è stato ricordato ieri è molto più grande di quanto noi tutti possiamo pensare, potremmo ritrovare tante cose: il ritmo del cammino e la sosta contemplativa, il senso di appartenenza a una patria e l’attenzione vigile di chi è ancora in via, la varietà multiforme e l’unità ben compaginata».

Mons. Gianotti ha proseguito: «Per raccogliere e mettere in atto tutta questa ricchezza liturgica che viene dalla tradizione della Chiesa, abbiamo bisogno senza dubbio di applicazione e impegno, orientati da una grande sensibilità spirituale e operativa: è per questo, anche, che siamo qui, in questi giorni».

 


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Il vescovo Brambilla nella prolusione: «Riuniti per celebrare il suo nome, con la bocca e con il cuore»

«Questo riconoscimento della signoria di Gesù ha il suo luogo proprio nel culto e nella preghiera: nella celebrazione s’invoca il nome del Signore e nella preghiera ci si rivolge al Padre nel nome del Figlio suo: il Figlio ci invita a chiedere tutto al Padre nel suo Nome», così monsignor Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, ha aperto la riflessione nella prolusione della 71ª Settimana Liturgica Nazionale nella Cattedrale di Cremona, ad apertura del momento congressuale.

In mezzo ai veloci cambiamenti odierni, come mantenere vivo il cuore dell’esperienza cristiana di chi nel giorno del Signore incontra il Risorto e nel suo nome si riunisce come sua assemblea? Come uscire dalla sola risposta a generici bisogni del sacro e annunciare la gratuità della chiamata all’adesione alla fede, radice della fraternità ecclesiale? Questi i due interrogativi intorno ai quali si è sviluppata la riflessione di mons. Brambilla: «Il riferimento cristologico-pasquale è il dato di fede ineliminabile che deve ispirare anche le nuove “strategie” di pastorale dell’assemblea, della domenica e dell’eucaristia».

Il vescovo di Novara ha poi proseguito riflettendo sul tema Riuniti per celebrare “nel suo nome”: la confessione e il rendimento di grazie. «L’agire di Dio ha (super)esaltato Gesù crocifisso, contrastando l’agire degli uomini; il Risorto è gratificato di un Nome con cui partecipa alla gloria divina; questo comporta una duplice reazione: il riconoscimento universale e la confessione pasquale». Il vescovo ha poi proseguito la prima parte della sua relazione: «Celebrare riuniti “nel suo nome” significa riconoscere la centralità della Pasqua: nascono a questo proposito due possibili distorsioni che potremmo denominare la spettacolarizzazione o la sacralizzazione del celebrare».

«Tre cose sono irrinunciabili: la prima riguarda la bellezza, che non deve essere estetizzante; la seconda riguarda la ministerialità che non deve diventare pretesa della presenza di tutti; la terza riguarda le forme espressive, che non devono essere spettacolari e rumorose oppure barocche e trionfalistiche» – ha riflettuto riguardo il rischio di spettacolarizzare la liturgia.

Non meno presente quello della sacralizzazione della celebrazione: «Un celebrante che fosse anche un perfetto esecutore delle rubriche – ha spiegato il vescovo di Novara – potrebbe aver perso il senso del mistero di Dio e della partecipazione della gente; un altro celebrante potrebbe svincolarsi completamente da esse per sentirsi spontaneo, allontanandosi ugualmente dal senso del dono di Dio e dall’attenzione orante dell’assemblea. In ogni caso, è decisivo che il prete e la comunità partecipino nella comunione più profonda alla ritualità della propria chiesa. Ogni ferita al rito è una lacerazione inferta alla Chiesa»

Riuniti per celebrare “il suo nome”: con la bocca e il cuore è stato il fulcro della seconda parte della riflessione del vescovo Brambilla: «La duplice formula di confessione-acclamazione, nominale e verbale, è significativamente riferita a due organi dell’uomo, la bocca e il cuore, che hanno un densissimo significato antropologico, che sarebbe vano spartire solo tra esterno e interno dell’uomo». Proseguendo poi: «L’acclamazione fatta con la bocca apre la porta del cuore; e la confessione che parte dal cuore affiora sulle labbra del culto rituale perché attui la verità del culto spirituale: con la bocca si acclama nella celebrazione liturgica che “Gesù è Signore”».

Mons. Brambilla ha quindi concluso con un riferimento al Credo: “Credo in Dio”: «Questo bel “in”, con cui l’io esce da sé per andare verso Dio. “Riuniti per celebrare nel suo nome è la sorpresa finale di questa mattina: l’io personale e persino l’io della comunità, di questa comunità, esce da se stesso e va verso Dio perché incontrandolo la possa inviare nel mondo».

Il video completo dell’intervento

 

Mons. Franco Giulio Brambilla è stato ordinato sacerdote nel 1975. Ha insegnato Sacra Scrittura, Teologia spirituale e Antropologia teologica nel seminario di Seveso fino al 1985. Nella sezione parallela del seminario di Venegono Inferiore. Ha insegnato Cristologia e Antropologia teologica. È stato vicedirettore della stessa sezione del seminario dal 1986 al 1993 e poi direttore dal 1993 al 2003. In seguito è diventato direttore del Ciclo istituzionale della Facoltà Teologica fino al 2006. È stato professore ordinario di Cristologia e Antropologia teologica alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e preside della stessa facoltà dal 2006 al 2012. II 13 luglio 2007 Papa Benedetto XVI lo ha nominato vescovo ausiliare di Milano e vescovo titolare di Tullia. È stato ordinato vescovo nella Cattedrale di Milano dall’arcivescovo di Milano card. Dionigi Tettamanzi, il 23 settembre 2007, che lo ha scelto come vicario episcopale per la cultura. Il 24 novembre 2011 è stato nominato vescovo di Novara, succedendo al card. Renato Corti. Ha fatto l’ingresso in diocesi il 5 febbraio 2012. È stato membro della Commissione episcopale per la Dottrina della fede e la Catechesi della CEI fino al 2015 e presidente del Comitato per gli Studi superiori di teologia e Scienze religiose fino al 2014. Dal 2015 al 2021 è stato eletto vicepresidente della CEI per il Nord Italia e nominato tra i membri del Sinodo ordinario sulla famiglia dell’ottobre 2015.

L’intervista realizzata da Vatican News

 


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Il saluto del Papa alla Settimana Liturgica di Cremona: auspico nuove linee di pastorale liturgica per rimettere la Messa al centro della Fede

Si è aperta nella mattinata di lunedì 23 agosto la 71esima Settimana Liturgica Nazionale, ospitata quest’anno – dopo il rinvio del 2020 – dalla Diocesi di Cremona, che ha organizzato i quattro giorni di convegno in collaborazione con il Centro di Azione Liturgica (CAL).

Ed è stato proprio il presidente del CAL, monsignor Claudio Maniago ad aprire la Settimana con la preghiera delle Lodi Mattutine, e a dare lettura, durante i saluti che sono seguiti, del messaggio che la Segreteria di Stato Vaticana, a firma del cardinale Pietro Parolin, ha indirizzato allo stesso vescovo Maniago e – attraverso la sua voce – a tutti i partecipanti all’incontro nella Cattedrale di Cremona. 

Il video integrale delle Lodi

Nel testo, il cardinale Parolin riferisce il pensiero di Papa Francesco che ha voluto far sentire la sua vicinanza e portare il proprio augurio. In particolare, ricordando il digiuno liturgico, triste esperienza del lockdown dello scorso anno e le diverse problematiche da essa fatte emergere, papa Francesco si auspica che la Settimana Liturgica Nazionale possa essere un’occasione utile: «Si possano individuare nuove linee di pastorale liturgica per le parrocchie al fine di far fronte a quella marginalità verso la quale sembrano inesorabilmente precipitare la domenica, l’assemblea eucaristica, i ministeri, il rito».

Nel testo il Papa si dice grato a Dio per il fatto che la Settimana possa finalmente svolgersi dopo il triste momento dello scorso anno, quando era stata rimandata a causa della pandemia. Un rimando utile, tuttavia, a trovare nuovi spunti per il tema scelto – Dove sono due o tre riuniti nel mio nome. Comunità, liturgie e territori (Mt 18,20) – e anche per: «approfondire aspetti e situazioni del celebrare, così messi a dura prova dal sopraggiungere della diffusione del Covid-19 e delle necessarie limitazioni per contenerla».

Il pensiero del Papa va anche alla situazione vissuta lo scorso anno: «La sospensione delle funzioni religiose durante lo scorso anno, seppur sia stata una triste esperienza, ha fatto risaltare la bontà del cammino compiuto a partire dal Concilio Vaticano II, sulla via tracciata dalla Sacrosanctum Concilium. Il tempo di privazione ha consentito infatti di avvertire l’importanza della divina liturgia per la vita dei cristiani».

«Il settimanale radunarsi nel nome del Signore, che sin dalle origini è stato avvertito dai cristiani come una realtà irrinunciabile e indissolubilmente legata alla propria identità, è stato duramente intaccato durante la fase più acuta del propagarsi della pandemia» evidenzia papa Francesco.

«Ma l’amore per il Signore e la creatività pastorale hanno spinto pastori e fedeli laici a esperire altre vie per nutrire la comunione di fede e di amore con il Signore e con i fratelli, nell’attesa di poter ritornare alla pienezza della celebrazione eucaristica in tranquillità e sicurezza» ha poi proseguito il Pontefice nella sua riflessione. «È stata un’attesa dura e sofferta – afferma il Papa – illuminata dal mistero della Croce del Signore e feconda di tante opere di cura, di amore fraterno e di servizio alle persone che più hanno sofferto le conseguenze dell’emergenza sanitaria».

È per questo che il Pontefice auspica che la Settimana Liturgica Nazionale, con le sue proposte di riflessione e i momenti di celebrazione, in presenza e online: «Possa individuare e suggerire alcune linee di pastorale liturgica da proporre alle parrocchie». In questa direzione, conclude il Papa nel suo intervento, prima di impartire la benedizione apostolica a quanti parteciperanno in presenza e online all’evento: «Fa ben sperare la recente pubblicazione della terza edizione del Messale Romano e la volontà dei vescovi italiani di accompagnarla con una robusta ripresa della formazione liturgica del popolo santo di Dio».

In Cattedrale anche monsignor Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, ha voluto rivolgere il suo saluto ai presenti giunti in città per l’occasione e a quanti hanno seguito già dalla prima giornata la diretta proposta in collegamento online tramite il canale Youtube dedicato e il sito della diocesi di Cremona: «Questa Cattedrale – ha esordito – vi ha già dato il benvenuto prima di ogni parola umana». Mons. Napolioni ha quindi proseguito richiamando l’attualità del tema-guida, “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome: comunità liturgie e territori”: «Cambiamenti epocali stanno incidendo drasticamente su come vivere il tempo e lo spazio, coordinate essenziali cui nemmeno il Figlio dell’eterno di è sottratto. E la Chiesa si interroga, cerca nuove strade, sperimenta forme di vita e di azione in parte inedite, cercando di essere così vitalmente fedele al mandato e al dono del suo Signore»

«Rifletteremo sui nuovi contesti sui tanti volti delle nostre comunità, sulle differenze generazionali, sul futuro delle assemblee cristiane», ha proseguito il vescovo di Cremona che ha citato don Primo Mazzolari: «Rifletteremo con lo spirito che don Mazzolari testimoniava al clero di Savona nel 1941: “Io ho bisogno di una famiglia: il Signore ce ne ha dato una a ciascuno di noi, la nostra parrocchia. La domenica la voglio tutta presente nel mio povero cuore all’Altare: voglio che lei sappia che questa è la sua Messa, la Messa del popolo, la Messa dell’unità del mio popolo, presente e assente, vicini o lontani, perduti e ritrovati”».

Anche Luca Burgazzi, assessore ai Sistemi culturali, giovani, politiche della legalità del Comune di Cremona, a nome dell’amministrazione cittadina si è augurato che questo evento possa essere utile anche alla città: «Mi auguro che questi giorni siano occasione anche per la comunità civile per riflettere sul tema della comunità e dell’incontro poiché la necessità di riflettere sull’idea di incontro tra le persone più che mai diventa importante per affrontare le sfide del futuro. Grazie per aver scelto la città e diocesi per questo evento e speriamo di ritrovarci anche nei prossimi giorni per le strade della città».

La mattina era iniziata nella Cattedrale di Cremona con il momento celebrativo della preghiera delle Lodi e con la riflessione del vescovo Maniago che ha voluto esprimere la sua emozione nel poter aprire la Settimana Liturgica Nazionale: «È giusto che il primo atto del nostro convenire sia un sincero rendimento di grazie a Dio per il suo amore che sempre rende nuove tutte le cose aprendo orizzonti di speranza anche quando tutto sembra fitta tenebra: sento che quello che stiamo vivendo sia un momento particolarmente significativo dopo la sosta forzata per la pandemia che non ha permesso lo svolgersi nell’anno passato. Ora il Centro di Azione Liturgica può riprendere il suo cammino con lo spirito di servizio alla Chiesa che è in Italia».

Il presidente del Cal ha poi proseguito nella sua riflessione riprendendo il tema del convegno: «Il tema scelto per la Settimana Liturgica di Cremona risulta essere straordinariamente significativo perché le nostre comunità, proprio affrontando questo tempo di prova in cui hanno patito la triste esperienza del digiuno liturgico si sono forzatamente dovute interrogare sull’importanza del convenire domenicale nel nome del Signore, oggettivamente già molto attenuata prima della pandemia».

Il video integrale dell’avvio del convegno

 


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