1

Don Codazzi agli operatori della carità della Zona 1: «Dobbiamo essere segni di speranza, a partire dalle nostre comunità»

Un momento di confronto, di formazione e di programmazione riservato agli operatori e ai volontari che sono a contatto con povertà, sofferenze e malattie per progettare insieme l’animazione della carità nelle unità pastorali e nelle parrocchie della zona pastorale 1. Si è svolto nella mattinata di sabato 16 novembre all’oratorio di Mozzanica, su iniziativa della Caritas diocesana, in occasione della Settimana della carità e alla vigilia della terza Giornata mondiale dei poveri.

“La speranza dei poveri non sarà mai delusa”: questo il tema-guida dell’incontro condotto dal direttore di Caritas Cremonese don Pierluigi Codazzi con l’ausilio dell’operatore del Centro d’ascolto Alessio Antonioli  e alla presenza del vicario zonale don Marco Leggio, parroco di Antegnate. Fra i presenti anche don Mario Martinengo, parroco di Agnadello.

La prima riflessione è stata tratta dal salmo 9: «Dio non abbandona nessuno – ha detto don Codazzi –, ma trovare il modo per non abbandonare nessuno è compito nostro. Compito nostro è anche rigenerare la speranza nelle nostre comunità. Noi dobbiamo essere segni di speranza per le persone che incontriamo, ma anche per la comunità intera». Il termine comunità ha fatto spesso capolino nella discussione, perché «prendersi cura del fratello ultimo e povero significa anche prendersi cura delle nostra comunità».

«Ci chiediamo – ha proseguito il direttore della Caritas dando un altro spunto di riflessione – chi siano i poveri all’interno della nostra comunità?». Le risposte sono state molteplici. Le povertà non sono solo quelle di anziani e malati, ma anche di chi è soggetto a dipendenze (quelle generate da sostanze, ma anche dal gioco, ad esempio), degli individualisti. Poi vi sono le povertà di relazione e di formazione. Tutte problematiche complesse, di fronte alle quali il volontario, l’operatore e la Caritas sono chiamati a chiedersi, come ha fatto notare Alessio Antonioli, di che cosa abbiano davvero bisogno i poveri oggi. Compito non semplice da affrontare, perché a volte il loro grido di povertà è silenzioso e per ascoltarlo, come ha detto don Pier, «occorre dotarsi di antenne particolari».

Diversi gli interventi dei presenti, anche piuttosto schietti. Come quello di un volontario che ha invocato una presenza più assidua dei sacerdoti accanto ai laici per un supporto formativo. Ma al riguardo don Martinengo ha ribadito come i laici siano perfettamente in grado di assumersi responsabilità.

Da ultimo, ampio spazio è stato dedicato alla fase organizzativa del lavoro di quest’anno.




Comunità insieme per incontrare ogni tipo di povertà

Nella mattinata di domenica 17 novembre, presso l’oratorio di Castelleone, si è tenuta la Giornata della carità, incontro conclusivo della serie di incontri, che la Caritas diocesana ha organizzato nelle diverse zone della diocesi in occasione della Settimana della carità, incontri ai quali erano invitati in particolare gli operatori parrocchiali e i volontari a contatto con le diverse fragilità presenti nelle parrocchie

Ha condotto l’incontro don Pier Codazzi, nuovo responsabile diocesano della Caritas, e Fabiana Ferrari, referente Caritas della zona pastorale II, presenteanche il vicario zonale, don Giambattista Piacentini.
Dopo la preghiera del Salmo 9, commentato da don Pier, Fabiana Ferrari ha introdotto il tema dell’incontro partendo proprio da un versetto del salmo 9: “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”, che papa Francesco ha messo al centro del suo messaggio per l’odierna Giornata mondiale dei poveri. Così gli operatori e i volontari sono stati sollecitati a interrogarsi su quale sia il reale bisogno dei poveri, se i poveri gridano ancora? Cosa gridano? Gridano sempre la loro condizione di povertà?

Ne è uscito un ventaglio di tipologie di carità molto ampio e in un certo senso sorprendente, in quanto si va oltre alla povertà economica e materiale, che resta sempre importante, ma si evidenziano altre fragilità. Ecco quindi emergere la solitudine delle persone, il desiderio di essere anche solo ascoltate e accolte. Preoccupa la fragilità delle famiglie lasciate sole con figli coinvolti in problemi di dipendenza da sostanze, da alcol e dal gioco. Esistono i malati psichici, gli anziani soli, quelli che hanno perso il lavoro e nello stesso tempo la dignità. Emerge con sempre più forza il bisogno forte di spirituali e la ricerca di Dio, domande che non sempre trovano risposte anche per la povertà delle Comunità
Ogni parrocchia della zona, pur avendo molti aspetti in comune con le altre, rivela attenzione per una fragilità diversa, dovuta alle varie sensibilità che animano le Caritas parrocchiali.
I luoghi dovei gruppi Caritas incontrano le persone vedono come luogo privilegiato i centri di ascolto, ma non è l’unica modalità. Proprio per venire incontro alle diverse esigenze delle parrocchie la Caritas diocesana propone per la fine di gennaio e l’inizio di febbraio tre incontri formativi poiché “la Chiesa scopre di essere un popolo che ha la vocazione di non far sentire nessuno straniero o “escluso” che si articolerà su tre tematiche: prendersi cura del fratello,  prendersi cura della comunità, prendersi cura del creato.

Gli incontri si terranno in ogni zona, ma saranno modellati sulle esigenze specifiche di ogni territorio.

Alle 11, nella chiesa parrocchiale di Castelleone è stata celebrata la S. Messa diocesana per la terza “Giornata Mondiale dei Poveri” concelebrata da don Giampaolo Maccagni, Vicario episcopale per il clero e il coordinamento pastorale in rappresentanza del vescovo, don Pier Codazzi e don Giambattista Piacentini.




«Non ci si può dire cristiani se non si considera come nostro compito vivere la carità»

Una comunità si interroga sul ruolo della carità nella vita del cristiano. E lo fa a partire da Bozzolo dove, nella serata di lunedì 11 novembre, gli operatori della carità della Zona pastorale 5 hanno incontrato don Pierluigi Codazzi e Marco Ruggeri, rispettivamente direttore e operatore della Caritas diocesana. Scopo della serata, il cui titolo “La speranza dei poveri non sarà mai delusa” richiama il messaggio di papa Francesco scritto in occasione della III Giornata mondiale dei poveri che si celebrerà il prossimo 17 novembre, è stato quello di confrontarsi con le varie comunità presenti sul territorio per coglierne le ricchezze e raccogliere le criticità.

Presenti, oltre a don Davide Barili (vicario zonale della Zona 5) e don Maurizio Lucini (responsabile dell’area pastorale “Nel mondo con lo stile del servizio”), una folta rappresentanza di laici impegnati in azioni di carità per le comunità di San Martino, Bozzolo, Vicomoscano, Rivarolo del Re, San Martino dell’Argine, Rivarolo Mantovano, San Matteo delle Chiaviche, Calvatone,  Casalbellotto, Viadana e Casalmaggiore.

In un dialogo franco e reciproco con i relatori, i volontari hanno descritto i servizi offerti in questi ultimi anni a chi vive nel fabbisogno per le più svariate ragioni esistenziali. E hanno immaginato insieme quanto implementare per estendere il livello di attenzione alle nuove forme di povertà attualmente presenti nel territorio: famiglie separate, giovani privi di lavoro e prospettive, anziani soli, malati, migranti, donne vittime di violenza domestica. Questi solo alcuni degli ambiti a cui un cristiano che voglia vivere fino in fondo il suo essere di Cristo dovrebbe andare incontro.

«La carità fa parte dell’essere cristiano – ha dichiarato don Davide Barili, referente per la zona 5 -. Non ci si può dire cristiani se non si considera come nostro compito vivere la carità».

Non il bisogno al centro dello sguardo della comunità, dunque, ma la persona. La centralità dell’essere umano alla guida di ogni scelta cristiana, perché si evitino inutili quanto pericolose categorizzazioni, classificazioni, inquadramenti. Tornare al fulcro del messaggio di vita cristiano che è la relazione, attraverso la quale cogliere poi anche, ma solo in un secondo tempo, la necessità dell’altro su cui intervenire. Vivere in un rapporto di orizzontalità la propria intimità con Cristo. Solo passando dall’uomo si scopre il Dio incarnato dei cristiani. Riecheggiano così le parole di don Primo Mazzolari, che lo stesso pontefice ha citato nel suo messaggio preparatorio: «Il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie». Così come quelle del Salmo 9, la cui lettura ha aperto l’incontro: «Il Signore non dimentica il grido dei poveri» (Sal 9,13).

«Occorre avere il coraggio che avevano i profeti – sollecita don Codazzi – che alzavano la voce per gridare l’ingiustizia, spesso alla base della povertà. Ma Dio è giudice giusto».

Tante le sollecitazioni arrivate dagli operatori presenti. Tante le riflessioni a partire da esperienze personali vissute nel contesto ecclesiale. Ma anche la richiesta di venire messi nelle condizioni di operare al meglio in un contesto sociale sempre più complesso e delicato. Immancabile una promessa da parte di don Codazzi: presto partirà una formazione diocesana (31 gennaio, 7 e 14 febbraio 2020) finalizzata ad analizzare il tema della cura dell’altro, dal fratello, alla comunità, fino al creato, nell’ottica dell’ecologia integrale con cui è stata pensata l’enciclica Laudato si’. Tutti gli operatori saranno invitati a partecipare e a far propria una visione di cristianità che permetta a tutti i poveri della terra di sentirsi inclusi in un panorama di speranza e di fraternità operosa.




Una rete di carità tra lungo le strade della diocesi

Una carità che da e per tutti. E’ questo il senso dell’incontro tenutosi nella mattinata di domenica 10 novembre presso l’oratorio di Sospiro, nell’ambito della Settimana Diocesana della Carità promossa dalla Caritas cremonese. Sono intervenuti don Pierluigi Codazzi – nuovo direttore di Caritas -, il responsabile dell’area pastorale “Nel mondo con lo stile del servizio” don Maurizio Lucini e il diacono Marco Ruggeri.

È stata un’occasione di confronto aperto, di dialogo e di testimonianza con molti parrocchiani e operatori della carità della zona pastorale IV, presenti per discutere delle sfide “del fare del bene” oggi.

Ci troviamo infatti in un contesto sempre mutevole e dove “fare rete” diventa più che mai necessario per vincere i grandi mali che affliggono l’uomo contemporaneo: la solitudine e la povertà in primis.

Filo conduttore è stato un brano tratto dal Salmo 9: “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”. Le parole del Salmo – riprese da Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata mondiale dei poveri (che si celebra domenica 17 novembre)  – manifestano del resto una incredibile attualità. Esprimono una verità profonda che la fede riesce a imprimere soprattutto nel cuore dei più poveri: è possibile ed è necessario restituire la speranza perduta dinanzi alle ingiustizie, alle sofferenze e precarietà della vita. L’impegno di tutti – e l’impegno di Caritas va in questa direzione – sarà dunque quello di lavorare sempre più a stretto contatto con le numerose realtà caritative (associazioni, gruppi, movimenti) presenti sul territorio cremonese al fine di creare un’educazione alla carità che sia condivisa e che possa allargarsi, per poter rispondere in maniera convincente ed esaustiva alle emergenze quotidiane.

Ci sono molti casi di indigenza, malattia, solitudine ma anche la delicata situazione dei migranti o di madri rimaste sole in giovane età a cui far fronte. Uniti, perché – come diceva don Primo Mazzolari – “la carità è la poesia del Cielo portata sulla terra”.

 

 




Parrocchie della città: una rete di relazioni per una efficace azione di carità

“Cari Fratelli e Sorelle, vi esorto a cercare in ogni povero che incontrate ciò di cui ha veramente bisogno”: con questa provocazione di Papa Francesco si apre l’incontro dedicato alla Settimana della Carità 2019 della zona pastorale 3, presso la parrocchia Immacolata Concezione (Maristella), proposto e guidato da Don Pierluigi Codazzi, nuovo direttore della Caritas diocesana, ed Alessio Antonioli, operatore della Caritas da quasi 20 anni ed impegnato su più fronti nel campo delle politiche sociali.

Educatori, volontari ed operatori provenienti dalle parrocchie della città si sono ritrovati per raccontare le proprie esperienze di carità, dimostrando un’attenzione verso le povertà sul territorio.
Passaggio doveroso è il riconoscimento del “povero”, non solo da un punto di vista puramente economico: è povero anche la vittima di ingiustizie ed abusi, la persona sola, il dipendente da gioco o sostanze, l’anziano, un paziente affetto da patologie psichiatriche, un disoccupato, un migrante.

Nel dialogo è stato sottolineato come numerose iniziative, presenti sul territorio cittadino, si rivolgano capillarmente a tutte queste forme di povertà, attraverso centri di ascolto, San Vincenzo e Caritas, unitamente all’associazionismo in tutte le sue forme, con un’attenzione specifica alla persona che chiede aiuto.

Emerge, inoltre, il desiderio di implementare e potenziare il sistema tessendo reti complesse, prodotto della sinergia di più forze, quali parrocchie, associazioni e specifiche figure istituzionali e professionali (psicologi, educatori, assistenti sociali), per meglio intercettare e rispondere alle esigenze dei poveri.

Le parole chiave di questo ambizioso progetto sono quindi relazione ed ascolto, prerequisiti e motore di un sistema di carità efficace, intriso di quell’empatia e spiritualità troppo spesso trascurate.

Occorre insomma ripensare alla carità, sia come valore sia come progetti da concretizzare: per questo gli operatori e i volontari della zona 3 avranno alcune occasioni di riflessione (31 gennaio, 7 febbraio e 14 febbraii 2020) per ragionare insieme circa nuove modalità di “prendersi cura”.
Intanto nei prossimi giorni
, continueranno gli incontri nelle altre zone pastorali per condividere le esperienze di carità diffuse su tutto il territorio diocesano al di fuori della città, segno di comunità sempre più vive e inclusive.




La Settimana della carità si fa rete sul territorio

Per la Settimana della carità è proposta una serie di incontri nelle cinque zone pastorali rivolta a operatori e volontari del settore caritativo. Tra gli obiettivi c’è quello di far conoscere meglio le voci del territorio al nuovo incaricato diocesano, don Pierluigi Codazzi, e proseguire nel lavoro di tessitura delle reti di solidarietà nelle comunità parrocchiali.

A tale proposito giova ricordare quanto emerso anche per la diocesi di Cremona nel rapporto “La comunità di cura nella metamorfosi del sociale”, promosso dalla Delegazione Caritas lombarda con il consorzio Aaster. Nel dossier, attraverso interviste a operatori e volontari dei centri d’ascolto, si riflette sulle modalità con cui le Caritas, a partire dall’incontro con i poveri, riescono ancora a incidere sulla vita delle comunità cristiane.

La lettura delle dinamiche macro-economiche del territorio cremonese presenta molte affinità con gli altri territori della bassa padana.

Lavoro (come fragilità strutturale di individui e nuclei familiari) e solitudine (come risultato della frammentazione sociale) sono indicati nel dossier come le principali problematiche con cui i centri d’ascolto territoriali si trovano ad avere a che fare nel loro rapporto con l’utenza.

La dinamica più preoccupante sottolineata dal focus group cremonese è che sia la povertà economica (fragilità) che quella relazionale (solitudine) non vengono risolte nemmeno quando si riesce a inserire l’individuo in un percorso lavorativo più o meno stabile.

Ragionando di questi temi è emersa una forte consapevolezza del corpo volontari cremonesi di come a volte sia proprio la carità che scade in assistenzialismo (seppur fatto in buona volontà) a creare e ricreare le situazioni di povertà negli individui e nelle famiglie. Ed è proprio per non diventare dei meri distributori di pacchi che i centri di ascolto del cremonese già da qualche tempo hanno iniziato un percorso che mette al centro del discorso la pedagogia, ovvero, l’insegnamento di una serie di strumenti cognitivi e materiali affinché le persone non ricadano in situazioni di fragilità.

Fra gli strumenti che emergono per realizzare questi obiettivi si trova la prossimità delle persone come concetto cardine. Una prossimità fisica che aiuti reciprocamente le persone a trovare un proprio percorso di autonomia anche attraverso il mutuo appoggio. Ma anche, e soprattutto, una prossimità relazionale che permetta d’inserire gli individui marginali in una rete da cui possano attingere risorse utili per il proprio percorso.

Dai centri di ascolto del Cremonese arriva una richiesta esplicita per un lavoro di inchiesta e ricognizione territoriale che dovrebbe svolgere la Caritas diocesana in quanto soggetto responsabile della detenzione della rete di relazioni e contatti da poter poi trasferire ai vari centri d’ascolto, che a loro volta la trasferiranno all’utenza. Un simile servizio va supportato con opportune reti, lunghe e corte, che sappiano informarlo delle dinamiche presenti nei territori di riferimento e supportarlo in tutte le iniziative che si vorranno intraprendere.

Incontri zonali

Nel mese di novembre, durante la Settimana della carità, si svolgono quest’anno gli incontri con gli operatori della carità, organizzati a livello zonale secondo il seguente calendario:

  • sabato 9 (ore 9.30-11.30) all’oratorio Maristella di Cremona per la Zona 3

locandina Zona 3

  • domenica 10 (ore 9-11) a Sospiro per la zona 4

locandina Zona 4

  • lunedì 11 (ore 20.45-22.30) a Bozzolo per la zona 5

locandina Zona 5

  • sabato 16 (ore 9.30-11.30) a Mozzanica per la Zona 1

locandina Zona 1

  • domenica 17 (ore 9-11) a Castelleone per la zona 2

locandina Zona 2

 

S. Omobono

Nell’ambito della festa patronale di sant’Omobono, il padre dei poveri, la Diocesi di Cremona vive la tradizionale Settimana della carità

Giornata dei poveri

Domenica 17 novembre 2019 la Settimana della carità si chiude nell’occasione della Giornata mondiale dei poveri, voluta da papa Francesco




Caritas: «Tessiamo reti di solidarietà nelle comunità cristiane»

Raccontare che cosa sia la Caritas non è cosa semplice, perché la carità ha mille sfaccettature e mille volti. A Cremona, oggi, il volto più rappresentativo è quello di don Pierluigi Codazzi, nominato direttore della Caritas diocesana da poche settimane e che succede a don Antonio Pezzetti. «Per capire il mio compito qui, forse è bene fare un passo indietro. Io sono stato nominato direttore dal vescovo di Cremona, che è presidente di Caritas Cremonese.

Contestualmente due realtà laiche emanazione di Caritas – Servizi per l’accoglienza e Carità e lavoro – mi hanno scelto come presidente». Il sacerdote si è trovato quindi responsabile di tante «opere segno» di Caritas che a Cremona sono cresciute nel tempo: Casa di Nostra Signora, Fattoria della carità, Comunità Lidia, Casa Giovanni Paolo II, Comunità San Francesco, Casa della speranza e Casa dell’accoglienza. Tutte realtà attive sul territorio e in prima linea su diversi fronti: dall’accoglienza dei migranti al disagio minorile, dalle tossicodipendenze alla cura dei malati di Aids.

«Io sto capendo che il mio compito qui – ci dice don Codazzi – è quello di accompagnare la comunità nell’educazione alla carità cristiana, ai diversi tipi di carità di cui c’è bisogno. Ho scelto di immedesimarmi fino in fondo in questa realtà e per questo sono andato a vivere nella Casa dell’accoglienza, come aveva già fatto don Antonio Pezzetti. Non per un obbligo, ma perché percepisco l’importanza della condivisione del bisogno. Dico questo per sottolineare che sto iniziando una strada nel solco di quanto è già stato fatto da chi è venuto prima di me. Vivendo con i migranti mi sto accorgendo, però, che non devo cedere alla tentazione dell’assistenzialismo. È giusto tentare di soddisfare i bisogni primari di chi è in difficoltà (cibo e abiti sono in cima alla lista), ma è ancora più importante aiutarli a raggiungere un’indipendenza che renda veramente liberi. E poi, più di tutto, credo sia importante l’ascolto. Questo vale in tutti gli ambiti in cui Caritas è impegnata. Ci siamo resi conto di quante siano purtroppo le solitudini che si vivono oggi sul nostro territorio: dagli anziani alle ragazze madri, passando per i malati e i più poveri».

E prosegue: «Per questo, ripeto, l’educazione alla carità è una cosa che deve coinvolgere tutti, perché è un servizio per tutti. Per i migranti, ma anche per le tantissime persone in difficoltà che incontriamo quotidianamente sulla nostra strada. Ho chiesto al centro di ascolto di tenere i rapporti con tutte le zone pastorali, con le Caritas locali, la San Vincenzo e tutte le realtà presenti sul territorio. E voglio incontrare tutti, dialogare con tutti. Nessuno deve sentirsi escluso o esentato dall’esercizio della carità». Con questo sguardo si è deciso di caratterizzare quest’anno la consueta «Settimana della Carità»: un’occasione unica di proseguire nel lavoro di tessitura delle reti di solidarietà nelle comunità parrocchiali.

Sul solco di quanto già raccontato da don Pierluigi, anche il corpo volontari cremonesi  – in prima linea tutto l’anno e anche durante questa settimana – ha sottolineato come a volte sia proprio la carità che scade in assistenzialismo (seppur con onesti intenti) a creare e ricreare le situazioni di povertà negli individui e nelle famiglie. Ed è proprio per non diventare meri distributori di pacchi che si è intrapreso un percorso che mette al centro del di tutto la pedagogia, ovvero, l’insegnamento di una serie di strumenti cognitivi e materiali affinché le persone non ricadano in situazioni di fragilità.

Ma non sono solo le strategie o le misure del proprio calcolo a bastare. Lo sa bene don Codazzi.

«Nei miei incontri proporrò la lettura del Salmo 9, una riflessione sulla Giornata Mondiale del Povero ma soprattutto sarò lì per ascoltare, per capire quale aiuto posso offrire. Sono convinto che le opere segno dovranno lavorare di più con me nelle parrocchie e negli oratori, perché è solo tramite un coinvolgimento diretto che possiamo avviare una riflessione che sia anche culturale. Sento come esigenza quella di generare qualcosa che abbia futuro e oggi per me la carità sta nell’aiutare chi vive una situazione di fragilità a diventare autonomo, dunque libero. Questo spezza le catene della povertà. Ma possiamo farlo solo a partire da quanto dice il Salmo 9, e cioè certi del fatto che la nostra speranza va riposta in Dio e non nelle nostre mani. Possiamo occuparci dei poveri solo perché siamo sicuri che il Signore non verrà mai meno alla promessa di occuparsi di loro. I poveri non li salviamo noi. Per questo desidero una carità, dunque una Caritas, capace di generare».