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Inaugurato a Crema l’anno accademico dei Seminari

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L’augurio che il nuovo anno accademico sia benedetto dal Signore e accompagnato dallo Spirito Santo è quello che il vescovo di Crema, mons. Daniele Gianotti, ha rivolto a formatori del Seminario, insegnanti e seminaristi lo venerdì 24 settembre nella cattedrale di Crema a conclusione della celebrazione eucaristica di inaugurazione dell’anno accademico.

Già da lunedì 20 settembre le classi dello studentato teologico, dalla propedeutica al sesto anno, dei seminari di Crema, Cremona, Lodi, Pavia e Vigevano si sono ritrovate in presenza, con le dovute cautele a causa della pandemia, nelle aule del seminario di Lodi per riprendere gli studi. L’inizio ufficiale, poi, è stato dato con la celebrazione eucaristica al termine della prima settimana di studio.

Quest’anno i vescovi delle cinque diocesi lombarde, mons. Gianotti, mons. Napolioni, mons. Malvestiti, mons. Sanguineti e mons. Gervasoni, diversamente dagli scorsi anni, hanno scelto di unirsi alla celebrazione eucaristica feriale della comunità della cattedrale di Crema per sottolineare maggiormente la dimensione comunitaria e la prospettiva pastorale che hanno la vita del seminario e anche lo studio che lì si svolge.

Uno studio, come ha sottolineato mons. Gianotti durante l’omelia, che deve essere attento e appassionato, che cerchi, chieda, bussi nell’attesa di una risposta; uno studio che induca a porsi delle domande non animate da una curiosità fine a se stessa, o sopito e distratto, ma che provochi, che spinga gli studenti, ma anche gli insegnanti e i vescovi, a mettersi in questione. Allo Spirito che è stato invocato in modo particolare durante questa celebrazione è stata chiesta la grazia di suscitare domande che aprano mente e cuore in chi studia, in chi insegna, in chi ha il compito di guidare e formare e in chi vive la comunità.

Non è mancato il pensiero rivolto alla comunità presente in Cattedrale che non vive direttamente il Seminario ma che, come questo, è parte della Chiesa: un invito per ogni fedele ad essere comunità orante, che non si limiti alla dimensione personale della vita di fede ma che sappia interrogarsi all’interno della comunità, che sappia interrogare la comunità e che insieme ad essa sappia seguire la luce del Signore che indica la via.




“Nel Suo nome”: la Giornata del Seminario

Tradizionalmente la terza domenica di Avvento si celebra in diocesi la Giornata del Seminario. Una ricorrenza che, però, può essere vissuta nelle parrocchie anche in altre date ritenute significative, magari insieme a specifici momenti di preghiera e testimonianza. «Nel suo nome» è lo slogan scelto per l’edizione dell’anno pastorale 2019/2020, in occasione della quale il vescovo Napolioni ha scritto un messaggio, pubblicato in un pieghevole diffuso nelle parrocchie proprio in occasione della Giornata, nel quale sottolinea come questa occasione sia «momento forte della vita delle nostre comunità».

Il Seminario diocesano ospita attualmente quattordici giovani della diocesi di Cremona e due provenienti dal Togo, ed è costituito da due differenti comunità che vivono insieme: quella di Propedeutica e quella di Teologia. La prima, formata da due giovani, attua il primo discernimento vocazionale. La seconda, invece, non escludendo il discernimento vocazionale, prepara all’ordinazione presbiterale con lo studio, la preghiera e le esperienze pastorali.

I seminaristi frequentano le lezioni presso il Seminario di Lodi, insieme agli studenti delle Diocesi di Crema, Lodi, Vigevano e Pavia. Oltre alla frequenza scolastica, durante la settimana, la formazione avviene attraverso gli impegni comunitari o altri momenti che riguardano la vita di ciascun seminarista.
Il fine settimana è dedicato al servizio in parrocchia. Ogni seminarista di Teologia è affidato a una parrocchia, nella quale dà il proprio contributo per le varie attività e impegni. Per esempio seguire i chierichetti, affiancare il sacerdote, stare con le persone e vivere l’oratorio e la parrocchia partecipando alla vita della comunità. Questa esperienza è un’occasione utile a livello formativo e umano e per conoscere altre realtà. Durante l’anno di Propedeutica, invece, il fine settimana è a casa e a sostegno della propria parrocchia.

La preghiera è parte integrante della formazione. I momenti di preghiera comunitari, i ritiri, la condivisione della Parola (vissuta, oltre che in comunità, anche con alcune famiglie e alcuni sacerdoti) e la direzione spirituale sono momenti utili per la crescita umana e cristiana di ciascun seminarista, affinché possa comprendere sempre più la propria vocazione. In questo ogni giovane è affiancato da alcune figure educative: il rettore, che si occupa della gestione dell’intero Seminario e dei percorsi dei seminaristi della comunità di Teologia; il vicerettore, che cura la comunità di Propedeutica; il padre spirituale, che accompagna nel cammino di discernimento.

Il Seminario è luogo di formazione a 360 gradi in cui un giovane ha la possibilità di mettersi in gioco e tentare di comprendere se la volontà di Dio corrisponde veramente al desiderio che ha nel cuore.

Jacopo Mariotti, Valerio Lazzari, Massimo Serina

 

Il pieghevole con il messaggio del Vescovo

Il poster della giornata del Seminario 2019/2020




«Alberto e Francesco: accoliti che seguano l’esempio di Maria»

Nella solennità dell’Immacolata Concezione, i seminaristi Alberto Bigatti, di Casirate d’Adda, e Francesco Tassi, della parrocchia di S. Agata in Cremona, hanno ricevuto il ministero dell’accolitato durante la Messa presieduta alle 11 in Cattedrale dal Vescovo, mons. Antonio Napolioni.

La celebrazione ha visto la partecipazione di una folta assemblea: ad accompagnare i due giovani in cammino verso il presbiterato, oltre alle rispettive famiglie, c’erano molti amici e parrocchiani delle comunità presso le quali, in questi anni, hanno prestato servizio.

«In questa festa – ha ricordato sin dall’inizio il Vescovo – siamo invitati tutti, compresi Alberto e Francesco, a lasciarci prendere per mano da Maria, affinché ci possa guidare all’incontro con Gesù».

Il riferimento alla Madre del Signore ha accompagnato poi tutta la riflessione di mons. Napolioni: «La Vergine Immacolata è esempio di limpidezza: si lascia stupire dall’azione di Dio. A noi è chiesta la stessa disponibilità. Lasciamo spazio alla meraviglia per la fedeltà di Dio nei confronti dell’uomo e, con autenticità, come Maria, permettiamo a Lui di agire anche in ciascuno di noi».

Al termine dell’omelia, prima di istituire accoliti Alberto e Francesco, Napolioni ha voluto rivolgersi direttamente a loro: «Siate uomini innamorati della Vergine; fatevi accompagnare nel vostro cammino di discernimento da Colei che ha saputo accogliere la Parola, così che la vostra scelta definitiva, in futuro, sia profondamente libera e vera».

Successivamente i due giovani seminaristi hanno ricevuto la benedizione del Vescovo insieme al pane, segno del ministero che sono chiamati a svolgere: l’accolito è il ministro dell’Eucarestia.

Per questo Alberto e Francesco hanno poi preparato la mensa per la liturgia eucaristica e, al momento della Comunione, hanno potuto distribuire l’Eucarestia, spendendosi immediatamente nel proprio ministero.

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In Seminario l’ammissione di quattro giovani tra i candidati al Diaconato e al Presbiterale (Audio e Foto)




In Seminario l’ammissione di quattro giovani tra i candidati al Diaconato e al Presbiterale (Audio e Foto)

In foto da sinistra: Malfasi, don Piacentini, Zuppelli, don Realini, il Vescovo, Bressani, don Lanzeni, Bani e don Martinengo

 

Nella mattinata di sabato 30 novembre presso il Seminario diocesano sono stati ammessi tra i candidati al Diaconato e al Presbiterale quattro seminaristi, accompagnati dalle famiglie e da molti membri delle loro comunità.

A presiedere la celebrazione eucaristica il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, affiancato dal vicario episcopale per il clero don Gianpaolo Maccagni e dal rettore del Seminario don Marco D’Agostino. Tra i concelebranti il direttore spirituale don Maurizio Lucini e il vicerettore don Francesco Cortellini, insieme a molti altri presbiteri diocesani, tra i quai in particolare i parroci delle comunità parrocchiali dai quali i seminaristi provengono.

Il rito dell’ammissione fra i candidati al Diaconato e al Presbiterato è il primo momento solenne e pubblico nel quale – davanti al Vescovo, che ne riconosce l’idoneità a proseguire la preparazione spirituale e teologica, ma anche difronte al presbiterio e alla comunità diocesana – i seminaristi, arrivati ad una tappa significativa del loro cammino dicono il loro primo “Eccomi”. E lo dicono nella libertà e nella gratuità, nello stile che dovrà caratterizzare la loro disponibilità a Dio e alla sua Chiesa.

Quest’anno i seminaristi che sono stati ammessi sono stati Andrea Bani di Agnadello, Claudio Bressani di Caravaggio, Alex Malfasi di Castelleone e Paolo Zuppelli di Trigolo.

Durante l’omelia monsignor Napolioni ha voluto soffermarsi su tre elementi: la bocca, gli occhi e le mani. «La bocca che tace serve per mettersi in ascolto; gli occhi per guardare Gesù, le sue orme e seguirlo; le mani che sono da stringere, in una comunità davvero fraterna insieme ai compagni di viaggio della fraternità cristiana e sacerdotale».

L’audio dell’omelia del vescovo Napolioni

Al termine dell’omelia si è svolto il rito di ammissione, semplice ma profondo momento durante il quale i seminaristi candidati hanno pronunciato il loro “Eccomi” di fronte al Vescovo e alla folta assemblea presente, parola di impegno lungo il percorso formativo e spirituale in Seminario, che dopo questo passaggio prosegue insieme ai compagni seminaristi, agli educatori e a quanti supportano la comunità del Seminario in tanti diversi modi.

Al termine della Messa si è tenuto un rinfresco, momento di festa e di saluti con gli amici e i tanti che provenienti dalle varie comunità parrocchiali dei seminaristi sono venuti per assistere a questo momento liturgico.

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Il vescovo Napolioni all’apertura dell’anno del Seminario: una fraternità in cammino

Fraternità, comunità, cammino. Sono queste le tre parole risuonate nella cripta del seminario di Cremona, mercoledì 25 settembre, durante celebrazione ufficiale di apertura dell’anno di Seminario. Parole dette e motivate dal vescovo Antonio, il quale ha celebrato l’eucarestia affiancato dal rettore don Marco d’Agostino e il direttore spirituale don Maurizio Lucini.

Le prime parole di benvenuto sono andate alla classe di propedeutica, quest’anno formata da due giovani che hanno deciso di mettersi in cammino e discernimento. Il vescovo ha poi invitato i due propedeutici, ovviamente invito esteso a tutta la comunità a vivere con intensità e attenzione un anno di vita fraterna e non solitaria. Una fraternità fatta di attenzioni, gesti e parole, tutto che richiami ad un attenzione per l’altro, in cammino come me.

Non si tratta di semplice tenerezza, ma consapevolezza di essere per l’altro compagno di viaggio e figura di riferimento per un confronto. Ecco appunto, che subito dopo è stato richiamato il tema della comunità, una comunità trasparente, che chiede di essere sé stessi, senza maschere o finzioni. Se infatti si saprà essere una comunità autentica e sincera ciascuno potrà aiutare gli altri nel proprio cammino di ricerca. Cammino appunto, ecco la terza parola, “nessuno si consideri arrivato”, sono state proprio queste le parole del vescovo, un cammino di domande, dubbi, paure e perplessità. Un cammino però, fatto anche di tante cose positive, come la relazione con Dio nella preghiera e nell’incontro con l’altro, le relazioni con gli altri, nello specifico la vita comunitaria.

Quest’anno la comunità è formata da sedici giovani, però, come ha richiamato il vescovo durante l’omelia, non si tratta di una questione di numeri, ma di persone, che hanno risposto ad un interrogativo bello e serio per la propria vita.

Dopo l’inizio ufficiale, seguito da un momento di festa per i nuovi arrivati, la vita di seminario è costituita da una sua ordinarietà, ma anche quotidiano di novità. Non tanto vissuto per forza come qualcosa di nuovo, ma come consapevolezza di riuscire a stupirsi. Perché, anche se per alcuni gli anni di seminario sono di più di quelli che si contano sulle dita di una mano, è importante che rimanga quell’entusiasmo non effimero, ma edificante per il proprio percorso umano e cristiano. Un’ordinarietà poi che si vive con la scuola a Lodi, la liturgia delle ore, la messa quotidiana, la preparazione delle attività pastorali in vista del fine settimana e anche quel sano imprevisto fuori programma che ci tiene pronti.

La vita di via Milano 5 è qualcosa di certamente originale, ma se vissuto nel modo giusto può davvero far crescere. Il Seminario serve appunto per comprendere se il desiderio che Dio ha per un giovane, e il desiderio di quel giovane sono il medesimo, allora in quel momento si riuscirà a rispondere ad una chiamata di fede.




Istituto degli studi teologici riuniti, a Lodi aperto ufficialmente il nuovo anno accademico

Con l’avvio del nuovo anno pastorale anche il Seminario diocesano ha ripreso la sua attività. Come ogni anno, non solo riprendono per i seminaristi i vari impegni pastorali e comunitari, ma anche il percorso di studi in preparazione al ministero. Lunedì 16 settembre è stata proprio l’occasione e il momento per definire il nuovo anno ormai alle porte e dare il benvenuto agli ultimi arrivati.

Gli anni di Teologia, ovvero quelli compresi tra l’anno di propedeutica e l’anno del diaconato, sono cinque. Divisi in un biennio prettamente filosofico e un triennio che dà maggiore attenzione alle materie teologiche e che preparano al ministero.

Da alcuni anni gli studenti del seminario di Cremona studiano a Lodi dal lunedì al giovedì. Tra il viaggio e le lezioni la scuola impegna l’intera mattinata. A Lodi frequentano i corsi insieme ai seminaristi delle diocesi di Lodi, Crema, Vigevano e Pavia. Gli studenti del biennio sono 10, di cui 6 seminaristi di Cremona. Quelli del triennio 18, con 7 cremonesi.

In mattinata i seminaristi hanno iniziato le lezioni, tenute da docenti delle diocesi coinvolte nell’istituto degli studi teologici riuniti, che comprende le diocesi di Crema, Cremona, Lodi, Vigevano e Pavia.

Se la mattinata ha visto l’occupazione dei seminaristi, il pomeriggio è stato occupato per buona parte del tempo dal collegio docenti, formato appunto dai sacerdoti impegnati nell’insegnamento e dai vescovi Antonio Napolioni (Cremona), Maurizio Malvestiti (Lodi), Maurizio Gervasoni (Vigevano) e Daniele Gianotti (Crema).

Concluso il collegio docenti è stato il momento della celebrazione della Messa, alla quale ha preso parte anche il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti, dato che tra i vari studenti degli studi teologici riuniti ci sono anche seminaristi pavesi, unitisi ai corsi l’anno scorso. La Messa, presieduta da mons. Gervasoni, affiancato dagli altri vescovi, è stata celebrata nella cappella superiore del Seminario di Lodi ed è stata l’occasione di affidamento del nuovo anno.

Mons. Gervasoni ha ricordato durante l’omelia l’importanza dell’approccio allo studio, non tanto per essere grandi sapienti, ovvio il sapere è doveroso, ma la sottolineatura fatta è stata quella sull’importanza che ciò che si studia e quindi ci aiuta a comprendere meglio il pensiero cristiano deve avere come scopo l’avvicinamento a Lui. Ha poi continuato mons. Gervasoni: «Qualcosa dunque che ci debba cambiare, che ci faccia interrogare dal profondo. Questo non sia acquisizione di competenze o saggezza in senso generale, ma sia l’opportunità per verificare fino a che punto quella Parola è rivolta a voi». Un invito chiaro e deciso quello del vescovo di Pavia, che ha sottolineato più volte l’importanza allo studio che alla base deve avere una domanda che ciascuno si pone e un obiettivo al quale aspira.

Al termine della celebrazione il momento informale della cena ha permesso quindi di trascorrere del tempo tra i vari insegnanti e seminaristi, di solito abituati a vedersi solo nelle ore di lezione.

Inizia quindi un nuovo anno di studio, conoscenza e ricerca, consapevoli dell’importanza che ha per ciascuno di noi, e per il nostro futuro.




“Dante nell’Inferno delle meraviglie”, arriva il musical di Seminario e Liceo Vida

“Dante nell’Inferno delle meraviglie”. E’ questo il titolo del nuovo spettacolo della Compagnia del Seminario. I seminaristi, insieme ad alcuni studenti del Liceo Vida di Cremona, porteranno in scena questo nuovo musical in occasione della giornata tradizionalmente istituita dal seminario per ringraziare i gruppi di preghiera delle Rosarianti e dei Fortes in fide. In particolare la rappresentazione teatrale vuole essere strumento per dire “grazie” e per condividere, insieme a loro, un momento di festa e divertimento.

Guarda qui il video della presentazione del musical

Ma lo spettacolo verrà presentato anche a tutti coloro che vorranno partecipare in ben due occasioni: la prima sarà giovedì 25 aprile alle ore 21:00, mentre la replica sarà domenica 5 maggio alle ore 21:00.

Per entrambi gli spettacoli sarà possibile inoltrare una prenotazione attraverso i contatti riportati di seguito.

“Dante nell’Inferno delle meraviglie” spiega il regista, Andrea Bassani, “nasce dalla volontà di recuperare un filone letterario, iniziato con I Promessi Sposi come non li avete mai visti, per scherzarci e riderci su. Non vogliamo sminuire la grandezza del poeta fiorentino, anzi, altrimenti non ne parleremmo, ma provare a sdoganarlo nell’oggi, proponendo un format che speriamo sia divertente e coinvolgente. Nello specifico la storia inizierà a Verona, con Dante, ormai esiliato, alla corte di Cangrande della Scala”.

Da quanto emerso finora pare che ci si troverà di fronte ad un Inferno decisamente particolare.

“Sarà un poeta in crisi di idee quello che il pubblico vedrà. Un poeta che avrà bisogno di farsi aiutare da tutti i membri della corte veronese per provare a portare a compimento la sua opera. Saranno loro, i cortigiani, ad improvvisarsi attori affidati ad un Dante-regista decisamente inedito. E su questa base meta-teatrale si snodano le vicende dei suoi collaboratori più stretti, dei personaggi che incontrerà, ma anche le sue questioni amorose”.

Questa dunque sembra essere la linea narrativa di fondo, sulla quale si inseriscono canzoni e coreografie.

“La sfida che la realizzazione di un musical presenta è proprio questa”, racconta Alberto Fà, aiuto regista, “provare a tenere insieme tutte le componenti che fanno parte dello spettacolo: recitazione, canto, ballo, costumi… In questo la collaborazione con gli studenti del Liceo Vida è fondamentale”.

Collaborazione e lavoro di gruppo sono gli ingredienti fondamentali su cui Andrea e Alberto insistono.

“Credo sia doveroso ringraziare tutti coloro che si impegnano per aiutarci” prosegue Bassani, “perchè senza il loro supporto faremmo una gran fatica. In particolare mi sentirei di citare i ragazzi che fanno parte dell’equipe di regia, insieme a me e Alberto: Miriam Carta (coreografa), Lucrezia Bodana (costumi e scenografie) e Daniele Tonani (fonico). E’ con loro che condividiamo le scelte e le direttive di fondo di tutto lo spettacolo, quindi sono sottoposti ad uno stress, soprattutto da parte mia, non indifferente”.

“Mi permetto di esprimere un ringraziamento particolare ai nostri grafici” aggiunge Fà, “che hanno realizzato locandine e video per aiutarci nell’attività di promozione: Simone Carando e Paolo Mazzini“.

La Compagnia del Seminario si sta quindi preparando a tornare in scena. Ormai è quasi tutto pronto!

Dante nell’Inferno delle meraviglie vi aspetta!

 




Consegnato ai sacerdoti il libro “Chiamati col due. Appunti sulla formazione presbiterale”

E’ stato consegnato ai sacerdoti del clero diocesano riuniti in ritiro lo scorso 7 febbraio il volume “Chiamati col due. Appunti sulla formazione presbiterale”, curato dal rettore don Marco D’Agostino, con un’introduzione del vescovo Antonio Napolioni.

Leggi di più sul libro “Chiamati col due” 

Il volume è uno strumento di lavoro consegnato ai preti per una migliore conoscenza delle attività del Seminario e per un confronto sul metodo di formazione dei sacerdoti del futuro. Ad introdurre il testo sono stati durante l’incontro in Seminario, proprio il Vescovo Antonio e don Marco D’Agostino, autore dei testi del libro. Vi proponiamo la registrazione dell’intervento.




“Chiamati col due”, un libro per riflettere sulla formazione dei seminaristi

Sarà consegnato ai sacerdoti cremonesi durante il ritiro del clero del 7 febbraio il libro «Chiamati col “due”». Un volume di 200 pagine che propone pensieri e proposte per la formazione dei seminaristi. Un testo “operativo” curato dal rettore don Marco d’Agostino e destinato ai preti perché – come scrive il vescovo nell’introduzione – il presbiterio «non sia lasciato spettatore» di ciò che accade in Seminario, e «a quelle famiglie e a quei laici credenti che ci stanno aiutando a rendere pienamente ecclesiale il progetto formativo del Seminario»

Chiamati col “due”

La formazione dei futuri uomini–preti del nostro tempo è una partita troppo importante. So che la metafora del gioco delle carte non è biblica, ma credo possa essere efficace in quanto la partita si gioca tutta sul costruire la persona, in modo solido, autentico, senza imbrogli, né per Dio, né per se stessi, né per gli altri, tantomeno per la Chiesa. «La cura del presbiterio», espressione che il vescovo Napolioni ripete ormai da tre anni, va posta nel cuore delle questioni. Non per narcisismo, ma per un’effettiva attenzione che oggi il mondo affettivo, relazionale, spirituale, di fede del presbiterio desidera e vuole costruire.

Il «due di briscola» che ciascuno di noi tiene in mano e che Dio chiama non deve spaventare. Anche se è l’unica briscola dobbiamo aver fiducia che insieme, solo insieme, si può vincere la partita. Nessuno ha le ricette per formare i preti di oggi e di domani. Il testo «Chiamati col due», affidato al cuore dei presbiteri e ai laici che operano insieme per la formazione dei giovani incamminati verso il ministero, è un tentativo che potrebbe essere fecondo se sposiamo la realtà e accogliamo la sfida sempre bella di amare i giovani che Dio ci dona. «Ai preti giovani – diceva il mio vecchio parroco – bisogna voler bene». E aveva ragione. In quell’espressione c’è una saggezza fatta di vicinanza, di condivisione nella preghiera, di compassione, anche di rimprovero se necessita, ma sempre nell’ottica di chi cammina insieme.

Sottolinea il domenicano Timothy Radcliffe : «Quando dovevo valutare i candidati all’Ordine, una delle domande che mi ponevo era: sono appassionati di qualcosa? Non ha importanza di cosa: potrebbe essere giustizia e pace, o lo studio, il lavoro pastorale, la poesia, la musica, magari anche le rubriche liturgiche, benché io trovi difficile immaginarlo. Ma deve esserci una passione profonda che è aperta alla fame di Dio» (Alla radice la libertà, pag. 49).

La Chiesa, oggi come ieri, ha bisogno di servi appassionati e affamati di Dio, umili e sobri, docili e miti, che provino a ricominciare ogni volta da se stessi, si aprano a quella Parola di Dio che parla anzitutto a noi, ci fa male dentro, ci chiede di cambiare e convertirci continuamente. C’è bisogno di preti che amino la gente come amano il Vangelo. Servono il più piccolo e il più anziano come servono il Corpo e Sangue di Cristo. Il Papa, parlando ai gesuiti dei Paesi Baltici così si è espresso: «Sono tre linguaggi che vanno tenuti insieme. Il giovane è chiamato a pensare quello che sente e fa, deve sentire quello che pensa e fa, deve fare quello che sente e pensa. La nostra è un’unità umana, e lì entra tutto, entra l’inquietudine per gli altri, il coinvolgimento».

Se i giovani che si preparano ad essere preti si lasciano coinvolgere, amare, appassionare, se usano tutti i linguaggi della mente, del cuore, del corpo, allora non avranno paura di «amare troppo».Che non significa essere «imprudenti», ma capaci di sciogliere il cuore. Permettere che gli altri ci avvicinino, entrino nella nostra vita e noi nella loro. Non per curiosare o rovistare. No. Ma per comunicare. Per annunciare un vangelo che non sfiora la nostra testa, ma bussa al cuore, cioè alle decisioni perché le reti ancora vengano lasciate, il banco delle imposte abbandonato e si possa seguire il Figlio di Dio con tutto noi stessi. La vocazione è chiamata alla santità, cioè a credere che tutta la nostra vita, se vuole, può ospitare il Signore. Servirlo. Esserne riflesso. Timido e reale. Con un cuore che batte. Una testa che progetta. Una fame di Lui che non si spegne. Anche se tra le mani abbiamo solo un due.

don Marco D’Agostino