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Progetto Bahia, due giovani missionari laici in partenza per un anno di missione

L’attualità potrebbe indurci a considerare la contemporaneità come tempo in cui annunciare ed evangelizzare sia ormai un fatto sterile, vivendo la grande tentazione di chiudere ulteriormente il nostro sguardo solo su ciò che esiste, ciò che sembra garantire la nostra vita di comunità cristiane di antica tradizione.

In realtà è un tempo nel quale si possono purificare le motivazioni di un’azione pastorale, implementare gli sforzi per un vera missionarietà e soprattutto è un tempo avvincente, di sfida, che chiama tutte le comunità parrocchiali, gli istituti religiosi e le associazioni laicali, così come i movimenti, a ricevere e attuare nuovamente il mandato missionario, non più secondo uno schema passato ma lasciando alla creatività e alla fantasia dello Spirito un ampio raggio di azione.

L’evangelizzazione infatti non è un’azione o un atteggiamento dettati dall’uomo o dal tempo corrente ma dal Vangelo stesso. La gioia del Vangelo passa e si mostra attraverso il compimento dell’esperienza gioiosa del Vangelo stesso che si esprime e si diffonde. La Chiesa esiste per evangelizzare; sì, ma quale Chiesa? L’immagine di Chiesa infatti non è secondaria. Non si può ergere a paradigma una Chiesa preoccupata di autoconservarsi e nemmeno autoreferenziale, ma deve necessariamente trattarsi di una Chiesa che è consapevole di essere in cammino, contrassegnata da tante variazioni “in corso d’opera”.

Il “Progetto Bahia”, innestatosi tra la nostra diocesi e la diocesi di Salvador de Bahia -, che in qualche modo avevano già un legame, grazie alla presenza di don Emilio Bellani (a servizio presso la parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado in Salvador de Bahia), ha visto un ampliamento con l’invio di don Davide Ferretti, due anni fa, al fine di generare uno scambio, favorire  fratellanza e cooperazione, e comprendere ancora di più il significato della missione ecclesiale che non si esaurisce mai.

Ora il percorso compie un nuovo passo; come scrisse il Vescovo Antonio nella stesura del Progetto stesso: «… con l’attenzione a creare un cantiere di solidarietà per facilitare le esperienze laiche (di singoli, gruppi di giovani o famiglie). Si cercherà di creare fra le due diocesi esperienze di scambio, prevedendo la possibilità di permanenze medio-brevi (…) per arricchire la propria esperienza ecclesiale, come pure accogliendo in Italia giovani dal Brasile per stage formativi mirati… ». È previsto, quindi, nel progetto, l’invio di laici.

La Chiesa è costituita prevalentemente di laici: i catechisti nella gran parte dei casi sono laici, gli operatori parrocchiali sono laici… il missionario laico ha capacità di evangelizzare e anche i laici non annunciano se stessi, ma un Vangelo che la Chiesa ha loro affidato in forza del sacerdozio comune dei battezzati.

Alla vigilia di un avvicendamento (quello di don Emilio Bellani che dopo l’estate rientrerà definitivamente in Italia) e dopo un percorso di valutazione (approfondendo le motivazioni di ciascun candidato), la Chiesa cremonese si appresta a condividere la collaborazione di due laici che verranno inviati come fidei donum in quel di Salvador de Bahia. Essi riceveranno il mandato missionario nel prossimo mese di ottobre, per essere inseriti nel Progetto Bahia proprio come parti attive, fattive e anelli di congiunzione con la nostra diocesi.

È un gesto per ricevere, non un andare ad insegnare agli altri come essere Chiesa.

Ma ricevere cosa? Il dono della non autoreferenzialità, il dono della povertà condivisa, il dono della fede disarmante vissuta in situazioni di pesante svantaggio sociale, il dono del senso comunitario che cresce là dove si è davvero minoranza, il dono dei carismi condivisi tra presbiteri e laici.

Deve essere una festa per la nostra diocesi, deve essere motivo di gioia perché la partenza di alcuni suoi figli, con uno scopo ecclesiale ben preciso, mantiene desta l’attenzione su uno dei compiti che all’intera Chiesa è affidato: “… fate mie discepole tutte le genti …”.

Ad essi saranno assegnati impegni secondo le competenze di ciascuno, da realizzare a fianco delle persone che là vivono, e che trovano la loro radice nelle azioni tipiche di una parrocchia: catechesi, liturgia e carità, ma anche compiti di carattere più esplicitamente educativo per i bambini e per gli adulti: scuola per l’infanzia, rinforzo scolastico, accoglienza di uomini senza fissa dimora, accompagnamento delle madri-adolescenti, formazione dei giovani. Questi sono alcuni degli spazi di servizio già sperimentati precedentemente da entrambi i laici in partenza ma che chiedono costanza.

Questa esperienza potrà servire per comprendere più a fondo risorse e potenzialità che potranno essere messe in campo per  garantire una fattiva continuità tra la Diocesi di Cremona e la Parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado, per una collaborazione che sia attenta alle esigenze e ai bisogni di ciascuna realtà.

Nessuno però sarà titolare di se stesso: la vita comunitaria tra loro e con chi in quella comunità parrocchiale già vive esperienze di servizio importanti, dovrà essere un punto fermo, anche per l’esercizio dei carismi che lo Spirito suscita nella Chiesa e che la Chiesa non deve temere di accompagnare e sostenere. Sarà questo il giusto atteggiamento da mantenere affinché il “Progetto Bhaia” non perda la sua fisionomia parrocchiale e diocesana con l’obiettivo di generare sempre più invii, condivisioni e accoglienze.

don Maurizio Ghilardi
incaricato diocesano per la Pastorale Missionaria




Bahia, alla Casa di Marta, Maria e Lazzaro, una famiglia per gli “ultimi” della favela

Lo scorso 29 luglio la parrocchia di Gesù Cristo Risorto di Salvador de Bahia, ha celebrato la festa dei Santi Marta, Maria e Lazzaro, particolarmente sentita dalla comunità, come dimostra la presenza di una casa di accoglienza che ha proprio questo nome: “Casa di Marta, Maria e Lazzaro”.  Un struttura fondata più di dieci anni fa da Dona Edivania, che ha aperto questa casa per accogliere persone di strada.

Dona Edivania è una signora di poco più di 50 anni che ha scelto di dedicare la sua vita alle persone di strada. Ha iniziato molti anni fa aprendo una piccola comunità che ospita oggi uomini senza fissa dimora. Sono 10/12 uomini che vengono dal mondo della strada (a Salvador ce ne sono molti) e che accettano di entrare in questa comunità. Spesso sono persone che provengono da qualche periodo in ospedale o in altre comunità. Spesso non hanno più riferimenti parentali e cercano un modo per ricominciare a vivere.

Dona Edivania, dopo un colloquio, li accoglie. C’è un tetto sulla testa, un letto dove potersi riposare, dei pasti caldi e ben preparati, ma soprattutto c’è l’accoglienza di una amicizia, di una parola, di piccole e grandi attenzioni. C’è, in sostanza, un po’ di amore.

Chi ha vissuto per strada per mesi o anni, spesso ha dimenticato di tutte queste cose. Ha vissuto nella paura del nemico, dell’arrangiarsi come si può, del non guardare in faccia nessuno perché è la propria vita contro quella degli altri, ma soprattutto ha vissuto la tragedia del sentirsi inutile e abbandonato.

 

Così avviene il piccolo grande miracolo della “Casa di Marta, Maria e Lazzaro”: nelle stanze della comunità si vivono momenti di gioia per un nuovo ospite che arriva, per una piccola festa “in famiglia”, per una amicizia che si riscopre… ma anche momenti di tristezza: l’abbandono di chi non se la sente di continuare, qualche momento di tensione, due anni fa anche la morte di una persona.

È la vita della casa, scandita da una campana che richiama per la preghiera, per il momento del pranzo e della cena e per qualche momento da vivere insieme. Ognuno ha il suo compito: chi apre il cancello d’ingresso, chi prepara la tavola, chi lava i piatti, chi pulisce… ci si aiuta e si ricomincia a vivere. Da fratelli.

C’è anche una piccola chiesina dove ogni mattina Dona Edivania insieme a chi lo desidera inizia la giornata con la preghiera.
Non tutti sono cattolici, a volte alcuni non credono, ma – Dona Edivania ne è sicura – il Signore Gesù è presente nella casa di Marta, Maria e Lazzaro.




Missione, Don Davide Ferretti racconta la favela: giovani e carità per non cedere a povertà e violenza

Tra pochi giorni don Davide Ferretti tornerà in Brasile, nella sua Salvador de Bahia. Resta il tempo per la seconda dose di vaccino e per un altro incontro in oratorio. «Diverse parrocchie – racconta – mi hanno invitato durante il Grest per raccontare ai ragazzi la missione di Salvador. È sorprendente il numero di domande che mi hanno rivolto. Ed è bello vedere nei ragazzi questa curiosità, questa sensibilità verso chi vive lontano da noi e vive problemi diversi dai nostri».

Sono già passati due anni dalla partenza di don Ferretti per la missione nella parrocchia della favela.

«All’inizio non è stato facilissimo. Entri in un mondo completamente nuovo: c’è una lingua da imparare bene (vivere là non è come fare l’esperienza di un mese in estate), un clima a cui abituarsi perché là fa sempre caldo, ritmi di vita completamente diversi dai nostri. Poi però conosci le persone… E in questo devo dire che don Emilio mi ha dato un grande aiuto portandomi con lui ad incontrare le famiglie nelle case: è il modo migliore per inserirsi. Le persone ti conoscono e tu impari ad apprezzare le cose nuove».

Per don Emilio Bellani gli anni nella parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado sono stati quasi 12 ed ora è giunto per lui il momento del rientro (sarà collaboratore parrocchiale a Cassano D’Adda).

«La comunità – spiega don Davide – è dispiaciuta per la sua partenza, ma sanno che i cambiamenti accadono. E sanno che nessuno cancellerà ciò che don Emilio ha fatto qui a Salvador: ha fatto tante cose, ha lavorato incessantemente per la parrocchia e per il quartiere».

Nei prossimi mesi ad affiancare don Ferretti in parrocchia arriveranno due missionari laici, due giovani che si porranno a servizio della comunità. Cosa cambierà?

«Certamente qualcosa cambierà nel modo di operare in parrocchia. Sarà un’esperienza nuova per Salvador de Bahia. L’intenzione del Progetto Bahia era proprio quella di generare una collaborazione più ampia, che non coinvolgesse solo sacerdoti. Ora, non so se erano questi i tempi previsti, ma sappiamo che il Buon Dio apre strade anche inaspettate – sorride sereno don Davide – e ci prepariamo a vivere una cosa nuova. I due missionari laici potranno aiutarci per una maggiore collaborazione con alcune realtà sul territorio vicine alla parrocchia come il centro educativo, l’asilo e la casa di accoglienza per abitanti di strada e offriranno il loro supporto nella catechesi e nelle attività dei gruppi parrocchiali».

Ma qual è la realtà della missione dei Salvador de Bahia? Che ambiente troveranno i giovani missionari che partiranno per il Brasile?

«La prima differenza che si nota è la presenza delle chiese protestanti, che sono chiese per lo più locali, non legate alle chiese cristiane europee. È una presenza molto forte: le persone passano spesso da una chiesa all’altra e il rapporto con la parrocchia non è facile perché queste chiese hanno un’impostazione per lo più anti-cattolica. E la sostengono fortemente anche in strada: pensate che ci sono casse alle fermate dei bus che trasmettono le radio protestanti. Per questo anche noi dedichiamo molto tempo alle visite alle case, all’incontro diretto con le persone, per capire, parlare, far sentire la vicinanza della Chiesa cattolica. Un’altra differenza evidente – continua don Davide – è l’età delle persone in parrocchia: sono soprattutto giovani. La pastorale si rivolge soprattutto alle famiglie, famiglie molto giovani. E alla Messa ci sono soprattutto adolescenti e ragazzi; e non certo per la spinta delle famiglie, sono loro a svegliarsi un’ora prima per venire in chiesa».

Quali sono le fragilità a cui la gente della favela deve far fronte?

«Anzitutto la povertà. È evidente ad una prima occhiata. La favela è povera. Poi c’è la violenza: vive a ondate ed è soprattutto legata alla droga, quindi regolamenti di conti o blitz della polizia. E questo incide sulla vita delle persone. E tocca sempre da vicino perché quando muore un ragazzo finito in brutti giri, spesso si tratta di giovani che hanno frequentato la parrocchia da bambini, o di cui consociamo le famiglie. Un altro problema, poi, è quello dell’istruzione. Il Covid ha aggravato la questione scolastica e anche se oggi dovrebbe essere ripartita, di fatto i ragazzi non stanno frequentando. Si è tentato con la dad, ma in favela la rete non è sempre disponibile e le famiglie che hanno più figli non possono garantire un cellulare o un computer per ogni figlio. Purtroppo ancora oggi qui a Salvador tanti ragazzi non sanno leggere e scrivere».

Quali sono le azioni che la parrocchia mette in campo per rispondere ai bisogni del quartiere?

«Per fortuna in questo periodo sembra si stia esaurendo la seconda ondata del Covid, così abbiamo potuto riprendere il calcio per i ragazzi e il balletto per le ragazze. Sono attività fondamentali per allacciare e mantenere i rapporti con i giovani e con le loro famiglie. Ma anche per educare al rispetto di regole ed orari: sembra banale, ma quando vivi per strada non lo è… Ora poi riprenderemo la musica ed è ripartita la catechesi anche per la preparazione di Comunioni e Cresime che si celebreranno ad ottobre».

E sul fronte caritativo?

«Grazie alla generosità di tanti cremonesi stiamo riuscendo a distribuire con continuità la cesta basica, una forma di sostegno molto preziosa per tante famiglie. Ne distribuiamo 70/80 al mese, e oltre 100 nei periodi di Natale e Pasqua. Ultimamente poi don Emilio ha letteralmente inventato una nuova forma di distribuzione di generi alimentari di prima necessità fuori dalla chiesa, in strada. È diverso perché è una forma di carità che non guarda in faccia nessuno: chi passa, riceve… E sono i nostri giovani a distribuire riso, latte e pane. Si fanno incontro, si rendono visibili».

La parrocchia come casa, luogo di incontro e di crescita.

«Tra i progetti sostenuti grazie alla carità dei cremonesi – anticipa don Ferretti – c’è anche la copertura del campo dal calcetto. Sembra una cosa da poco, ma per noi e per i nostri ragazzi è estremamente importante: ci permetterà di far giocare i ragazzi anche se piove e anche di sera. Sarà un servizio prezioso per la nostra attività sportiva, ma anche un’occasione in più per accogliere e incontrare la gente del quartiere».

La partenza di due missionari laici apre ora una pagina nuova del progetto missionario diocesano a Salvador de Bahia. Qual è la responsabilità della comunità cremonese?

«La sfida è quella di tenere vivo questo progetto. Parliamone sui mezzi di comunicazione e nelle parrocchie: è importante far capire che Salvador fa parte della nostra diocesi, che “mi interessa”. Faccio un piccolo esempio: a Robecco i bambini mandano i loro disegni a Bahia e i bimbi del nostro catechismo spediscono i loro alla parrocchia cremonese. È uno scambio semplice che tiene vivo un legame. Altrimenti cadiamo nell’errore di pensare che sia solo una questione di soldi. Certo, la generosità concreta è essenziale per sostenere i progetti della parrocchia missionaria, ma non può essere l’unico modo per essere vicini. Sono i legami che contano».

 




Il messaggio del Vescovo per gli amici di Salvador de Bahia: «L’avventura di comunione continua» (VIDEO)

Il messaggio di saluto del vescovo Antonio Napolioni diretto ai «carissimi amici di Salvador de Bahia» è affidato a un video realizzato da don Emilio Bellani che ha poi provveduto ad inviarlo (con traduzione in portoghese) alla comunità brasiliana che per undici anni lo ha accolto come sacerdote fidei donum.

Lo sfondo è quello delle montagne che disegnano il panorama dalla Casa Alpina Sant’Omobono, la struttura vacanze diocesana a Folgaria gestita da Caritas Cremonese, dove monsignor Napolioni ha trascorso alcuni giorni di riposo durante il periodo estivo.

«A presto! – esordisce nel suo messaggio rivolto alla comunità di Salvador de Bahia -. A presto per continuare l’avventura di comunione ecclesiale che da diversi anni lega la Chiesa di Cremona alla vostra parrocchia».

Nel suo saluto il Vescovo spiega la scelta che riguarda continuità della presenza missionaria della diocesi nella favela brasiliana: «Don Emilio sta organizzando il suo rientro in Italia, perché se un missionario sta troppo a lungo non è più missionario. E invece – continua – ha bisogno di continuare ad essere missionario in mezzo a noi: raccontandoci la sua esperienza, aiutandoci a rimanere aperti al mondo. E poi studieremo altre modalità per essere con voi e ricevere da voi tutto lo stimolo che viene dalla vostra bella esperienza di fede».

Intanto – prosegue mons. Napolioni – don Davide Ferretti, che da due anni affiancava don Emilio e che oggi prosegue il percorso pastorale, «sarà affiancato per un anno da due giovani che abbiamo preparato e che conoscete già, e poi vedremo cosa il Signore prepara alle comunità».

Prima del saluto anche un augurio fraterno: «Vi auguro di star bene, di superare presto tutte le difficoltà legate alla pandemia, di continuare a testimoniare la fede in modo che l’essenziale non manchi nel profondo del cuore di tutti noi»

 




Missione. Un mese speciale per Salvador de Bahia, dedicato alle mamme e alla Madre del Rosario (foto e video)

Ha vissuto un mese di maggio particolarmente intenso e ricco di iniziative la parrocchia Gesù Cristo Risuscitato a Salvador de Bahia, dove prestano il loro servizio pastorale don Emilio Bellani e don Davide Ferretti, sacerdoti cremonesi fidei donum.

Si è partiti con la celebrazione della S. Messa il 1 maggio presso l’associazione “1 Maggio”, una associazione cattolica che molto ha lavorato per aiutare le famiglie di questo territorio fin dal tempo delle palafitte. Durante il mese, poi la comunità ha espresso al sua profonda venerazione per la figura di Maria. Praticamente tutte le sere in qualche comunità si è tenuta la recita del Rosario; alcune volte nelle chiesine, ma il più delle volte in strada o in qualche piazza o davanti a qualche casa: «Un piccolo segno in una realtà che vede forte la presenza del mondo protestante, particolarmente critico nei confronti della venerazione alla figura della Madonna.

Il mese si è concluso con le celebrazioni dell’incoronazione di Maria, una tradizione semplice, ma molto sentita. Ogni comunità ha avuto la sua piccola celebrazione. Più solenne nella chiesa parrocchiale, dove un gruppo delle ragazze del balletto ha reso omaggio a Maria con una suggestiva incoronazione.

Come da radicata tradizione nella comunità della parrocchia, una attenzione particolare è stata data alla festa della mamma. In chiesa parrocchiale, dopo la S. Messa, la comunità ha voluto rendere omaggio ad alcune mamme della comunità che con la loro vita e le loro scelte hanno dimostrato grande fede e grande forza.

Se in Brasile le feste sono tante, la festa della mamma ha per tutti qui un valore straordinario. In un territorio e in una realtà dove la figura paterna è un po’ in difficoltà, la mamma, in ogni casa, è il punto di riferimento. «Attenzione – spiegano i sacerdoti cremonesi – quando si parla di mamma qui in quartiere non sempre si intende la mamma biologica, ma piuttosto quella che ti ha fatto crescere, perché qui una mamma ce l’hanno tutti. Per molti, per fortuna, è quella biologica; per alcuni è quella che, quando eri piccolo, ti ha preso in casa e ti ha fatto crescere con amore e cercando di non farti mancare niente.La mamma è la roccia della famiglia, tutti si attaccano lì, hanno questo punto di riferimento».

A Salvador ci sarebbero tante storie da raccontare, tutte uguali e tutte diverse. Dalla mamma di 3/4 (o più) figli che si prende in casa anche i figli del fratello o della sorella che non ci sono più, alla mamma che oltre ai propri figli aggiunge alla famiglia bambini che non sono parenti, ma semplicemente vicini di casa che non hanno più nessuno, alle “mamme-nonne” che si prendono cura dei nipoti proprio come fossero dei figli. Ci sono le mamme che si portano dietro esperienze di vita non facili, ma che accettano e vivono la maternità come il grande dono di Dio. Il figlio è sempre un dono, a 15 anni come a 30.

Donne forti, con una grande fede e un grande coraggio. Donne che credono nella vita, anche se spesso le vedi faticare sotto il peso della loro vita e della vita dei loro figli. Ma anche donne “fragili”, che vedi piangere perché lasciate sole o perché accompagnano i loro figli al cimitero perché la violenza e la droga se li è portati via.

La mamma poi, per i cattolici, è il ricordo di Maria. E allora, in tutto questo contesto, si capisce la grandissima venerazione per la Madonna. Maria è costantemente presente, nel ricordo come nella preghiera quotidiana e non è difficile trovare qualcuno che in strada o sui mezzi di trasporto sta recitando il rosario. Un modo semplice per annunciare la propria fede.

 

In parrocchia intanto sono ripresi, anche se non ancora a pieno regime a causa delle restrizioni per la pandemia, anche il corso di balletto per le bambine e le ragazze (per ora partecipano in 70 circa) e gli allenamenti di calcio al sabato mattina (50 ragazzi dai 6 ai 17 anni divisi in 4 gruppi), grazie al generoso impegno delle insegnanti del corso di balletto e degli allenatori. «Anche in un momento come questo – scrivono don Davide e don Emilio – stanno riuscendo a fare grandi cose. Balletto e calcio sono importantissimi per i ragazzi del nostro quartiere; un modo per imperare non solo a vivere insieme, ma anche per avere delle regole, degli orari, degli atteggiamenti da tenere, il rispetto per gli altri, il rispetto per gli adulti, ma soprattutto per se stessi e gli impegni che si prendono».

Un’altra iniziativa che ha coinvolto giovani e adulti è stata la realizzazione di un suggestivo tappeto colorato per la celebrazione del Corpus Domini che si terrà nella chiesa parrocchiale di Gesù Cristo Risorto.

 

Non sono mancate anche in questo periodo, come sempre, le iniziative caritative: dalla distribuzione della cesta basica alle famiglie bisognose, all’iniziativa, molto apprezzata, di distribuire in due occasioni, cibo per strada dopo la S. Messa. Una domenica sono stati protagonisti gli adolescenti che hanno distribuito pacchetti di riso, in un’altra domenica gli adulti che si stanno preparando alla cresima che hanno distribuito sacchetti di fagioli. A tutto questo si aggiunge l’attenzione quotidiana da parte dei sacerdoti e della comunità ad alcune situazioni particolari.

 

 

Infine un aggiornamento anche sull’andamento della situazione sanitaria: «Ci sono state molte aperture – raccontano i fidei donum cremonesi -e la vita sembra essere tornata alla “normalità”, anche se con tutte le attenzioni possibili e le restrizioni. Purtroppo questo fine mese ha visto una crescita dei contagi e anche il nostro quartiere ne sta sentendo le conseguenze. Speriamo in bene».

 

 




Diario da Salvador de Bahia: tra segni di ripresa e speranza

All’inizio del mese di maggio arriva dal Brasile il consueto resoconto mensile in cui don Davide Ferretti racconta la vita della comunità di Gesù Cristo Risorto, che guida insieme a don Emilio Bellani a Salvador de Bahia.

I giorni di Pasqua sono certamente stati i più importanti e i più carichi di significato. Una Pasqua anche qui particolare, come un po’ in tutto il mondo. Ma almeno celebrata con i parrocchiani, visto che l’anno scorso non si era potuto.

Nei giorni prima di Pasqua con don Emilio siamo passati casa per casa nel quartiere, dai bambini più piccoli, a distribuire un dolce (una piccola colomba) apprezzata da tutti, cattolici e non. Un segno per augurare alle famiglie buona Pasqua, ricordandone il significato (vi assicuro che non tutti sanno cos’è la Pasqua!).

Non potendo fare molto, abbiamo cercato di vivere al meglio i giorni del Triduo: la Messa in “Cena Domini” (più “merenda” forse, visto che a causa del coprifuoco alle 18 abbiamo dovuto celebrarla alle 16) con una grande partecipazione, anche se a numero chiuso, e con un po’ di preghiera personale al termine. Il Venerdì Santo con la Via Crucis dei giovani alle 9 del mattino, con una quarantina di giovani che l’hanno animata; altra celebrazione del pomeriggio, anche quella abbastanza partecipata. Qui il Venerdì Santo, tradizionalmente, è giorno di grande baldoria, non come nella tradizione italiana. La Messa di Pasqua è stata celebrata alle 4 del pomeriggio e senza alcuni segni propri, ma quest’anno è così.

Per dare un po’ di solennità abbiamo pensato, distanziamento permettendo, di invitare a pranzo in parrocchia il sabato i ragazzi della prima comunione e la domenica i responsabili delle varie comunità. Purtroppo il pranzo del sabato è saltato causa pioggia abbondante ed è stato spostato al sabato successivo.

La domenica di Pasqua, dopo la Messa, gli auguri in strada con la distribuzione di un litro di latte alle persone di passaggio.

Con la Pasqua è arrivato l’autunno e anche un po’ di pioggia; l’aria si è per qualche giorno rinfrescata (26/27 gradi). Con il conseguente piccolo allagamento di qualche strada e qualche casa (niente a che vedere con quello che era successo l’anno scorso).

Durante tutto il mese di aprile sono state distribuite molte ceste basiche. La situazione non è facile per molte famiglie. Don Emilio conosce personalmente tante situazioni al limite. La pandemia in diversi casi sta creando molte difficoltà.

Mi è stato chiesto di dare qualche notizia riguardo la pandemia, viste le notizie che arrivano in Italia. Qui a Salvador sono iniziate alcune riaperture. Il virus c’è ancora e purtroppo anche i morti, ma la pressione sugli ospedali è decisamente calata rispetto al mese di marzo o inizio di aprile. Noi in parrocchia, con molta attenzione, stiamo riaprendo alcune attività: è ripresa la catechesi per i ragazzi della prima comunione (per la preparazione alla cresima in realtà non si è mai fermata). I ragazzi vanno ricontattati tutti personalmente, perché non è scontata la loro partecipazione e nemmeno la loro ripresa. Le famiglie a volte sono assenti e sono i ragazzi stessi che chiedono di fare questo passo. Altre volte bisogna verificare se le famiglie sono ancora d’accordo, perché magari nel frattempo sono passate a qualche altra chiesa protestante: qui è una cosa abbastanza comune.

È cominciato la danza per le bambine più piccole (quelle grandi avevano ripreso qualche tempo fa) e a inizio maggio riprenderanno gli allenamenti del calcio. Le previsioni parlano di una ripresa a maggio anche della scuola e delle spiagge. Proprio in questi giorni viene somministrata la seconda dose del vaccino alle presone sopra i 60 anni e, almeno la prima dose, ai professori.

Con la ripresa di alcune attività sono ricominciati anche gli incontri diocesani per il clero (era più di un anno che non si tenevano) e anche quelli zonali, che in realtà nella nostra zona già alcune volte avevamo fatto. Anche questi evidentemente con tutte le attenzioni possibili.

Piccoli segni di ripresa e di speranza.

don Davide Ferretti
fidei donum a Salvador de Bahia




Dal Brasile il racconto di una Quaresima che ha dovuto fare i conti con il Covid

Dal Brasile sono giunti alcuni aggiornamenti rispetto alla vita della parrocchia di Gesù Cristo Risorto, nel caldo mese di marzo. Periodo nel quale è risultato fondamentalmente il cammino quaresimale, insieme alle restrizioni dovute all’aumentare dei casi di coronavirus.

Come da tradizione degli anni passati la comunità guidata da don Emilio Bellani e don Davide Ferretti ha pensato di animare il cammino quaresimale con qualche incontro per i giovani il sabato sera e alcuni momenti forti la domenica, oltre a un cammino sulla figura di san Giuseppe. Purtroppo è saltato tutto o quasi. Gli incontri dei giovani non sono stati possibili, la catechesi sulla figura di san Giuseppe si è limitata a tre riflessioni inviate via WhatsApp e per le domeniche si è riusciti a vivere solo la “domenica della carità”, nella quale le famiglie e le singole persone sono state invitate a portare in parrocchia o nelle chiese sussidiarie prodotti alimentari che sono poi serviti per comporre le cosiddette “ceste basiche”.

«La sorpresa, vista la situazione aggravata dalla pandemia, – affermano i due sacerdoti “fide donum” cremonesi – è stata vedere la generosità di tutti; anche chi è in grossa difficoltà non si è tirato indietro, portando anche solo un pacchetto di caffè. È stato un modo per vivere in concreto la carità e per farsi carico dei bisogni degli altri. Le ceste sono poi state distribuite alle famiglie bisognose nei giorni precedenti a Pasqua».

Il cammino della Quaresima è stato comunque portato avanti soprattutto con la numerosa partecipazione (posti permettendo) alla Messa della domenica, ma anche con l’adorazione eucaristica del giovedì e alla Via Crucis del venerdì.

Il “coprifuoco” – prima alle 20 e poi alle 18 – imposto in Salvador per tentare di bloccare la diffusione del virus ha costretto a modificare a volte gli orari delle celebrazioni, ma la gente sa adattarsi e non ci sono stati molti problemi.

Purtroppo, anche in questo contesto, non sono mancati in quartiere momenti di violenza. C’è sempre bisogno di una grande attenzione.

 

Pablo, salito alla Casa del Padre a 16 anni

Per concludere vi racconto brevemente di Pablo, un ragazzino di 16 anni che proprio una settimana fa è tornato alla Casa del Padre. Mi direte, perché raccontare di un ragazzo morto a 16 anni, qui purtroppo ne muoiono diversi a quell’età a causa della “guerra della droga”.

Pablo non è morto per questo motivo. Pablo ha combattuto più di 3 anni con un tumore (nell’ultimo periodo pesava forse 30 kg). Famiglia semplice, modesta, senza molte risorse economiche (come sono molte qui). La mamma l’ha sostenuto costantemente con pazienza e amore, come solo una madre sa fare in momenti come questi;  la sorella è stata di esempio arrivando a dormire in terra a fianco al fratello per non lasciarlo solo di notte (e come in tutte le famiglie non è che fratello e sorella andassero sempre d’accordo). E qualche amico che ogni tanto andava a trovarlo, ma nell’ultimo periodo sempre meno per non farsi vedere piangere per la malattia che avanzava (tutti siamo spiazzati di fronte alla sofferenza e alla morte).

E poi lui, Pablo, quando si andava a trovarlo era sempre così: “Come va Pablo?” “Bene”. “Come stai oggi?” “Bene”. Mai una volta che l’abbia sentito lamentarsi, anche se si rendeva perfettamente conto che si stava spegnendo. “Hai fame?” “Si” . “Chi prepara oggi?” “La mamma, mia sorella non sa preparare niente” (con il disappunto della sorella). “Diciamo una preghiera?” “Certamente” e si cominciava a recitare il Padre Nostro, anche se nell’ultimo periodo non aveva più la forza di arrivare alla fine della preghiera e nemmeno di fare il segno della croce. Gli portavamo qualche dolce, un po’ di gelato, una sera anche la pizza insieme… quello che riusciva a mangiare. Si stava lì un po’, poi quando ci si rendeva conto che era stanco si salutava: “Alla prossima Pablo”.

Un ragazzo semplice, che ha affrontato il dolore e la morte con grande serenità, forza e fede, un esempio. Qui non c’è il funerale, c’è solo la sepoltura con un momento di preghiera: un momento forte per le persone presenti. A me, ma penso a molti, rimarrà il grande esempio di Pablo.

don Davide




Bahia, il virus frena la ripresa delle attività parrocchiali

Si è appena chiuso il mese di febbraio, che in Brasile significa carnevale, che non è solo una festa: è un modo di vivere, quasi un modo di essere, soprattutto a Salvador. Quest’anno il virus ha fermato anche il carnevale: niente feste e niente carri con musica a tutto volume seguiti da migliaia di persone per le principali vie del centro-città.

Normalmente in questo periodo ci sono 15 giorni di festa, non si lavora, non si va a scuola … solo festa, ma non quest’anno. In realtà non si può dire che non ci siano state feste, ma in piccolo stile; le spiagge erano piene (il sole e il caldo hanno aiutato), ma niente a che vedere con il vero carnevale di Salvador.

Nel proprio piccolo la parrocchia di Cristo Risorto ha cercato di fare qualche piccola cosa nel quartiere, anche perché il virus non è scomparso, anzi. Quindi qualche “Bingo” in alcune zone del quartiere, qualche partitella a calcio nello spazio della parrocchia e i giochi dopo la Messa della domenica.

In tutto questo ha aiutato non poco la presenza “forzata” degli amici cremonesi. Sono stati di sostegno e di appoggio nelle varie attività: dalla preparazione dei giochi ai lavori a casa di dona Edivania e nel cortiletto della chiesa della Trasfigurazione, come anche nella distribuzione di alcune “ceste basiche”. Con loro non sono mancate alcune gite alla scoperta delle bellezze naturali della Bahia.

Ora è iniziata la Quaresima. Il desiderio era quello di riprendere, anche se con tutte le precauzioni necessarie, il cammino dei vari gruppi di catechesi, nonché le varie attività. Purtroppo si sta verificando un aumento esponenziale di casi di virus e i desideri per ora devono essere lasciati ancora per un po’ nel cassetto. Sono aumentate le chiusure, sospese le varie attività e anche le Messe possono essere seguite solo via internet.

Tutto questo aumenta la fatica di una ripresa che non è né facile né scontata. In un ambiente in cui il desiderio di incontrarsi è il modo stesso di vivere, questa pandemia sta creando non pochi problemi e sta mettendo in luce non poche contraddizioni.

Per terminare una piccola nota calcistica in uno Stato dove il calcio è importantissimo. Le due squadre di Salvador (il Vitoria, che gioca in serie B con una improbabile casacca rossonera, e il Bahia, che gioca in  serie A con una più classica casacca con i colori della regione: l’azzurro, il rosso e il bianco) anche se con qualche difficoltà hanno comunque raggiunto l’obbiettivo che era la salvezza. Aspettando tempi migliori, va bene così.

 

Piccola storia di vita vera

Può succedere, e succede, che nel bel mezzo di una pandemia mondiale e con nuove restrizioni che costringono a stare in casa dalle 8 di sera alle 5 di mattina, rimani anche senz’acqua.

È sera, sono circa le 20.30, è appena terminata la cena, dal cancello si sentono delle voci di ragazzi e giovani. Don Emilio va alla porta, vede dei ragazzi che vicino al cancello stanno prendendo dell’acqua. Qui è normale, quando ti manca l’acqua (e spesso succede in qualche parte del quartiere) vai a cercarla dove la puoi trovare e vicino al nostro cancello c’è una piccola fonte. Si avvicina, alcuni ragazzi si stanno facendo la “doccia” con qualche bottiglia e alcune taniche, altri stanno pulendo il pesce, pescato durante il giorno, alla luce dei cellulari. Don Emilio porta uno shampoo, don Davide prende alcune borsine che i ragazzi che stanno pulendo il pesce chiedono.

Raccontano che è dalla mattina che non hanno l’acqua (per altro sono due settimane che non piove e le temperature sono costantemente intorno ai 34 gradi di giorno), ma non è una tragedia: si arrangiano come possono. Don  Emilio riempie qualche bottiglia da un rubinetto che sta all’interno della parrocchia, in questo modo la “doccia” è più pulita. Si parla un po’ di calcio (sta finendo il campionato e alcuni giochi non sono ancora fatti).

Finita la “doccia” riempiono le taniche e le bottiglie per portare l’acqua nelle case: non si sa cosa succederà domani. Si caricano le taniche in testa e salutano. Si fermano solo i più giovani, la pulizia del pesce non è finita. Si scambiano due parole anche con loro prima di rientrare in casa.

Cose che capitano a Salvador de Bahia … vita di quartiere, nel mezzo di una pandemia, con delle restrizioni e … senz’acqua in casa.




L’incontro con il cardinale di Salvador de Bahia Sergio Da Rocha

Il cardinale di Salvador de Bahia, nonché primate delle Chiesa brasiliana, Sergio Da Rocha (in foto con don Davide Ferretti), parla orgogliosamente delle sue origini italiane: i nonni materni erano vicentini. Sì, perché mons. Da Rocha non solo è ben contento di condividere una parte della storia dell’emigrazione italiana, ma descrive le fatiche vissute da tante famiglie italiane che subirono l’inganno dell’imperatore del Brasile.

A fine ‘800, con l’abolizione della schiavitù, il Brasile si ritrovava a non aver più manodopera gratuita per le piantagioni di caffè e canna da zucchero, così chiamò a lavorare, con false promesse, manodopera dall’Europa. Due erano gli obiettivi: rendere “più bianco” il Brasile che aveva milioni di schiavi neri e sfruttare la nuova manodopera gratuita rendendola anch’essa schiava. Nella maggior parte dei casi si trattava di italiani tedeschi e francesi. Così dalla povertà delle origini molti passarono alla disperazione in terra lontana. Ci vollero decenni prima che le cose cambiassero.

Ora, le parole del Cardinale sono di elogio e di stima per le comunità di origini europee che costituiscono l’ossatura economica di questo vastissimo Paese. Non solo, l’elogio va anche alla Chiesa cremonese per la sua presenza fattiva nella parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado, a Salvador de Bahia, con la speranza (poco celata) di avere altri presbiteri e laici a servizio nella chiesa bahiana.

«Questa diocesi – sono le parole del cardinale Sergio Da Rocha – sta valutando seriamente di aprire i propri orizzonti e di intraprendere il percorso di missioni diocesane nelle ex colonie portoghesi africane perché, se è vero che noi abbiamo bisogno di clero e di operatori pastorali qui in Brasile, è altrettanto vero che anche noi siamo Chiesa missionaria».

Le attese nei confronti della Chiesa cremonese sono elevate e speranzose! Nelle parole del Cardinale è costante l’attenzione alle povertà presenti nella sua diocesi, alle favela in particolare, e anch’egli sogna progetti che non lascino ancora le persone in povertà per tutta la loro vita solo perché discendenti di ex schiavi. La Bahia è lo stato più africano al di fuori dell’Africa, Salvador de Bahia ha l’80% di cittadini di discendenza africana ma il riscatto sociale è ancora molto molto lontano.

Con questo incontro, dopo sei mesi dal suo insediamento in diocesi, il cardinal Da Rocha ha voluto salutare la Chiesa cremonese tutta e ha sottolineato la sua gioia per la presenza dei “fidei donum” cremonesi don Emilio Bellani e don Davide Ferretti.

Intanto si è concluso un mese di gennaio che, normalmente, nella parrocchia di Jesus Cristo Ressuscitado era dedicato al Grest, quest’anno non possibile a causa della pandemia. Così si è optato per alcune iniziative nei vari quartieri della parrocchia con momenti più veloci e meno “aggregativi” evitando così numeri troppo alti. Si è comunque dato vita a un torneo di calcio per i ragazzi delle medie nel campetto del Cabrito, una caccia al tesoro nella zona vicino al mare e qualche “Bingo” qua e là.

Con l’aiuto degli animatori e degli amici italiani presenti in queste settimane si è riusciti, pur nell’attuale situazione sanitaria, a vivere momenti che sono stati molto apprezzati dai bambini e dai ragazzi.

La presenza del gruppo di volontari giunti da Cremona ha permesso anche di fare alcuni momenti di riflessione e di festa con i giovani della parrocchia, altre che all’ormai classico e molto apprezzato corso di italiano. Per qualche domenica sono stati proposti anche dei giochi per i bambini dopo la Messa della domenica mattina.

Essendo periodo di ferie in Brasile (siamo in piana estate) è sospesa la catechesi, continuano solo gli incontri del gruppo cresima. In compenso si è riusciti a riprendere un po’: con il calcio al pomeriggio durante la settimana e con il balletto. Pur naturalmente con le dovute attenzione per scongiurare i contagi.

Ora si apre il mese di febbraio, comunemente dedicato al carnevale, che la pandemia ha bloccato; ci si prepara invece al cammino quaresimale e alla ripresa (forse anche delle scuole), sperando che il virus dia tregua, anche grazie alle vaccinazioni in atto.




Ancora in stallo la situazione dei volontari bloccati in Brasile: il punto della situazione

Ancora in stallo la situazione del gruppo di volontari cremonesi che si trova in Brasile, a Salvador de Bahia, dove il 7 gennaio scorso è giunto per offrire un proprio contributo alla comunità cattolica di Jesus Cristo Ressuscitado, retta dai due sacerdoti fidei donum cremonesi don Emilio Bellani e don Davide Ferretti.

Sul sito internet della parrocchia di Pandino il punto della situazione, nelle parole del vicario don Andrea Lamperti Tornaghi, volato oltreoceano con le tre giovani della parrocchia – Erica, Federica, Elisa – e Marco, un giovane della parrocchia di Sant’Agostino in Cremona aderendo al Progetto Bahia, coordinato dall’Ufficio missionario della Diocesi di Cremona e che vede la presenza in Brasile anche dell’incaricato don Maurizio Ghilardi. Una esperienza che avrebbe dovuto conlcudersi il 21 gennaio scorso e che, invece, sta continuando a motivo dell’impossibilità di rimpatrio.

«Inizialmente – si legge sul sito della parrocchia di Pandino – il volo di rientro, previsto con la TAP Airportugal, è stato bloccato a seguito dell’ordinanza del Ministero della Salute del Governo Italiano del 16 gennaio scorso, a motivo del contenimento della cosiddetta “variante brasiliana” del SARS-CoV-2. Appresa la notizia dai social network, il gruppo si è relazionato subito con le autorità diplomatiche italiane, sia attraverso il sito dovesiamonelmondo.it facente capo all’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri che contattando direttamente il Consolato Onorario d’Italia a Salvador de Bahia. Rassicurati circa la consapevolezza da parte delle istituzioni della loro situazione, i ragazzi hanno ri-organizzato la loro vita e presenza in parrocchia, continuando a portare quell’aiuto che li ha spinti ad intreprendere un viaggio così impegnativo in un periodo atrettanto complesso».

«Nell’attesa, ovviamente, sono stati presi contatti con la compagnia aerea per riproteggere il volo – prosegue ancora il resoconto – su di una data successiva al 31 gennaio (data di scadenza dell’ordinanza del nostro Ministero della Salute) ottenendo sei posti sul volo TAP Salvador–Milano Malpensa (via Lisbona) del 3 fabbraio (rientro in Italia il giorno successivo). Nel frattempo è comparso un provvedimento del Ministero dell’Interno del Governo portoghese (il n.º 1125-D/2021 del 27 gennaio scorso) che ha interdetto tutti i voli dal Brasile fino al 14 febbraio 2021. Nel giro di poche ore anche altri Paesi europei oltre al Portogallo hanno interdetto i voli dal Brasile con provvedimenti analoghi. Infine sabato 30 gennaio il Ministero della Salute del Governo Italiano ha prorogato la validità dell’ordinanza che chiude lo spazio aereo con il Brasile fino al 14 febbraio».

«Il gruppo ancora una volta non si è perso d’animo – viene rassicurato – e nonostante la fatica di vedere sfumare di giorno in giorno la possibilità di rientrare nelle proprie case così come ai propri impegni ed occupazioni nei tempi stabiliti, ha preso ulteriori contatti con il Consolato d’Italia a Recife da cui dipende tutto il nord-est brasiliano e quindi anche lo stato di Bahia. Con grande professionalità e disponibilità i funzionari del Consolato e dell’Ambasciata d’Italia a Brasilia hanno fatto un capillare lavoro di censimento di tutti gli italiani presenti nel paese verde-oro e questa mattina, con una comunicazione ufficiale da parte dell’Ambasciata, il gruppo è stato informato che tutte le informazioni richieste e gli elementi raccolti sono serviti per la realizzazione di un’articolata mappatura complessiva delle presenze temporanee in Brasile, i cui principali elementi aggregati sono stati già trasmessi, per le valutazioni di competenza, al Ministero della Salute a Roma».

«Siamo partiti con la consapevolezza – ha scritto don Lamperti Tornaghi in una lettera inviata qualche giorno fa al Ministero degli Esteri ed alle sedi diplomatiche italiane in Brasile – che il nostro aiuto alla popolazione locale potesse avere priorità rispetto ad interessi personali, rassicurati anche dal fatto che le condizioni pandemiche nella Bahia (così come ribadito più volte dai nostri confratelli sul posto e come potuto sperimentare anche da noi in questi giorni) garantissero sufficienti margini di sicurezza. Di questo siamo tuttora convinti. Fiduciosi quindi nell’operato del nostro Governo, il quale non ci avrebbe permesso di lasciare l’Italia per esprimere nel mondo quei valori di carità e solidarietà che gli italiani hanno sempre saputo portare all’estero senza la certezza di permetterci di fare ritorno alle nostre case ed alle nostre famiglie, rimaniamo in attesa che il Ministero della Salute si esprima per quanto di sua competenza».