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Il Vescovo alla Messa di Pasqua: come «cercatori d’oro» davanti al sepolcro vuoto (VIDEO)

Dopo la Veglia del Sabato Santo, il vescovo Napolioni ha celebrato nella mattina di Pasqua il solenne Pontificale in Cattedrale.

Nella sua omelia ha proposto una profonda riflessione sul senso della ricerca richiamando la domanda che echeggia dalle Scritture: «Cosa stiamo cercando, a cosa stiamo pensando? Forse – ha osservato – fino a poco tempo fa eravamo spensierati, anche se non tutti perché le sofferenze nascoste affliggevano tanti fratelli e sorelle anche prima della pandemia. Oggi siamo pensierosi, impensieriti, preoccupati, impauriti. Ma quali pensieri dobbiamo coltivare a partire dalla Pasqua, che cosa genera in noi la Pasqua? Siamo costretti alla gioia? Oppure siamo resi capaci, ospitali nei confronti della luce della grazia della presenza del Signore».

E la ricerca a cui questa domanda chiama è attratta dal Risorto che «non è qui»: «Il nostro compito – ha detto monsignor Napolioni – è quello di cercare il Signore: non essere consumatori religiosi fedeli ma in fondo insoddisfatti. Ma cercatori di Dio, Colui che si fa riconoscere ovunque, in ogni angolo di strada, in ogni frammento di vita. Non è prigioniero di un luogo o di un momento: è ovunque, è sempre avanti a noi e ci invita a cercarlo». instancabilmente.

Nella sua omelia il Vescovo ripercorre i momenti in cui il Vangelo ha richiesto il desiderio, la ricerca dell’incontro con Gesù per riconoscerne la divinità: «Non si è fatto imprigionare da una ricerca possessiva, miracolistica… di parte – ha commentato – ma vuole purificare la nostra ricerca, educarci ad essere cercatori di verità. Come i cercatori d’oro che non si accontentano di meno perché sanno che quello è prezioso, quello cambia la vita».

E di nuovo nel sepolcro vuoto: «”Perché piangi, chi cerchi?”… hanno portato via i miei soldi, la mia saluti, la mia bellezza, la mia giovinezza, la festa a cui ero abituato… Che cosa ci hanno portato via e che cosa cerchiamo davvero? SI tratta di cercare nella vita l’essenziale, la bellezza, il futuro, le ragioni di speranza, Colui che tutto rende possibile a chi crede e si lascia purificare il cuore dal Vangelo».

Così il Vescovo ha affidato la conclusione della sua riflessione ancora alle parole di Paolo: «”Cercate le cose di lassù”… quaggiù, dove Cisto è vivente nello Spirito, nella Chiesa, nel mondo, in particolare nei piccoli, nei cuori che osano una fiducia semplice. La vita davanti a noi è questo campo di ricerca, il grande gioco appassionante di scoperta di ciò che ci rende veramente felici anche al di là della morte e di ciò che ci impaurisce e ci raffredda il cuore».




Il Vescovo battezza tre catecumeni nella Veglia di Pasqua: «Non è mai troppo tardi per riaccendere fiducia e speranza» (VIDEO E FOTO)

In una Cattedrale di Cremona completamente immersa nel silenzio e nel buio, ma che torna a vivere (pur nel rispetto del distanziamento e delle norme di sicurezza) la notte della Risurrezione di Cristo con la presenza dei fedeli, è la luce del cero pasquale, acceso dal vescovo Napolioni al centro della grande navata, ad aprire la solenne Veglia pasquale.

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A rendere ancora più prezioso e carico di significato questo momento c’è stato poi il conferimento dei sacramenti dell’iniziazione cristiana a tre catecumeni. Ieri sera a dire di sì alla vita cristiana sono state tre adulti. La prima è Jarelin Rodriguez: di origine cubana, è sposata civilmente con Sergio e frequenta la parrocchia di Mozzanica. A Cuba, sotto il regime, vivere il Cristianesimo non era semplice e anche quel poco trasmessole dalla famiglia si era perso. Arrivata in Italia, ha vissuto la nostalgia di una fede vera e profonda e così ha deciso di fare un passo di avvicinamento, accompagnata anche dal marito e dai figli (educati cristianamente) e da alcuni amici.

Oltre a Jarelin, ieri sera ha ricevuto i sacramenti anche una giovane studentessa albanese, Alessia Habibi. La ragazza, che si sposerà tra poche settimane, aveva respirato la fede cristiana grazie ai nonni, ma le vicissitudini sociali e politiche del paese d’origine le hanno impedito di continuare su quella strada. Innamorata profondamente del suo futuro marito, un ragazzo della parrocchia di Sant’Imerio, a Cremona, ha deciso quindi di conoscere più a fondo la fede cristiana. Un cammino di scoperta che, capisce, è per la sua felicità e anche per poter vivere più pienamente la bellezza del matrimonio.

Anche Mundi Shota è albanese: sposato con Mimosa e con figli già grandi, frequenta la parrocchia di Cristo Re, a Cremona. La moglie è cristiana e anche i figli sono stati cresciuti nei sacramenti. Nel tempo, quindi, anche in Mundi è nato il desiderio di chiarire questa appartenenza alla Chiesa Cattolica.

Ieri sera, di fronte al vescovo, il suo sì e quello di Alessia e Jarelin hanno restituito al mistero della Pasqua il suo senso più grande: quello di una rinascita, nella certezza che la morte non ha l’ultima parola.

E «cosa c’entra» l’inizio della vita cristiana di questi tre nuovi fratelli nella fede, con le promesse del Signore? Lo ha chiesto il vescovo Napolioni durante la sua omelia, partita dalla riflessione sulla liturgia della Parola che ha ripercorso le tappe della storia della salvezza fino a liberarsi nel canto dell’Alleluia.  Un canto – ha osservato iniziando la sua riflessione – «di cui avevamo una gran voglia», ricordando la Pasqua dell’anno 2020, senza celebrazioni in presenza: «Abbiamo celebrato la Pasqua con tutta la fede che avevamo – ha detto – ma la fede ha bisogno anche di segni, volti, corpi, di assemblea. Ha bisogno di storia, di eventi e persino di misurarsi con il male. Non ci è stata data ala fede per chiuderci in una bolla, ma per vincere il male con il bene. Questa è l’opera di Dio».

Un’opera che dalla Creazione ad Abramo, dalla schiavitù in Egitto all’esodo nel deserto, ha manifestato la «fedeltà di Dio alle sue promesse: promessa di terra e di discendenza». Ma davvero è fedele Dio? interroga ancora il Vescovo. E la risposta arriva dal sepolcro vuoto «È Gesù che inaugura una terra nuova, un rapporto nuovo con gli altri.  Donne e bambini non contavano… Invece quel mattino sono le donne a esplorare la tomba vuota. E lì trovano un giovane: un angelo giovane, non della giovinezza mitizzata dalla società dei consumi, ma della giovinezza di Dio che è sempre nuovo, è sempre avanti a noi, finte di vita».

«Se c’è un futuro per l’Italia e per il mondo dopo la pandemia – ha aggiunto monsignor Napolioni – c’è nella misura in cui custodiremo la terra e la terremo in serbo per i figli e i figli dei nostri figli».

Ed ecco dunque la domanda sul Battesimo e sulla Cresima che di lì a pochi minuti sarebbero stati conferiti a Jarelin, Alessia e Mundi proprio dalle mani del Vescovo: “cosa c’entra questo con queste vite cristiane che iniziano? «Voi ne siete la conferma – ha risposto con sicurezza il vescovo – Voi siete la testimonianza che Cristo è sempre affascinante che il bisogno di speranza trova la sua risposta più vera nel Vangelo e che davvero la notte di Pasqua è un grembo di vita nuova. Grazie – ha concluso l’omelia – perché ci aiutate a riscoprire che non è mai troppo tardi per diventare davvero cristiani, per gioire di nuovo del dono della salvezza, per riaccendere nel nostro cuore ragioni di fiducia e di speranza. Guai a noi se ci pensassimo una Chiesa vecchia: lasciamolo dire alle statistiche, non lo dica il nostro cuore, la nostra preghiera la nostra quotidianità fatta di incontri fraterni in cui il Signore risorto e vivente tutto ci rende capaci di fare. Non le grandi cose ma i passi secondo la sua volontà».

Passi che conducono dove il risorto attende: in Galilea. «E la Galilea è ovunque i nostri ragazzi andranno a lavorare e a vivere. Non possediamoli, non controlliamoli. Facciamo che la Galilea non sia una babilonia, ma sia la frontiera su cui il mondo moderno – così piccolo, così fragile, così presuntuoso – viene salvato proprio dall’amore di chi ne ha ricevuto tanto dal Signore da non fare altro che spartirlo con chiunque incontra».