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Don Primo Mazzolari e la questione della pace adesso

Mentre scorrono liete le nostre ore nelle feste natalizie tra canti, panettoni, presepi, divertimenti vari, il mondo sta percorrendo una strada pericolosa e non sentiamo voci autorevoli che ci richiamano la gravità e serietà del momento, se non quella del Papa e l’eco di quella del nostro profeta don Primo Mazzolari che impallidirebbe di fronte alla situazione che noi stiamo vivendo.

Il 26 dicembre, in prossimità del Natale ortodosso che sarà quest’anno il 7 gennaio 2019, il presidente russo Vladimir Putin è apparso “presenziando personalmente al test, coronato da successo, della nuova arma nucleare a ‘planata ipersonica’ Vangard dalla sala di controllo del ministero della difesa. Lo ha reso noto il Cremlino. Il Vangard, lanciato con un missile vettore intercontinentale, è in grado di trasportare una testata atomica e di planare come un aliante a grande altitudine, slittando sugli strati più densi dell’atmosfera a Mach 20 (20 volte la velocità del suono) per poi colpire obiettivi lontani senza essere intercettata dai sistemi antimissile Nato” (Corriere della sera, 26 dicembre 2018).

In risposta alla provocazione di Donald Trump che il 20 ottobre scorso ha annunciato il ritiro dal Trattato sui missili nucleari a corto e medio raggio. L’Occidente, sempre segnalava il 21 ottobre l’autorevole quotidiano, dispone di 2.207 testate atomiche, sommando quelle statunitensi, britanniche e francesi. Quasi un terzo in meno dei russi che possono contare su 3.587 testate. Inoltre, la buona parte delle bombe americane sono obsolete, per lo più in depositi europei, In Italia, nelle basi di Aviano e Ghedi ce ne sono 70. Tra laltro la notizia del test di Avangard arriva anche nelle stesse ore in cui i vertici della Marina russa hanno denunciato la presenza di armi ad alta precisione nei pressi dei confini russi. Come riportato dall’agenzia Tass, il comandate in capo della Marina russa, l’ammiraglio Vladimir Korolev, ha dichiarato al quotidiano Krasnaya Zvezda che gli Stati Uniti hanno aumentato il numero dei sistemi strategici non nucleari ad alta precisione nelle acque che circondano la Russia. Poche ore dopo, Putin ha annunciato il risultato del test del missile ipersonico. Si tenga poi conto che la Cina comunque possiede almeno 280 testate nucleari a sua volta.

Può questa situazione lasciarci tranquilli? Come possiamo sperare che questa folle corsa al riarmo, non possa prima o poi scatenare una guerra distruttiva dell’intera umanità? la deterrenza potrà reggere a lungo? Fin dove può arrivare la stoltezza umana?

Consideriamo poi quanta massa di denaro viene tolta per risolvere i gravi problemi della povertà e carenza dei beni necessari di base per milioni di persone crocifisse dalla fame, sete, ingiustizia e utilizzata per costruire strumenti di morte.

Rimane inalterata e tragicamente inascoltata la voce di Papa Francesco che non risparmia occasione per denunciare la corsa insensata alle armi, la produzione sconsiderata di strumenti di morte, tenendo conto che vi sono nel mondo ancora 20 guerre e 136 crisi violente come riporta l’ultimo rapporto Caritas sui conflitti dimenticati? E il premio Nobel ad ICAN, l’organizzazione per il bando delle armi nucleari, con sede a Ginevra, ottenuto nel 2107, quanto riflesso ha avuto nelle comunità anche cristiane? Quanto se ne è parlato? Per fortuna c’è stato un simposio in Vaticano, sul disarmo nucleare il 10 e 11 novembre 2017, ma quanto ha inciso nella nostra catechesi, predicazione, discussione tale fatto di importanza capitale?

Guardiamoci pure in faccia tra noi, credenti: quanti siamo disposti a portare avanti le istanze del Papa, con la denuncia, con il far conoscere tali preoccupanti scenari di morte e distruzione? Quanto abbiamo fatte nostre le parole del profeta Isaia ascoltate nella S.Messa natalizia della mezzanotte “Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati e dati in pasto al fuoco”?

Dov’è finito l’ardore di don Primo, anche in tanti che lo ammirano, il suo coraggio di dire chiaramente le cose, senza timore e mediazioni, mimetismi e troncature?

Ricordiamo, tra i tanti, il suo intervento in Adesso del 1 luglio 1950, dal titolo “La bomba atomica e ogni arma sterminatrice fuori legge” in relazione alla III sessione del Comitato mondiale della pace che si era riunito a Stoccolma dal 15 al 19 marzo 1950 e che realizzò un appello significativo.

In esso si domandava l’interdizione di ogni arma atomica, controlli a livello internazionale, la parificazione a criminale di guerra, di quello stato che avesse per primo fatto uso della bomba atomica, e l’invito a firmare questo appello da parte di tutti gli uomini di buona volontà.

Mazzolari nel lungo e articolato scritto, non ebbe timore di esprimere sebbene attraverso uno pseudonimo, la sua volontà di firmare questo appello.

“Sono disposto a firmare il messaggio di Stoccolma perché esso traduce, al di sopra di ogni intenzione e di ogni ambiguità dei suoi proponenti, un profondo sentimento cristiano in termini precisi e netti; perché intendo unirmi alla massa dei semplici, che è il sale della terra, cui la prospettiva di un massacro atomico, giustamente rivolta; perché non voglio con un rifiuto mettere in tentazione milioni e milioni di puri di cuore, di giudicare la mia fede e la mia Chiesa, che è poi la loro fede e la loro Chiesa; perché voglio impegnarmi dal di dentro e tenere testa a chiunque intendesse svuotare l’appello del suo significato universale e farlo servire all’imperialismo d’oriente o alla rivoluzione ateistica. Firmando come cristiano, scendo a militare per la pace cristiana in campo aperto, là dove essa è invocata da milioni di cuori e dove purtroppo s’aggirano più mercenari che pastori. Il popolo lo si raggiunge ove esso si raccoglie, e la massa può essere spaccata solo con la dimostrazione toccabile che ciò che essa vuole di bene, il suo segreto anelito verso la giustizia e la pace, è voluto veramente da chi «è il lotta per Cristo»” (Adesso I, 279).

La strada è da tempo tracciata, l’urlo profetico di don Primo continua a vibrare, il grido attuale di Papa Francesco rimbalza di giorno in giorno. E le nostre coscienze?

E noi credenti in Cristo? Siamo ancora sordi a queste voci preoccupate per l’avvenire umano? Come discepoli di Gesù, dovremmo essere in prima fila in questa lotta pacifica, in questa denuncia evangelica dei poteri della morte e del peccato.

Invece siamo, forse tranne alcune avanguardie, le chiamerebbe Mazzolari, spesso derise tra l’altro, muti, silenti, distratti, intorpiditi, disinteressati, storditi da una cultura dell’indifferenza che sta paurosamente portandoci verso la voragine della distruzione. Forse non lo permetterà il Pacifico, morto in croce e risorto per noi.

Ma intanto egli ci richiama alla nostra responsabilità e ci inchioda ai nostri compromessi e silenzi. La sua grazia ci rinnovi e il suo Spirito ci dia volontà r forza di tornare ad essere impavidi costruttori di pace.

Don Antonio Agnelli
Pax Christi




Da Betlemme a Cremona, una luce per la pace

Anche quest’anno, grazie agli Scout, la fiamma attinta dalla Chiesa della Natività di Betlemme è giunta a Cremona quale segno di autentica fratellanza. Questo il senso della “Luce della Pace di Betlemme” che in prossimità del Natale viaggia in tutto il mondo per irradiare la speranza incarnata nel Cristo fatto uomo che ha condiviso con l’umanità tutto, eccetto il peccato.

L’accoglienza ufficiale è stata nel pomeriggio di domenica 16 dicembre presso la Casa dell’accoglienza di Cremona, un luogo non scelto a caso dagli scout del Masci (Movimento di adulti scout cattolici italiani) che ogni anno promuovono questa iniziativa a livello locale.

È stato un momento semplice ma di intenso significato, nel tipico stile scout, che tra preghiera e riflessione ha preparato la distribuzione tra i presenti, a loro volta chiamati a farsi propagatori di questa luce.

Presente il vescovo Antonio Napolioni, insieme ad alcuni sacerdoti, tra i quali naturalmente il direttore di Caritas Cremonese, don Antonio Pezzetti.

La conclusione dell’incontro è stata dunque un mandato: da questa fiamma tutti hanno attinto per accendere lanterne, lumini e candele, per portare questa luce nelle proprie case e nelle proprie comunità, unitamente al suo messaggio.

Un gesto che quest’anno si arricchisce di un ulteriore impegno visto che l’Ufficio missionario diocesano, facendo proprio l’invito di Papa Francesco, suggerisce di porre una candela sul davanzale di casa la notte di Natale quale segno visibile per ricordare i drammi della Siria e del Medio Oriente (leggi per saperne di più).

La fiamma nei prossimi giorni continuerà ad ardere nella cappella della Casa dell’accoglienza offrendo ancora a chiunque lo volesse la possibilità di attingere ad essa.

Il Masci, invece, se ne farà portatore in luoghi di particolare significato. Nel pomeriggio di lunedì 17 dicembre la Luce sarà portata a Palazzo Comunale, al sindaco Gianluca Galimberti, quale consegna simbolica a tutta la comunità civile; ulteriore tappa a Casa di Nostra Signora. Domenica 23 dicembre la Luce sarà portata in varie parrocchie in città e in carcere.

Photogallery

 

L’origine dell’iniziativa

Nella Chiesa della Natività di Betlemme c’è una lampada a olio che arde perennemente da lungo tempo, probabilmente già qualche secolo dopo la venuta di Cristo. La lampada è posizionata sul punto ove si presume sia stata la mangiatoia nella quale fu messo il Salva­tore in fasce. La lampada è alimentata dall’olio donato dalle nazioni cristiane, una volta all’anno, a turno: Cristo, Luce delle genti, continua ad irradiare la sua Parola da Betlemme nel mondo intero.

Il viaggio della Luce della pace di Betlemme è iniziato nel 1986 per iniziativa degli Scout austriaci. Di anno in anno, proprio grazie a questa associazione, è cresciuta la partecipazione e l’entusiasmo in ogni parte d’Europa. In Italia la Luce è arrivata subito nel 1986 a opera degli Scout del Sud Tirol: la diffusione della fiammella, per alcuni anni limitata al territorio dell’Alto Adige, si è propagata presto anche nel resto dello Stivale. Nel 1994 in Veneto è stato costituito un comitato spontaneo che, nel Natale dello stesso anno, ha partecipato alla manifestazione di Vienna, portando quindi la fiamma in Italia dove, viaggiando in treno, ha raggiunto diverse località della Penisola. Da allora questo avviene ogni anno: la Luce, accesa alla lampada ad olio che arde perennemente nella chiesa della Natività di Betlemme, alimentata dall’olio donato da tutte le Nazioni cristiane della Terra, raggiunge così varie città italiane.

La “Luce della Pace di Betlemme” non ha solo significato religioso, ma traduce in sé molti valori civili, etici e morali accettati anche da chi non pensa di condividere una fede.

Oggi, grazie all’impegno degli Scout di tutte le associazioni circa un milione di persone in Italia portano “La Luce della Pace” nelle proprie case, gruppi, associazioni famiglie, comunità, parrocchie. Donata a tutti coloro che condividono i valori di pace e fratellanza, senza distinzione di credo o razza.




Alla vigilia della 52ª Giornata mondiale della Pace momento di preghiera e riflessione a S. Bernardo

In occasione della 52ª Giornata mondiale della Pace, come di consuetudine, la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace insieme ad Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana e Pax Christi Italia, promuovono la Marcia per la pace che, giunta alla sua 51esima edizione, avrà luogo il 31 dicembre nella diocesi di Matera-Irsina. Proprio in comunione con la Marcia, le sezioni provinciali Pax Christi e Acli propongono un momento di preghiera e riflessione: l’appuntamento è per la sera di lunedì 31 dicembre (ore 22.15) a Cremona, nella chiesa parrocchiale di S. Bernardo.

La serata cremonese intende essere un’occasione in cui chiedere al Signore il dono della pace per tante nazioni segnate da guerre e conflitti (nel mondo 20 guerre e 136 crisi violente) e per riflettere sulla produzione della armi anche da parte dell’Italia.

Locandina dell’iniziativa cremonese

 

Materiali ultili:

 

“La buona politica è al servizio della pace” è il titolo del Messaggio di Papa Francesco per la celebrazione della 52ª Giornata Mondiale della Pace del prossimo 1° gennaio 2019.

…Ogni rinnovo delle funzioni elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica costituisce un’occasione per tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto. Ne siamo certi: la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza…

A questo proposito meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, che è stato un fedele testimone del Vangelo:

  • Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo.
  • Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.
  • Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.
  • Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.
  • Beato il politico che realizza l’unità.
  • Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale.
  • Beato il politico che sa ascoltare.
  • Beato il politico che non ha paura