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Ac, campo Giovanissimi oltre la paura

Probabilmente molti penseranno che la frase più comune della Bibbia sia qualche divieto, un “Non farai” questo o quest’altro, o forse qualcosa come “Ama il tuo prossimo”. In realtà, il consiglio più ripetuto in tutto l’Antico e il Nuovo Testamento è “Non temere”. Il fatto curioso è che questa esclamazione o le sue varianti si ripetono 365 volte nel corso della Scrittura, verosimilmente una volta al giorno! Accompagnati da questo augurio e da questa progressiva e auspicabile consapevolezza, i giovanissimi di Ac hanno vissuto un’intensa esperienza di comunione e condivisione nella bella cornice di Segonzano (Tn) dal 28 luglio al 4 agosto.

“AR-U-AP: il contrario della Paura” è stato il titolo del campo estivo che ha visto protagonisti settanta ragazzi dai 14 ai 19 anni provenienti da varie parrocchie della diocesi cremonese.

La paura è un’emozione comune, necessaria, reale, non serve negarla. L’importante è non farsi bloccare dalla paura, ma trasformarla per crescere. Trasformarla nel suo contrario. E allora, cos’è il contrario della paura? Attraverso un lavoro di introspezione e condivisione si è scoperto che il contrario della paura può essere la valorizzazione delle proprie fragilità che possono diventare risorse e potenzialità, approdando ad una libera espressione di sé, oltre le aspettative e i giudizi.

Il contrario della paura è il gruppo, a cui dare fiducia ma soprattutto da cui ricevere fiducia. Il contrario della paura è la gentilezza, superando l’aggressività e la diffidenza con semplici gesti di prossimità e empatia. Il contrario della paura è la razionalizzazione e oggettivazione dei propri fantasmi interiori attraverso il confronto con adulti di riferimento. È la sequela di Cristo Risorto che può diventare la risposta alla proprie paure; è la speranza che apre i giovani a un futuro da sognare, immaginare e costruire su valori solidi.

La settimana comunitaria è stata caratterizzata da momenti di confronto, svago, divertimento, da gite e incontri con testimoni, legati dal filo rosso della preghiera che è dialogo con Chi cammina sempre al nostro fianco.

Un’occasione per sperimentare la bellezza di essere associazione che ha a cuore la formazione e la vita spirituale dei ragazzi, delle loro preoccupazioni e delle loro gioie, rafforzati dalla consapevolezza che si cresce insieme nella fede.

Le parole, le emozioni, le risate condivise in questo campo danno la carica e rigenerano per affrontare il nuovo anno associativo che è già alle porte. A ottobre sarà il momento del campo Giovani: dal 5 al 7 ottobre a Bardolino (Vr). Attesi i ragazzi dai 19 ai 30 anni, per vivere un’altra forte esperienza associativa e… per cercare di dare forma ai sogni!

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Famiglie di CL in vacanza, un’occasione per incontrarsi e insieme incontrare Cristo

Si è conclusa nei giorni scorsi la vacanza per famiglie di Comunione e Liberazione. All’esperienza di Corvara in Badia hanno partecipato circa 260 persone: famiglie, tantissimi bambini, nonni e giovani, che hanno trascorso un periodo di riposo e riflessione orientata al tema «Da questi fatti saprai che io sono il Signore».Partendo dal fatto evidente che “siamo qui”, che non ci siamo scelti e siamo insieme proprio per riconoscere come il Signore ci viene incontro ogni giorno, le giornate della vacanza sono state scandite dai momenti di preghiera comunitaria.
A cominciare dall l’ascolto del canto “al mattino”:

Al mattino, Signore, al mattino
la mia anfora è vuota alla fonte
e nell’aria che vibra e traspare
so che puoi farmi grande, Signore
E le ore del giorno, al mattino
di tua gloria son tenera argilla.
Uno è l’alveo del mio desiderio:
ch’io ti veda ed è questo il mattino.

Poi la Messa quotidiana come occasione privilegiata di incontro col Signore, le lodi recitate insieme e la preghiera dell’Angelus: “il Verbo si è fatto carne e abita in mezzo a noi”.

Durante il periodo delle ferie, inoltre, sono stati organizzati quattro incontri per approfondire la riflessione: una presentazione del libro: “L’ombra del padre” di Jan  Dobraczynski che racconta la vita di San Giuseppe, stravolta e valorizzata dal fatto di aver detto si al disegno di Dio, così è esattamente per ognuno di noi; la presentazione del libro “Ti regalo la mia molla”: la vita di Andrea Mandelli, un ragazzo morto a 19 anni per un tumore. Un ragazzo pieno di vita e di passione che si è fatto testimone dell’incontro col Signore tra gli amici, nello studio e anche nella malattia; l’incontro sul tema “Dal mediterraneo all’Europa: la testimonianza in un mondo plurale” che ha posto la domanda se è ancora possibile avere fiducia nell’altro in una realtà plurale come la nostra, portando l’esempio di una madre spagnola che ha chiesto a tutti (cittadini e media) di non accanirsi e seminare altro odio rispetto all’omicida del proprio figlio; l’intenso incontro con i coniugi Schiliró, genitori un figlio miracolato grazie all’intercessione dei coniugi Martin, beati, genitori di Teresina di Lisieux: una testimonianza di persone semplici che hanno messo la vita loro e di loro figlio malatissimo nella mani del Signore e riconoscono che questo è stato un evento “straordinario” ma la sfida vera è riconoscerlo ogni giorno: al lavoro, in famiglia.
Per questo il video con cui è stata introdotta la vacanza ha raccolto volti e voci di amici di una vita che raccontano come l’incontro con Gesù si giochi nel quotidiano e come sono state prese le loro vite: dal lavoro, alla compagnia ad una amica malata, la morte di un amico, la riscoperta di una amicizia che dura da una vita ma il cui valore era stato dato per scontato…
Le cene ed i pranzi insieme, la possibilità continua di scoprire e conoscere nuovi compagni di strada con cui condividere e giudicare quel che sta succedendo e che offre occasioni per incontrare Gesù.
A concludere la vacanza delle famiglie è stata assemblea con il vescovo Antonio Napolioni che ha raccolto un fiume di testimonianze che han raccontato la bellezza sperimentata e la convenienza della fede cristiana come possibilità di vivere il centuplo quaggiù.




Estate da volontari in Brasile, nel paese degli abbracci

Anche l’estate di quest’anno per alcuni giovani cremonesi, guidati da don Davide Ferretti, è voluta essere tempo di servizio per gli altri, in un paese lontano, il Brasile. Dopo aver fatto tappa negli anni scorsi a Goiaia, quest’anno la meta è stata Salvador, dove opera come “fidei donum” il sacerdote cremonese don Emilio Bellani. Di seguito pubblichiamo una loro testimonianza.

È il diciassettesimo giorno qui nel suburbio di Salvador. E sono stati diciassette giorni di incontri, sguardi che parlano al posto della voce, parole dette in un portoghese inventato, ma efficace. Sapevamo che ci saremmo trovati in una realtà totalmente diversa dall’Italia, totalmente diversa dal Brasile di Goiania al quale ci eravamo ormai abituati negli anni passati. Ma nessuno sarebbe stato in grado di prepararci davvero a quello che ci aspettava.

Se dovessimo utilizzare una parola per descrivere Salvador diremmo che è “muito grande”. Qui tutto è immenso, gigantesco, enorme. La favela nella quale abitiamo conta 35mila abitanti, anche se temiamo che un censimento preciso non si possa fare. Le case vengono costruite una sull’altra con una velocità impressionante. Per le strade, piene di buche e dossi alti come colline, ci sono bambini, anziani seduti sulla soglia di casa, cani e gatti che fanno merenda frugando nella spazzatura.

Quello che più ci sorprende è che, nonostante siamo circondati dall’immondizia, dall’incuria e dalla totale assenza di ordine al quale siamo abituati in Italia, istintivamente ogni mattina pensiamo di trovarci in un bel posto. Sarà il sole sempre alto in cielo, sarà l’oceano che si perde all’orizzonte, sarà la musica in filodiffusione… o sarà forse il sorriso delle persone, i grandi occhi neri dei bambini che incrociamo, gli abbracci degli adolescenti. Sì, perché qui tutti abbracciano. Non esistono le semplici strette di mano. Per salutarci la gente ci abbraccia e ci stringe forte, quasi volesse aggiustare il nostro cuore che si rompe al pensiero della povertà che i nostri occhi inevitabilmente vedono.

Durante la mattina ci dividiamo nelle varie realtà legate alla comunità di don Emilio Bellani, sacerdote cremonese “fidei donum” qui da otto anni. C’è chi va alla scuola dell’infanzia a giocare con i bambini da 1 a 5 anni, chi in un centro di rinforzo scolastico per bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni e insegna ai più grandi qualche parola di italiano, chi distribuisce le ceste basiche alle famiglie più bisognose e chi va a casa di Donna Edevania che accoglie uomini che vivevano per strada e dà loro ospitalità e una possibilità di riscatto. E il pomeriggio ci sono le partite di calcio, il bingo per i bambini del quartiere, la festa dei nonni, le visite alle scuole e ai centri educativi, gli scambi di ricette di dolci con le mamme (il salame di cioccolato diventerà presto il dolce ufficiale del quartiere).

Abbiamo ancora una settimana per stare qui, per respirare l’immensa contraddizione di questo Paese, per gustare la bellezza dell’incontro. Per ricordarci che le relazioni, quelle belle, vere, quotidiane, possono rendere il mondo un posto migliore.

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Pellegrini da Picenengo a Santiago

Il cammino da Porto a Santiago lungo l’antica via portoghese sulla costa atlantica dura 272 km. Lo hanno percorso a piedi 8 pellegrini dell’oratorio di Picenengo dal 12 al 25 luglio. Un’esperienza indimenticabile.

L’arrivo a Santiago il giorno della vigilia del santo, nel pieno della festa con i magnifici fuochi serali, e la partecipazione alla celebrazione solenne in onore di san Giacomo con la vista del botafumeiro nella maestosa cattedrale, hanno coronato un viaggio fatto di fatiche, vesciche e tante ore di cammino. Il messaggio evangelico del giorno è sembrato calzare alla perfezione: “Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore”.

Il pellegrinaggio a Compostela è già di suo un’avventura. Lo è ancor di più in un percorso che sta prendendo piede negli ultimi anni e che non nasconde alcune pecche organizzative. Ad esempio, gli ostelli piccoli e spesso stracolmi obbligano ad adattarsi a soluzioni molto spartane come materassi per terra… Comunque sia, un cammino bellissimo. A tratti commovente! La costa atlantica, soprattutto nella versione portoghese, appare spesso selvaggia e mossa dalla potenza dell’oceano. Nella parte spagnola, invece, si trasforma in fiordi, detti rias, che presentano un mare più calmo e, dove possibile, balneabile.

I pellegrini cremonesi hanno attraversato tre città prima di raggiungere la meta: Porto, Vigo e Pontevedra. Per il resto, invece, un’infinità di piccoli borghi e villaggi di pescatori o di allevatori o di agricoltori. La dedizione alla pesca ha offerto anche ai menù dei pellegrini piatti tipici, come il polpo o le cozze o il baccalà, cucinati nelle diverse tradizioni locali. Gli zaini si sono mossi tra vicoli, chiese, fontane, horreos, ponti e boschi di eucalipti. Le orecchie si sono abituate a riconoscere il vento del giorno e alla musica delle onde oceaniche. Che dire poi delle persone incontrate con cui ci si scambiano racconti di vita, speranze e curiosità del cammino? Giorno dopo giorno diventano volti familiari da consultare o da ascoltare. C’è una ospitalità spicciola che si somma a quella degli “hospitaleros”, le cui locande, come insegna don Chisciotte, sembrano castelli dopo un giorno di quasi 30 km a piedi!

La forza del cammino portoghese sulla costa è data dalla prevalenza di paesaggi marini, con i passi disposti a muoversi su lunghe passerelle dietro le dune, sulla sabbia delle spiagge (percorse anche a piedi nudi), sui terreni sconnessi dei sentieri e sulla dura realtà di qualche asfalto cittadino. La scelta di percorrere nell’ultimo tratto spagnolo la variante “espiritual” si è rivelata particolarmente azzeccata, soprattutto perché in grado di approfondire il senso di fede del cammino. Il vespro e la benedizione dei pellegrini presso il monastero di Armenteira e il “sentiero della Pietra e dell’Acqua” verso Vilanova de Aurosa, tra antichi mulini e ruscelli, scavano nell’anima. Si sono inseriti nel percorso di meditazione che ogni sera il gruppo ha dedicato alla meditazione su alcuni passaggi della Laudato si’ di Papa Francesco.

L’arrivo a Santiago ha regalato una gioia speciale, dopo tanto camminare. Tra migliaia di pellegrini, che hanno invaso la città per la grande festa del santo, non è stato difficile riconoscere quelli arrivati a piedi, con immancabili vesciche e scarpe impolverate. Dopo quasi 300 km a piedi il sospetto iniziale si è trasformato in certezza e in insegnamento di vita: anche i piedi parlano.

 

In cammino con “Goccia”

Anche Padania Acque ha voluto essere in viaggio per due settimane sul Cammino portoghese da Porto a Santiago de Compostela e ha voluto esserci con la borraccia “Goccia”, diventata ormai il simbolo ecologico di Padania Acque.

Don Bruno Bignami e gli amici Giovanni Bernardelli, Fabrizio Merli, Paola Cavagnoli, Linda Guarneri, Filippo Trabucchi, Veronica Bignami e Adriana Bignami erano equipaggiati con la borraccia “Goccia”, grazie alla quale hanno potuto dissetarsi presso le fontanelle disseminate lungo il tragitto, evitando di utilizzare le bottigliette di plastica usa e getta, in piena armonia con la natura. I pellegrini hanno voluto testimoniare un valore fondamentale per ognuno di noi: l’amore e il rispetto per l’ambiente e per il mondo in cui viviamo e per questo motivo hanno deciso di fare a meno dell’acqua in bottiglie di plastica.

Padania Acque, ringraziando i pellegrini di Picenengo, invita tutti a seguire questo esempio di civiltà: portare la borraccia con sé, anche in viaggio e in vacanza, e utilizzare l’acqua potabile di rete è un gesto semplice, ma che significa molto.




L’estate di alcune giovani in Senegal

Dal 13 al 30 agosto alcune giovani vivranno una speciale esperienza di volontariato in Senegal, attraverso la proposta fatta anche per questa estate delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda, che qui in Africa operano ormai di parecchi anni.

In Senegal, nello specifico, le Adoratrici sono presenti dal 1977 in due comunità: a Dakar e nel piccolo villaggio di Koudiadiene (Thies); inoltre dal 2010 sono presenti anche a Marsassoum (Kolda). Accanto ai padri Sacramentini svolgono il proprio servizio presso il dispensario, la scuola materna ed elementare e dedicandosi alle opere parrocchiali.

Per le giovani che hanno scelto di partire per il Continente nero sarà l’occasione per svolgere attività di animazione e collaborazione presso il centro estivo della parrocchia dei padri Sacramentini nel villaggio di Kuodiadiene. Ma non mancheranno neppure escursioni culturali per cogliere e scoprire il patrimonio storico del popolo senegalese. Questo in particolare visitando alcune famiglie del villaggio e i poveri nel circondario. Inoltre faranno tappa in alcuni luoghi significativi per la storia di questa nazione e, tempo permettendo, anche in alcuni luoghi naturalistici meravigliosi.

Ogni giorno sarà sostenuto dalla condivisione della Parola di Dio, dalla preghiera delle lodi e dei Vespri e dalla partecipazione all’Eucaristia celebrata nella comunità parrocchiale.

Protagoniste di questa esperienza saranno Anna, Elena, Maddalena e Anna, che in questo video hanno deciso di condividere le attese, i desideri, la passione, lo spirito di ricerca che anima i giorni nell’attesa della partenza.

 

«Alcune persone – racconta suor Veronica Sanvito – ci domandano: “Perché partite per l’Africa se ormai l’Africa è qui da noi?”. E ancora: “Non potete spendere il vostro tempo qui in Italia in un’esperienza di volontariato?”. Certamente tante sono le esperienze di volontariato anche con gli immigrati che si possono vivere in Italia nelle varie associazioni e strutture presenti sul nostro territorio. Ma incontrare l’ “altro diverso da me” nella sua terra di origine, nel suo paese, nelle sue abitudini, nella sua lingua, nella sua casa, nel suo vivere: questo fa la differenza. Rendersi conto che noi siamo gli stranieri, i “diversi” in una terra “non nostra”, obbligati a parlare una lingua “non nostra”, a vivere in un ambiente con regole, abitudini, tempi, leggi “non nostre”. Sentirci a volte spaesati e incapaci di muoversi e bisognosi di chiedere anche le cose più semplici. Credo che questo faccia la differenza!».

Dunque questa esperienza di volontariato potrà anche essere un’occasione per imparare a entrare in “punta di piedi”. «Nella loro modalità – continua ancora suor Veronica – di vivere i valori della relazione, del dialogo, del salutarsi ogni volta che ci si incontra, del perdere tempo per l’altro, del considerare l’ospite importante a tal punto da non poterlo mai mandare via di “casa” a mani vuote…entrare in “punta di piedi” nella loro storia, nel modo di vivere il rapporto con la morte…questo fa la differenza». E condividere questi valori con l’atteggiamento dello stupore, della meraviglia, della curiosità, del rispetto, con amore.

Se in coloro che partono c’è sicuramente il desiderio di conoscere e vedere una nuova realtà, c’è però anche l’amore per la persona umana. «Coloro che partono – afferma ancora la religiosa – sentono dentro una forza, una “voce” potremmo dire che li invia. Coloro che partono si sentono inviati! Ed è fondamentale questo “essere invitati”: non si va in missione con la presunzione di essere protagonisti, bravi…no! E se anche così fosse si scoprirà che non siamo noi “i bravi” ad andare, ma ci renderemo conto che tanto si riceve in sguardi, sorrisi, dialoghi, incontri… Si è contagiati a 360 gradi dalla bellezza della vita di comunione nella diversità più totale; ci si rende conto che non sappiamo tutto perché abbiamo avuto la possibilità di studiare, ma che tanto abbiamo da imparare dalla genialità di coloro che sanno utilizzare ogni minima cosa per vivere, per ripararsi dalla pioggia, per sedersi, per suonare, per giocare, etc.».

Ultimo, ma non certo per importanza, è ciò che amalgama tutto quanto: Cristo. «Solamente ricordandoci che in Cristo – conclude suor Veronica Sanvito – viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. Allora non vivremo da protagonisti, ma ogni giorno potremo vivere in quell’atteggiamento di accoglienza, disponibilità e apertura di cuore che ci destruttura, ci provoca, ci inquieta mettendo a nudo le nostre paure, le nostre fragilità, il nostro peccato. Alla fine di un’esperienza missionaria ci si trova soltanto in un atteggiamento di profonda gratitudine verso il Signore e verso tutte le persone che abbiamo incontrato, che ci hanno accolto, che ci sono venute incontro, perché sono state per noi occasione, ancora una volta, di riconoscerci persone come loro, figli di un Padre che ha il profondo desiderio di vederci vivere in comunione e salvi».




Giornate di fraternità e spiritualità per la comunità del Seminario

Da giovedì 26 a sabato 28 luglio la comunità del Seminario ha vissuto, insieme ai propri sacerdoti educatori e al vescovo Antonio Napolioni, alcuni giorni di amicizia, fraternità e preghiera a Gubbio presso il monastero di Betlemme dell’assunzione della Vergine Maria e di San Bruno. Questo monastero, di recente fondazione, è un caro luogo di preghiera del vescovo Napolioni, che ha voluto mostrare ai seminaristi diocesani la bellezza di questa spiritualità, arricchita da molti elementi orientali.

La Regola di vita delle monache di Betlemme si inserisce nell’alveo della tradizione spirituale che fa capo a S. Bruno, patriarca dei monaci solitari d’Occidente. Essa prevede, all’interno di una vita di clausura, una forte dimensione di solitudine e di silenzio, unita alla presenza di un intenso vincolo comunitario. Ogni monaca vive nella propria celletta. La vita, durante la settimana, è scandita da un ritmo solitario, che non vuol dire però eremitico, poiché vi sono sempre momenti comunitari.

Le monache danno inizio alla giornata alle 3 del mattino e, fino alle 6, pregano e meditano nel silenzio della propria cella. Alle 7 si ritrovano insieme in chiesa per la celebrazione dell’Ufficio liturgico e della Messa, alla quale anche i seminaristi diocesani hanno partecipato nei giorni di permanenza. Alle 9.30, in solitudine, all’interno della cella, le monache consumano il proprio pasto, dedicandosi poi al lavoro manuale e allo studio. Alle 16.15 viene consumata la cena, sempre nella solitudine della celletta, e alle 17 si recitano, insieme, i Vespri, cui segue un momento di adorazione. Poco dopo le monache si coricano.

Il sabato e la domenica la comunità monastica vive, invece, un numero maggiore di momenti di fratellanza: previsti il pasto comune in refettorio, una camminata di circa tre ore nei boschi circostanti il monastero e un incontro di condivisione.

Altro aspetto molto importante di questo ordine è l’accoglienza degli ospiti, che possono alloggiare o nella foresteria o in una piccola cella. In foresteria il gruppo del Seminario ha consumato i pasti usufruendo della modalità dell’autogestione e, grazie alla vicinanza al monastero, è riuscito a partecipare ai momenti di liturgia della comunità.

Nei due giorni spirituali non sono mancati momenti di riflessione di Chiesa, in particolare attraverso  l’incontro con due monache. Non è mancata neppure una riflessione post-sinodo e un momento per condividere gioie e difficoltà della pastorale estiva.

L’ultima sera, contemporaneamente all’eclissi lunare, la conclusione davanti all’Eucarestia e affidando al Padrone della messe l’altra parte dell’estate che ogni seminarista vivrà tra la propria comunità e quelle di servizio.

I tre giorni si sono conclusi con la visita alla città di Gubbio, visita guidata da mons. Luciano Paolucci, il più giovane vescovo italiano. Tappe al Palazzo dei Consoli, nella Cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo con annesso l’Episcopio e al Palazzo dei Canonici, passando anche per la strada che il 15 maggio è percorsa portando a spalle, di corsa, i caratteristici grandi ceri, sino a raggiungere, sul monte Igino, il santuario di Sant’Ubaldo, luogo molto caro alla Chiesa eugubina dove è conservato il corpo del santo.

Questi giorni di spiritualità, di fraternità e anche di riposo hanno permesso ai seminaristi di rinsaldare ancora di più il legame con il vescovo Antonio e con gli educatori, perché i futuri pastori imparino a non sentirsi soli e a camminare insieme.

Arrigo Duranti

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A fine agosto il campo di servizio presso Casa famiglia Spinelli

Ancora alcuni posti disponibili per il campo di servizio proposto dalle Suore Adoratrici del SS. Sacramento presso “Casa famiglia padre Francesco Spinelli” di Rivolta d’Adda, la struttura che accoglie anziani e disabili. La possibilità è quella di vivere, dal 26 agosto al 1° settembre, un’esperienza residenziale rivolta ai giovani (dai 18 anni al 35 anni) che desiderano condividere una settimana di fraternità e di servizio con gli ospiti disabili e anziani della casa avendo, nello stesso tempo, un’occasione per crescere umanamente e spiritualmente attraverso un cammino formativo e di preghiera.

«In questi giorni – precisano le Adoratrici – coniugheremo tempi di preghiera, riflessione, silenzio, fraternità e, soprattutto, ci faremo carico della gioia e del divertimento di questi nostri fratelli più fragili. I posti sono limitati e come ogni esperienza di questo genere è sempre “edizione limitata”. Occorre accettare la sfida con se stesso e non perdere l’occasione!».

“Solo Dio vince!
 Rivestiti dell’armatura di Dio” è lo slogan dell’iniziativa (cf Ef 6,11)” è lo slogan dell’iniziativa, pensata con diversi obiettivi. «Abbiamo pensato in modo particolare – proseguono le religiose – a quanti si portano dentro un desiderio di bene, la voglia di far qualcosa per gli altri e la sfida di mettersi alla prova, insieme al desiderio di trovare delle risposte a tanti interrogativi e la voglia di fare una nuova esperienza e di conoscere nuovi compagni di viaggio, evitando che le vacanze passino in fretta senza lasciare un sapore particolare a questa estate».

Informazioni e adesioni entro il 5 agosto contattando suor Stefania (cel. 324-0464625; e-mail suorstefania@suoreadoratrici.it).

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