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«La persona disabile ha diritto di amare», convegno in Seminario su affettività e sessualità nella disabilità

 

«Ripartiamo da questo giorno con domande illuminate, senza la fretta di avere subito tutte le risposte». È l’auspicio e il monito del vescovo Antonio Napolioni in apertura del convegno “Anch’io so voler bene: affettività e sessualità nella persona con disabilità” che si è tenuto nella mattinata di sabato 18 novembre nel salone Bonomelli del Seminario di Cremona e che ha proposto una serie di riflessioni e valutazioni su uno degli aspetti più delicati e meno affrontati della vita delle persona disabili.

Promosso da Fondazione Istituto Ospedaliero di Sospiro con Arsac (Associazione residenze socio-sanitarie di Cremona) e patrocinato da Diocesi di Cremona, Unità Pastorale “Madre Nostra” e Cascina San Marco di Tidolo (Sospiro), il convegno ha proposto una serie di riflessioni e valutazioni su uno degli aspetti più delicati e meno affrontati della vita delle persona disabili.

Sul palco si sono alternati professionisti ed esperti del settore: il professor Serafino Corti, direttore del Dipartimento Disabilità di Fondazione Sospiro e docente presso l’Università Cattolica di Brescia; suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale delle Persone con disabilità della CEI; padre Maurizio Faggioni, professore presso l’Accademia della Pontificia Università Antonianum di Roma.

Giovanni Scotti, Presidente Arsac e Fondazione Sospiro, ha aperto i lavori con una panoramica sul perché di questo incontro, nato dalla necessità di «fare una riflessione non solo etica, ma anche scientifica e umana su un tema complesso e non sempre facile, un ragionamento laico prezioso sia per la chiesa che per la comunità».

Anche il vescovo Napolioni ha posto l’accento sulla comunità e sul territorio: «Cremona ha un tessuto sociale capace di innovazione in termini di attenzione verso i più deboli e chi vive in situazioni di svantaggio. Oggi dobbiamo ascoltare ed impegnarci a portare nelle realtà le riflessioni e le intuizioni».

La parola poi è passata al professor Serafino Corti per la parte più legata al mondo scientifico e clinico. «L’uomo si realizza solamente attraverso la comunità e la socialità. Dobbiamo essere in grado di dare sostegno anche a chi non è in grado da solo di stare nel mondo, di comunicare. La persona disabile non è un guscio vuoto, un corpo da nutrire e curare, senza altre esigenze. Ha il diritto di vivere i propri sentimenti e la propria sessualità ma va aiutata a gestirla, nel rispetto della propria persona e del proprio corpo. Per questo dobbiamo chiederci che cos’è importante per loro e capire quali sono i bisogni, entrando in quella relazione con gentilezza e con scienza. Noi operatori dobbiamo avere la capacità di metterci in discussione, non facciamoci bastare il fatto di aver provato, preoccupiamoci sempre di verificare i risultati».

Padre Faggioni ha posto l’accento sulla parte più legata alla relazione, alla sessualità quale espressione e linguaggio della persona che si svela come essere capace di amare ed insieme bisognoso di essere amato: «Nella sessualità il corpo è un aspetto fondamentale, ma non come oggetto, bensì come strumento che permette l’incontro e l’accoglienza dell’altro da sé. La persona è creata a immagine di Dio ed è chiamata ad attuarsi nell’incontro e nella comunione» ha commentato, riprendendo il messaggio di Papa Giovanni Paolo II: «La persona disabile ha il diritto a ricevere e dare amore, come sa e come può. Le relazioni affettive di coppia, laddove possibili, vanno sostenute ed accompagnate: non si devono reprimere, ma educare ed incanalare».

La chiusura dei lavori è stata affidata a suor Veronica Donatello con le belle testimonianze di due coppie di ragazzi disabili che hanno affrontato il proprio percorso affettivo arrivando al matrimonio: Davide e Laura, due ragazzi con sindrome di Down, e Alberto e Giorgia, autistici. «Non è il grado di disabilità a definire la capacità di amare. Noi abbiamo dovuto superare tante barriere, sappiamo bene cosa vuol dire affetto ed amore» hanno raccontato. «Spesso le persone con disabilità sono immaginate come essere asessuati, con un angelismo disincarnato che non corrisponde alla realtà – il commento della religiosa –. Altre volte ci si sofferma sul problema perdendo di vista l’insieme della persona: serve una visione cristiana dell’uomo nella sua interezza e dignità. La complessità non ha mai risposte banali, per questo dobbiamo rimanere nella sfida».