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A Chiesa di casa la stagione si chiude parlando di immagine

 

«Dillo con un’immagine»: un invito particolare, una sfida per chi lavora nel mondo della comunicazione, o per chi, semplicemente, è appassionato di arte, fotografia, cinema e tenta di vivere questa dimensione durante le vacanze estive. «Dillo con un’immagine» è anche il titolo dell’ultima puntata di Chiesa di casa”, il talk settimanale di approfondimento della diocesi di Cremona.

«Oggi ci vuole poco per incontrare immagini e video – ha raccontato Filippo Mondini, fondatore di Pro Cremona – tante volte basta uno scroll sul cellulare. Per questo, quando si vuole raccontare attraverso uno schermo o uno scatto servono particolare cura e attenzione, oltre a un buon tempismo, per non rischiare che se ne perda il valore».

Secondo Susanna Fiorentini, storica dell’arte e guida turistica, «l’immagine è uno dei modi attraverso cui noi esperiamo la realtà. Non solo la concretezza, ma anche tutta la sfera dell’emotività e del sentimento. Per questo costruiamo dei codici, attraverso ciò che vediamo, per capire il mondo e la nostra interiorità. Per questo motivo chi fa arte non solo rappresenta ciò che lo circonda, ma anche il modo in cui egli percepisce la realtà».

Dietro l’immagine, dunque, si cela un mondo straordinario, che forse, in tante occasioni, viene sottovalutato. Si nascondono anche tante storie. E su questo si concentra il lavoro, e la passione, di chi si occupa di comunicazione.

«Il valore di una storia – ha concluso Filippo Gilardi, coordinatore di Riflessi Magazine – nasce negli occhi di chi la incontra e ha valore nel momento in cui parla alla sua vita. Questa è la sfida che deve affrontare ogni bravo fotografo e giornalista. Parlare di società dell’immagine, allora, può assumere un significato molto meno superficiale di ciò che si pensi: significa pensare a ciò che sta dietro l’immagine, alla persona che ne è protagonista e a quella che ne usufruisce, senza dimenticare i canali comunicativi che vengono utilizzati. C’è una bella profondità, e una grande umanità, dietro questo processo».

La terza stagione di Chiesa di casa si conclude allora con un augurio, rivolto a coloro che cercano un modo per condividere le proprie storie, anche e soprattutto quelle estive: dillo con un’immagine.




Chiesa di Casa, la magia del libro oltre le pagine

 

Che cosa non può mai mancare sotto l’ombrellone? Acqua, possibilmente fresca, crema solare e un buon libro. L’estate è uno dei periodi in cui, spesso, si riscopre la passione per la lettura: il tempo libero, le vacanze sono uno stimolo concreto a superare il confine della copertina per scoprire quali segreti un autore celi nella sua opera. E proprio ai libri è stata dedicata la nuova puntata di Chiesa di Casa, il talk di approfondimento settimanale della Diocesi di Cremona. Il penultimo appuntamento della stagione ha avuto come protagonisti alcuni ospiti che, per lavoro o vocazione, hanno un legame particolare con il mondo della scrittura.

«Innanzitutto, dobbiamo partire dalla pagina – ha spiegato Vittorio Venturini, fondatore della casa editrice cremonese Matti da rilegare – perché è l’unità di base di ogni libro. Allo stesso tempo, però, non dobbiamo sentirci limitati da essa. Soprattutto oggi, abbiamo strumenti che ci permettono di andare oltre, di scavalcare i confini tradizionali, quindi il concetto stesso di pagina va esteso». Non è un caso che, tra le sue produzioni, Venturini abbia portato in trasmissione testi in cui «le pagine si legano le une alle altre, proprio per dare continuità, anche in modo concreto, alla storia che viene raccontata».

Il concetto di pagina, poi, assume molti significati. Se ne parla molto sui social, ad esempio. E da questa realtà proviene l’esperienza di Federica Pedroni, fondatrice di Microcosmi – Itinerari di lettura, un blog che, nel tempo, si è trasformato in pagina Instagram. «Benché la lettura sia qualcosa di estremamente intimo e personale – secondo Pedroni – la possibilità di condividere con gli altri le sensazioni e le emozioni provate è un modo per sperimentare un confronto vero. A me per prima, le voci di tanti autori e lettori sono arrivate attraverso i social. La cosa straordinaria sta nel fatto che, pur non entrando in contatto fisicamente, partendo dalla lettura si crei un’autentica comunità. Microcosmi è uno strumento molto utile per scoprire nuove realtà e per conoscere persone che hanno il desiderio di condividere la propria esperienza».

C’è poi una pagina particolare, per i cristiani, che è quella della Scrittura. Per don Daniele Piazzi, responsabile dell’ufficio liturgico diocesano, la sua peculiarità è quella di «essere pensata per diventare suono di fronte a un’assemblea riunita. Allo stesso tempo, però, quelle stesse pagine hanno dato vita a secoli di arte, trasmettendo quei messaggi che ciascuno può leggere da solo, ma che riecheggiano in una comunità. C’è però un altro luogo in cui si incontra quella Scrittura, ed è quello dello studio, perché si tratta di testi antichi che hanno bisogno di un’esegesi. Nella liturgia, poi, quelle parole vengono accompagnate dalla preghiera e dal canto che ne amplificano la capacità semantica».

Per quanto possa sembrare banale, parlare di libri non significa semplicemente scambiare una battuta sull’ultimo best seller. Al contrario, il confronto diventa occasione di approfondimento, per far sì che la lettura non sia solo il passatempo estivo, ma diventi esperienza vera e condivisa.




A Chiesa di Casa l’estate tra oratorio e campi estivi

 

Scuole concluse e vacanze iniziate. È questa la situazione nella quale, ormai da una settimana, si trovano bambini e ragazzi. Ogni anno, l’estate porta con sé entusiasmo, senso di libertà e gioia. Insieme a qualche grattacapo per le famiglie, che devono pensare a come organizzare le giornate dei figli. In questo clima «caldo» – spesso anche in senso letterale – si inseriscono le numerose proposte estive che, tradizionalmente, animano e accompagnano le estati dei più giovani.

Tra le più gettonate nelle parrocchie di tutt’Italia c’è certamente il Grest, che accoglie bambini e adolescenti dando loro la possibilità di giocare e stare insieme per diverse settimane.

«È sempre un momento speciale», racconta don Francesco Fontana, responsabile della Federazione oratori cremonesi durante la nuova puntata del talk diocesano Chiesa di Casa. «Perché ci permette – evidenzia il sacerdote – di far incontrare tante persone in oratorio: luogo che, per noi, ha un significato speciale».

Tradizionalmente, il gioco è elemento imprescindibile. Non solo per il Grest, ma anche per tutte le altre realtà che, sul territorio, propongono attività estive rivolte ai più piccoli. È questo il caso, tra le altre, di Azione Cattolica, che ogni anno progetta e realizza un campo estivo per i bambini della scuola primaria e secondaria. Francesca Dasti, già responsabile diocesana di Acr, spiega che «il gioco è la dinamica di base, perché permette di veicolare, in modo semplice ed esplicito, ciò che si vuole raccontare e far comprendere. Non è il fine, ma uno strumento molto prezioso per parlare di correttezza, amicizia, collaborazione, fiducia… E funziona perché a esso fa seguito un momento di riflessione e confronto, che aiuta a coglierne gli aspetti più significativi e profondi».

In modo differente, ma con diversi tratti in comune, si caratterizza anche la proposta delle società sportive che, in estate, strutturano iniziative e campi dedicati ad atleti e appassionati. «Tra la fine di agosto e l’inizio di settembre – racconta Filippo Depetri, giovane dirigente di Sansebasket Cremona – la nostra squadra organizza un camp estivo a cui, mediamente, partecipano un centinaio di ragazzi. Si tratta certamente di una sfida, ma ciò che vediamo emergere sempre più spesso è il piacere di stare insieme. Lo testimonia il fatto che siamo giunti all’undicesima edizione e vediamo sempre più che chi, come me, ha vissuto l’esperienza da fruitore, manifesta il desiderio di essere coinvolto come organizzatore, per poter regalare ai più piccoli un momento bello e speciale».

I valori della testimonianza e della condivisione risultano dunque centrali per tutti coloro che si trovano a vivere delle esperienze estive. «Nel caso dell’oratorio estivo – conclude don Fontana – sappiamo bene quale sia il vero testimone a cui ci rivolgiamo. L’impegno profuso da tanti animatori e volontari è proprio il riflesso di quello stile di carità e servizio che troviamo nel Vangelo».

Ancora una volta, allora, l’estate si configura come un momento di riposo e di vera vacanza per i bambini e i ragazzi, ma non privo di proposte e iniziative volte alla loro crescita umana e relazionale.




Chiesa di Casa, puntata speciale con don Valerio Lazzari e don Giuseppe Valerio

 

Un grande evento di Chiesa. Questo rappresentano le ordinazioni presbiterali per una comunità cristiana. Ad accogliere due nuovi sacerdoti è la Diocesi di Cremona, che nella serata di sabato 8 giugno festeggia don Valerio Lazzari, di Vicomoscano, e don Giuseppe Valerio, originario di Spinadesco, intervenuti nella nuova puntata di Chiesa di Casa, il talk di approfondimento diocesano nel quale i due giovani si sono raccontati e hanno condiviso la propria esperienza di vita.

«Quella dell’ordinazione – ha raccontato don Giuseppe Valerio – non è certo la tappa finale di un cammino che si conclude.  Siamo frutto di una storia nata all’interno di diverse comunità: la famiglia, la parrocchia, l’oratorio, il lavoro… Tutte queste esperienze sono parte di noi e ci hanno portato qui, dove inizia un nuovo capitolo».

Per don Valerio Lazzari «il termine chiave è testimonianza. Le persone che ci hanno accompagnato, o che abbiamo incontrato, ci hanno trasmesso il loro modo di vivere e di relazionarsi con l’esperienza di fede. E questo non può che farci bene per inserirci in quell’ottica di comunione e condivisione che il nostro ministero ci richiede».

Insieme a loro, ha preso parte alla trasmissione anche Elisabetta Morelli che, insieme al marito Giuseppe Ruggeri, accompagna il cammino di formazione dei seminaristi di Cremona. La presenza di laici all’interno del percorso formativo ha un obiettivo preciso: aiutare i futuri sacerdoti ad avere uno sguardo più ampio sulla realtà della Chiesa. «Per questo, una volta al mese i seminaristi si uniscono ad una famiglia per cenare e condividere insieme la Parola della domenica. Crediamo sia un momento bello per far dialogare due realtà che, nella vita della comunità cristiana, sono chiamate a collaborare e crescere insieme».

La presenza di due coniugi direttamente inseriti nell’equipe formativa del seminario, però, non ha solo finalità organizzative e pratiche. «Quello che cerchiamo di fare – ha spiegato Elisabetta Morelli – è tentare di portare la nostra testimonianza di vita, con verità e sincerità. Anche io e mio marito, come sposi, abbiamo detto il nostro “per sempre”, che non è così diverso da quello che pronunciano i sacerdoti, quindi tentiamo di condividere con loro ciò che viviamo quotidianamente, sperando di lasciare qualcosa di buono».

Con l’ordinazione si festeggiano due nuovi presbiteri, ma, come detto in precedenza, si vive una gioia che è davvero di tutta la Chiesa. Perché da essa don Valerio Lazzari e don Giuseppe Valerio provengono, e ad essa sono mandati. Secondo il giovane originario di Spinadesco, «lo stile che dobbiamo avere deve necessariamente essere quello della famiglia, dove ci si ascolta e ci si sostiene. È questo che abbiamo cercato di vivere negli anni di seminario, e ora, da presbiteri, proveremo a stare nella comunità come guide, come uomini disposti ad ascoltare, imparare e sostenere il cammino dei fratelli».

A confermare le sue parole, anche il compagno di Messa, che ha sottolineato quanto sia importante «stare nella comunità. Credo che il nostro primo scopo sia quello di esserci, cioè di essere presenti per le persone che incontreremo sul nostro cammino. Quello della presenza è un punto chiave, perché, come abbiamo imparato a riconoscere in questi anni, è già di per sé una testimonianza del Vangelo».

 

Sabato sera alle 20.30 in Cattedrale l’ordinazione di don Valerio Lazzari e don Giuseppe Valerio




A Chiesa di casa in cammino sulle strade dell’anima

 

C’è un’esperienza comune a tanti, che molti vivono soprattutto durante l’estate: il viaggio. Un luogo, forse un tempo, che ha forti legami con la realtà umana, sia che lo si intenda in senso metaforico, sia che si guardi ad esso da un punto di vista più concreto e pratico. A livello semplicistico, si tratta di uno spostamento da un punto ad un altro. Normalmente, finalizzato al raggiungimento di una meta. Eppure, pare esserci un oltre. Nella puntata di questa settimana del talk diocesano Chiesa di Casa don Matteo Bottesini, incaricato diocesano del Segretariato pellegrinaggi, ha sottolineato come «ogni viaggio è innanzitutto un’esperienza interiore. Poi, nel caso di un pellegrinaggio, si concretizza in un cammino condiviso con una comunità, con il fine di vivere una particolare situazione a livello spirituale e di fede».

C’è dunque uno spostamento di focus: viaggio, nella sua essenza, non ha significato solo alla luce del punto di arrivo, ma acquisisce valore come occasione di crescita.

«Questa vale anche e soprattutto – ha spiegato Tiziano Guarneri, presidente della Sottosezione cremonese dell’Unitalsi – per i nostri pellegrinaggi. Ciò che muove gli ammalati, le persone fragili e i loro accompagnatori a mettersi in cammino è solitamente il desiderio di vivere o riscoprire un certo percorso di fede. In modo analogo per i volontari la motivazione viene spesso dalla volontà di concretizzare il carisma della carità che, per un credente, ha un valore particolare e fondamentale».

Quella del viaggio, o del cammino, non è però una dinamica che si limita alla sola sfera religiosa, intesa in senso stretto. C’è una dimensione di intimità e profondità che può essere esperita e colta a trecentosessanta gradi. A testimoniarlo sono state le parole di Paolo Loda, giornalista cremonese. «Affrontando il Cammino di Santiago si vive la possibilità di riconnettersi alla propria interiorità. La lontananza dalla frenesia del quotidiano aiuta, così come gli incontri e le relazioni che si costruiscono. Sono convinto, infatti, che nulla di quello che accade durante il Cammino sia casuale, ma che ci capiti non ciò che desideriamo, bensì ciò di cui abbiamo bisogno. E in questo viaggio possiamo davvero riscoprirci in modo serio e radicato».

Il sentiero tracciato dagli ospiti di Chiesa di Casa sembra chiaro: quella del viaggio è un’esperienza umana forte e significativa, che tocca il soggetto nella sua essenza e specificità.

«Oggi c’è un grande desiderio e una notevole ricerca del “cammino” – ha concluso con Bottesini – anche da parte dei giovani. Questo dice di una sete di ricerca, di un bisogno di staccare per superare qualche difficoltà o per cercare risposte alle proprie domande più profonde. Il fatto di viaggiare, poi, spesso spinge ad incontrare la propria dimensione spirituale e questo, tante volte, si intreccia con il cammino di fede di ciascuno o dell’intera comunità».




Si impara da piccoli a diventare grandi

 

«Si impara da piccoli a diventare grandi». Sono queste le parole usate da Michela Colombo, capo scout di Cassano d’Adda, durante la nuova puntata del talk diocesano Chiesa di Casa per celebrare la prima Giornata mondiale dei bambini voluta da Papa Francesco e che si celebra domenica 26 maggio. Lo sguardo è quindi focalizzato sull’oggi e sul domani, secondo la giovane scout milanese, che ha sottolineato quanto sia importante «camminare insieme a loro e aiutarli a diventare uomini e donne della partenza, cioè capaci di fare una scelta di vita e di servizio».

Un grande obiettivo, una missione che, tuttavia, non è esente da fatiche. «Relazionarsi con i bambini non è sempre semplice – ha raccontato Sara Butti, insegnante della scuola primaria Realdo Colombo di Cremona – perché si genera un carico di dubbi e responsabilità non indifferente. Sorgono domande e perplessità su ciò che si sta facendo ed è necessario mettersi in discussione. Non sempre regoliamo il nostro registro su di loro. Eppure è una sfida meravigliosa».

La visione, nonostante le fatiche, resta quindi assolutamente positiva. Non è un caso che Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata, si sia rivolto ai bambini affermando che sono «la gioia dell’umanità».

E a confermare questa grande emozione positiva sono arrivate le parole di Paola Parma, coordinatrice del reparto di Ostetrica dell’Ospedale di Cremona. «Ogni nascita porta con sé un augurio lieto e gioioso, nonostante le fatiche che la gravidanza e il parto rappresentano per ogni madre, padre e neonato. Questo perché ognuno dei piccoli che vediamo nascere in reparto ha quello sguardo potente che è capace, in un attimo, di far innamorare di lui i suoi genitori». Inoltre, secondo l’ostetrica, «c’è una gioia innata che abita il nostro reparto: le nostre pazienti non sono malate, bensì vivono un momento così speciale da richiedere una cura e un’attenzione particolare».

La gioia portata dai bambini non si limita però al momento della nascita. I sorrisi e le battute dei più piccoli sono, molto spesso, effettivamente straordinari ed egualmente distintivi. Secondo Sara Butti, questa capacità dei bambini è legata al fatto che «vivono con grande spensieratezza: sono persone pure e trasparenti, per questo riescono a gioire di tutto. Generalmente anche molto più di noi adulti».

Un’altra caratteristica che rende speciali i bambini è la loro assoluta spontaneità. «I sorrisi, gli abbracci, le bocche spalancate arrivano anche per le cose più piccole – ha raccontato con occhi lucenti Michela Colombo – è proprio per questo l’entusiasmo che manifestano è così contagioso».

La Giornata mondiale dei bambini diventa allora una nuova occasione per ricordarne e sottolinearne preziosità e valore. Allo stesso tempo, c’è una necessità di tutela che è sempre richiesta per chi si trova a ricoprire ruoli educativi e formativi nei confronti dei piccoli. Da un lato è richiesta per la loro condizione; dall’altro, perché genitori, insegnanti ed educatori sono chiamati a crescere gli adulti di domani.

 

1ª Giornata mondiale dei bambini, appuntamento diocesano a Caravaggio nel giorno dell’Apparizione




Comunicazione tecnologicamente evoluta ma pienamente umana?

 

«Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana». Questo il titolo scelto per la cinquantottesima Giornata mondiale per le comunicazioni sociali, che la Chiesa universale celebra domenica 12 maggio. Uno slogan per certi versi provocatorio, che si inserisce e affronta la questione dell’uso dell’IA in relazione all’umanità, a cui spesso è contrapposta. Ad approfondire la questione nella nuova puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento della diocesi di Cremona, sono stati tre ospiti provenienti dal mondo della comunicazione.

Secondo Giacomo Ghisani, presidente dell’editrice diocesana TeleRadio Cremona Cittanova e già vicedirettore generale della Direzione per gli affari generali del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, «chi si occupa di comunicazione, soprattutto in questo mondo che il Papa, nel suo messaggio, definisce “ricco di tecnica e povero di umanità”, deve esercitarsi ad assolvere a due compiti importanti: informare, cioè portare le notizie, e formare, ovvero fornire al pubblico dei criteri di lettura della realtà affinché ciascuno possa esercitare la propria cittadinanza. Quest’attenzione – che è poi un invito – racchiude uno sguardo pienamente umano».

Ad aggiungere un ulteriore spunto di riflessione è stato Lucio Dall’Angelo, direttore dell’emittente televisiva Cremona1 e del sito di informazione online CremonaOggi. Cercando di individuare la specificità del giornalista, ha sottolineato come «l’elemento differenziale di chi fa il nostro mestiere è la capacità di proporre anche delle chiavi interpretative rispetto al reale che racconta. Qui sta quel tratto di umanità cui si faceva riferimento in precedenza».

Non è mancato, poi, il riferimento all’uso dell’Intelligenza Artificiale, citato proprio da Papa Francesco e inserito nel titolo della Giornata odierna. «Alla fine, vince l’uomo – ha sostenuto Paolo Gualandris, direttore del quotidiano La Provincia di Cremona – nel senso che l’IA non è né buona né cattiva. Può offrire grandi opportunità, per coordinare e unire diverse informazioni, ma presenta dei rischi: le fake news sono uno di questi. A livello tecnologico si possono fare cose straordinarie nei confronti di chi guarda, o legge, ma spetta all’uomo il compito di educare a uno spirito critico, capace di cogliere il valore della realtà».

E proprio dal radicamento in essa, Dall’Angelo ha proposto alcune considerazioni su ciò che si definisce posizionamento: «Oggi, ogni soggetto è in un certo senso editore e ha un suo racconto della realtà da cui non possiamo prescindere. Conoscere la propria identità in relazione al territorio è fondamentale per capire come e dove collocarsi».

L’interazione con il mondo, con la società, è stata individuata come cardine anche dal presidente Ghisani. Riprendendo Romano Guardini, secondo cui «Il posto naturale dell’uomo è il divenire», ha ribadito che «per chi fa comunicazione è necessario portare il mondo nella nostra realtà, senza perdere di vista la permeabilità rispetto al territorio. È questa la logica del divenire. Questo è ciò che anche la comunità ecclesiale è invitata a fare, insieme a chi si occupa della comunicazione all’interno di essa». Un chiaro richiamo all’umanità, in linea con il tema della Giornata mondiale per le comunicazioni sociali.




Inclusione, tutela e formazione: a “Chiesa di Casa” le sfide per il mondo del lavoro

 

La giornata del primo maggio è associata alla festa dei lavoratori. E anche nel mondo ecclesiale in questa occasione si tenta di dare rilievo alle tematiche relative al mondo del lavoro, che intrecciano inequivocabilmente la vita della comunità civile e religiosa. Con questo spirito mercoledì 1 maggio il vescovo Antonio Napolioni ha celebrato l’Eucaristia presso l’azienda “Italcoppie Sensori S.r.l.” di Malagnino, incontrando i titolari, i dipendenti e le rispettive famiglie, e insieme anche la rappresentanza del mondo economico e lavoratori del territorio.

Un’attenzione particolare sulla giornata dedicata ai lavoratori è stata posta anche nella nuova puntata di “Chiesa di Casa”, il talk settimanale di approfondimento della diocesi di Cremona.

«Il mercato del lavoro deve essere regolato – ha spiegato Giuseppe De Maria, già segretario generale Cisl Asse del Po e ora membro della Commissione diocesana della Pastorale sociale e del lavoro – perché prevede il coinvolgimento delle persone e non è semplicemente assimilabile a uno scambio di cose. Da qui è nata l’esigenza di una contrattazione tra le parti che definisce, oltre alla parte salariale, anche gli aspetti normativi».

La tutela della persona, prima che la riflessione sul lavoro e sulla sua retribuzione in sé, è stata spesso sottolineata dagli ospiti della trasmissione. Enzo Zerbini, della cooperativa sociale “Il Calabrone” di Cremona, ha posto l’accento sulle occasioni che, in chiave positiva, le aziende possono offrire ai lavoratori. «Certamente il lavoro non è tutto, ma per tante persone assume un ruolo fondamentale. In questo senso, ci sembra importantissimo parlare di inclusione, tanto che cerchiamo di dare la possibilità di spendere le proprie competenze anche a tante persone che hanno alle spalle o ancora vivono situazioni di fragilità».

In questo senso, allora, parlare di lavoro assume un significato diverso. Dalle riflessioni degli ospiti, infatti, emerge un’idea non semplicemente legata alla praticità, ma che supera i confini delle capacità puramente concrete. E il mercato del lavoro stesso sembra andare in questa direzione.

«Oggi viviamo un momento storico particolare – ha raccontato Daniele Daturi, fondatore dell’agenzia per il lavoro “Al Centro” – perché aziende sono sempre più alla ricerca di persone desiderose di formarsi. Di conseguenza, sorge poi un grande interrogativo legato all’inserimento delle nuove generazioni, che affrontano e incontreranno una realtà molto diversa rispetto a chi li ha preceduti. È uno sguardo in prospettiva, che è chiamato a cambiare in modo molto rapido. Per questo motivo diventano sempre più importanti le soft skills, ossia quelle competenze umane che permettono alle persone di stare davvero nella realtà».

Se il primo maggio parla di tradizione, la festa che si celebra inneggia al cambiamento. Un’evoluzione è quindi richiesta, procedendo nell’ottica di una maggiore inclusione, tutela e formazione delle persone che, quotidianamente, abitano il mondo del lavoro.




Chiesa di Casa, dalla parte del Pianeta

 

La Giornata mondiale della terra celebrata il 22 aprile ha rappresentato un’occasione unica per focalizzare l’attenzione sul nostro pianeta. Nata nel 1970, ha l’obiettivo dichiarato di invitare le persone a riflettere e mettere in campo azioni utili alla salvaguardia della terra. Una tematica cui è stata dedicata proprio la nuova puntata di questa settimana di Chiesa di Casa.

«Parlare di ecologia è fondamentale – ha spiegato Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la Pastorale sociale – perché significa inevitabilmente parlare di noi. Abbiamo anche un invito chiaro, in questo senso, dato da Papa Francesco con Laudato si’ e Fratelli tutti: si fa riferimento a un’ecologia integrale, che non è ambientalismo, ma cura della nostra casa comune e delle relazioni».

L’aspetto relazionale risulta centrale, come evidenziato anche dalle parole del sociologo Mauro Ferrari, autore del libro Noi siamo erbacce. Cos’è la botanica sociale. Secondo lo scrittore piadenese, infatti, «tutti noi ci nutriamo di interazioni e le nostre identità sono frutto proprio di queste dinamiche. Su scala globale, esse sono purtroppo molto spesso diseguali e hanno portato a situazioni davvero complesse per molte persone. Vivere di relazioni significa essere consapevoli di poter e dover attuare comportamenti utili a cambiare questa situazione».

A sottolineare il valore di una reale necessità di transizione è stato Andrea Corini, fondatore di Green Boost, startup attiva nel settore della vendita di crediti di carbonio. «Sentiamo usare spesso la parola green, molte volte a sproposito. Per un’azienda, dirigersi verso la sostenibilità significa ripensarsi e strutturare, insieme a chi ne è capace, un progetto volto a valorizzare quegli attori che sono capaci di investire nell’ambiente, tutelandolo, e nelle risorse che esso produce».




Una chiamata a seminare speranza

 

“Chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace”. Questo il titolo del messaggio di Papa Francesco per la 61ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni che la Chiesa celebra domenica 21 aprile. “Creare casa” è poi lo slogan della giornata, con un chiaro riferimento al punto 217 della Christus Vivit. Un richiamo altrettanto evidente è alla quotidianità, dimensione ripresa più volte anche dal Pontefice nel suo augurio rivolto all’intera comunità cristiana.

L’attenzione alla vita di tutti giorni è stata messa in primo piano anche dagli ospiti della nuova puntata di Chiesa di casa, il talk settimanale di approfondimento della Diocesi.

«È nella vita e alla vita di tutti i giorni che il Signore chiama – ha raccontato il diacono don Valerio Lazzari, collaboratore dell’équipe diocesana di Pastorale vocazionale e che a giugno sarà ordinato sacerdote –. Se guardiamo ai primi discepoli è evidente: a semplici pescatori è chiesto di essere pescatori d’uomini». In questa dinamica, secondo Lazzari, «tutto fa parte del processo vocazionale. La nostra esperienza personale entra in gioco in modo deciso, perché i desideri e le aspirazioni si intrecciano con la nostra vocazione».

Il contatto con la realtà, dunque, risulta decisivo. Ed è questa la testimonianza del dottor Alberto Rigolli, medico cremonese con molte esperienze di missione all’stero con Medici per l’Africa Cuamm. «È bene tenere presente che parliamo di un cammino, quindi credo sia importante accorgersi che, nel proprio percorso di vita, ciò che si fa incontra, di giorno in giorno, desideri e aspirazioni. Il tutto senza porsi limiti eccessivamente rigidi e stretti, perché parliamo di qualcosa di dinamico».

Il cammino vocazionale, allora, è un percorso che prevede l’incontro con il mondo e, di conseguenza, con l’altro. «È innanzitutto nello sguardo del Signore – per suor Roberta Valeri, delle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento – che si comprende la propria vocazione e si affrontano gli ostacoli. Le relazioni vere e autentiche con chi ci sta intorno, però, sono un’occasione di apertura e confronto utile a superare le prove e le fatiche che fanno naturalmente parte del cammino».

E su quest’idea di condivisione si è articolata e conclusa l’intera riflessione degli ospiti, che la più volte hanno ribadito la centralità della presenza di compagni di viaggio con cui camminare. Una dinamica cui ha fatto riferimento proprio Papa Francesco, che nel messaggio per la giornata ha voluto sottolineare questo aspetto. “La Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni porta impresso il timbro della sinodalità: molti sono i carismi e siamo chiamati ad ascoltarci reciprocamente e a camminare insieme per scoprirli e per discernere a che cosa lo Spirito ci chiama per il bene di tutti”.

L’invito del Santo Padre è chiaro e netto, e fornisce una buona interpretazione di cosa significhi “creare casa”.