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Il presepe, tra arte e devozione

Natale e presepe. Due termini che, storicamente, sono legati da una lunga tradizione. Per questo motivo la nuova puntata di “Chiesa di Casa” è stata interamente dedicata al presepe. Ospiti del settimanale diocesano sono stati fra Andrea Cassinelli, frate cappuccino del convento di S. Giuseppe a Cremona, ed Elena Poli, storica dell’arte e guida per il Crart.

La riflessione è partita proprio dal termine tradizione. «Il presepe è realmente parte di essa — ha commentato fra Andrea — nel momento in cui ci spinge a fermarci a pensare al Natale, a quel che sta accadendo, in modo semplice». D’altra parte è proprio nelle case e nelle piccole comunità che, spesso, ci si ritrova per prepararsi a celebrare il Natale vivendo momenti di festa e condivisione.

Presepe, però, «non è solo riproposizione di quanto fatto da san Francesco – ha ricordato Elena Poli – infatti nel mondo dell’arte la tradizione del presepe è strettamente legata alla rappresentazione della natività, già presente nei primi secoli».

Il legame con la storia, dunque, è estremamente rilevante. Tuttavia non manca uno stretto rapporto con l’attualità. «Ciascuno di noi è figlio della propria storia, del proprio passato: siamo ciò che siamo stati», secondo Fra Andrea, che ha aggiunto anche una lettura teologica: «la presenza di Dio è qui e oggi, non solo duemila anni fa. Questa è l’incarnazione».

Il tentativo di attualizzare il presepe, poi, è stato fatto anche dagli artisti di ogni epoca. E spesso ci si ritrova a chiedersi se abbia senso, ancora oggi, spendersi per una rappresentazione di questo tipo. «Forse la domanda che dovremmo porci è la seguente: “Perché, in passato, hanno sentito l’esigenza di proporre il presepe in una certa forma?”», ha raccontato Elena Poli. «Interrogarci in questo senso, forse ci aiuterebbe a renderci conto di come sia impossibile ragionare sull’espressione artistica e tradizionale a priori».

Ed è probabilmente questo il cuore del Vangelo. «Il presepe racconta di una compromissione, da parte di Dio, con la storia degli uomini – ha chiosato fra Andrea – e con il suo legame con la tradizione ci mette in contatto con il nostro passato, aiutandoci a prenderne coscienza per vivere ancor di più nel presente».

Il panorama artistico non si distacca molto da questa visione, secondo Elena Poli: «Ci sono da sempre grandi cambiamenti nel presepe, da Francesco ad oggi, ma è sempre rimasto un unico punto fermo: Gesù».

Con questa consapevolezza si arriva alle celebrazione del Natale 2022, consci della tradizione che, ancora oggi, si esprime, e desiderosi di vivere nell’attualità il Vangelo.




Seminario, una comunità rivolta all’essenziale

Rivolti all’essenziale. Questo il titolo della Giornata del Seminario, celebrata in diocesi di Cremona domenica 12 dicembre. Per approfondire le dinamiche tipiche della vita dei giovani in cammino verso il presbiterato la nuova puntata di “Chiesa di casa” ha avuto come ospiti don Francesco Cortellini, vicerettore del seminario di Cremona, e Massimo Serina, di Rivolta d’Adda, seminarista di terza Teologia.

Punto focale della prima parte della trasmissione è stata la parola ”scelta”, apparentemente decisiva per chi decide di avvicinarsi al seminario. «Quella del seminario – ha precisato don Cortellini – è in realtà una scelta parziale di vita: risponde al desiderio di fare un cammino». Inizio della formazione e ordinazione, dunque, non coincidono tra loro. «Ogni giorno la persona sceglie di percorrere quel cammino alla luce del proprio rapporto con Dio, decidendo liberamente se proseguire verso il ministero o rivedere il proprio percorso dopo aver maturato una maggior consapevolezza della propria vocazione».

La dinamica appare quindi come quella di una risposta alla chiamata ricevuta dal Signore, «anche se c’è, a tutti gli affetti, la scelta della persona che decide di coglierne il valore», ha raccontato Serina. «Il seminario è a tutti gli effetti un’opportunità che si affaccia, un’intuizione su quello che potrebbe essere il miglior modo per servire il Signore».

Come ogni scelta, anche quella del Seminario prevede rinunce e privazioni, che, spesso, possono essere considerate molto limitanti. La vita del prete, però, non è fatta solo di fatiche, secondo don Cortellini, ma «il vero senso dell’essere rivolti all’essenziale è quello dell’innamoramento: chi sceglie di stare con il Signore riconosce che è Lui a poter essere il tutto della sua vita».

Il cammino di Seminario, oltre ad aiutare i giovani che vi si affacciano a compiere il proprio discernimento vocazionale, prevede un percorso formativo importante, basato su quattro dimensioni fondamentali: formazione umana, spirituale, culturale e pastorale. «L’ultima è certamente la più avvincente – ha scherzato Massimo Serina – perché ci vede impegnati sul campo, in parrocchia, ogni fine settimana. Gli altri tre aspetti della formazione sono più intimi e, di conseguenza, spesso ci mettono a dura prova a livello personale».

Un’impressione confermata anche dalle parole del vice rettore. «Il cammino di ogni seminarista prevede un accompagnamento personale utile alla costituzione di un equilibrio tra ruolo e umanità: non esiste una ricetta già pronta, ma va costruita insieme».

Condivisione, discernimento e cammino sembrano dunque le parole chiave della vita di seminario. Una vita che è rivolta all’essenziale nel senso più bello del termine, come le parole di don Francesco Cortellini e Massimo Serina hanno saputo testimoniare nel migliore dei modi.




Sinodo, per avviare uno nuovo stile di essere Chiesa

Una Chiesa rivolta verso l’uomo e a servizio del suo vero bene. È questo l’orizzonte di senso in cui si pone l’esperienza del sinodo della Chiesa universale secondo Diana Afman Alquati e Walter Cipolleschi, referenti del cammino sinodale per la Diocesi di Cremona. Ospiti della nuova puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento pastorale da giovedì disponibile sui canali web diocesani, entrambi hanno sottolineato come quella del Sinodo sia una dinamica fondamentale per la vita della comunità: esprime il desiderio di «comprendere che cosa lo Spirito chieda a noi cristiani — ha spiegato Cipolleschi — senza esprimere la necessità di un risultato finale che sia quantificabile o valutabile».

Il cammino sinodale si pone, quindi, come occasione di confronto tra tutti i membri della comunità cristiana per crescere nella comunione. «Si percepisce una vera universalità – ha raccontato Diana Afman Alquati – perché recandoci a Roma abbiamo avuto modo di confrontarci con persone di altre parrocchie e diocesi».

La Chiesa italiana, infatti, sta affrontando un percorso comune fatto di diverse tappe. «Ci troviamo ora nella prima fase, quella narrativa – ha riportato Cipolleschi – che si svilupperà anche nel prossimo anno e sarà interamente dedicata all’ascolto. Ad essa farà seguito la fase sapienziale, in cui si rifletterà alla luce della Parola di Dio su ciò che è emerso in questi due anni. L’obiettivo è poi quello di arrivare alla fase profetica: l’ultima, con uno sguardo rivolto al futuro in vista di scelte condivise».

Il cammino, tuttavia, non è fatto di tappe forzate, ma prevede in questa prima fase, di raccogliere in sintesi i contributi di tutti. Il primo documento ha raccolto quanto emerso dalle parrocchie e realtà ecclesiali della diocesi che hanno avviato “spazi” di ascolto. Ed è proprio il legame con la diocesi a essere fondamentale, secondo Diana Afman Alquati: «L’indicazione era quella di parlare con i parrocchiani per comprendere che cosa vedessero e si aspettassero dalla Chiesa. Devo dire che molte comunità si sono buttate con entusiasmo per rispondere alle nostre richieste, talvolta andando oltre e portando contributi estremamente preziosi».

Nella diocesi di Cremona, tra il 2021 e il 2022, sono stati interpellati i Consigli pastorali parrocchiali con il desiderio di raccogliere spunti e sollecitazioni da parte di tutte le realtà che fanno parte delle comunità. La tappa successiva, che ha preso il via nelle scorse settimane con la consegna, da parte della Diocesi, di un sussidio preparato per i Consigli Pastorali Parrocchiali. Un vero e proprio invito, rivolto alla Chiesa locale, ad allargare lo sguardo oltre la parrocchia, per entrare in dialogo con quei mondi, ambienti di vita, nei quali i cristiani vivono accanto ai loro fratelli impegnati a testimoniare il Vangelo per il bene di tutti.

Il livello diocesano, dunque, è il punto di partenza di una riflessione molto più ampia, che si arricchisce sempre più con il contributo delle Chiese sorelle per raggiungere i diversi continenti. «È significativo il fatto che, insieme a Diana, abbiamo partecipato a un incontro in cui ci è stata data la possibilità di ascoltare le esperienze dei referenti di altre Chiese sorelle, non semplicemente italiane».

Un cammino così scandito e coinvolgente, come quello sinodale, si espone, però, al rischio di deludere quelle aspettative e attese che i fedeli hanno manifestato quando sono stati coinvolti. Un pericolo messo in evidenza dalla domanda di Davide Valesi, giovane della diocesi di Cremona che, nel 2017, aveva partecipato al Sinodo diocesano dei giovani: «Al termine di ogni esperienza sinodale vengono prodotti dei documenti. Ma poi, alla comunità, che cosa resta di tutto questo?». ​​​​​​​Alla domanda volutamente provocatoria del giovane, i referenti diocesani hanno risposto in modo chiaro: «Papa Francesco ci chiede di fare una riflessione su come la Chiesa debba camminare oggi sulle strade del mondo — ha commentato Cipolleschi — senza porre alcun termine o una data di scadenza». Alle sue parole hanno fatto eco quelle di Diana Afman Alquati, che ha ricordato come «all’interno del percorso del Sinodo si tiene conto di ogni riflessione, sfruttandola come occasione di stimolo per proseguire un cammino condiviso».

Il sinodo, come ha più volte ricordato il Papa, non dovrà esaurirsi in un evento tra i tanti, né mirare a produrre un nuovo documento, ma avviare uno stile nuovo di essere Chiesa, più impegnata a vivere la comunione a realizzare una vera partecipazione tra tutti i suoi membri e più gioiosamente protesa alla missione. Un cammino che chiederà tempi lunghi, ma anche, sotto la guida dello Spirito scelte concrete e coraggiose.




Catechesi, un cammino da fare insieme

«Una catechesi sempre più compromessa con le persone che vi partecipano».

È questa la sintesi del progetto catechistico della diocesi di Cremona per il futuro. A presentarlo, durante la nuova puntata di “Chiesa di Casa” disponibile sui canali social diocesani (Facebook e Youtube), don Luigi Donati Fogliazza, responsabile responsabile dell’ufficio catechistico, e Federico Benna, educatore parrocchiale e membro dell’equipe diocesana di catechesi.

La nuova guida “Diventa quello che sei. Aggiorniamo l’iniziazione cristiana”, proposta dal vescovo alla diocesi, prevede alcuni cambiamenti all’interno dei cammini di iniziazione cristiana delle parrocchie. «Ci sarà un minor carico di incontri per i genitori, per alleggerire famiglie e comunità — ha spiegato Donati Fogliazza — aumentando però la frequenza degli incontri per bambini e ragazzi». Altre modifiche riguarderanno invece i momenti dei sacramenti, «che vorremmo uniformare a livello diocesano, con la Confessione in quarta elementare e, l’anno successivo, Cresima ed Eucaristia».

Il focus, però, non sarà solo sulla catechesi per bambini e ragazzi. «Quello a cui puntiamo è un cambiamento di postura nella relazione con le famiglie — ha chiarito Benna — che saremo chiamati ad affiancare con lo stile missionario della condivisione e dell’ascolto».

L’intento è quello di abitare sempre di più la realtà, «per questo puntiamo sul possibile: partiamo con tutto ciò che possiamo fare in questo momento, senza porci obiettivi irraggiungibili, ma con il desiderio di metterci in cammino», ha specificato don Luigi Donati Fogliazza. «Lavoriamo comunque per strutturare proposte di qualità — ha quindi aggiunto Benna — con incontri ben preparati e celebrazioni semplici attraverso cui si respiri aria di comunità».

Della realtà, d’altro canto, fanno parte anche alcune fatiche: numeri che vanno riducendosi e un certo affanno, in alcuni casi, a far seguito alle tante idee ed iniziative. Secondo Benna, però, quel che non manca è l’entusiasmo, che, «unito alla voglia di sperimentare e di osare, permette di provare a testimoniare i contenuti in maniera diversa».

Un cambiamento di linguaggio sembra infatti necessario soprattutto nel momento in cui si parla di adolescenti e giovani. Proprio su questa tematica si è focalizzata la domanda di Giovanni Gasparini, che, affacciandosi alla “finestra” della trasmissione, ha puntato l’attenzione sulle proposte rivolte ai gruppi della mistagogia.

«Ciò che dobbiamo tenere presente — secondo Donati Fogliazza — è che ci poniamo sempre sul versante della proposta, dunque non tutto dipende da noi. Quel che possiamo imparare a fare è sfruttare ogni occasione di incontro, non per vivere di espedienti, ma per tentare di costruire un cammino».

Le linee guida, esplicitate nella guida diocesana “Diventa quello che sei”, sembrano dunque chiare: la catechesi non si pone come obiettivo quello di insegnare qualcosa, ma di sperimentare insieme al prossimo.




Don Graziano Ghisolfi: «La musica fa battere il cuore, crea unità»

«La musica fa battere il cuore, crea unità». Con queste parole don Graziano Ghisolfi, responsabile della sezione musica per la liturgia all’interno dell’ufficio per il culto divino della diocesi di Cremona, ha aperto il proprio intervento durante l’ultima puntata di Chiesa di Casa, il talk dedicato alla vita della comunità cristiana cremonese.

A pochi giorni dall’assemblea che la Chiesa cremonese dedicherà agli animatori della liturgia e del canto, con l’intervento di monsignor Marco Frisina, don Ghisolfi ha voluto sottolineare il ruolo che la musica occupa all’interno della liturgia. «Un linguaggio che sia universalmente condivisibile non è semplice da trovare — secondo il sacerdote cremonese — ma quando c’è della bella musica, essa è in grado di coinvolgere e parlare a tutti».

Sulle stesse frequenze si è espresso anche il professor Daniele Sabaino, docente ordinario di Musicologia e consulente dell’Ufficio liturgico nazionale, che ha ricordato come «la liturgia ha una dimensione emotiva, è un’azione che coinvolge tutti i sensi. La musica, poi, è in grado di unire le componenti razionali ed emotive presenti in ciascuno di noi, creando unità interiore, e con coloro che ci stanno accanto».

Don Ghisolfi e il professor Sabaino hanno dunque identificato nella musica un linguaggio capace di parlare al cuore e di generare dialogo all’interno della comunità cristiana. «Ed è proprio quest’ultima — secondo Sabaino — a dover cercare la propria voce, osservando e sperimentando diverse forme e repertori con lo scopo di trovare il linguaggio più adatto».

La capacità, da parte della musica liturgica, di generare confronto, coinvolgimento e dialogo, non può dunque che passare dalla scelta di un repertorio capace di incontrare tutti. «Già da diversi anni — ha ricordato don Ghisolfi — abbiamo un repertorio diocesano, senza dimenticare che ne esiste anche uno a livello nazionale. Certamente questa consapevolezza non deve farci sentire arrivati: occorre procedere nella ricerca di repertori capaci di essere sempre più espressione dell’intera comunità».

Non è mancato, da parte degli ospiti di Chiesa di Casa, un riferimento alla formazione di chi anima le azioni liturgiche, che non deve essere semplicemente tecnica, ma è una vera e propria «formazione alla celebrazione, infatti tutta la comunità si educa a essa quando vi partecipa: più la celebrazione è preparata, più la formazione sarà efficace», secondo il professor Sabaino.

In questo senso, assume ancor più risalto l’appuntamento di mercoledì 30 novembre con mons. Frisina. «Insieme alle proposte della scuola diocesana di musica sacra — ha concluso don Ghisolfi — è un’occasione utile per chiunque voglia formarsi all’animazione e alla guida del canto nella liturgia».




Giovani, capaci di accoglienza e di annuncio

Capaci di accoglienza e di annuncio. È così che don Francesco Fontana, incaricato per la pastorale giovanile della diocesi di Cremona, immagina gli oratori del futuro. Ospite della nuova puntata di Chiesa di casa, il talk di approfondimento pastorale, don Fontana ha infatti sottolineato come il «cortile dell’oratorio è come il cortile di casa, un luogo di incontro in cui ci si sente ascolti, ma che si affaccia sul cielo e sulla strada». Un’accoglienza che, secondo Barbara Guarneri, giovane collaboratrice della Federazione oratori cremonesi, si declina con «la creazione di occasioni di incontro e ascolto con e per i giovani».

La veglia dei giovani alla vigilia di Cristo Re è dunque punto focale di un cammino condiviso, «che quest’anno ci porterà alla celebrazione internazionale della Giornata mondiale della gioventù a Lisbona» come ricordato da don Fontana. In quest’ottica è poi importante ricordare che la diocesi di Cremona ospiterà, in vista della GMG, un gruppo di giovani provenienti dalla parrocchia di Jesu Cristo Resuscitado, in Brasile, così da dar concretezza al progetto di collaborazione con la missione di Salvador di Bahia.

E se il punto di partenza della puntata è stato il «cortile», inteso come spazio domestico e di incontro, la riflessione degli ospiti si è poi declinata sulle modalità con cui proporre un dialogo ai giovani. «È innegabile che la diffusione del digitale abbia cambiato molti degli equilibri preesistenti — ha sottolineato Barbara Guarneri — ma questo non significa che le persone sentano il desiderio di continuare a rimanere distanziate tra loro. La vera sfida sarà quella di trovare le modalità per far sì che il cortile dell’oratorio torni ad essere punto di incontro per ragazzi e giovani».

Quando si parla di occasioni, ovviamente, non si pensa semplicemente ai momenti strutturati, secondo don Fontana, «anzi credo che nella quotidianità, nell’informalità si possano davvero creare spazi di dialogo e ascolto importanti». In questo senso appare decisiva la disponibilità, da parte di ogni comunità parrocchiale, a porre l’attenzione sulla vita dei giovani, proponendo loro esperienze di condivisione, formazione e crescita.

Proprio attorno a quest’idea si sono sviluppate le riflessioni che hanno concluso la puntata di Chiesa di Casa dedicata alla pastorale giovanile, suscitate dalla domanda provocatoria di Valeria D’Alia sul futuro degli oratori. «Il domani dei nostri cortili dovrà necessariamente essere diverso — ha spiegato don Fontana — perché il focus dovrà spostarsi dalla struttura “oratorio” verso l’esperienza “oratorio”».

Un passaggio non semplice da affrontare, «ma che può realmente aprire opportunità nuove e stimolanti — ha concluso Barbare Guarneri — offrendo l’occasione a noi giovani di sperimentare modalità di incontro e confronto differenti dal passato, capaci di renderci davvero protagonisti del nostro cammino di crescita».

Si prospetta dunque un futuro di cambiamenti per la pastorale giovanile, a partire proprio dalla veglia diocesana dei giovani, che per il secondo anno è stata vissuta, diversamente dal passato, per la festa di Cristo Re.




Pastorale universitaria: pronti a farsi incontro agli studenti in arrivo da tutto il mondo

Questa domenica, in occasione della festa patronale di Sant’Omobono, Caritas Cremonese inaugura ufficialmente Casa San Facio, la struttura ristrutturata in via Martiri di Sclemo a Cremona dove sono stati ricavati alcuni alloggi per universitari. Un’opera segno che la diocesi di Cremona mette in atto per rispondere alla richiesta crescente del territorio di soluzioni abitative per giovani che arrivano in una città che sta scoprendo una nuova vocazione universitaria. Quello abitativo, tuttavia, è soltanto uno degli aspetti delle sfide che l’ampliamento degli spazi e dell’offerta formativa accademica pone in evidenza sul territorio: da un lato il bisogno di trovare nuovi modi e nuove strade di accoglienza, e – in particolare per la Chiesa cremonese – offre una preziosa occasione di dialogo con un mondo giovanile vivace e aperto al mondo.

E proprio di pastorale universitaria si parla puntata del talk di approfondimento pastorale Chiesa di Casa, da giovedì online sui canali web diocesani. «Il periodo universitario è particolarmente significativo nella vita di un giovane – esordisce don Maurizio Compiani, incaricato per la Pastorale universitaria – credo che l’esperienza universitaria ponga le basi fondamentali di ciò che poi ognuno deciderà di fare. La Chiesa cerca di supportare ed aiutare in queste dinamiche che alcuni giovani son chiamati a sperimentare».

Alle sue parole han fatto eco quelle di Andrea Cariani, educatore referente di Casa San Facio, che ha ricordato come questa sia «una proposta per gli studenti fuori sede che han necessità di un alloggio, che per loro è una sfida su vari livelli, il primo è quella dell’abitare lontani da casa gestendone una nuova, seguito a ruota dagli alti e bassi della convivenza», che già in questi primi mesi di apertura coinvolge giovani provenienti da tutto il mondo, da Israele agli Stati Uniti. «Abitare – commenta pertanto Cariani – è uno degli aspetti di questa offerta, ma poi c’è il vivere: e nella presenza degli universitari Cremona ritroverà ossigeno». Nel confronto tra identità e culture e anche nella condivisione dell’impegno sociale e caritativo di cui Caritas si fa animatrice.

L’orizzonte della pastorale universitaria non è quella del «fare qualcosa per i giovani – spiega don Maurizio, che è anche assistente ecclesiastico per la sede di Cremona dell’Università Cattolica – ma si fonda sul capire le loro esigenze, arrivando a costruire insieme a loro dei progetti. È chiaro che non tutti i ragazzi hanno la stessa esperienza di fede, è una realtà multi religiosa, nella quale bisogna affacciarsi mirando a creare un’esperienza straordinaria sotto ogni punto di vista».




Tutela e salvaguardia dei beni culturali, ma non solo

Con l’inaugurazione del nuovo presbiterio della Cattedrale di Cremona ormai alle porte, la nuova puntata di “Chiesa di casa”, il talk di approfondimento settimanale sulla vita della diocesi, è stata interamente dedicata ai beni culturali ecclesiastici.

«Quello di cui ci occupiamo – ha raccontato don Gianluca Gaiardi, responsabile dell’Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto – è principalmente la tutela e la salvaguardia del patrimonio culturale della nostra diocesi, senza però dimenticare che nostro è anche il compito di sensibilizzare la comunità al dialogo con il mondo dell’arte».

E proprio in questa direzione va il progetto di adeguamento liturgico del presbiterio della Cattedrale. «Quando abbiamo preso in considerazione quest’idea – ha spiegato l’architetto Gabriele Cortesi, membro della commissione diocesana per i beni culturali – siamo partiti dalla storia e dalla tradizione del luogo». Il merito del lavoro svolto dall’architetto Valdinoci e dall’artista Gianmaria Potenza è proprio questo, secondo Cortesi: un grande passo in avanti rispetto al passato, senza che sia avvenuta un’assolutizzazione dell’opera d’arte a discapito della liturgia.

La ricerca del bello, d’altra parte, è sempre stata un punto focale del progresso artistico. Da questo punto di vista, però, il rischio è che essa si ponga in contrasto con il messaggio del Vangelo, che invita a guardare gli ultimi, a ciò che spesso è definito “brutto”. Su questa linea di pensiero si è mossa la domanda di Elisa, giovane studentessa che si è affacciata alla “finestra” della trasmissione. «In effetti questo conflitto potrebbe apparire come insanabile – ha replicato Gaiardi – ma lo stesso Papa Paolo VI, nel suo celebre discorso rivolto agli artisti, ha chiesto loro di essere presenti per evitare alle persone di cadere in depressione. Questo è il motivo per cui, anche nella comunità cristiana si guarda al bello: è l’unico modo per guarire ciò che si presenta come più fragile».

In quest’ottica cresce ulteriormente l’attesa in vista della dedicazione dell’altare e dell’inaugurazione del rinnovato presbiterio della Cattedrale di Cremona, che «grazie al lavoro di progettazione e realizzazione operato, contribuirà a rendere maggior gloria all’edificio e alle celebrazioni liturgiche che in esso si svolgeranno», secondo l’architetto Cortesi.

Rifacimento del presbiterio, Museo Diocesano, tutela dei beni sul territorio: sono solo alcune della attività in cui è coinvolto l’Ufficio beni culturali, perché «l’arte è qualcosa che riguarda la vita di ciascuno, e poiché rimanda all’essenza stessa della persona, è sacra in tutte le sue forme», ha concluso don Gaiardi.




Avvenire, «Una finestra da cui affacciarsi per conoscere il mondo»

«Ogni lettore può trovare in Avvenire una finestra da cui affacciarsi per conoscere il mondo». Con queste parole il direttore dell’ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Cremona, il giornalista Riccardo Mancabelli, ha voluto presentare il quotidiano dei cattolici italiani durante la puntata di “Chiesa di casa” dedicata alla giornata diocesana di Avvenire, che la Chiesa cremonese celebra domenica 30 ottobre.

Il programma televisivo, appuntamento settimanale di approfondimento sulla vita della Chiesa cremonese, ha posto al centro del dibattito la relazione tra giornale e lettore, «perché è proprio questo lo scopo di Avvenire: offrire a ciascuno gli strumenti necessari per riflettere su ciò che accade quotidianamente».

Dello stesso parere anche la professoressa Luisa Tinelli, già insegnante di filosofia e membro del Consiglio pastorale diocesano, che ha sottolineato come quello di Avvenire sia «uno stile comunicativo che non giudica, bensì apre al dialogo, all’approfondimento e alla riflessione critica».

Proprio per questo motivo, come ricordato da Mancabelli, in occasione della Giornata diocesana del quotidiano Avvenire, ci sarà una distribuzione straordinaria di copie nelle parrocchie cremonesi, «così che ciascuno possa sentirsi coinvolto e stimolato dallo stile comunicativo del giornale, al quale contribuisce anche la comunicazione diocesana curando le due pagine domenicali dedicate alla vita della Chiesa cremonese».

Comunicazione, però, non significa solo trasmissione di contenuti: c’è in gioco prima di tutto una dinamica relazionale. Proprio per questo motivo a giornalisti e lettori è richiesto «uno sguardo che sia prima di tutto umano – ha ricordato la professoressa Tinelli – cioè capace di andare alla radice, di scorgere la realtà dell’Incarnazione nella vita di ciascuno».

Ed è proprio questo l’obiettivo di Avvenire, così come dell’ufficio comunicazioni diocesano. Secondo Mancabelli la prima finalità di una buona comunicazione è quella di «offrire a tutti la possibilità di osservare il mondo, la realtà, con gli strumenti necessari a un discernimento serio, profondo e radicato».

La giornata diocesana del quotidiano Avvenire non viene dunque vissuta nel segno di celebrazioni particolari, bensì come occasione di riflessione e confronto sul legame tra Chiesa, umanità e quotidianità.




Chiesa di casa, don Zanaboni: «Una Chiesa in uscita è capace di relazioni vere»

«Una Chiesa in uscita è capace di relazioni vere». Così don Umberto Zanaboni, incaricato per la pastorale missionaria e il primo annuncio della Diocesi di Cremona, durante la quinta puntata della nuova stagione di Chiesa di Casa, il talk di approfondimento pastorale. Ospite della trasmissione, nel cuore dell’ottobre missionario, insieme a Gloria Manfredini, insegnante con numerose esperienze missionarie alle spalle, don Zanaboni ha ribadito la necessità di una comunità cristiana «capace di incontrare l’altro, di farsi prossima, di uscire dalle proprie strutture per vivere relazioni profonde».

Ed è proprio nelle relazioni che i due ospiti del settimanale di approfondimento diocesano hanno individuato il cuore dell’esperienza missionaria. «L’idea stessa di partire – ha raccontato Gloria Manfredini, reduce da un anno nella parrocchia di Jesu Cristo Resuscitado, a Salvador de Bahia, in Brasile – non è circoscrivibile a un momento preciso, ma è espressione di un’esperienza ecclesiale fatta di incontri, persone e cammini condivisi».

Le parole chiave che hanno guidato la puntata sono state lette proprio in quest’ottica. La prima – vocazione – per don Zanaboni «ha un significato molto profondo, perché ci rimanda inevitabilmente anche alla dinamica del primo annuncio: la chiamata alla missione non è il semplice desiderio di partire, ma l’invito, rivolto a tutta la Chiesa, a farsi portatori e annunciatori del Vangelo».

Lo stile proposto, dunque, sembra essere quello della concretezza, del legame con la realtà. Soprattutto quando si parla di giovani. «Ai giovani piace fare – ha sottolineato don Zanaboni – più che ascoltare grandi discorsi. Noi cristiani dovremmo impegnarci maggiormente per dar loro la possibilità di spendersi, di crescere, di capire, di mettersi in gioco».

E proprio su questo punto si è aperta la finestra della trasmissione, la consueta rubrica dedicata al mondo giovanile. A porre una domanda decisamente provocatoria è stata Marta, giovane insegnante cremonese, che nel desiderio di «fare missione» legge un rischio: la risposta di compensazione a bisogni personali.

«Non possiamo negare che questo pericolo ci sia – ha risposto Gloria Manfredini, portando la propria esperienza – ma credo che sia giusto riconoscere sempre la positività del desiderio di partire per un’esperienza missionaria. Anche perché, poi, è la realtà stessa a metterci nelle condizioni di uscire da noi stessi per rivolgerci verso l’altro».

Uscita che è stata identificata come la terza parola chiave della trasmissione. «Uscire significa muoversi, abbandonare la sicurezza data dalle nostre architetture, fisiche e metaforiche, per andare verso, per incontrare, con il sorriso, chi ci sta intorno. Ecco il cuore della missione, ecco la vocazione della Chiesa, che non è semplice erogatrice di servizi», ha ribadito don Zanaboni. Alle sue parole hanno fatto eco quelle di Gloria Manfredini: «Uscire significa lasciare qualcosa alle proprie spalle – casa, famiglia, amici e comfort – per provare a lasciarsi stupire da ciò che si incontra».

Nel concreto della Diocesi di Cremona questo significa «ricordarsi della presenza della nostra parrocchia di Jesu Cristo Resuscitado, in Brasile, con la possibilità di raggiungerla per dare supporto, per sviluppare progetti legati al mondo dell’educazione o dello sport», ha ricordato don Umberto Zanaboni. «Significativo può anche essere l’aiuto fornito “a distanza”, che non è il semplice invio di denaro, ma un’idea di cura e condivisione che dovrebbe essere lo stile della nostra comunità».