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A Chiesa di casa la voce dei giovani

 

Nell’appuntamento di questa settimana, Chiesa di Casa coglie l’occasione dell’imminente Giornata Mondiale dei Giovani per mettere a tema la Pastorale Giovanile. La Giornata Mondiale, per cui il Papa ha proposto il tema “Alzati, ti costituisco testimone di quel che ho visto”, sarà questa domenica, il 21 novembre, solennità di Cristo Re, come voluto dal Santo Padre che ne ha disposto lo spostamento dalla data tradizionale della Domenica delle palme.

Il dialogo, guidato da Riccardo Mancabelli, ha coinvolto don Francesco Fontana, incaricato diocesano per la pastorale giovanile e, insieme a lui, un giovane: Ettore Galimberti, tra i partecipanti all’incontro dei giovani con i vescovi delle diocesi lombarde, tenutosi lo scorso 6 novembre a Milano. Da questa esperienza ha riportato il desiderio comune, fra vescovi e ragazzi, di stare in ascolto. Desiderio fortemente sottolineato dal Papa, anche tramite l’istituzione del Sinodo per i giovani che si è svolto nel 2018, pochi mesi dopo la chiusura di quello Diocesano, sempre dedicato ai giovani: «Un sinodo per imparare la sinodalitá» come lo ha definito don Fontana.

I giovani, secondo l’incaricato diocesano di Pastorale Giovanile e direttore della Federazione Oratori Cremonesi, non hanno mai smesso di implicarsi nella realtà dell’oratorio, neanche durante la pandemia, quando le strutture erano chiuse, ma l’attività di volontariato contava sempre più protagonisti  fra i ragazzi. Come ha raccontato Ettore, i giovani non hanno il problema di scontrarsi con un disinteresse altrui, oppure con un allontanamento, anzi hanno la libertà di «porre domande» e a suscitare in loro un’appartenenza forte. Più che un discorso, è «un esempio» quello con cui le nuove generazioni, affacciandosi all’età adulta, chiedono di misurare la propria vita.

A tal proposito, ci si è domandati se l’oratorio sia strumento pertinente ed efficace non solo nel indicare esempi di «vita buona», come dice don Fontana, ma anche nel porsi in ascolto. Per don Fontana, la risposta è decisamente affermativa: l’oratorio ha sempre bisogno di  «adeguare iniziative e strutture», ma allo stesso tempo, continua ad essere una realtà importante perché «è fatto di relazioni, incontri. E questo è, da sempre, l’unico modo che i cristiani hanno di annunciare il Vangelo».




A Chiesa di Casa protagonista il nuovo Museo diocesano

Questa settimana in “Chiesa di Casa” al centro della riflessione non poteva che esserci il nuovo museo diocesano, che dopo la presentazione ufficiale alla viglia della solennità patronale di sant’Omobono, il 13 e 14 novembre aprirà per la prima volta – e gratuitamente – le proprie porte ai visitatori.  Per raccontare l’opera e svelarne la ricchezza, sono stati ospiti in studio don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali ecclesiastici, e Stefano Macconi, conservatore del Museo diocesano.

Nel dialogo è emersa, anzitutto, l’originalità del criterio seguito per la realizzazione del percorso espositivo. Come spiega Macconi, «non criteri cronologici, ma tematici». Il pensiero che sta dietro a questo lavoro di valorizzazione si focalizza, prima di tutto, sul rapporto tra museo e fede nel territorio: «Dal tema delle origini del cristianesimo e della diocesi di Cremona, attraverso la tematica cristologica e mariana, passando poi ai santi e ad alcune aggiunte tematiche, fra cui la collezione Arvedi».

Il percorso proposto offre spunti anche per il cammino catechistico. Quindi, più che un museo sulla diocesi, si tratta del museo della diocesi: «Vogliamo raccontare, attraverso l’arte, la fede del territorio», afferma don Gaiardi. Le parrocchie hanno, qui, la rilevanza di protagoniste. Protagoniste nella fruizione, ma anche nel prestito di alcune opere. A proposito del prestito, don Gaiardi ha sottolineato il desiderio da parte di alcune comunità di entrare a far parte di un percorso museologico, specificando: «Sottolineiamo che i proprietari rimangono tali, ma tutti così possiamo diventare fruitori del bello».

Questo museo è l’esito di impegno e professionalità da parte di molti. «Aprire oggi un museo non è facile – afferma don Gaiardi – sia per l’esposizione stessa, sia per la sua valorizzazione e tutela». Sono entrate in gioco energie e competenze: dall’architetto Giorgio Palù che ha curato la progettazione, alle agenzie che hanno cooperato. Senza dimenticare il decisivo contributo della Fondazione Arvedi Buschini che ne ha permesso la realizzazione.

Un punto forte, è il recupero di spazi interni al palazzo vescovile. Il museo diocesano è, infatti, ospitato in quelli che furono, un tempo, i locali di servizio del palazzo. Lo spazio espositivo consta di 1400 metri quadrati e conta circa 120 opere esposte.

Il nuovo museo è, però, solo l’ultimo tassello di una valorizzazione del patrimonio storico, culturale, religioso della città, a partire dalla Cattedrale, insieme al Battistero e al Torrazzo, che sicuramente contraddistingue la città e al cui interno, dal 2018, è stato realizzato un “Museo verticale”, tutto legato al tema del tempo». Si tratta, perciò, di un vero e proprio polo culturale, che tassello per tassello, diventa un tesoro sempre più valorizzato e accessibile.




«C’è un fermento di carità capace di generare»: a Chiesa di Casa numeri e azioni della Borsa di Sant’Omobono

 

Nell’appuntamento di questa settimana, la rubrica di approfondimento Chiesa di Casa affronta il tema della carità. Si avvicina, infatti, la tradizionale Settimana della carità, che come ogni anno ricorre per la diocesi in occasione della solennità di Sant’Omobono, patrono della città e della diocesi e padre dei poveri, e della Giornata mondiale dei poveri che da cinque anni si celebra nella seconda domenica di novembre.

Ospiti in studio, intervistati da Riccardo Mancabelli, sono stati don Pierluigi Codazzi, direttore di Caritas Cremonese e Alessio Antonioli, operatore del Centro di Ascolto della Caritas diocesana: al centro della trasmissione le iniziative di solidarietà proposte alle comunità della Chiesa cremonese, in particolare la Borsa di Sant’Omobono, il fondo istituito per far fronte alle situazioni di fragilità economica sul territorio, riproposto e rilanciato a un anno dalla sua istituzione.

Nel dialogo, don Codazzi descrive la carità come «una dimensione che deve essere vissuta da tutti, nelle nostre comunità» e, riferendosi ad Omobono, spiega che il Santo patrono «ha generato e continua a generare questa attenzione all’altro che è dimensione fondativa del nostro essere credenti».

Il messaggio per la Giornata mondiale dei poveri di Papa Francesco ha proposto come tema: «I poveri li avete sempre con voi». A questo proposito, Alessio ha portato all’attenzione i dati riguardanti la povertà nella nostra diocesi: è in aumento non solo numero dei poveri, ma anche dei cosiddetti «nuovi poveri», cioè persone, famiglie che mai si sono rivolte alle parrocchie, alle Caritas, o alle San Vincenzo parrocchiali.

Durante la trasmissione si è offerta poi l’occasione per un report sul primo anno di azione sul territorio della Borsa di S. Omobono: circa 400 sono i nuclei familiari aiutati nell’ultimo anno, con un contributo complessivo di circa 160 mila euro, erogato grazie all’impegno delle equipe Caritas nelle zone pastorali, delle parrocchie, delle associazioni, dei Comuni e dei gruppi di solidarietà. Gli ambiti di intervento sono vari e non esclusivamente di natura economica: dalle cure mediche non coperte dal sistema socio-sanitario nazionale alle esigenze dei più giovani, come lo studio o il doposcuola; inoltre, aggiunge Alessio «altra voce importante è la possibilità di aiutare a recuperare capacità lavorativa, oppure i corsi di formazione professionale che aiutino nella ricerca di un lavoro».

Le necessità dei poveri includono anche «quelle solitudini nel microcosmo delle nostre comunità che non passano attraverso il Centro di Ascolto», come spiega don Codazzi, aggiungendo anche che, per capire le esigenze reali delle persone, « si corresponsabilizza il territorio perché lo si ritiene l’elemento più vicino al bisogno», dunque la gestione della Borsa non è centralizzata, ma dalle parrocchie, dalle zone pastorali. Secondo don Codazzi, infatti, «C’è un fermento, nei territori, che è davvero generativo».

Anche il Centro di Ascolto si muove per i bisogni effettivi dei poveri. Da un lato, come ricorda Alessio, esiste chi approfitta dei servizi offerti e, per questo, viene richiesta sempre la documentazione; dall’altro lato, però, c’è anche chi, per vergogna, rimane fuori da questa attenzione e non comunica il proprio bisogno. A tal proposito, secondo Codazzi, la sfida sta nell’educarsi a entrare in questa mentalità: «dev’essere contagiosa l’attenzione all’altro, dovrebbe diventare una normale aspetto della vita». L’invito,  non è solo quello di fare offerte, ma soprattutto una sollecitazione ad accorgersi, vedere il bisogno dell’altro, sempre in rapporto ad una comunità che si muove nella medesima direzione.

 

Borsa di sant’Omobono: un anno di impegno da rinnovare




Verso la Giornata di Avvenire con il direttore Tarquinio

Domenica 31 ottobre Chiesa cremonese celebra la Giornata diocesana del quotidiano Avvenire con una distribuzione straordinaria del giornale di oltre 2mila copie all’uscita delle Messe nelle numerose parrocchie che hanno aderito all’iniziativa. Proprio questa iniziativa e il valore del quotidiano dei cattolici italiani sono al centro della nuova puntata di Chiesa di casa, impreziosita dalla presenza del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, insieme a don Federico Celini, coordinatore dell’area pastorale “Capaci di comunicazione e cultura”.

Il nucleo della trasmissione condotta dall’incaricato diocesano per le Comunicazioni sociali, il giornalista Riccardo Mancabelli, è stato il rapporto tra il quotidiano Avvenire e il territorio, come conferma Tarquinio: «Paolo VI pensava Avvenire radicato nei territori e nelle Chiese locali, aperto a tutti. Il nostro scrivere è specchio di questa Chiesa fra la gente, ma per tutti, credenti e non».

Dunque, un quotidiano nazionale, ma in stretto contatto con la vita della Chiesa sul territorio, come dimostrano le due pagine che, ogni domenica, all’interno del dorso lombardo, raccontano la vita della Chiesa cremoense.

Un giornale lontano dai cliché e segnato da «ecclesialità e laicità», come ha sottolineato don specifica Cellni, associando questo modo di intendere l’informazione ad «una Chiesa inserita nell’oggi, sempre più sinodale». Inscindibile, dunque, il legame con la realtà e, perciò, anche con le sfide dell’oggi. Fra queste, le difficoltà della comunicazione stessa: secondo il direttore di Avvenire, in un panorama in cui spesso la comunicazione non fornisce riferimenti certi, Avvenire risponde «consumando le suole delle scarpe», come si leggeva nel messaggio di Papa Francesco per la Giornata delle comunicazioni dello scorso anno. Ciò, come spiega Tarquinio, «non vuol dire camminare a vuoto, ma sapere dove si va e perché ci si va, per aiutare percorsi di senso e solidarietà veri».

Secondo don Celini, poi, a generare tali percorsi sono l’unione di fruibilità e qualità, tipiche del quotidiano dei cattolici: «Ogni essere umano ha bisogno di senso e chiede, anche non esplicitamente, modalità di approccio alla realtà». In quest’ottica, nel periodo pandemico proprio Avvenire si è interessato, per primo, alla cosiddetta «pandemia sociale», espressione poi mutuata anche da altri giornali per indicare gli effetti del morbo sul nostro modo di vivere.

Dal dialogo, è emersa più volte la caratteristica di laicità del quotidiano, che comunque paga spesso lo scotto di essere percepito come giornale clericale. «Alcuni – ha ricordato Tarquinio – puntano il dito perché abbiamo un editore importante e ingombrante come la Cei, ma ci tengo a dire che operiamo attraverso una Fondazione no profit e questo fa di noi un giornale libero. Non dobbiamo inchinarci ai poteri forti e possiamo fare un’informazione non impacciata. Siamo equilibrati ma non equidistanti quando c’è da parlare di bene e male. Noi abbiamo imparato da Cristo che tenere la parte della vittima è stare dalla parte giusta. Vale nelle questioni internazionali come in quelle italiane. In questo cerchiamo di accompagnare la vita della Chiesa, mettendo la persona al centro».

L’appuntamento settimanale con i protagonisti della vita pastorale della Chiesa Cremonese è ogni giovedì alle 20.30 sui canali web e social della Diocesi di Cremona (Facebook, Youtube, IGTV e diocesidicremona.it) e in tv ogni domenica alle 8.00 e alle 12.15 circa (dopo l’Angelus) su Cremona1, alle 11.45 e alle 20.40 su TelePace.




A “Chiesa di casa” si parla di catechesi: «Un cammino da vivere insieme»

 

L’inizio dell’anno catechistico è stato il tema del dialogo nella quarta puntata di “Chiesa di Casa”, l’approfondimento televisivo sulla vita pastorale della Chiesa cremonese. Ospiti don Luigi Donati Fogliazza, incaricato diocesano per la Catechesi, e Ada Ferrari, catechista e membro dell’équipe diocesana.

«La ripartenza nasce dalla speranza e dalla vita cristiana che non si è fermata. Anche la catechesi, dunque, continua», spiega don Donati fogliazza. E la catechesi continua, come spiega Ada Ferrari, per una necessità: «Perché attraverso le attività riparte la vita comunitaria e anche le famiglie avvertono il bisogno di ricominciare a vivere un’esperienza di fede nella condivisione».

Il dialogo, infatti, ha riguardato anche la questione della catechesi e dei percorsi di iniziazione cristiana in rapporto alla famiglia. Secondo don Luigi: «Molto dipende da quanto le famiglie sono accompagnate, ascoltate ed accolte: chi si sente accolto si sente anche protagonista del cammino di formazione dei propri figli».

Un protagonismo che chiama anche ad un’attenzione verso i giovani: «I percorsi formativi, soprattutto universitari e giovani lavoratori, non possono essere svolti se non in contatto con il territorio. Le proposte siano culturalmente valide, tenendo conto di chi si affaccia al mondo del lavoro o sta studiando».

Quindi, proposte di catechesi pensate per tutte le generazioni, ma sempre tramite un percorso personale e di formazione da parte del catechista. Ada, infatti, racconta: «La parte più importante, per un catechista, è avere una relazione personale e famigliare con il Signore. È questa – continua – la base per dare una risposta alla propria vocazione». Secondo la catechista il passo successivo è quello di «testimoniare quello che tu sei come cristiano, senza inventare niente, lasciando che la vocazione venga sorretta da chi ti ha chiamato a fare questo servizio». Dunque, l’esperienza di fare catechesi come risposta ad una chiamata, come vocazione. Inoltre, la Ferrari ha sottolineato l’importanza di una formazione sul metodo e sul contenuto, sempre, però, lasciandosi sostenere da un lavoro di équipe. «Non è detto che chi lavora in equipe abbia un rapporto di amicizia profonda – aggiunge il sacerdote – per cui serve un cammino. Anzitutto, si valorizzano le diversità dell’uno e dell’altro, nasce una stima reciproca e si impara a lavorare per l’uno e per l’altro».

Durante la puntata si è riflettuto anche sul “Giorno dell’ascolto”, momento in cui le comunità si trovano settimanalmente per mettere al centro la Parola. Ada spiega: «È stato un momento importante, soprattutto durante il lockdown. Infatti, è diventato un modo per ridirci quello in cui crediamo». Il “Giorno dell’Ascolto” è un momento che si mantiene parallelo alla catechesi e, quindi, la arricchisce ulteriormente.

Don Luigi Donati Fogliazza ha concluso ringraziando, anche a nome del da vescovo, i catechisti, veri e propri «artigiani di comunità».

L’appuntamento settimanale con i protagonisti della vita pastorale della Chiesa Cremonese è ogni giovedì dalle 20.30 sui canali web e social della Diocesi di Cremona (Facebook, Youtube, IGTV e diocesidicremona.it) e in tv ogni domenica alle 8.00 e alle 12.15 circa (dopo l’Angelus) su Cremona1, alle 11.45 e alle 20.40 su TelePace.




Società, lavoro e futuro, a “Chiesa di Casa” la delegazione cremonese in partenza per la Settimana Sociale di Taranto

Società, lavoro e futuro. Questi i temi affrontati nella terza puntata della trasmissione “Chiesa di Casa”. Gli ospiti, intervistati da Riccardo Mancabelli, sono stati Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la pastorale sociale e del lavoro, Diana Afman della associazione No Spreco e la studentessa Ester Tolomini, entrambe nuovi membri del consiglio pastorale diocesano. Insieme, parteciperanno alla settimana sociale che si terrà a Taranto, a partire dal 21 ottobre, per affrontare questioni legate alla dottrina sociale della Chiesa.

E proprio il tema della della settimana sociale di quest’anno, “Il pianeta che speriamo: ambiente, lavoro e futuro”, è stato al centro del dialogo in trasmissione: «Alla base della riflessione della Settimana Sociale – spiega Eugenio Bignardi – ci sarà la dottrina di Papa Francesco e in particolare il riferimento sarà la Laudato sii».

Diana Afman ha sottolineato l’importanza della parola «ascolto», infatti, a Taranto saranno proposte testimonianze concrete, ma «anche la parola “futuro” è importante, perché bisogna essere realisti – ha aggiunto -: i frutti si vedranno più avanti». Ester Tolomini, invece, richiama l’attenzione in particolare all’urgenza dei problemi legati all’ambiente e al lavoro, considerando necessario intervenire «in modo concreto», riflettendo sul punto di vista dei giovani.

Inoltre, si è da poco concluso il tempo del Creato, il periodo di riflessione sul rispetto dell’ambiente, voluto dal Papa e che, anche in diocesi, ha proposto diverse occasioni di riflessione sui temi ambientali: «Sono state portate esperienze che hanno dimostrato come l’attenzione al creato riguardi tutto l’uomo, non solo gli “ambientalisti”» ha spiegato Bignardi.

E questo è anche il cuore tematico della Settimana Sociale di Taranto: accanto alla presentazione di buone prassi, modelli di sostenibilità, rispetto e giustizia nella società e nel mondo del lavoro, lo stimolo ad un dibattito profondo e diffuso per arrivare a soluzioni attuabili per il bene della “casa comune” e delle persone che la abitano.

Rispetto alla questione “no-spreco”, infatti, Diana racconta la propria esperienza: «C’erano, nella stessa via, famiglie che non riuscivano a mettere un pasto in tavola e negozi che non riuscivano a smaltire alimentari invenduti. Insieme alla Caritas, alle San Vincenzo parrocchiali, siamo intervenuti. Ci sono, poi, giovani che hanno voluto partecipare, cercando di allargare a tutti la partecipazione al consumo delle eccedenze alimentari, non solo come risposta alla povertà, ma anche come segno di rispetto verso il Creato».

L’attenzione dei giovani rispetto alle problematiche sollevate è in crescita, come spiega Ester, aggiungendo: «Il nostro mondo è veloce e ci chiede di stare al passo. Mi piace pensare che questo sia un suggerimento per noi: che possiamo condividere quello che impareremo e individuare degli interventi da mettere in atto direttamente sul territorio, una volta tornati a casa».

Conclusa la settimana di Taranto, però, la sfida sarà quella di impiegare quanto emerso nel dibattito per un intervento nella nostra diocesi: «Ci sarà un incontro con la diocesi di Crema, il 4 dicembre, per riportare a politici le istanze che i giovani hanno recepito a Taranto» anticipa Bignardi, che richiama l’appuntamento con il Primo Maggio come momento centrale del calendario della pastorale sociale diocesana. Percorso che, nella prima parte dell’anno, sarà rivolto a «renderci conto, nella nostra diocesi, così diversa per i vari territori, qual è la situazione del lavoro».

 

 

 




“Chiesa di Casa”. Una missione che ci chiama tutti, la Chiesa cremonese accompagna Gloria e Marco

È la missione il tema della seconda puntata della trasmissione di approfondimento “Chiesa di Casa”. Ospiti nello studio della Casa della Comunicazione sono stati infatti don Maurizio Ghilardi, incaricato diocesano per la pastorale missionaria, Gloria Manfredini e Marco Allegri che il prossimo sabato 16 ottobre riceveranno dal vescovo Napolioni in Cattedrale il mandato missionario e nelle prossime settimane partiranno come missionari laici per Salvador de Bahia, nella parrocchia di Gesù Cristo Risorto, in Brasile.

Il dialogo, condotto da Riccardo Mancabelli, affronta il tema missione a partire dal tema del mese missionario in corso, “testimoni e profeti”: «È l’invito a vivere una missionarietà fatta di gesti, nel quotidiano. Lo possiamo fare sul nostro territorio, o a distanza» dice don Ghilardi, sottolineando la novità rappresentata per la Chiesa cremonese dalla partenza di due laici come missionari diocesani.

I due missionari saranno al fianco di don Davide Ferretti, successore di don Emilio Bellani come parroco della comunità di Gesù Cristo Risorto.

Alla domanda sul perché della loro partenza, Gloria e Marco hanno sottolineato l’importanza della propria storia, cioè della loro personale esperienza di vita: Gloria Manfredini, insegnante di scuola dell’infanzia dell’Unità pastorale cittadina di Sant’Omobono, risponde: «Non mi sono svegliata una mattina e deciso di farlo, ma è la tappa di un percorso». Anche quello che spinge Marco Allegri, ingegnere, dell’Unità pastorale cittadina Cittanova, a dire di sì alla missione è un cammino intrapreso nella quotidianità: «È una scelta che affonda le sue radici nel passato, nella mia vita e nelle relazioni. Negli ultimi anni cresceva in me la curiosità di provare a vivere accanto ad altri, in missione».

Questo dunque il cuore dell’impegno missionario che attende i due missionari in Brasile: «La relazione. Prima di tutto noi e la comunità di Salvador ci accogliamo a vicenda» spiega Gloria, aggiungendo che il desiderio è quello di mettersi in gioco appena possibile nel mondo educativo della parrocchia brasiliana. E Marco continua: «Siamo lì, prima di tutto per condividere una porzione di tempo, di vita: donarci e offrirci, rimanere in ascolto. Dopodiché metterò a disposizione le mie competenze per adulti e ragazzi delle favelas».

L’esperienza di dono è reciproca: anche chi parte può imparare molto. Infatti, come aggiunge don Maurizio, «le condizioni, anche quelle sociali, non sempre sono favorevoli, perciò, in Brasile si può riconoscere l’azione libera dello Spirito». Mentre, in Brasile, la comunità aspetta con gioia l’arrivo di Marco e Gloria, i due missionari cremonesi «saranno i primi a farci comprendere che ricaduta potrà avere la loro esperienza sulla nostra comunità».

I gesti correlati al gemellaggio con la parrocchia brasiliana sono molto concreti, come la già avvenuta adesione da parte di molti nostri diocesani alla “cesta basica”, il progetto di distribuzione di generi alimentari alle famiglie bisognose del quartiere. Ma non solo. Don Maurizio sottolinea che durante la prossima estate riprenderanno anche le esperienze di missione breve, segno, fra gli altri, che la scelta di Marco e Gloria può diventare occasione per molti.

La partenza di Gloria e Marco come segno della vocazione missionaria di tutta la Chiesa cremonese. Questo il significato profondo del mandato, con la consegna del crocifisso, che il vescovo conferirà loro in Cattedrale sabato 16 ottobre, davanti a tutta la diocesi, in occasione della veglia di apertura del cammino sinodale.

 


 

Chiesa di Casa è l’appuntamento settimanale con i protagonisti della vita pastorale della Chiesa Cremonese. Ogni giovedì dalle 20.30 sui canali web e social della Diocesi di Cremona (Facebook, Youtube, IGTV e diocesidicremona.it) e in tv ogni domenica alle 8.00 e alle 12.15 circa (dopo l’Angelus) su Cremona1, alle 11.45 e alle 20.40 su TelePace.

 

 




Il vescovo a “Chiesa di casa”: «Un anno per ripartire con sapienza»

Debutta questa settimana «Chiesa di Casa», nuova trasmissione web e tv della Diocesi di Cremona, uno spazio di dialogo e approfondimento sui temi che animano la vita pastorale della Chiesa cremonese.

La rubrica realizzata negli studi della casa della Comunicazione accompagnerà tutto l’anno pastorale con interviste, servizi e testimonianze di chi vive in prima persona la dimensione di un cristianesimo in uscita ma anche di servizio alla comunità, di prossimità. Ad inaugurare la stagione è stato il vescovo Napolioni, ospite della prima puntata, che rispondendo alle domande del conduttore Riccardo Mancabelli ha approfondito i temi e le proposte che caratterizzeranno l’anno pastorale appena inaugurato. Il vescovo ha spiegato la scelta del titolo scelto questo 2021/22: «Va’ avanti e accostati». «Questa – ha sottolineato – è una frase presa dalla parola di Dio, da un episodio molto concreto e significativo narrato dagli Atti degli Apostoli dove il diacono Filippo si sente dire dallo Spirito “Va’ avanti e accostati” a quello straniero, a quel carro che passa in una strada deserta. È chiaro l’invito ad andare laddove non sembrerebbe esserci motivo: è un movimento della fede, dell’obbedienza, necessario soprattutto in situazioni che esigono un cambiamento o una rinascita», spiega il vescovo.

Il tema è anche un invito ad una ripartenza delle attività pastorali in presenza che richiede prudenza ma anche coraggio, attenzione alle fragilità e slancio di cambiamento: «L’atteggiamento giusto – ha riflettuto – è quello della sapienza, che è fatta di intelligenza nel capire le necessità da rispettare ma anche di fiducia nel meglio che si nasconde dietro i momenti di difficoltà. La sapienza però non si improvvisa, va accolta come un dono e messa alla prova e dunque occorre un discernimento. Del resto come ci ha detto il Papa, peggio della pandemia c’è solo il fatto di sprecarla. E la possiamo sprecare sia snobbandola o negandola, sia pensando di tornare a fare una vita spensierata come se nulla fosse. Si tratta quindi di essere sapienti e cogliere dunque da credenti il messaggio che lo Spirito rende possibile scoprire in ogni circostanza. Sono curioso anch’io di vedere dove ci condurrà questa sapienza».

Particolarmente intenso il passaggio dell’intervista in cui il vescovo ha ricordato l’impegno per la Chiesa cremonese di essere una «famiglia di famiglie». Nel concreto, ha detto, «significa riconoscersi e specchiarsi nell’umano, scoprendone la bellezza più umile, come la bellezza di aver avuto un papà e una mamma, anche se a volte ci sono storie drammatiche. Ecco allora che bisogna annunciare questa bellezza possibile, anche a chi ha sofferto, non idealizzando la famiglia ma andando a riconoscerla come il grembo della vita». Nella nostra realtà di tutti i giorni, ha raccontato ancora, ci sono tanti esempi di santità quotidiana a cui attingere, anche se spesso sono nascosti e quasi invisibili. Eppure è proprio lì che il vescovo ha invitato a puntare l’obiettivo, perché si tratta di famiglie e di uomini e donne che testimoniano ancora oggi un amore che è capace di essere fedele nel tempo, di accompagnare le fragilità, di sostenere e farsi dono per gli altri. «La comunità cristiana deve riscoprire tutto questo», ha detto ancora il vescovo, «guardando alle famiglie per riscoprire lo stile famigliare anche nelle comunità parrocchiali».

Non è mancato un riferimento al Sinodo che si aprirà il prossimo 16 ottobre e che coinvolgerà anche la Chiesa cremonese nel percorso che conduce al Sinodo universale del 2023. Per monsignor Napolioni si tratta di una bellissima possibilità, «come quando in montagna durante una gita insieme – ha spiegato ricorrendo ad una efficace metafora – ci si perde nel cammino e allora ci si ferma, si prende la cartina, si manda qualcuno in avanscoperta, si sentono i pareri di tutti per poi riprendere con più fiducia il percorso. La Chiesa è chiamata a fare questo nei momenti difficili: a non reagire d’istinto o in maniera scomposta e tantomeno ad arroccarsi. Bisogna invece fermarsi e guardare l’orizzonte, perché quando si smarrisce il sentiero non si può guardare solo il metro davanti al proprio piede. Così è per la Chiesa: il Sinodo è un momento di lungimiranza, di ascolto dello Spirito». Non si tratta – ha spiegato ancora – solo di riorganizzare le cose nelle Diocesi o nelle parrocchie, ma di riscoprire il Signore che è sempre avanti a noi. Una scoperta che non può fare a meno di un atteggiamento di ascolto e di condivisione assidua (e il richiamo è all’iniziativa partita lo scorso anno in molte parrocchie del «Giorno dell‘Ascolto») della Parola di Dio: «Abbiamo tutti bisogno di riscoprire il Vangelo di Gesù», ha concluso, «anche se siamo un po’ troppo abituati a riceverlo solo dal prete. Invece anche noi sacerdoti abbiamo bisogno di scoprirne i riflessi nel vissuto delle persone perché ci sono i bambini o i disabili che ne sanno più di noi: metterci in questo ascolto reciproco ci aiuterà davvero a scoprire la volontà di Dio».