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La “Borsa di Sant’Omobono”, un fondo di solidarietà per le povertà causate dal Covid-19

La Diocesi di Cremona, il cui territorio coincide solo in parte con la provincia (avendo parrocchie anche in quelle di Milano, Bergamo e Mantova), è percentualmente la zona più colpita dal contagio Coronavirus. Nelle difficoltà subito emerse, ovunque, i sacerdoti hanno continuato ad avere quotidiana attenzione pastorale alle diverse esigenze, innanzitutto spirituali, delle proprie comunità. Con la Diocesi che, anche attraverso i mezzi di comunicazione (web in particolare) sta tenendo vivo il senso di appartenenza e comunità, offrendo momenti di celebrazione e preghiera, presentando iniziative ed esperienze.

Oltre agli aspetti pastorali la Diocesi non può dimenticare la grave crisi che il Coronavirus sta generando, mettendo in serie difficoltà tante persone e famiglie, magari con le loro piccole imprese. Guardando ora al futuro, occorre pensare a come sostenere soprattutto coloro che hanno un lavoro precario oppure lo hanno perso, a come non farli sentire soli in un momento così minaccioso. Sarà proprio questa la missione della “Borsa di sant’Omobono”, istituita dalla Diocesi di Cremona. Si tratta di un fondo speciale per esprimere prossimità e offrire un aiuto concreto a coloro che, a causa dell’epidemia in atto, non hanno alcuna forma di sostentamento oppure sono in gravi, anche se temporanee, difficoltà economiche.

La decisione di chiamarla “Borsa di sant’Omobono” è stata presa ispirandosi al santo patrono della città e diocesi di Cremona, maestro non solo di preghiera e di penitenza, ma anche di generosità e servizio ai più deboli, diventando così artefice di giustizia e pace sociale.

Il Fondo inizialmente sarà alimentato dalla Caritas diocesana, che si avvarrà anche di risorse messe a disposizione, proprio per l’emergenza Covid-19, dalla Caritas nazionale e dai Fondi CEI dell’8xmille. Ma potrà essere sostenuto anche dalle offerte deducibili, sia dei privati che delle aziende. Le comunità hanno il cuore grande e, soprattutto nelle difficoltà, hanno sempre saputo dimostrarlo con fervore: oggi più che mai c’è bisogno di sostenerci gli uni con gli altri, moralmente e anche economicamente.

Le risorse saranno ridistribuite alle fasce più deboli attraverso pacchi alimentari o con il sostegno al pagamento di parte delle utenze, oppure con il rilancio dell’iniziativa quaresimale, cioè attraverso i tirocini lavorativi. Per attuare il servizio, ci si avvarrà – possibilmente in accordo con gli Enti pubblici – della rete dei centri di ascolto della Caritas e della San Vincenzo, di operatori e volontari delle parrocchie, in collaborazione con la comunità dei Frati Cappuccini di Cremona.

La Borsa di sant’Omobono è un aiuto concreto, grazie alla capillarità della carità diocesana, per dare sostegno alle tante forme di povertà create dall’epidemia.

È possibile contribuire alle iniziative della Caritas diocesana e alla “Borsa di Sant’Omobono” con versamento:

  • su conto corrente postale n° 68 411 503
  • su conto corrente bancario Iban IT 57 H 05156 11400 CC054 0005161

intestati a Fondazione San Facio Onlus e indicando la causale “Borsa di sant’Omobono”.

Oppure rivolgendosi all’Ufficio Caritas di via Stenico 2 B, a Cremona.


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I passi già compiuti (CLICCA QUI PER TUTTE LE INIZIATIVE DI SOLIDARIETÀ NEL DETTAGLIO)

È grande l’impegno che si sta facendo sul piano caritativo, di solidarietà e assistenza.

Le parrocchie, spesso attraverso le Caritas e le San Vincenzo parrocchiali, sono impegnate su tutto il territorio diocesano, accanto ai gruppi giovanili e alle associazioni che fanno parte della comunità cristiana, promuovono iniziative, spesso in accordo con i propri Comuni, per garantire, in questa fase di emergenza, azioni mirate a favore dei soggetti più fragili, in particolare degli anziani o di persone in quarantena che sono prive di una rete familiare. Vi è infatti la necessità di fornire a molte persone la spesa, i pasti, piccole cose che assicurano servizi primari e senso di prossimità. Tutto questo nel rispetto delle normative, garantendo la sicurezza di tutti.

Riassumiamo brevemente i principali interventi concreti attuati e progettati dalla diocesi, a vari livelli.

1. La Diocesi è attenta alle esigenze economiche legate all’emergenza sanitaria: un primo contributo di 30.000 euro è stato offerto all’Ospedale di Cremona. Una ulteriore colletta promossa dal Vescovo tra i sacerdoti e i diaconi della diocesi, in occasione del Giovedì Santo, ha già superato la cifra di 62.000 euro: è ancora aperta e sarà destinata alle principali strutture ospedaliere del territorio, come segno della profonda complementarietà tra “medici del corpo e medici dell’anima”.

2. Sollecitata dall’Associazione “Uniti per la provincia di Cremona”, la Diocesi ha assicurato che parteciperà con un proprio contributo economico alle spese per l’accoglienza di malati Covid in alcuni alberghi della città.

3. La Caritas diocesana ha supportato le parrocchie, le Caritas e le San Vincenzo parrocchiali, nell’approvvigionamento di viveri e beni di prima necessità per sviluppare ulteriormente la distribuzione di pacchi alimentari o di pasti d’asporto alle famiglie del territorio, anche a domicilio, in collaborazione con Comuni e altre realtà del terzo settore.

4. La Caritas di Cremona ha messo a disposizione, ina alcune proprie strutture della città e il Santuario di Caravaggio, 30 posti gratuiti per operatori sanitari che arrivano a prestare servizio da altre città o regioni o che non rientrano in famiglia dopo il lavoro per non mettere a rischio i familiari.

5. Il dormitorio della Casa dell’Accoglienza di Cremona continua la sua disponibilità per l’ospitalità dei senza fissa dimora, prolungando i mesi di apertura e mantenendo la possibilità di fermarsi anche durante il giorno, fornendo colazione, pranzo e cena.

6. Acquisto di dispositivi di protezione individuali e materiali per l’igienizzazione: fornitura a tutti gli operatori e ospiti delle varie strutture; sanificazione, ove necessario, degli ambienti.

7. Servizi educativi e di orientamento per gli stranieri: informazione e sensibilizzazione circa le norme di comportamento per emergenza Covid, anche con il supporto della Polizia locale.

8. Il Centro d’ascolto della Caritas diocesana è impegnato nel mantenere i collegamenti con i volontari e le parrocchie (a volte i centri parrocchiali sono chiusi) per venire incontro alle esigenze di singoli e famiglie provenienti dal territorio (es. famiglie di giostrai). Si utilizza questo tempo, necessariamente “fermo”, per incontrare, fornire pasti a stranieri fuori dai percorsi dei Centri di accoglienza straordinaria e, attraverso colloqui individuali, programmare il futuro.

9. I tre Consultori di ispirazione cristiana presenti in Diocesi (Cremona, Caravaggio, Viadana) offrono un sostegno psicologico telefonico a distanza, innanzitutto agli operatori sanitari, allargato a tutti coloro che avvertano la necessità di essere ascoltati.

10. La Diocesi, attraverso l’Ufficio diocesano di Pastorale della salute, si mette a disposizione, tramite un numero telefonico dedicato, di tutti coloro che nell’emergenza coronavirus sentono la necessità di un sostegno di carattere spirituale a distanza.




“Nessuno è solo”, la Diocesi attiva un numero di telefono per il supporto spirituale a distanza per l’emergenza coronavirus

La Diocesi di Cremona, attraverso l’Ufficio diocesano per la pastorale della salute, si mette a disposizione – attraverso un numero telefonico dedicato – di tutti coloro che nell’emergenza coronavirus sentono la necessità di un sostegno di carattere spirituale.

I consultori di ispirazione cattolica presenti in diocesi (a Caravaggio, Cremona e Viadana) già hanno attivato un sostegno psicologico, telefonico o online, per gli operatori sanitari. Analoga iniziativa ora viene attivata per un supporto, sempre a distanza, di carattere spirituale.

«Si è pensato di realizzare – spiega don Maurizio Lucini, incaricato diocesano per la Pastrale della salute – un sostegno spirituale a distanza per coloro che in questo contesto complicato e drammatico sono spiazzati, provocati e distrutti da quello che sta succedendo e quindi hanno un maggior bisogno di consolazione, ma anche di un aiuto per ricercare un senso e un significato o semplicemente chiedono un confronto nella fede».

L’attenzione è rivolta a tutti coloro che si trovano ricoverati o in quarantena perché hanno contratto il virus, le loro famiglie, i sanitari e quanti si sono visti strappare un proprio caro. «Molte persone certo possono contare sui sacerdoti della propria parrocchia come riferimento sicuro, ma siamo coscienti e consapevoli che per molti altri non è così e nella solitudine non sanno a chi rivolgersi e a chi porre domande più attinenti alla dimensione spirituale, oppure semplicemente hanno bisogno di esternare il proprio dolore».

Per questi motivi è stato attivato il numero 375-6158547. Sarà attivo da lunedì a venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18. Risponderà una persona incaricata che raccoglierà i dati e li trasmetterà a un sacerdote che contatterà la persona bisognosa di aiuto e di ascolto.

 

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“Io avrò cura di te”, già diversi gli operatori sanitari accolti nelle strutture diocesane: le storie e le testimonianze

È un vero «ripensamento dell’accoglienza» quello in atto in alcune delle strutture caritative della diocesi. Ci tiene a sottolinearlo don Pierluigi Codazzi, responsabile di Caritas Cremonese. «I centri nati per l’accoglienza delle fragilità – sottolinea – oggi a loro volta accolgono persone che si sono messe a disposizione per aiutare gli altri». Medici e infermieri giunti da altre regioni d’Italia per supportare il sistema sanitario locale in questo periodo di emergenza.

 

Cremona, Casa di Nostra Signora

«Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo». Lettera agli Ebrei, versetto secondo. E non solo. Anche l’idea alla base di «Io avrò cura di te», progetto di accoglienza attivato dalla Diocesi di Cremona per offrire alloggio gratuito a operatori sanitari giunti sul territorio per prestare servizio presso gli ospedali locali o impossibilitati a rientrare a casa per evitare il contagio dei familiari.

«Prendersi cura significa preoccuparsi per qualcuno e nello specifico cerchiamo di ricambiare la sollecitudine che queste persone stanno dimostrando nei nostri confronti». A parlare è Nicoletta D’Oria Colonna, responsabile di «Casa di Nostra Signora», struttura di accoglienza femminile della Caritas che, dal 2014, ospita donne in situazione di fragilità e da qualche settimana, con loro ma in ambienti separati, una decina tra dottoresse e infermiere provenienti da diverse città italiane.

Come Elisa Violi, infermiera pediatrica di 25 anni, calabrese ma domiciliata a Torino. «Sono venuta a Cremona vista la situazione critica che avvolge gli ospedali lombardi. Dopo essere stata contattata dall’ospedale di Cremona, tramite il personale amministrativo, sono venuta a conoscenza della possibilità di soggiornare a Casa di Nostra Signora, che ha offerto gratuitamente degli alloggi per noi operatori sanitari, gesto molto apprezzato, data la mole di stress psicologico e fisico che affrontiamo tutti i giorni».

O come Silvia Ianni, 45 anni, infermiera a partita iva, che a Roma, dove vive, ha lasciato i genitori anziani e il servizio prestato come volontaria con i ragazzi del quartier Quarticciolo, periferia che non esita a definire «dura». «I primi di marzo ho mandato disponibilità immediata, il 17 sono stata contattata e dopo un paio di giorni ero in reparto a far visite e notti. Ho trovato una città in guerra, ospedale reinventato, un altro costruito nel parcheggio e soprattutto ferite già profonde. E poi tanto coraggio, tanti grazie e pure accoglienza». Così ci racconta. E prosegue «Non vado via. I sanitari locali stanno pagando un prezzo troppo alto per lasciarli soli».

Anche questa è accoglienza presso Casa di Nostra Signora. Non solo lo stress generato dalla difficile situazione di stallo e di convivenza forzata tra realtà delicate, ma anche scambio continuo tra le diverse storie che si intrecciano in un groviglio di umanità in divenire.

«Sembra un controsenso accogliere in un momento in cui ci viene chiesto di isolarci – dichiara ancora Nicoletta D’Oria Colonna – ma la vicinanza finalmente sembra essere riscoperta come valore imprescindibile dopo decenni di individualismo esasperato». Vicinanza su più fronti e a tutti gli effetti. Non solo materiale, ma anche psicologica e spirituale. Vicinanza tra chi non ha una stabilità economica, una famiglia, una casa, un lavoro (sono trenta le ospiti della struttura che vanno da madri con bambini anche neonati a ultra ottantenni) e chi ha scelto liberamente di lasciare la famiglia, la casa, i propri affetti per un bene più grande, per rispondere alla vocazione che chiede di essere medico del malato, prossimo del bisognoso. E oggi Cremona e i suoi malati di coronavirus diventano «l’occasione di incontro con la vulnerabilità dell’altro che suscita in noi la cura, come il malcapitato fa buono il Samaritano».

Oggi più che mai ci si sente tutti figli dello stesso Padre, tutti ugualmente fragili. La donna, sia essa sola per mancanza o per scelta. Pur sempre donna che dà la sua vita per difendere quella dell’altro, nel riconoscimento che «solo il gesto che difende la vita la moltiplica, la avvalora».

E oggi più che mai risuonano profetiche le parole di papa Francesco quando l’8 marzo 2019, in occasione dell’incontro con una delegazione dell’American Jewish Committee, dichiarava: «La donna è colei che fa bello il mondo, che lo custodisce e mantiene in vita. Vi porta la grazia che fa nuove le cose, l’abbraccio che include, il coraggio di donarsi».

Sara Pisani

 

Cremona, Casa dell’Accoglienza

Se a Casa di Nostra Signora l’ospitalità è rivolta alle donne, in una parte riservata dalla Casa dell’Accoglienza, sempre a Cremona, c’è la possibilità di accogliere una decina di uomini. Già più della metà dei posti è occupata.
Un doveroso impegno che è anche implicito ringraziamento per la generosa disponibilità garantita da questi professionisti. «Mi piace in questo senso ricordare – continua don Codazzi – anche la disponibilità data per l’alloggio dal parroco di Monticelli d’Ongina, in casa parrocchiale. Una opportunità che al momento non abbiamo potuto sfruttare in quanto i medici e gli infermieri che attualmente ospitiamo non sono muniti di mezzi di trasporto propri e dunque gli spostamenti sarebbero difficoltosi». «In queste ore – conclude il direttore della Caritas – siamo stati contattati anche da un medico residente fuori città e che lavora all’ospedale di Cremona, interessato a poter avere un punto di appoggio fuori casa, per garantire maggiore sicurezza ai propri familiari».

 

Caravaggio, Centro di spiritualità del Santuario

In prima fila anche il Santuario di Caravaggio che ha aperto gli ambienti del Centro di spiritualità per la accoglienza di medici e operatori sanitari accorsi in rinforzo alle locali strutture ospedaliere. «In collegamento con la Caritas diocesana – precisa il rettore del Santuario, mons. Amedeo Ferrari – siamo stati invitati a contattare gli ospedali per sondare le necessità ed è emersa una condizione di bisogno presso i presidi di Treviglio-Caravaggio e Romano di Lombardia. La nostra disponibilità ad accogliere e ospitare gratuitamente i sanitari giunti a rinforzo da ogni parte d’Italia è totale e così sarà per tutta la durata dell’emergenza sanitaria».  Sono cinque i medici che hanno finora trovato ospitalità: professionisti con varie specializzazioni come biologi di laboratorio, chirurghi, dentisti e anestesisti. «Provengono da Napoli, Roma, Bergamo, Pistoia e Senigallia  – spiega ancora il rettore – hanno risposto alla richiesta di volontari e la loro giornata è sempre molto piena, assorbiti come sono dall’enorme e duro  lavoro ospedaliero e dalla loro grande responsabilità». Si tratta di un servizio prezioso quello offerto dal Santuario,  che riesce a trasformarsi in una esperienza arricchente per tutti. «Capita di parlare con loro e di ragionare un attimo su quanto sta accadendo – conclude il sacerdote –, si mostrano preoccupati ma testimoni di speranza e di coraggio».

Marco Galbusera

 

Come sostenere il progetto

È possibile sostenere il progetto «Io avrò cura di te» con un versamento su conto corrente postale 68411503 o bancario (Iban IT 57 H 05156 11400 CC054 0005161) intestati a «Fondazione San Facio onlus» e indicando la causale «Io avrò cura di te 2020». Informazioni e donazioni anche presso gli uffici della Caritas diocesana.

A Cremona la possibilità di accoglienza per le donne è presso Casa di Nostra Signora di via Ettore Sacchi (info al 334–1062553, e–mail cns@serviziaccoglienza.it), per gli uomini all’interno della Casa dell’Accoglienza di viale Trento e Trieste (335–354429, donpiercr@gmail.com). Disponibilità è stata garantita anche a Caravaggio, presso il Centro di spiritualità del Santuario (centralino 0363–3571, info@santuariodicaravaggio.org).

La presentazione del progetto

 


#restiamocomunità – #chiciseparerà




La Croce della Gmg in Cattedrale, un segno di speranza e unità per tutta la diocesi (VIDEO)

Gli oratori sono chiusi e a tanti ragazzi e giovani in tutta la diocesi, in questi giorni emergenza sanitaria, manca un luogo di riferimento abituale: il luogo dell’amicizia e della preghiera. Per questo l’Ufficio diocesano di Pastorale giovanile ha scelto un segno per mettere in rete il desiderio di incontro: da venerdì infatti la Cattedrale di Cremona ospita la croce della Gmg, la stessa che dal 1986 – come aveva indicato papa Giovanni Paolo II – accompagna la fede delle giovani generazioni.

https://www.facebook.com/234763276623260/videos/866334117215316/

È la croce che ogni anno accompagna il percorso delle Gmg diocesane che si celebrano tradizionalmente alla vigilia della Domenica delle Palme a Cremona.

In questi giorni ogni oratorio ha ricevuto alcuni poster con la fotografia della croce della Gmg in Cattedrale, una frase per riflettere e pregare e l’indicazione di un hashtag, #inluilanostraforza, per condividere sui social foto che raccontino «il tuo tempo giovane: il tuo lavoro, i tuoi affetti, il tuo amore per la vita. Oggi».

L’invito a tutte le parrocchie è quello di condividere il segno di questi poster mostrandoli fuori dai propri oratori chiusi e nelle chiese aperte per la preghiera personale, e di condividere sui canali digitali così importanti in queste settimane per mettere in rete preghiere e senso di comunità. «Questo segno che dalla Cattedrale raggiunte tutta la diocesi – spiega don Paolo Arienti, incaricato di pastorale giovanile – vuole essere un messaggio di solidarietà e speranza, di uno sguardo che continua a puntare verso “l’oltre”».

#restiamocomunita – #chiciseparera




«Gesù per le strade» dell’Unità Pastorale “Madre Nostra”: i parroci portano il Santissimo tra i paesi per benedire le comunità

Gesù per le strade della Unità Pastorale Madre Nostra. Domenica 29 marzo, quinta domenica di Quaresima, il Santissimo Sacramento ha attraversato le strade delle sette parrocchie della Unità Pastorale “Madre Nostra” (Sospiro, Cella Dati, Derovere, Longardore, Pugnolo, San Salvatore e Tidolo), benedicendo tutte le persone, le famiglie, le case, gli spazi e i luoghi della vita comunitaria.

La Benedizione Eucaristica itinerante, condotta in auto e nel pieno rispetto delle vigenti misure sanitarie e di sicurezza dai parroci don Federico Celini e don Umberto Zanaboni, è stata accolta con gioia e commozione, come straordinario gesto di vicinanza umana, di speranza e di affidamento per tutti, credenti e non.
Un segno per ricordare che Cristo vive in mezzo a noi, che è sempre presente nella nostra vita e non solo nelle chiese, temporaneamente private delle funzioni religiose ma comunque aperte per la preghiera personale.
In questo tempo, sospeso tra paure, incertezze e fragilità, fiducia, desiderio di “normalità” e di cambiamento, siamo chiamati a riscoprire la forza e la potenza della preghiera, a sperimentare la vera consolazione che viene da Dio.
La Benedizione Eucaristica è stata, infatti, organizzata in continuità con lo straordinario e storico gesto compiuto da Papa Francesco in occasione della Benedizione Urbi et Orbi dello scorso 27 marzo.

#restiamocomunità – #chiciseparerà




Covid e Solidarietà, raccolta fondi per l’ospedale tra gli ospiti della Casa dell’Accoglienza

L’iniziativa è nata spontaneamente da un gruppo di ospiti stranieri della Casa dell’Accoglienza della Caritas diocesana che, nei giorni scorsi, hanno posizionato un banchetto all’ingresso della mensa, con un cartellone che invitava a contribuire alla raccolta fondi di “Uniti per la provincia di Cremona” per l’Ospedale di Cremona.

Tanti altri ospiti hanno raccolto l’invito e hanno devoluto parte del proprio pocket money a questa iniziativa nata come segno di solidarietà e partecipazione all’emergenza che sta travolgendo la città e la comunità che li ha accolti, contribuendo alla raccolta di 490 euro.

«È una iniziativa bella e inattesa – commenta don Pier Codazzi, direttore della Casa dell’Accoglienza – nata da un gruppetto di persone che è riuscito a coinvolgere tanti altri, in un momento in cui i redditi di chi svolge qualche piccolo lavoro vengono a mancare e le risorse a disposizione di queste persone sono davvero minime».

A motivare il gesto di generosità la consapevolezza della gravità della situazione sanitaria sul territorio e la volontà di non stare a guardare, ma di lasciarsi coinvolgere nella  rete della solidarietà che si sta generando, dando un proprio contributo: «È stata proprio la natura spontanea di questa iniziativa nata da loro senza imposizioni – aggiunge il direttore della Caritas cremonese – la molla per la partecipazione di tanti».


#restiamocomunità – #chiciseparerà




Cambonino, la Via Crucis nel video dei ragazzi del gruppo Emmaus (VIDEO)

La Parrocchia di San Giuseppe, nel quartiere Cambonino di Cremona, Cremona ha preparato una Via Crucis grazie al contributo in video dei ragazzi del gruppo Emmaus, con il supporto della loro catechista Paola Tacchini e del parroco don Alberto Martinelli. Un gesto semplice per esserci, nonostante questo periodo di impossibilità di celebrare insieme la Quaresima.

Grazie al consenso dei genitori, è stato deciso di condividerla con il resto della diocesi attraverso l’iniziativa #restiamocomunità.


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A Casa famiglia Spinelli “un eccesso di Amore” … in filodiffusione

In questo tempo in cui sembra così difficile sorridere, presso la Casa famiglia “Spinelli” delle Suore Adoratrici, a Rivolta d’Adda, ciò che “contagia” è la serenità. Durante la mattinata, un allegro jingle richiama tutti – ospiti e operatori – a mettersi in ascolto. Tutte le unità abitative della casa sono raggiunte con alcuni messaggi, musiche, dediche, saluti da persona a persona. Un modo diverso di rimanere in contatto con chi normalmente si incrociava volentieri tra un corridoio e l’altro, nelle tante attività educative e ricreative.

E così, nel “farsi in quattro” per gestire e affrontare questa emergenza, tutto diventa “eccesso d’amore”. San Francesco Spinelli, il padre fondatore delle Adoratrici, usava questa espressione riferendosi alla vita di Gesù. Oggi più che mai queste parole prendono carne nella quotidianità.

Per far sentire vicinanza e gratitudine agli operatori e ai cari Ospiti, ogni giorno essi sono raggiunti con preghiere e ringraziamenti.

Sfidando le leggi dello spazio sono proposti concorsi “artistici” e tombolate a distanza.

Gli ospiti stanno sperimentando i vantaggi della tecnologia facendo videochiamate con i loro cari che non possono venire a trovarli.

Dalla chiesa, poi, c’è sempre una luce che non si spegne: un “padre” veglia e intercede giorno e notte per tutti. Da qualche settimana, infatti, la reliquia di san Francesco Spinelli è esposta per la preghiera personale e mai come in questo tempo risuonano vere e care le parole del suo testamento spirituale: “Mando l’ultima benedizione ai miei cari ospiti che furono l’oggetto del mio amore in Gesù Cristo”.

 

 

 


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Riscopriamo una fede imbevuta di realtà nei giorni della grande debolezza

Condividiamo una riflessione di don Paolo Arienti, incaricato diocesano per la Pastorale Giovanile, sui giorni della debolezza che stiamo vivendo, e sul senso che assumono nella vita e nella vita di fede di ciascuno di noi  delle nostre comunità.

Se mi buttano in acqua, nella mia goffaggine cerco di stare a galla, calmarmi e poi provare qualche
bracciata, ricordandomi come si fa d’estate. Ci posso provare, cerando di vincere la paura e il senso di
smarrimento. Ci possono provare anche la nostra cultura e le nostre spiritualità: dentro la fatica e lo
scorcerto, a dar nome e senso a quanto sta accadendo. Per qualcuno una proiezione disperata, per altri
l’inizio o la ripresa di un dialogo. Comunque, per tutti, un esercizio profondamente umano, che a nessuno
dovrebbe essere precluso. Sono i giorni della biologia e della tecnica: costruiamo un ospedale da campo e
cerchiamo di moltiplicare gli sforzi per i letti di terapia intensiva e per ridurre il contagio. Ma sono anche i
giorni del pensiero, del lutto e della condivisione.

Tutto sembra così terribilmente debole:

debole il cordoglio, privato della sua più naturale forma, la vicinanza; debole la socialità, ridotta quasi a zero e compressa nelle piccole o grandi abitazioni; debole la tenuta di tutto, anche della scuola che si ripensa online, ma non riesce del tutto nel suo scopo, perché scuola è innanzitutto spazio, contatto, confronto, sguardi e suggerimenti (anche quelli durante i compiti in classe). Sembra debole anche la religione: fermi gli atti di culto, mute tante campane, tanti preti morti, come purtroppo accade in tante, troppe famiglie.

Siamo in una cultura ormai lontana dai dibattiti su certe responsabilità (Dio, il caso, la necessità…); abbiamo
forse preso congedo da certi scenari, perché nella vita ordinaria, disincantata e ben ritmata, tutto pareva
sotto controllo; sino a qualche settimana fa.

E non contava molto se a Lesbo o in Libia, non molto lontano da noi, le grida erano comunque assordanti. Andava bene così.

Potremmo dire – esagerando forse con il cinismo che non è di tutti – mors tua vita mea. Senza tanti complimenti.

Ai cercatori di senso, a chi prova a nuotare comunque, compare davanti questo scenario di grande debolezza, dove tuttavia si resiste; e dove i toni dell’arrogante trionfo di questa o di quella idea sono pallidi ricordi. Molti pregano, anche in casa, e scoprono che più si prega, più il senso di quel gesto, sospeso tra parole e silenzi, letture e sguardi, ha il sapore che persone più esperte di noi in umanità ci hanno sempre ricordato: alimentare la forza di essere umani, dismettere i panni della prepotenza, avvertire di essere parte di una vita più grande e – se possibile – bussare alla sua origine, all’Amore che l’ha chiamata ad esistere. Senza il fatalismo di chi si arrende; senza l’atteggiamento magico di chi ricorre a formule oscurantistiche.

Se Dio c’è, è lì, come ricorda la crudezza del crocifisso che non è solo un antieroe dell’amore; è per il Cristianesimo il destino stesso di Dio, il suo linguaggio più vero.

Forse abbiamo tanto insistito sulla sua onnipotenza, letta ovviamente secondo il nostro metro che Dio è diventato la proiezione infinita dei nostri desideri finiti. Una tentazione sempre accovacciata alla porta di chi crede. E così la mia fede è diventata una religione chiusa, autosufficiente e, forse, ha prestato il fianco alla magia. Solo che prima, di questa magia non avevo bisogno.

I nostri nonni ce l’hanno sempre insegnato: stavano nella vita, povera e asciutta, con il coraggio della realtà e maturava in loro una fede tutt’altro che magica. Era la fede di chi certo non aveva studiato, non aveva letto dei maestri del sospetto o di Tommaso. Ma non era una fede ignorante. Forse di ignoranti sì, cioè di illetterati e di non laureati. Ma non una fede ignorante, perché dentro c’era una sapienza del vivere. Un vivere diverso dal
nostro, che forse noi non desideriamo, perché siamo legittimamente altro, anche per merito loro. Ma ora è
il tempo della stessa debolezza e – forse – della stessa fede.

don Paolo Arienti

incaricato diocesano Pastorale Giovanile


#restiamocomunità – #chiciseparerà




Venerdì della misericordia: preghiera al Cimitero di Cremona per tutti i defunti (VIDEO)

Anche la Diocesi di Cremona ha raccolto l’invito della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana a recarsi nel cimitero della propria città nella giornata di venerdì 27 marzo per un momento di raccoglimento, veglia di preghiera e benedizione. Questa mattina il vicario generale don Massimo Calvi, con don Pietro Samarini e don Ottorino Baronio, si sono recati al Cimitero di Cremona per questo «segno di suffragio e consolazione».

https://www.facebook.com/DiocesiCremona/videos/148233673184263/

«Questo semplice momento di preghiera – ha introdotto don Calvi – è lo specchio di questo tempo di emergenza che ci costringe a difenderci da un’insidiosa epidemia, a interrompere le relazioni, a stare lontano dai nostri cari ammalati e ricoverati in ospedale. E ci costringe persino a non raccoglierci con parenti ed amici per pregare per i nostri defunti e dare loro l’ultimo saluto».

Per questo – ha continuato, ricordando la vicinanza spirituale del vescovo Napolioni e dell’emerito Lafranconi – «i vescovi italiani hanno voluto oggi questo momento di preghiera come occasione di suffragio, cioè di preghiera illuminata dalla fede nel Cristo morto e risorto, e di consolazione, perché sia di sostegno a tanti fratelli e sorelle, a tante famiglie che , colpite dal lutto, non hanno potuto stringersi intorno ai loro defunti».

Un segno di comunione, dunque, con tutta la comunità diocesana e con la Chiesa Italiana, che vive con sofferenza questo momento di prova, che è proseguito con una lettura del Vangelo e si è concluso con la benedizione del Cimitero.