1

Assemblea Cei. Card. Bassetti: “La gente deve poter sentire che la Chiesa è una mamma”

“I vescovi italiani danno avvio, con questa Assemblea, al cammino sinodale secondo quanto indicato da Papa Francesco e proposto in una prima bozza della Carta d’intenti presentata al Santo Padre. Al tempo stesso, affidano al Consiglio Permanente il compito di costituire un gruppo di lavoro per armonizzarne temi, tempi di sviluppo e forme, tenendo conto della Nota della Segreteria del Sinodo dei Vescovi del 21 maggio 2021, della bozza della Carta d’intenti e delle riflessioni di questa Assemblea”. È la mozione approvata dai vescovi italiani, nel corso della loro 74ma Assemblea generale, che di fatto ha rappresentato il primo passo di un cammino sinodale che parte dalla Chiesa “col volto di mamma”, auspicata da Papa Francesco nel suo storico discorso al Convegno ecclesiale di Firenze nel 2015.

“La gente deve sentire che la Chiesa è una mamma e che ti tiene per mano. Altrimenti li perdiamo”.

Ne è convinto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, che nella conferenza stampa di chiusura dell’assise episcopale, che si è svolta a Roma dal 24 al 27 maggio alla presenza anche del vescovo di Cremona mons. Antonio Napolioni, ha riassunto così lo spirito del cammino sinodale della Chiesa italiana.

“Non si arriva a questo Sinodo in maniera improvvisata”, ha fatto notare il cardinale citando in particolare i convegni ecclesiali nazionali di Verona nel 2006 e di Firenze nel 2015: “Il Sinodo vuole essere una mamma che accompagna, la carezza materna della Chiesa alla gente che in questo momento è in estrema difficoltà”.

“Il discorso del Santo Padre a Firenze è stato il più lungo del suo pontificato – ha precisato Bassetti – ma non si può ridurre Firenze soltanto a questo: ci sono stati tavoli di sette-otto persone dove i problemi sono stati realmente discussi. Si può dire che

Firenze è stato quasi un pre-Sinodo,

e il Papa ci ha chiesto di ritornare allo stile di Firenze, tramite un movimento dall’alto in basso e dal basso in alto”. “Cominciamo dalle parrocchie, dalle diocesi”, ha spiegato il presidente della Cei a proposito del Sinodo: “Dai vescovi arriverà una risposta che non è una risposta dall’alto, ma una risposta dal basso che abbiamo fatto tutti insieme. Come ci ricorda infatti Papa Francesco, il popolo di Dio è ‘infallibile in credendo’: non c’è alcuna distinzione tra sacerdoti e battezzati, il fine comune della Chiesa è la santità, la missione, il camminare insieme”. “Quello della Chiesa italiana non è un vero Sinodo, è un cammino sinodale coinvolgente!”, ha puntualizzato il cardinale: “È ora di riscuotersi: siamo un pò addormentati, bisogna risvegliarsi. Abbiamo perso la capacità di sognare. Dobbiamo aiutare la gente a ritrovare due cose: desideri e sogni”.

“Quelli del celibato dei preti e del sacerdozio alle donne non sono i problemi fondamentali che in questo momento attanagliano la Chiesa e l’umanità”, ha fatto notare Bassetti interpellato sul confronto tra il cammino sinodale che si appresta a compiere la Chiesa italiana e il Sinodo della Chiesa tedesca. “Il cammino sinodale che sta iniziando la Chiesa italiana parte da condizioni molto diverse da quello della Germania, che ha affrontato alcune problematiche molto particolari”.

“I problemi di fondo della nostra gente – ha osservato – sono ben altri: la solitudine, l’educazione dei figli, le difficoltà di chi non arriva a fine mese per la mancanza di lavoro, l’immaturità affettiva che porta le famiglie a disgregarsi”.

“Quando il profitto è il primo fine dell’attività umana, siamo completamente fuori”, il monito che deriva dalla tragedia della funivia Stresa-Mottarone e riguarda in generale il tema del lavoro, il cui fine  “è sempre la persona: tutti gli altri sono mezzi che servono a far crescere e sviluppare la persona in tutte le sue potenzialità”. “La cosa che più mi meraviglia – ha denunciato – è il fatto che, anche a causa della pandemia, i posti di lavoro siano diminuiti ma che, contemporaneamente, siano aumentati in maniera esponenziale gli incidenti sul lavoro. C’è qualcosa che non va, va garantita la persona”.

Sul ddl Zan, “le divergenze non devono acuirsi, altrimenti si arriva allo scontro. Devono comporsi, nel rispetto della persona e della sua dignità”.  “Siamo d’accordo che ci sia un dibattito, ma non si può arrivare allo scontro”, ha ribadito il presidente della Cei. “Noi abbiamo sempre detto – ha ricordato – che per quanto riguarda la violenza non c’era bisogno di un’altra legge, perché già la legge precedente garantiva la tutela di tutti”.

“Abbiamo sempre riaffermato la difesa della persona contro ogni violenza e discriminazione – ha proseguito il cardinale – perché la persona viene sempre prima di ogni possibile riduzionismo e merita di essere rispettata”.

Altro principio da garantire è “la tutela amplissima e la libertà di espressione, senza meccanismi discriminatori che potrebbero generare intolleranza”, ha aggiunto facendo cenno a temi controversi come il “genitori A” e il “genitore B” e il  “gender”. Ribadendo la centralità del “confronto franco e libero su temi come l’identità”, Bassetti ha inoltre ricordato: “Per il genere noi abbiamo una visione biblica: ‘maschio e femmina li creò’. C’è un progetto che per i cristiani è mutuato dalla Bibbia, dal Vangelo, ma che può essere anche condiviso dai non credenti. C’è sempre stata, in ogni civiltà, questa divisione di fondo”.

“Più che lo ius soli, per me è importante lo ius culturae”,

la precisazione su un altro tema che ritorna nel dibattito politico. “Lo ius culturae – ha spiegato il cardinale precisando di parlare a titolo personale, visto che nel dibattito tra i vescovi non si è affrontata questa tematica – significa dare cittadinanza a qualcuno che ha fatto un cammino, che si è inculturato, che è stato accettato, che è compagno di banco dei nostri ragazzi. Implica un cammino che si è fatto insieme”.




Assemblea Cei: eletti due vicepresidenti, mons. Erio Castellucci e mons. Giuseppe Andrea Salvatore Baturi

Da sinistra Baturi, Bassetti e Castellucci

 

L’Assemblea generale della Cei ha eletto, nella serata di ieri, due vicepresidenti per l’area Nord e per l’area Centro. Ne dà notizia oggi l’Ufficio nazionale della Cei per le comunicazioni sociali. Si tratta di mons. Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, per l’area Nord, e di mons. Giuseppe Andrea Salvatore Baturi, arcivescovo di Cagliari, per l’area Centro.

I lavori dell’Assemblea proseguiranno nella mattina di mercoledì 26 maggio con l’elezione dei membri del Consiglio per gli affari economici e i presidenti delle Commissioni episcopali.

Mons. Castellucci è nato a Roncadello di Forlì l’8 luglio 1960, ha studiato al Pontificio seminario regionale “Benedetto XIV” di Bologna, poi a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana, conseguendo il dottorato. Ordinato sacerdote nel 1984, è stato parroco a Durazzanino (1984-1992) e a San Giovanni Evangelista di Forlì (2009-2015), svolgendo diversi incarichi diocesani: delegato per il Diaconato e i Ministeri (1988-2008); direttore del Centro diocesano universitari (1990-2004); del Centro diocesano vocazioni (1992-2000) e del Centro per la pastorale giovanile (1996-2008); Vicario episcopale per la Cultura, l’Università e la scuola, la Famiglia, i Giovani, le Vocazioni e il Turismo (2009-2015); assistente diocesano dell’Agesci-Scout (dal 1993). È stato docente di Teologia presso lo Studio teologico accademico bolognese, divenuto nel 2005 Facoltà teologica dell’Emilia Romagna, di cui è stato preside dal 2005 al 2009, e docente presso l’Istituto superiore di scienze religiose Sant’Apollinare di Forlì. Nominato arcivescovo di Modena-Nonantola il 3 giugno 2015. Nel 2018 è stato eletto presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, la catechesi e l’annuncio. Il 7 dicembre 2020 è stato chiamato alla guida della diocesi di Carpi, unita “in persona Episcopi” a quella di Modena-Nonantola. È consultore della Congregazione per il clero.

Mons. Baturi è nato il 21 marzo 1964 a Catania. Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Catania, il baccalaureato in Teologia presso lo Studio teologico San Paolo di Catania e successivamente la licenza in Diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana. Ordinato sacerdote nel 1993, è stato parroco di Valcorrente, frazione di Belpasso (Catania) dal 1997 al 2010 ed economo diocesano (1999-2008). È stato, inoltre, vicario episcopale per gli Affari economici. È cappellano di Sua Santità dal 2006 e canonico maggiore del Capitolo della cattedrale di Catania dal 2012. Dal 2012 al 2019 è stato direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi giuridici e segretario del Consiglio per gli affari giuridici della Conferenza episcopale italiana. Dal 2015 al 2019 è stato sotto-segretario della Cei. Eletto alla sede arcivescovile di Cagliari il 16 novembre 2019, è attualmente vice-presidente della Conferenza episcopale sarda.




Assemblea Cei. Card. Bassetti: “La sinodalità è perfettamente coerente con il percorso della Chiesa italiana”

“La ricchezza di questa nostra storia conferma che la sinodalità, come stile, metodo e cammino, è perfettamente coerente con un percorso che abbraccia cinque decenni, tanto più per la consapevolezza di un ‘cambiamento d’epoca’ in atto”. Introducendo i lavori della 74ma Assemblea generale dei vescovi italiani – in corso all’Hotel Ergife di Roma fino al 27 maggio e cui partecipa anche il vescovo di Cremona Antonio Napolioni – il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha tracciato un ampio excursus sulla storia della Chiesa italiana, a partire dalla prima assemblea generale e passando per piani pastorali e convegni decennali. “Come nei primi Anni Settanta, così oggi la Chiesa che è in Italia è chiamata a un discernimento che generi conversione, comunione e corresponsabilità”, l’impegno assunto a nome della Cei rivolgendo “un pensiero affettuoso e devoto a Papa Francesco, che ieri ha aperto l’assise episcopale. “Disegnare forme rinnovate è la nostra responsabilità odierna”, ha spiegato Bassetti:

“La Chiesa che è in Italia – la nostra Chiesa, le nostre Chiese – non è mai stata e mai sarà in contrapposizione a Pietro,

al Suo Magistero, alla Sua Parola. Per questo, oggi, come è sempre avvenuto nella nostra storia, ci sentiamo chiamati a vivere la sinodalità, a disegnare un cammino sinodale”. Un cammino, non un semplice evento, “perché in gioco è la forma di Chiesa a cui lo Spirito ci chiama in particolare per questo tempo”.

La sfida che attende i vescovi è allora quella di “mettere in campo percorsi sinodali capaci di dare voce ai vissuti e alle peculiarità delle nostre comunità ecclesiali, contribuendo a far maturare, pur nella multiformità degli scenari, volti di Chiesa nei quali sono rintracciabili i tratti di un Noi ricco di storia e di storie, di esperienze e di competenze, di vissuti plurali dei credenti, di carismi e ministeri, di ricchezze e di povertà”. “È uno stile che domanda una serie di scelte che possono concorrere a rappresentare la forma concreta in cui si realizza la conversione pastorale alla quale Papa Francesco insistentemente ci richiama”, ha osservato il cardinale: “È uno stile che vuole riconoscere il primato della persona sulle strutture, come pure che intende mettere in dialogo le generazioni, che scommette sulla corresponsabilità di tutti i soggetti ecclesiali, che è capace di valorizzare e armonizzare le risorse delle comunità, che ha il coraggio di non farsi ancora condizionare dal ‘si è sempre fatto così’, che assume come orizzonte il servizio all’umanità nella sua integralità. È un cambio di rotta quello che ci viene chiesto: le possibili tappe del ‘cammino’ ci permetteranno di familiarizzare con questo stile, perché esso possa arrivare a permeare il quotidiano dei nostri vissuti ecclesiali”. La prima strada da intraprendere, per il presidente della Cei, è quella del “noi ecclesiale”: “un Noi ecclesiale allargato, inclusivo, capace di favorire un reciproco riconoscimento tra i credenti”, un “cammino di popolo” che ha bisogno di “una responsabilità condivisa da parte di tutti”, compresi i laici e le laiche e tutti coloro che “sono presenti nei mondi della cultura, della politica, dell’economia”. Servono “riconciliazione ecclesiale” e “riconciliazione col mondo”, che è sinonimo di empatia: no ad estremismi e violenze, sì a “ponti di comprensione con tutti”.

Tra le priorità politiche, Bassetti ha segnalato l’inverno demografico,

per contrastare il quale “servono ovviamente gli interventi di carattere fiscale e amministrativo, riassunti ad esempio nell’assegno unico in via d’implementazione per tutte le categorie di lavoratori e lavoratrici, servono le politiche attive del lavoro soprattutto femminile, rispettose dei tempi della famiglia e della cura dei figli”.

“Ribadiamo come ci sia ancora tempo per un ‘dialogo aperto’ per arrivare a una soluzione priva di ambiguità e di forzature legislative”, la posizione della Cei sul ddl Zan.

“Basta morti sul lavoro!”, ha esclamato il cardinale, chiedendo “un’attenzione perché questo avvenga sempre in condizioni sicure”.

Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) ha una “grande importanza”, e “può essere una occasione importante di crescita collettiva”,

l’omaggio del presidente della Cei. ”Vi sia la saggezza di coinvolgere tutte le energie positive del Paese, che sono tante e, nello stesso tempo, disperse”, l’auspicio della Chiesa italiana, secondo cui il Pnrr “può diventare un’opportunità per rilanciare l’economia del Paese, dando respiro e ristoro ad una società provata dalla persistente emergenza sanitaria, che sta producendo effetti molto pesanti sulla situazione socio-economica”. Dal 1° settembre 2020 al 31 marzo 2021, dicono infatti i dati Caritas, quasi una persona su quattro (24,4%) è un “nuovo povero”. Nel corso di oltre un anno di pandemia si sono affacciati alle Caritas almeno 453.731 nuovi poveri.

Sul piano internazionale, i vescovi si uniscono all’accorato appello del Papa affinché “in ogni area di conflitto – e, in particolare, in Terra Santa – tacciano le armi e ci si incammini sulla strada del dialogo e della riconciliazione”.

Circa il fenomeno migratorio, la Cei, attraverso i suoi Uffici nazionali, ha garantito l’arrivo in Italia e l’accoglienza in sicurezza di oltre mille profughi dal Medio Oriente e dall’Africa, “dimostrando che

è possibile un’alternativa agli ingressi irregolari e alle morti in mare”.

Per rendere il Mediterraneo un mare di pace, ha annunciato Bassetti, i vescovi stanno studiando un’altra occasione analoga a quella vissuta a Bari nel 2020.




Papa Francesco ai vescovi italiani: “Il Sinodo deve incominciare dal basso, la luce è Firenze”

“Quando sono entrato ho fatto un cattivo pensiero: ma questa è un’assemblea dei vescovi o un concorso per eleggere il vescovo più bello?”. Il Papa ha aperto con questa battuta, pronunciata a braccio come il resto del suo discorso, i lavori della 74ª Assemblea generale della Cei, in programma all’Hotel Ergife di Roma fino al 27 maggio sul tema: “Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita ‐ Per avviare un cammino sinodale”. Presente anche il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni.

“Io so che non è facile fare una cosa domestica in una casa che non è nostra, non è facile”, ha proseguito. “Ma possiamo fare che diventi nostra con il nostro atteggiamento, nostra preghiera, e così andare avanti in questa assemblea”, il consiglio di Francesco, che ha annunciato che il dialogo “a porte chiuse” con i vescovi, “come al solito”, si sarebbe svolto al termine del suo discorso secondo lo schema domande-risposte. “Così voi potete parlare delle cose che vi interessano”, ha spiegato. “Soltanto prima dirò tre cose che mi stanno a cuore”, ha detto il Papa, citando la questione dei tribunali e quella dei seminari.

“C’è un pericolo molto grande”, ha osservato a proposito di quest’ultima questione: “sbagliare nella formazione

e anche sbagliare nella potenza, nella missione dei seminaristi”. “Abbiamo visto con frequenza seminaristi che sembravano buoni, ma rigidi”, il bilancio di Francesco: “E la rigidità non è del buono spirito. E poi ci siamo accorti che dietro le rigidità c’erano dei grossi problemi”.  “E poi la formazione”, ha sottolineato il Santo Padre:

“Non possiamo scherzare coi ragazzi che vengono da noi per entra seminario”.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Al termine del suo discorso pronunciato a braccio, prima dell’incontro “a porte chiuse” con i vescovi, il Papa si è soffermato sul Sinodo, “che voi incomincerete a camminare”, ha detto a proposito del tema della 74ma Assemblea generale della Cei.  “Sono successe tante cose dal primo incontro che abbiamo avuto noi a San Pietro, fino ad oggi”, ha ricordato Francesco: “E una delle cose che è successa – è un atteggiamento che abbiamo tutti, succede anche nella Cei – è l’amnesia: perdiamo la memoria di quello che abbiamo fatto e andiamo avanti”. “E

una delle cose della quale abbiamo perso la memoria è l’incontro di Firenze, cinque anni fa”,

ha segnalato il Papa riferendosi all’ultimo Convegno ecclesiale nazionale: “E questo è stato un passo avanti, almeno nella formulazione”. “Direi che il Sinodo deve svolgersi sotto luce di Firenze”, l’indicazione di rotta di Francesco: “Firenze è un patrimonio vostro che deve illuminare questo momento, dall’alto in basso. E dal basso in alto il popolo di Dio: la più piccola parrocchia, la più piccola istituzione diocesana, che si incontrano”.

“La luce viene da Firenze, invece il Sinodo deve incominciare dal basso in alto”,

ha raccomandato il Papa: “dalle piccole comunità, dalle piccole parrocchie”. “E questo ci chiederà pazienza, ci chiederà lavoro, ci chiederà di far parlare la gente”, la previsione di Francesco: “Che esca la saggezza del popolo di Dio”. “Il Sinodo non è altro che fare esplicito quello che dice la Lumen Gentium: la totalità del popolo di Dio, tutto, dal vescovo in giù è ‘infallibile in credendo’, non può sbagliare. C’è armonia in quella unità, ma si deve esplicitare quella fede”.

Anche il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città delle Piaeve e presidente della Cei, nel suo saluto a Papa Francesco in apertura dei lavori si è soffermato sul Sinodo della Chiesa italiana. “La recente Nota del Sinodo dei Vescovi – ha spiegato – ci conforta e sostiene nel processo che intendiamo avviare. Un processo che parte dal basso per coinvolgere il Santo Popolo di Dio nei nostri territori, nelle nostre Chiese”. “Siamo convinti che se uno non ha coraggio, può essere che gli venga se è mosso da un desiderio più grande delle proprie paure . L’importante è avere sogni e desideri più grandi delle paure. È quel fuoco sacro che abbiamo ricevuto ieri con la Pentecoste”, ha aggiunto il cardinale: “Il nostro percorso sinodale vuole camminare in sintonia con quello del Sinodo dei Vescovi. È un’opportunità anche per le nostre Chiese in Italia”.

 

Dal 24 al 27 maggio il vescovo Napolioni a Roma per la 74ª Assemblea generale della CEI




Monsignor Perego eletto presidente della Commissione migrazioni dalla CEI

L’Assemblea generale della Cei nella giornata di mercoledì 26 maggio ha eletto i presidenti delle dodici Commissioni episcopali che faranno parte del Consiglio permanente per il prossimo quinquennio. Tra le nomine anche quella del cremonese monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, scelto per guidare la Commissione episcopale per le migrazioni e la Fondazione Migrantes, di cui era già stato direttore.

«La Fondazione Migrantes saluta con gioia l’elezione di monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, alla presidenza della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes». L’Arcivescovo – ha ricordato il direttore generale, don Gianni de Robertis – «ha guidato per nove anni la Fondazione Migrantes con instancabile operosità e dedizione. Attraverso molteplici incontri nelle varie diocesi italiane e nelle Missioni cattoliche italiane all’estero, ha sottolineato la centralità della persona a partire dal mondo migrante in tutte le sue dimensioni. Un impegno che certamente continuerà con disponibilità, senso di responsabilità, lungimiranza nell’interpretare e rispondere alle reali situazioni del momento».

 

Chi è monsignor Perego

Nato a Vailate nel 1960 ma cresciuto ad Agnadello, monsignor Perego fece ingresso nel seminario vescovile di Cremona a soli 11 anni nel 1971. Ordinato presbitero nel 1984, inizia il proprio ministero sacerdotale come vicario coadiutore della parrocchia di S. Giuseppe, nel quartiere Cambonino di Cremona. Dal 1984 al 1992 è stato collaboratore del vescovo Enrico Assi; e nel 1993/1994 segretario del vescovo Giulio Nicolini e, sempre in quel decennio, è stato tra i fondatori e gli animatori a Cremona del Centro studi sul disagio e l’emarginazione giovanile.

Dopo la licenza in Teologia sistematica e il dottorato in Teologia dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana, rientra a Cremona nel 1996 per insegnare  “Patrologia” e “Teologia Dogmatica” nel Seminario vescovile e “Introduzione alla Teologia: il mistero di Cristo” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Dal 1997 al 2002 ha ricoperto gli incarichi di direttore della Caritas diocesana di Cremona e di assistente diocesano della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e del MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale). Nel 2002 è stato chiamato a Roma presso Caritas Italiana come responsabile dell’Area nazionale. Dal 1° ottobre 2006 è stato incaricato da Caritas Italiana di istituire un Centro documentazione unitario con Migrantes e di curare la nascita dell’Archivio per la storia della Caritas in Italia. Nel 2009 è stato nominato Cappellano di Sua Santità. Il 1° dicembre 2009 la nomina a direttore generale di Fondazione Migrantes (organismo della CEI), cui dal 2012 ha affiancato anche l’incarico di consultore del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti.

Dal 2017 è arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa.