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La testimonianza del cardinale Loris Capovilla in ricordo di Mazzolari

Si sarebbe dovuta svolgere giovedì il 16 aprile in Vaticano, alla presenza di una delegazione della Diocesi di Cremona, l’udienza speciale con Papa Francesco dedicata a don Primo Mazzolari a conclusione delle celebrazioni per il 60° anniversario della morte del parroco di Bozzolo, avvenuta il 12 aprile 1959. Una ricorrenza che nel pomeriggio di domenica 19 aprile avrebbe dovuto essere celebrata con la solenne Eucaristia sulla tomba di don Primo, nella parrocchiale di Bozzolo. Anche questo appuntamento naturalmente sospeso a motivo delle disposizioni per il contenimento del Coronavirus.

Per ricordare comunque il 61° anniversario della morte del parroco di Bozzolo (ricorrenza che quest’anno è coincisa con la Pasqua), la Fondazione “Don Primo Mazzolari” ha proposto sul proprio sito una inedita testimonianza del cardinale Loris Capovilla (già segretario particolare di Papa Giovanni XIII) datata 31 dicembre 2015, a pochi mesi dalla sua morte, durante l’ultimo incontro a Ca’ Maitino di Sotto il Monte.

 

Ricordo, che il Cardinale ci ha accolto come sempre con grande ospitalità, debilitato fisicamente, ma con grande lucidità, seduto quasi immobile sulla sua poltrona. È seguito un colloquio amichevole, che è durato quasi un’ora, dove ci ha raccontato un po’ velocemente le tappe e i ricordi più belli della sua vita, forse un presagio della sua imminente dipartita: quello di essere stato testimone nel momento in cui il Santo Padre ha appreso la notizia dal giornale di Bergamo, della scomparsa del parroco di Bozzolo.

Dal suo racconto il Cardinale ha sentito dal Santo Padre esclamare piangendo e con grande dolore la seguente frase: “Un grande prete, Don Primo Mazzolari – Più che avvolgermi nelle seriche vesti cardinalizie, vorrei avvolgermi nei discorsi e nel suo modo di scrivere, di parlare, di vivere e di operare”. 

Grazie per questa tua testimonianza, ora in Paradiso potrai gioire della serenità e della pace assieme a Don Primo e Papa Giovanni. 

Vorrei ricordare in occasione dell’anniversario della morte  il grande sacerdote e  Arciprete di Bozzolo con una inedita testimonianza del Card. Loris Capovilla che ci è stata concessa a poche settimane della morte su Don Primo Mazzolari.

Con un tono di voce flebile, debole fisicamente, ma con grande lucidità, seduto quasi immobile sulla sua poltrona, raccontò per la prima volta, di essere stato testimone nel momento in cui il Santo Padre ha appreso la notizia dal giornale “Eco” di Bergamo, della scomparsa del parroco di Bozzolo. Sempre dal suo racconto il Cardinale ha sentito il Santo Padre esclamare piangendo e con grande dolore la seguente frase: “Un grande prete, Don Primo Mazzolari – Più che avvolgermi nelle seriche vesti cardinalizie, vorrei avvolgermi nei discorsi e nel suo modo di scrivere, di parlare, di vivere e di operare”.

Grazie caro Loris, per questa tua testimonianza, in questo momento difficile, ora sarai con Don Primo e con Papa Giovanni in Paradiso, noi tutti vi siamo vicini nel pensiero e nel modo di operare per il bene dei più deboli.

 

Riflessioni sulla Pasqua da don Primo Mazzolari a Papa Francesco. Video-intervista a don Bruno Bignami (VIDEO)




In occasione del convegno “La cura del creato da Mazzolari a papa Francesco” annunciata un udienza speciale il 16 aprile prossimo in Vaticano (Video e Foto)

A conclusione delle celebrazioni per il 60° anniversario della morte di don Primo Mazzolari, papa Francesco ha voluto programmare un’udienza speciale a lui dedicata: si svolgerà il 16 aprile prossimo in Vaticano, alla presenza di una delegazione della Diocesi di Cremona. L’annuncio è stato dato dal presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo, don Bruno Bignami, in occasione del convegno “La cura del creato da Mazzolari a papa Francesco” che, con la partecipazione di Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano, si è svolto nel pomeriggio di sabato 11 gennaio presso una gremita sala Quadri del Palazzo comunale di Cremona.

L’intento dell’incontro – promosso da Diocesi di Cremona, Fondazione Mazzolari e Acli, con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Cremona in occasione dell’anniversario della nascita di don Primo – è stato quello di mettere in collegamento il rapporto del parroco di Bozzolo con la terra e le tematiche richiamate dal Papa nell’enciclica Laudato si’ e nel recente Sinodo sull’Amazzonia. Rispettivamente negli interventi di don Bignami e del professor Monda.

Ad aprire l’incontro – moderato dalla giornalista Chiara Delogu – il saluto di Paolo Segalla, responsabile del settore Ambiente delle Acli provinciali. «L’enciclica Laudato si’ è un documento straordinario che non parla di ecologia – ha affermato – ma di sociologia, politica, economia e umanesimo integrale, ispirate dalla spiritualità e che descrive un nuovo modo di essere su questo pianeta. Non è un documento solo per la formazione e la riflessione spirituale, ma esprime una tecnica non neutrale che definisce il tipo di società che si impone e i gruppi di potere che influenzano queste scelte a livello mondiale così come locale, per tante questioni come gli stoccaggi di metano sotterranei, i progetti di autostrade inutili, l’agricoltura industriale». «La riflessione di papa Francesco – ha concluso Segalla – indica una tecnica non neutrale che ci chiama anche all’azione, scegliendo da che parte stare, perché non è possibile stare da tutte le parti».

Nel suo intervento don Bignami si è soffermato sul rapporto di don Primo Mazzolari con la terra. Dopo aver introdotto la figura di don Primo come “prete-contadino” (come lui stesso si è definito in alcuni testi), ha messo in risalto la sua vicinanza con le questioni sociali dell’epoca: riguardo le famiglie contadine e il loro rapporto con la terra, la crisi economica e la religione. «Mazzolari – ha affermato don Bignami – vive la vita contadina da vicino, ne conosce i problemi e le istanze delle persone: nel primo dopoguerra avviene una crisi economica che anche lui avverte seguendo con attenzione e favorevolmente le rivendicazioni sindacali dei contadini, come all’epoca fece Miglioli, al fine di uscire dalle logiche padronali per riscattare la dignità lavorativa di tanti. E nel secondo dopoguerra denunciò le condizioni degradanti in cui vivevano molti contadini della val Padana».

Se all’epoca Mazzolari, a causa del differente contesto, non aveva la sensibilità ai temi ecologici come oggi vengono intesi, aveva però già individuato il legame fondamentale fra la terra e l’uomo. «Questo aspetto della spiritualità di don Primo – ha affermato il presidente della Fondazione Mazzolari – non è fra quelli prioritari, ma riprendendolo se ne scopre l’importanza: parlava di “campo” come terra che si lascia amare da chi la lavora in quanto frutto di una relazione che viene ugualmente ripresa anche dal Papa. Bisogna riscoprire questa spiritualità di Mazzolari che riguarda la relazione con la creazione perché nella terra c’è Dio che parla e noi l’abbiamo calpestata e inquinata».

Successivamente è intervenuto il direttore de L’Osservatore Romano Andrea Monda, che «ricoprendo questo ruolo da circa un anno – ha ricordato – sono come un portavoce delle parole di papa Francesco: quindi riporterò quello che è il suo messaggio nella “Laudato si’”». Ha così individuato alcuni punti chiave della riflessione del Papa.

Un termine che continua a ricorrere è “connessione”, parola chiave della relazione che c’è tra l’uomo e la terra che nell’enciclica diventa “ecologia integrale”. «Non è un documento che parla di ecologia – ha ricordato Monda – ma è un’enciclica sociale: mi auguro che, come la “Rerum Novarum” di Leone XIII del 1891 fu l’inizio della dottrina sociale della Chiesa, così l’enciclica di papa Francesco possa diventare l’inizio per una nuova stagione della Chiesa».

Il direttore della testata vaticana ha poi proseguito riflettendo sulla parola “umiltà”. «Mazzolari sapeva bene che la terra è in basso e come la parola “umiltà” deriva dal termine humus. Ricordando il proverbio “se i campi fossero all’altezza delle mani anche i ricchi li lavorerebbero”, Monda ha evidenziato come la imponga in qualche modo di chinarsi. Un gesto profondamente religioso: l’uomo si inchina e in qualche modo riconosce che ciò che è basso è, però, più alto e nobile. Abbassandosi e curando la terra l’uomo riconosce la sua origine.

Il terzo punto della sua riflessione ha riguardato la mistica. «Lo sguardo contemplativo di Mazzolari riporta allo uno sguardo contemplativo che i contadini hanno per natura: è proprio lo sguardo del contadino, del prete contadino, del papa e di ogni cristiano che è indispensabile per andare avanti e per avere dei frutti».

È seguito poi l’intervento del sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, che si è soffermato sul senso del futuro che dev’essere proprio di ogni singolo come di ogni comunità. «Il senso del bene comune – ha detto – è una questione chiave per pensare a un futuro con uno sguardo ampio in un mondo di relazioni così come è importante avere una consapevolezza del futuro: la consapevolezza dei disastri ambientali è sempre maggiore, così come a livello mondiale così ogni città ha i suoi problemi legati anche a una certa inconsapevolezza e visione sbagliata del futuro. Per questo allora serve una consapevolezza entusiasta, che sia positiva per poter crescere».

 

Photogallery dell’incontro

 




“La cura del creato da Mazzolari a Papa Francesco”: incontro con il direttore dell’osservatore Romano l’11 gennaio

È in programma sabato 11 gennaio (ore 16.30) presso la sala Quadri del Comune di Cremona l’incontro intitolato “La cura del creato da Mazzolari a papa Francesco” con la partecipazione di Andrea Monda, direttore dell’Osservatore Romano.

Durante l’incontro – promosso da Diocesi di Cremona, Fondazione don Primo Mazzolari e Acli, con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Cremona e moderato dalla giornalista Chiara Delogu – interverranno anche il Sindaco Gianluca Galimberti e don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro e presidente della Fondazione Mazzolari.

L’intento del convegno è quello di mettere in collegamento la riflessione di don Mazzolari sul suo rapporto con la terra e le origini (ricordando anche i 130 anni della nascita del prete del Boschetto) con la quella sul rapporto con la creazione espressa da Papa Francesco nella Laudato sì e nell’ambito del recente Sinodo sull’Amazzonia.

In particolare don Bignami presenterà il rapporto tra Mazzolari e la terra mentre il direttore del quotidiano della Santa Sede Andrea Monda guarderà al messaggio di Papa Bergoglio.

«Guarderemo – spiega don Bignami – ad un aspetto ancora poco esplorato del pensiero di don Primo, osservando una volta in più come abbia intuito cose che oggi, 60 anni dopo la sua morte, sono diventate fondamentali per la vita della Chiesa e del mondo»

Locandina




Don Paolo Antonini, il prete dell’accoglienza, “erede” di don Primo (VIDEO)

Si è conclusa domenica 16 giugno la tre giorni dedicata alla figura di don Primo Mazzolari “Rimandi Mazzolariani. Il fiume, la cascina, la pianura”, voluta da Fondazione Mazzolari in occasione del sessantesimo anniversario della morte di don Primo. Con il patrocinio di Regione Lombardia, Comune di Bozzolo, Comune di Sabbioneta, ass. FiloMeeting, ass. Gli Amici di Gemma, Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Francesco” di Mantova e naturalmente della Parrocchia di Bozzolo, la rassegna ha visto affiorare una modalità nuova di relazionarsi al pubblico che, numeroso, ha raggiunto Bozzolo in questi giorni: tanti gli appuntamenti dedicati alla figura di don Primo che, anche in simultanea, si sono avvicendati in diversi luoghi cittadini.

“La formula che abbiamo scelto per questa celebrazione è stata vincente – dichiara il parroco don Luigi Pisani-. Le persone hanno potuto partecipare in base alle loro preferenze. Abbiamo proposto dibattiti, ma anche momenti di riflessione a partire da letture delle parole di don Primo. E poi musica, cinema, arti visive. Senza dimenticare di dare spazio a momenti di animazione per bambini. Tra la fine dell’anno in corso e il successivo si succederanno altri eventi tra Cremona e Mantova in collaborazione con l’attuale rassegna bozzolese e ci auguriamo che questo sia l’inizio di un percorso che si possa ripetere ogni anno”.

Sul palco, anzi sarebbe meglio dire tra i borghi di Bozzolo, si sono succedute grandi personalità del panorama nazionale che nella più assoluta semplicità hanno dato vita a momenti di elevata riflessione: don Bruno Bignami (presidente della Fondazione Mazzolari e direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro), che ha aperto la manifestazione venerdì sera con una riflessione intitolata “In dialogo con don Primo Mazzolari”; Stefano Zamagni (docente di economia politica presso l’Università di Bologna e presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali) che ha presentato nel pomeriggio di sabato 15 una riflessione dal titolo “Redistribuire la ricchezza”; Moni Ovadia che ha proposto i suoi “Racconti di un viandante”.

Particolarmente significativo l’evento di apertura di domenica 16 quando, presso la sala  assemblee dell’oratorio, è stato presentato il docu-film “Don Paolo Antonini, il prete dell’accoglienza”. Ideato da un gruppo di volontari provenienti da diverse zone della Diocesi di Cremona, credenti e non credenti, legati alla figura di colui che dal 1978 al 1997 fu parroco a Casalmaggiore, produzione e regia di Gigi Bonfatti Sabbioni, il documentario è stato introdotto dalle parole di don Luigi Pisani.

“C’erano tanti preti che come don Paolo ripercorrevano le orme di don Mazzolari – ha dichiarato – ma se ai tempi di don Primo la profezia era nella base della Chiesa oggi è al vertice. Eppure una parte della base della Chiesa non la ascolta, non è sintonizzata con i valori di una Chiesa dei poveri e nemmeno con quelli espressi dal Concilio Vaticano II. Ma noi non possiamo tornare indietro”.

Una lettura attualizzata molto intensa della vita di don Paolo Antonini. Una lettura condivisa con l’amico e giornalista Nazzareno Condina.

“Nei dieci anni in cui ho avuto il piacere di collaborare con lui – dichiara – non l’ho mai visto rifiutare un aiuto a qualcuno. Non riusciva mai a dire di no. Don Paolo era una persona particolare già dai suoi modelli, che passavano dal pacifismo militante di Balducci ai teologi della liberazione, dall’inquietudine di Turoldo alla lezione di don Milani. Senza dimenticare il suo don Primo Mazzolari, che citava sempre. Don Paolo infatti era un uomo di cultura oltre che un uomo di profonda fede. E oltre che essere un uomo di cultura era un uomo di azione”. Azione che viene narrata proprio nel documentario.

Attraverso il racconto di testimoni oculari, Bonfatti Sabbioni ha riproposto la cronologia della storia di don Paolo dall’ingresso in seminario giovanissimo, dove venne ordinato sacerdote nel 1945, al decesso in Domus a Bozzolo nel 2009.

Don Paolo fu inviato giovane prete nella parrocchia di Breda Cisoni, dove sarebbe rimasto fino al 1961 per poi entrare in Gazzuolo e qui vivere il sacerdozio per 17 anni. Sono gli anni dell’apertura dei primi circoli ACLI della zona, a dimostrare l’interesse di un giovane parroco verso giovani uomini. E se già in quei primi anni si poteva intuire lo spessore dell’uomo oltre che del sacerdote, “mi dicevano di lasciar perdere gli scritti di don Primo e di dedicarmi allo studio dei testi” dichiara lo stesso don Paolo a Giancarlo Ghidorsi di Fondazione Mazzolari, il vero exploit si ebbe all’arrivo a Casalmaggiore, dove prese in mano la parrocchia che era appartenuta fino ad allora a Mons. Brioni. Qui l’apertura della Casa dell’accoglienza per quelli che allora venivano chiamati “extracomunitari” (termine oggi sostituito dal più inclusivo “migranti”), che fungeva inizialmente da alloggio per i lavoratori stagionali ma poi divenne rifugio per tutto l’anno, fu probabilmente l’opera che più lo identificò sia in paese che fuori.

Figura complessa e dedita all’uomo in tutte le sue sfaccettature, don Paolo viene descritto come il prete degli ultimi, degli emarginati, dei soli. Il prete che agiva la sua fede, a dirla con una sua dichiarazione rilasciata nel 1993 allo stesso Bonfatti Sabbioni, in “orizzontale”.

“Non è possibile vivere la nostra esperienza di fede limitandola ad un rapporto verticale, il rapporto con Dio, senza una dimensione orizzontale, quindi senza una dimensione sociale. Non si può andare a Dio se non si passa dall’uomo e il nostro andare a Dio rimanda all’uomo. Noi crediamo in un Dio che si è incarnato, Dio che fa della sua esistenza un dono all’uomo. Un Dio per l’uomo, un Dio con l’uomo, un Dio nell’uomo. Questo è il mistero dell’incarnazione e della redenzione”. E le sue non erano solo parole, ma diventavano accoglienza, ascolto, comprensione. Diventavano vicinanza a ragazzi dipendenti dalle droghe, a famiglie in difficoltà, a malati nel corpo e nella psiche. Diventavano alloggio per uomini e donne che venivano da lontano a cercare una vita migliore e tentativi di impostare, tra essi, il dialogo interreligioso proposto dal Concilio Vaticano II. Molto ancora ci sarebbe da dire, ma vogliamo rimandare al prossimo novembre quando, stavolta a Casalmaggiore, prenderanno avvio le celebrazioni per il decennale della sua morte.




Bozzolo, tre giorni di fede, arte e cultura nel 60° della scomparsa di don Mazzolari

“Il fiume, la cascina, la pianura: le tre immagini usate da Papa Francesco il 20 giugno 2017 in visita alla tomba di don Primo Mazzolari, ora diventano tre giorni di manifestazioni a Bozzolo”: lo spiega al Sir don Bruno Bignami, presidente della Fondazione Don Primo Mazzolari che ha sede nel paese – provincia di Mantova, diocesi di Cremona – in cui il prete-scrittore fu parroco dal 1932 al 1959, anno della morte, e dove è sepolto.

La Fondazione sta celebrando i 60 anni dalla scomparsa di Mazzolari e per l’occasione ha predisposto una fitta serie di appuntamenti culturali, religiosi e di svago che portano i riflettori sulla piccola cittadina nella Val Padana. “Don Mazzolari scende in piazza e lo fa in occasione del 60° dalla morte. Gli eventi – spiega don Bignami – sono organizzati dalla Fondazione, dal Comune di Bozzolo e dalla parrocchia e sono occasione per riprendere il messaggio di don Primo”. Bignami, che è postulatore della causa di beatificazione del sacerdote lombardo e direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro, aggiunge: “Innovativo è lo stile di questa tre giorni che si terrà nei giorni 14-15-16 giugno; in vari punti del paese ci saranno mostre iconografiche, musiche, letture, incontri, testimonianze e ospiti illustri che si alterneranno e offriranno un approccio originale al parroco di Bozzolo”.

Si tratta “di un evento assolutamente inedito e unico, di richiamo nel suo genere. Si parlerà di economia, di filosofia, di politica, di spiritualità, di società, di comunicazione… senza rinunciare alla buona musica, al teatro e alla cucina mantovana”. Un richiamo offerto fra l’altro dalla presenza di personaggi importanti del nostro tempo: da Stefano Zamagni a Paolo Rizzi, da Moni Ovadia a Enrico Garlaschelli, da Carla Danani a Elena Bartolini, da Roberto Maier a Franco Gabrielli, da Barbara Rossi a Gaia De Vecchi. “Al centro ci sarà la parola di don Mazzolari, che diventa occasione di ascolto, di narrazione e di cultura grazie a volti che si incontrano”, conclude don Bignami. Gli appuntamenti prenderanno avvio venerdì 14 giugno, alle ore 16.30 nella chiesa di San Francesco (via Paccini, Bozzolo), con l’inaugurazione della mostra iconografica di Bruna Grazioli. A seguire, alle 17, nella sala civica di piazza Europa, sarà don Bignami a tenere una relazione pubblica sul tema “Don Primo Mazzolari nel nostro tempo”; sono previsti interventi dell’economista Paolo Rizzi, di Vincenzo La Fragola, diacono, e di Roberto Maier, sacerdote. Per l’intero programma – che ha preso avvio lo scorso novembre con un convegno su Mazzolari nella sede Unesco di Parigi, è proseguito con numerosi eventi in Italia e andrà avanti fino alla fine del 2019 -:fondazionemazzolari.it/.

 




60° della morte di don Mazzolari: pubblicati gli atti del Convegno all’Unesco

Il programma celebrativo promosso dalla Fondazione “Don Primo Mazzolari” di Bozzolo in occasione del 60° anniversario della morte del servo di Dio don Primo Mazzolari (12 aprile 1959), culminato con gli eventi del 6 e 7 aprile scorso a Bozzolo, sono iniziate a Parigi lo scorso 29 novembre con la conversazione internazionale promossa all’Unesco alla presenza del Segretario di Stato card. Pietro Parolin. Proprio in questi giorni sono disponibili gli atti del convegno.

Il testo – numero speciale della rivista “Impegno” – raccoglie gli interventi di don Bruno Bignami, Guy Coq, mons. Francesco Follo, Mariangela Maraviglia, mons. Antonio Napolioni, card. Pietro Parolin e Xing Qu.

Il volumetto è stato inviato a tutti gli abbonati, ma è disponibile, con offerta libera, anche presso la Fondazione, in via Castello 15 a Bozzolo (tel. 0376-920726; e-mail info@fondazionemazzolari.it).

 

Il nuovo libro di don Agnelli

In occasione del 60° anniversario della morte di don Mazzolari a Cremona la presentazione del libro del sacerdote cremonese don Antonio Agnelli “Vita, fuoco, passione divina. Istanze profetiche in Primo Mazzolari”.

Il testo analizza il cuore della sua profezia e del suo impegno per la pace e la giustizia, la sua immedesimazione e I granitica e la percezione della presenza del Cristo nella vita personale e storica delle persone. Alla luce di questa fede dinamica, Mazzolari proclamava il valore assoluto della dignità umana, contro le ideologie disumane del suo tempo, della libertà e della coscienza, illuminate dalla forza dello Spirito e il primato degli impoveriti, carne di Cristo, ai quali dare il necessario per una vita pienamente umana. Contribuire a realizzare una giustizia concreta, sebbene mai perfetta, era per don Primo imperativo categorico conformazione a Gesù di Nazareth, profeta della misericordia del Padre.

«Si comprende quanto per don Primo il Vangelo – fa notare l’autore – sia stata questione decisiva, poiché da esso deriva la possibilità di trasformare la storia secondo il progetto di Dio, sprigionando la passione divina per il mondo, che diventa per il credente una bruciante esigenza che non dà tregua». Da qui l’abbondanza di citazioni dai testi di don Mazzolari che corredano il primo capitolo del libro (dopo una breve sintesi biografica), dimostrando la sua fede del credente. A questi aspetti l’autore dedica il secondo capitolo. Il terzo, invece, analizza l’impegno costante di Mazzolari per decostruire una cultura di odio e violenza, contro l’assurdità della guerra e del riarmo atomico. Questioni quanto mai attuali.

L’autore conclude confermando l’attualità profetica di don Primo nell’essere stato animatore di speranza anche dentro contesti storici asfissianti, a partire dal perno della predicazione di Gesù, la misericordia divina. Infine, attraverso un ipotetico discorso per l’oggi, don Agnelli fa dire a don Primo, utilizzando i titoli delle sue opere più significative, di non tradire mai il Vangelo.




Sulle orme dei “preti di campagna”. Don Primo Mazzolari tra Papa Francesco e i sacerdoti di frontiera in un convegno a Bozzolo (AUDIO)

Si è svolto sabato 6 aprile l’incontro di studi organizzato dalla Fondazione Mazzolari per il 60° della morte del sacerdote cremonese. Pisarra, Paronetto, Trionfini e Maraviglia parlano delle connessioni spirituali e pastorali tra don Primo, Papa Francesco,  di don Tonino Bello, don Milani e don Zeno Saltini.

La mattinata si apre con i saluti del Sindaco di Bozzolo, Giuseppe Torchio e del vescovo Antonio Napolioni che ringraziando la Fondazione Mazzolari e i ricercatori che, in particolare in questo anno del 60° della morte del prete cremonese, contribuiscono alla conoscenza e alla riscoperta della sua figura e del suo messaggio. Mons. Napolioni ricorda però anche la radice profonda del pensiero di don Primo che – sottolinea – “derivano dall’attualità del Vangelo” e invitano “alla meditazione e all’impegno, da cui devono scaturire buoni progetti di vita”. La conoscenza di don Primo – conclude il vescovo – “deve scuoterci tutti e rinnovarci nel profondo”.

Introdotto dal professor Giorgio Vecchio, presidente del comitato scientifico della Fondazione, è poi don Bruno Bignami a introdurre l’incontro di studio nel contesto delle celebrazioni del 60° della morte che vedranno, nella giornata di domenica 7 aprile, la solenne celebrazione eucaristica presieduta da Monsignor Matteo Maria Zuppi arcivescovo metropolita di Bologna e concelebrata da mons. Napolioni e dai sacerdoti della Zona pastorale V.

Don Bruno richiama alla memoria il 20 giugno 2017, quando Papa Francesco ha fatto visita alla tomba di don Primo, a cui hanno fatto seguito quelle ai luoghi di don Tonino Bello e don Milani. E sono proprio queste figure, “Papa Francesco, don Primo Mazzolari e i preti di campagna” – come recita il titolo del convegno – i protagonisti degli interventi dei relatori.

Il primo intervento, dal titolo “Fuori dal campo. Francesco e i preti di frontiera” è quello di Piero Pisarra, giornalista, scrittore e sociologo, che individua alcuni fili conduttori della ricerca del pontefice sulle orme dei sacerdoti “di frontiera”: “Fra le assonanze che troviamo c’è una parola che torna: è la parola ‘fuori’, ripetuta più volte nella preghiera di don Primo citata proprio a Bozzolo da Bergoglio. È la parola che definisce la ‘Chiesa in uscita’ indicata dal Papa”. Una riflessione sulla figura e sul ruolo del prete seguendo un “gioco di rimandi” tra i testi mazzolariani e citazioni di Bergoglio.

Ascolta l’intervento di Piero Pisarra

“Tonino Bello e Primo Mazzolari, l’inquietudine creativa della pace” è invece il tema dell’intervento di Sergio Paronetto, direttore del centro studi Pax Christi Italia, che individua i tratti che accomunano questi due grandi sacerdoti “conciliari” che hanno attraversato fasi decisive della storia ecclesiastica e della storia italiana: “Fede, amore per i poveri e per la pace, e la fedeltà alla chiesa: sono due personalità di grande cultura: concreti e sognatori, legati alla loro terra ma che respirano con il mondo”. Al centro della riflessione proposta da Paronetto l’impegno per la pace che si spinge ad andare con coraggio controcorrente. “La profezia e la politica sono sorelle”, osserva il relatore, richiamando la scelta radicale della non-violenza dei due preti di frontiera, tra Bozzolo e Molfetta, che nel suo intervento definisce “padri della Chiesa contemporanea” sottolineando “la totale sintonia con Papa Francesco”, emblemi di “un clero non clericale” secondo la definizione del Papa.

Ascolta l’intervento di Sergio Paronetto

Dopo una breve pausa la parola passa al professor Paolo Trionfini, membro del Comitato scientifico della Fondazione Mazzolari e direttore dell’istituto per la storia dell’Azione Cattolica italiana, che mette a confronto le figure di Mazzolari e di don Zeno Saltini, fondatore della comunità di Nomadelfia, in un intervento dal titolo “Uomini al servizio della Chiesa”, titolo di un articolo in cui Mazzolari parla proprio del fondatore di Nomadelfia esprimendo per lui una sincera ammirazione. La relazione è il racconto di un rapporto a tratti anche conflittuale, tra due uomini appassionati del Vangelo che vivono un rapporto intenso, anche sofferto, con la Chiesa. Nei tanti tratti comuni e nelle differenze caratteriali che li hanno distinti.

Ascolta l’intervento di Paolo Trionfini

L’ultimo intervento è quello di Mariangela Meraviglia, un’altra voce del Comitato scientifico della Fondazione Mazzolari che pone in relazione il prete di Bozzolo con un altro prete di campagna, don Milani, con “un dialogo a due voci per dare la parola ai poveri”: l’uno nella sua attività pastorale in parrocchia, l’altro sul fronte educativo e della formazione. Entrambi, però, con una preferenza per i poveri, i piccoli, quelli a cui il mondo non si preoccupa di dare la parola.

Ascolta l’intervento di Mariangela Maraviglia




Mons. Zuppi sulla tomba di Mazzolari: «Profeta di speranza e misericordia» (AUDIO e FOTO)

Quella del 7 aprile a Bozzolo non è stata certo una visita di pura circostanza per l’arcivescovo di Bologna mons. Matteo Zuppi, giunto in terra mantovana per presiedere l’Eucaristia nel 60° anniversario della morte di don Primo Mazzolari. Lo tradiva la sua emozione per essere (per la prima volta) nella chiesa in cui don Mazzolari svolse il suo ministero sino all’ultimo. Da parroco, vicino e attento alla sua gente, con la bussola del Vangelo, e proprio per questo profeta.

La solenne celebrazione nella chiesa che custodisce le spoglie di don Primo nel pomeriggio, dopo l’immancabile tappa alla Fondazione “Don Primo Mazzolari”. Accanto all’Arcivescovo di Bologna c’erano il vescovo Antonio Napolioni e il vescovo emerito Dante Lafranconi. E naturalmente il parroco di Bozzolo don Luigi Pisani, il presidente della fondazione Mazzolari don Bruno Bignami e diversi altri sacerdoti. Oltre al vicario zonale don Davide Barili, in particolare c’era chi qui è cresciuto (come mons. Alberto Franzini) o chi (come don Gianni Maccalli) è stato parroco di questa comunità con anche l’onore di accogliere il Papa.

Oltre alla delegazione della Fondazione Mazzolari, in prima fila c’erano le autorità civili. A cominciare dal sindaco Giuseppe Torchio, che all’inizio della celebrazione è intervenuto per il saluto istituzionale. Rappresentata anche la città di Cremona con il consigliere Enrico Manfredini.

Saluto del sindaco Giuseppe Torchio

All’inizio della Messa anche il vescovo Napolioni ha voluto dare il proprio personale saluto all’arcivescovo Zuppi, sottolineando inoltre il legame di questa memoria con la Diocesi di Brescia: proprio in mattinata, infatti, mons. Napolioni ha celebrato la Messa dell’anniversario della morte di don Mazzolari a Verolanuova, dove don Primo a 10 anni si trasferì con la famiglia da Cremona e dove fu ordinato presbitero.

Saluto del Vescovo e parole dell’Arcivescovo

La pagina evangelica della V Domenica di Quaresima (Gv 8,1-11) è stata lo spunto perfetto per affrontare uno dei temi tanto più cari a don Mazzolari, quanto a papa Francesco: la misericordia. E proprio la figura di don Primo – «così legato alla sua comunità e nello stesso tempo così aperto al mondo» – è stata approfondita da mons. Zuppi, che a più riprese ha citato nella sua omelia il parroco di Bozzolo, definito un «esagerato testimone della misericordia», tanto da essere stato allora un preparatore del Concilio e oggi un aiuto «a comprenderlo e viverlo».

«Tutti noi – ha esortato mons. Zuppi – dobbiamo essere profeti di speranza», uomini di misericordia, in particolare verso «i lontani e i poveri», che non sono da aspettare: occorre andare in cerca di loro. Come don Mazzolari ha testimoniato, ricordando anche che, più che giudici, occorre farsi avvocati del proprio prossimo.

Concludendo la sua riflessione, l’Arcivescovo di Bologna ha voluto ricordare le ultime parole di don Primo, che una settimana prima della morte ebbe a dire nella predica di Pasqua: “Se c’è una soddisfazione che io domando al Signore è questa, che quando io chiuderò gli occhi io possa dire: i miei figlioli camminano bene”. Parole che sono riecheggiate con emozione nel cuore dei bozzolesi. In particolare della classe del ’59, l’ultima a essere battezzata da don Primo.

«Sentiamo proprio la sua benedizione – ha concluso l’Arcivescovo – in questa Eucaristia che, come sempre, unisce Cielo e terra, aiuta a vedere quello che non si vede, ad aprire gli occhi sulla terra, ad entrare nella storia come profeti di speranza, di misericordia per tutti, specialmente per i lontani e i poveri. Come ci ha insegnato con tanta passione don Primo: per l’Evangelii gaudium, per la gioia del Vangelo, nostra e di quei tanti lontani e quei tanti poveri che la aspettano».

Omelia dell’arcivescovo Zuppi

Una commossa celebrazione che, dopo le Comunioni, ha visto i tre vescovi sostare in preghiera davanti alla tomba di don Primo, proprio come fece papa Francesco il 20 giugno 2017.

Prima del congedo anche il saluto del parroco di Bozzolo. Don Pisani ha voluto sottolineare in particolare come finalmente si stia dando il giusto tributo a un sacerdote come don Primo: «La profezia è arrivata in alto!», ha detto ricordando in particolare la visita del Papa.

Intervento del parroco di Bozzolo

 

La celebrazione ha ufficialmente chiuso la due-giorni commemorativa, iniziata nella mattinata di sabato 6 aprile presso la sala civica comunale di Bozzolo con il convegno dal titolo: “Papa Francesco, don Primo Mazzolari e i preti di frontiera”: don Lorenzo Milani, don Zeno Saltini e don Tonino Bello. Le celebrazioni commemorative per i 60 anni dalla morte del servo di Dio don Mazzolari erano iniziate, però, lo scorso 29 novembre a Parigi con il colloquio internazionale promosso all’Unesco alla presenza del Segretario di Stato card. Pietro Parolin. Lo scorso 12 gennaio don Luigi Ciotti, presidente di Libera, aveva poi commemorato Mazzolari a Cremona, la città natale. Mentre proseguono le tappe, per tutta Italia, della mostra itinerante promossa dalla Fondazione (e inaugurata ad Assisi dal card. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, lo scorso 2 dicembre), si guarda già ai prossimi eventi di riflessione e approfondimento proprio a partire dal pensiero e dalla testimonianza di don Primo. A giugno a fare da filo conduttore saranno i tre scenari richiamati anche nel discorsi di Papa Francesco a Bozzolo: il fiume, la pianura e la cascina.

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Don Luigi Ciotti: « Come don Primo scegliamo di stare dalla parte degli ultimi»

Don Luigi Ciotti esordisce confessando la sua emozione: «L’unico titolo per parlare qui oggi se non la straordinaria ammirazione che ho maturato per la vita, la storia e gli scritti di don Primo Mazzolari». Il salone dei Quadri non basta a contenere il pubblico arrivato in Comune per assistere all’intervento del sacerdote presidente dell’associazione Libera, ospite della presentazione del volume “Misericordia a bracciate” di don Primo Mazzolari, in occasione del 60° della morte del prete di Bozzolo. Il suo intervento è stato preceduto da quello di don Bruno Bignami, presidente della Fondazione Mazzolari e dai saluti del vescovo Antonio Napolioni e del sindaco di Cremona Gianluca Galimberti.

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Molti sono in piedi, o seduti nelle salette laterali. Il pubblico segue in silenzio l’intervento di don Ciotti, scritto a mano sui fogli che tiene sotto al microfono e pronunciato con un trasporto appassionato: «Io mi sento molto piccolo rispetto alla complessità del mondo, piccolo e fragile di fronte a problemi che oggi ci devono creare una inquietudine». Come quella che accompagnava la vita e gli scritti di don Mazzolari, che il presidente di Libera cita abbondantemente, in un continuo gioco di rimandi al magistero di Papa Francesco: «Papa Francesco già nel suo primo Angelus – ricorda – ha parlato della Misericordia: questa parola cambia tutto, rende mondo meno freddo e più giusto».

Quella di don Primo, come ha sottolineato mons. Napolioni nella sua breve introduzione – è «Profezia che non ha confini nel tempo e nello spazio che possiamo comprendere oggi, sessant’anni dopo». Una straordinaria attualità che don Ciotti ribadisce con forza nelle sue parole che richiamano anzitutto i pilastri del pensiero mazzolariano: la centralità del Vangelo e l’impegno nella società.

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«Nella storia di ripetono alcuni passaggi in cui siamo chiamati ad uno scatto: non possiamo accontentarci di quello che stiamo facendo. Ognuno di noi è chiamato a fare di più nella quotidianità». Qui e oggi. Don Primo, osserva in un altro passaggio don Ciotti – «scriveva per graffiare le coscienze. E anche oggi la missione della Chiesa è quella esser coscienza critica della società ma anche voce» che porta nel mondo il Vangelo.

E la voce del fondatore di Libera quasi si rompe per l’emozione quando rivolge il suo appello incontenibile alla responsabilità, a «scegliere da che parte stare», a non stancarsi di denunciare un presente – citando ancora il Papa – «nella sua situazione angosciante»

«E’ un atto d’amore: vi prego, cogliamo i segnali! Il grado di umanità si sta abbassando a livelli preoccupanti nel paese che io amo. Non possiamo tacere»

Molti i riferimenti attualità, «ai disastri sociali e ambientali», alla conflittualità sociale, alla politica, al fenomeno delle migrazioni.

Tuona commentando al caso delle navi Sea Watch e Sea Eye: «Quando si permette che per 15 giorni una nave resti in mare in quelle condizioni si ignora che lì sono le fragilità» che richiedono la responsabilità della società.

Numerose le citazioni di Papa Francesco, ma anche di Paolo VI, David Maria Turoldo, don Tonino Bello. Un riferimento anche alla Costituzione Italiana, «nata come risposta al fascismo, all’ignoranza, alle leggi razziali, alle tragedie della guerra…

Oggi la rinascita dei fascismi e dei razzismi sono fatti reali. Non è folklore o nostalgia: la violenza dei fatti e delle parole, la degenerazione dei linguaggi pubblici e a volte anche politici e sotto gli occhi di tutti. Noi abbiamo una responsabilità»

E’ un appello alla partecipazione, a «mettersi nei panni dell’altro», a prendere posizione quello che don Ciotti – facendo proprie in molte parti del suo intervento le parole di Mazzolari – rivolge alla città e alla Chiesa di Cremona: «Non basta commuoversi, bisogna muoversi». E in don Primo ritrova una straordinaria «capacità di cogliere i segni dei tempi», di osservare con uno sguardo critico e di non restare neutrale («non c’è oggi parola più brutta di “neutralità”»). E la vicinanza con il messaggio del sacerdote cremonese trova un altro importante punto di contatto nella ricerca della pace: «Dove non c’è giustizia non c’è pace e dietro le guerre c’è l’industria delle armi … A Torino nella sede di Libera – aggiunge – ho messo un lenzuolo con un nome: Silvia Romano. Non se ne sa nulla». Il riferimento alla cooperante rapita in Kenya coinvolge il pubblico che sottolinea con un lungo applauso il pensiero di don Ciotti: «L’abbiamo dimenticata, persino denigrata…Ma sono meravigliosi i nostri ragazzi che si mettono in gioco!».

Come don Primo a cui – concludendo – don Ciotti invita a guardare come a un profeta. E come a un modello di vita ed impegno cristiano, animato dall’amore per il Vangelo e dalla passione per gli altri, testimoniato anche nei testi letti in sala da Roberta Benzoni.

In conclusione Omar Pedrini (ex Timoria) e Franco D’Aniello (Modena City Ramblers) hanno proposto alcuni brani, con una dedica speciale rivolta da monsignor Napolioni ad un detenuto del carcere cremonese, incontrato negli scorsi mesi anche dai giovani del Sinodo, che si è recentemente tolto la vita. In una delle periferie delle nostre città con cui proprio il messaggio di don Primo, ribadito con forza da don Luigi Ciotti, invita a «condividere la speranza».

 

 

 




Il mondo guarda a Mazzolari, costruttore di pace

“Don Primo Mazzolari fu un vero costruttore di pace. I suoi insegnamenti ci ricordano che la pace è un bene che deve essere chiesto per tutti, anche per coloro che non lo meritano, che è frutto dell’impegno di tutti gli uomini di buona volontà”, “che non può essere imposta ma offerta”. È il Segretario di Stato card. Pietro Parolin, a indicare lo spessore della figura del sacerdote cremonese aprendo giovedì 29 novembre a Parigi, presso l’Unesco, il congresso internazionale su “il messaggio e l’azione per la pace di don Primo Mazzolari”.

A presentare il convegno organizzato da Missione Permanente della Santa Sede presso l’UNESCO e Diocesi di Cremona con il patrocinio dell’Unesco e la collaborazione della Fondazione Mazzolari è stato mons. Francesco Follo, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco, alla presenza nella grande sala di una nutrita presenza di rappresentanze diplomatiche (in prima fila anche l’ex premier Enrico Letta) e media, tra cui il dott. Giacomo Ghisani, vice direttore della Segreteria per le Comunicazioni del Vaticano. Presenti anche circa 130 pellegrini cremonesi, tra cui il prefetto Paola Picciafuotchi, il sindaco di Cremona Gianluca Galimberti e il primo cittadino di Bozzolo Giuseppe Torchio.

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II vescovo Napolioni: “Una fonte cui attingere ragioni di impegno e speranza”

Ad aprire i lavori è stato poi il vescovo di Cremona Antonio Napolioni che ha presentato la figura do don Primo portando il saluto della diocesi: “Don Mazzolari è un uomo di periferia: Cremona è periferia della Lombardia. Le sue parrocchie di Cicognara e di Bozzolo, in provincia di Mantova, sono periferie d’Italia, oggi come allora. Ma diviene uomo dallo sguardo senza confini”.

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Il vescovo ha tracciato le linee biografiche di Mazzolari, affermando:

“Oggi guardiamo alla vita e al pensiero di don Mazzolari come a una fonte, cui attingere ragioni di impegno e speranza.

Ci aiuta a farlo il magistero di Papa Francesco, che ha sorpreso tutti recandosi il 20 giugno 2017 a Bozzolo, per pregare sulla tomba di un parroco di campagna. Quel giorno, il Papa così concludeva il suo discorso: ‘Se doveste riconoscere di non aver raccolto la lezione di don Mazzolari, vi invito oggi a farne tesoro. Il Signore, che ha sempre suscitato nella santa madre Chiesa pastori e profeti secondo il suo cuore, ci aiuti oggi a non ignorarli ancora. Perché essi hanno visto lontano, e seguirli ci avrebbe risparmiato sofferenze e umiliazioni’”. Napolioni ha concluso: “Siamo qui oggi, sotto gli occhi del mondo e della sua ricerca di pace, per fare ancora tesoro di quella lezione”.

Card. Parolin: “Ha compreso che tra Vangelo e violenza la distanza è abissale”

“Riflettere su come il pensiero e l’azione di questo sacerdote”, don Primo Mazzolari, “può aiutarci tutti a vivere il nostro tempo con coraggio e aiutare a costruire ciò che Papa Francesco chiama la civiltà dell’amore”.

E’ poi nelle parole pronunciate nella sua prolusione dal Segretario di Stato Vaticano card. Pietro Parolin, che si spiega l’obiettivo del congresso internazionale presso la sede di un organismo laico ma aperto e attento al dialogo tra culture e religioni come l’Unesco.

Il cardinale, aprendo i lavori, ha ripercorso la vita di questo sacerdote che, avendo “affrontato il dramma della guerra” prima come soldato semplice poi come cappellano militare, ha maturato “convinzioni che lo condurranno a diventare un costruttore di pace del XX secolo”.

È la “dura realtà della guerra” che “lo aiuta a comprendere che tra il Vangelo e la violenza la distanza è abissale”.

Guarda l’intervista al card. Parolin

Dagli anni dei regimi totalitari in cui Mazzolari

“ha avuto il coraggio di opporsi con forza a tutte le forme di ingiustizia e razzismo”, al sostegno alla Resistenza “come esercizio di una coscienza che voleva preservare l’umanità dall’incubo della violenza”;

dalle indicazioni nel periodo della seconda guerra mondiale sul discernimento del “bene e vero” in una “realtà che non è mai limpida”, all’impegno per l’educazione della coscienza (“il mito del dovere come esattamente opposto al primato della coscienza morale”) o la convinzione della necessità di una istituzione sovranazionale come garante di pace.

Parolin ha ricordato come lo stesso Papa Francesco ne abbia visitato la tomba a Bozzolo il 20 giugno 2017, “per commemorare questa straordinaria figura di sacerdote e profeta”. Dei suoi scritti Parolin ha detto sono “una miniera alla quale possono aspirare ricercatori, intellettuali e uomini di buona volontà”. Dall’esperienza di don Primo il cardinale ha ricavato “tre lezioni di vita”:

“La pace nasce da un dialogo tra gli uomini”, quando “i cuori e gli arsenali sono disarmati”;

“la pace nasce dal fatto che l’educazione non è e non dovrebbe mai essere vista in modo puramente utilitaristico”, ma come “trasmissione di saggezza”, “apprendimento del significato della vita”;

“la pace nasce dall’impegno di tutti a vivere la storia con amore” con un “impegno concreto, personale”.

“Siamo convinti che”, le ultime parole del cardinale, “come ha sostenuto don Mazzolari, la pace deve rimanere la costante ostinazione dell’uomo. In ogni momento e per tutte le persone”.

Don Bignami: “oltre la teoria della guerra giusta”

Tra gli altri interventi anche quello di don Bruno Bignami, postulatore della causa di beatificazione, presidente della Fondazione Mazzolari e Direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei.  “Don Primo Mazzolari è figlio del suo tempo. – ha detto – Anche per quanto riguarda la riflessione sulla pace, ha risentito degli insegnamenti della Chiesa prima del Concilio Vaticano II. Gli studi compiuti nel seminario di Cremona lo hanno inserito nel solco della tradizione teologica che ragionava servendosi della teoria della ‘guerra giusta’”; “l’idea di fondo era quella di limitare il più possibile il ricorso alla guerra come strumento di soluzione delle controversie. Don Mazzolari ha appreso quel principio, ma l’ha trovato insufficiente alle esigenze del messaggio evangelico. Si trova così a rivedere gradualmente le proprie posizioni che da interventiste, alla vigilia della Grande Guerra, si fanno sempre più radicali di opposizione al conflitto. Scriverà nel 1955 a proposito delle sue posizioni resistenziali: ‘Non avrei potuto fare diversamente con davanti il Vangelo e l’esperienza della guerra’”.

“Possiamo trovare nel suo percorso tre conversioni che lo hanno condotto al pacifismo:

la fraternità come senso del vivere umano, il dialogo come forma di condivisione della vita e il modello di umanità come esperienza di credibilità”

Cosa rimane del messaggio di don Mazzolari? – si è poi chiesto don Bignami nella sua relazione a Parigi. “In primo luogo occorre riconoscere che la sua voce ha trovato eco nell’insegnamento della Chiesa. Si pensi all’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII (1963) e alla Costituzione del Concilio Gaudium et spes (1965). Non presentano più il concetto di guerra giusta e sembrano suggerire un nuovo modo di affrontare il tema della pace”. Emerge “una nuova visione dei rapporti tra i popoli, in termini di ‘interdipendenza’ della comunità umana”.

“Possiamo affermare che Mazzolari ha saputo aprire una strada che solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1959, la Chiesa ha avuto il coraggio di percorrere”.

A un secolo di distanza dalla conclusione della prima guerra mondiale, “sarebbe interessante leggere in parallelo il messaggio di don Mazzolari con l’omelia proclamata da Francesco al Sacrario militare di Redipuglia il 13 settembre 2014. Afferma: ‘La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione’. Mazzolari “continua a parlare anche a noi che siamo radunati in questa Sede dell’Unesco in un’epoca in cui assistiamo a una guerra dislocata ‘a pezzi’ in varie parti del mondo. Non possiamo chiudere gli occhi e dimenticare sofferenze e ingiustizie che alimentano sete di vendetta”. La pace “si fonda sul riconoscimento della fraternità dell’altro. Solo allora i cuori si disarmano e gli arsenali perdono valore”.