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Ricordo del vescovo Bolognini, Zucchelli: «All’apparenza distaccato, teneva nascosto l’amore che aveva per tutti, anzitutto i suoi preti»

In occasione del 50° anniversario della morte, proponiamo il ricordo del vescovo Danio Bolognini da parte di mons. Ruggero Zucchelli, presidente del Capitolo della Cattedrale di Cremona. Il ricordo giovanile negli anni dell’Azione Cattolica e poi durante la formazione in Seminario prima dell’ordinazione, avvenuta il 24 giugno 1972, pochi mesi prima della morte del vescovo Bolognini.

 

Mons. Ruggero Zucchelli

Non mi è facile fare memoria del vescovo Danio Bolognini, perché ho condiviso con lui un tratto fondamentale della mia vita; il passaggio dalla giovinezza, con la scelta vocazionale, alla maturità in cui ho realizzato, con il sostegno del Seminario e del vescovo Danio, la chiamata al Presbiterato.

Conoscevo il vescovo Danio già da alcuni anni, avendo collaborato nell’Azione Cattolica come dirigente diocesano della GIAC; avevo apprezzato la sua parola lenta, pensata, puntuale di padre cauto e fiducioso.

Ricordo un episodio che mi rivelò la sua ricca umanità. Il Vescovo aveva nominato il vicario di Sant’Agostino e assistente di noi giovani parroco​ di uno sperduto e piccolo paesino delle nostre campagne. Don Silvio aveva accettato, ma era tornato a casa con le lacrime agli occhi e non riuscì a tenere segreto il motivo del suo dolore. Con il presidente della Giunta di Azione cattolica, sentito il parroco, decidemmo di chiedere udienza al Vescovo, che la concesse. Con garbo e tanta tristezza lo informammo della situazione; non si poteva interpretare la nomina come una promozione, per un prete paziente, generoso, pieno di vita, sempre presente e disponibile era simile a un castigo. Il Vescovo rispose che la nomina era già in Cancelleria e ci accommiatò. Tornammo a casa con la convinzione di non aver ottenuto nulla; invece, alcuni giorni dopo, don Silvio venne richiamato e fu nominato in un paese con più abitanti, tanto d’avere il parroco anziano e il vicario.

Scoprii così il grande cuore del vescovo Danio: non era, come pensavo, distaccato dalla sua gente; teneva nascosto l’amore che aveva per tutti, anzitutto per i suoi preti.

Questa bontà d’animo la sperimentai quando presentai domanda di entrare in Seminario. Con il mio parroco, l’indimenticabile mons. Erminio Maria Stuani, mi recai dal Vescovo per chiedere, se possibile, di ridurre gli anni di permanenza in Seminario, per la situazione economica precaria della mia famiglia di cui ero il sostegno. Il Vescovo mi esentò dalla frequenza dell’anno propedeutico, sostenni gli esami ed entrai in Seminario per frequentare il Corso teologico quadriennale.

Sorse così l’alba del 24 giugno 1972, quando nell’assolato pomeriggio di cui non sentii il caldo, in Cattedrale, il Vescovo m’impose le mani: fui l’ultimo presbitero ordinato da Lui.

Lo incontrai l’8 settembre di quell’anno, giorno in cui mi assegnò la prima missione; purtroppo non riuscii a ringraziarlo della illustrazione che fece della Parrocchia di Sant’Agata, nella quale fui vicario cooperatore per 17 anni: la realtà coincideva con quanto il Vescovo mi aveva detto. Rimasi meravigliato della sua profonda e minuziosa conoscenza del tessuto umano della comunità parrocchiale e dei problemi connessi.

Il 2 dicembre, sempre del 1972, ricevetti una telefonata: “È morto il Vescovo”. La commozione m’impedì di chiedere notizie, mi raccolsi in preghiera e lo ricordai all’altare. Il lunedì seguente alla commozione si aggiunse la confusione, quando, chiamato in Curia, il Vicario capitolare mi incaricò di preparare un breve saluto da pronunciare alla fine delle solenni esequie, che si celebrarono il mercoledì successivo. Ricordo le parole finali di quel saluto. Mi rivolsi al vescovo Danio dicendo: “Grazie, Eccellenza! Ora che nella gloria dei cieli celebra la liturgia perenne, preghi per noi, suoi figli, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen”.

Oggi posso dire che senz’altro: Egli ha pregato. Tanto che cinquant’anni dopo la sua santa morte (morì recitando il Credo) posso ancora dirgli: “Grazie, vescovo Danio!”

sac. Ruggero Zucchelli