1

On line l’audio della lectio magistralis di Vittorio Sgarbi

Una Cattedrale affollatissima, com’era prevedibile, ha fatto da cornice, domenica 5 febbraio, alla lectio magistralis di Vittorio Sgarbi. Il critico d’arte ha illustrato alcuni dei tesori del massimo tempio cittadino e ha coronato, col suo intervento, la restituzione alla sua sede – la parete che porta alla Cappella della Madonna del Popolo – del dipinto che si credeva una tempera su tela, ma presumibilmente è un olio: “Gesù Cristo Crocifisso” di Bocacccio Boccaccino (1505-1510).

Dopo i saluti del parroco mons. Alberto Franzini, hanno preso la parola: il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti,  Susanna Cantoni e Marcello Codazzi, in rappresentanza del Comitato Soci Coop Lombardia di Cremona, cui si deve il recupero dell’opera condotto dallo Studio Blu di Castelgoffredo, e mons. Achille Bonazzi, responsabile dell’erigendo museo diocesano.

All’intervento di mons. Bonazzi, che ha spiegato gli aspetti più tecnici della riqualificazione dell’opera (la tela è stata ripulita; mentre la cornice, coeva del dipinto, è stata ripristinata nelle sue parti danneggiate o mancanti), è seguita la lectio di  Sgarbi, per la quale davvero in tanti hanno sfidato la pioggia, a riprova che la cultura, se ben veicolata, può essere foriera di eventi capaci di fare il pieno di pubblico anche trattando temi di non facile fruizione.

Sgarbi, dopo aver definito la nostra Chiesa Madre la più ricca di capolavori delle sue omologhe dal Piemonte al Delta del Po,  ha soffermato la sua attenzione sul ciclo di affreschi della navata centrale, in particolare su quelli di Boccaccio Bocaccino, di Altobello Melone e del Pordenone; sulle tre statute poste sul protiro della facciata esterna della Cattedrale (S, Imerio, la Vergine, S. Omobono) opera del poco conosciuto Marco Romano, e sui rilievi quattrocenteschi dei pulpiti scolpiti dall’Amadeo che narrano le storie dei Martiri Siriani.

Sgarbi, esulando dal tema della lectio,  ha poi ilustrato due opere non custodite in Cattedrale, che gli stanno particolarmente a cuore dato il loro immenso valore artistico: la Tavola di S. Agata, ubicata nell’omonima chiesa cittadina, e “Il riposo nella fuga in Egitto” di Luigi Miradori detto il Genovesino, ubicata in S. Imerio.

Solo nel finale della sua istrionica prolusione, Vittorio Sgarbi ha illustrato l’opera restaurata, un dipinto «eseguito in velocità dal Boccaccino, in cui il pittore solitamente elegiaco e idealista, si fa anche ritrattista nel dipingere il canonico Fodri inginocchiato, probabile commitente dell’opera…».

Gigliola Reboani

sgarbi1sgarbi2