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“Oltre la bilancia e la spada”, riflessioni sulla giustizia riparativa nella comunità

Venerdì 21 marzo al Civico81 di via Bonomelli, a Cremona, si è tenuto il secondo appuntamento del percorso culturale “Disarmare il dolore. Attraversare i conflitti nell’orizzonte della giustizia riparativa” davanti a un pubblico numeroso e attento. Il tema dell’incontro, intitolato “Oltre la bilancia e la spada: come la giustizia riparativa trasforma la comunità”, verteva sull’applicabilità dell’esercizio della giustizia riparativa non solo in ambito penale, ma anche come strumento di mediazione e di creazione di relazioni all’interno della società. A portare il loro contributo e le loro riflessioni sono intervenuti Ivo Lizzola, professore di Pedagogia sociale e Pedagogia della marginalità, del conflitto e della mediazione presso l’Università di Bergamo, e Marcello Balestrieri, sociologo e mediatore dei conflitti presso la cooperativa Dike di Milano. 

L’incontro ha preso avvio da una sollecitazione dell’assessora con delega a politiche sociali e fragilità del Comune di Cremona Marina Della Giovanna, che ha chiesto ai due relatori come si dovrebbe agire di fronte ai recenti casi di violenza giovanile avvenuti in città e alla volontà da parte di alcuni di istituire gruppi di vigilanza. Moderati da Lucio Farina, direttore del CSV Monza, Lecco, Sondrio, il professore Lizzola e Balestrieri sono stati concordi sulla necessità di «ricostruire nuova fiducia tra le persone”. Da questo principio irrinunciabile, per entrambi i relatori la soluzione per andare “oltre la bilancia e la spada” nasce da una volontà di ascolto e dalla necessità di creare storie condivise in grado di tessere legami tra persone della stessa comunità e generare fiducia, adottando un approccio di responsabilizzazione di tutte le parti coinvolte.

Ha affermato Lizzola: «Se ci sono degli adolescenti che sono capaci di gesti violenti vuol dire che sono fuori dalle reti di relazioni. La comunità in quel momento non ha funzionato».

«Il lavoro sociale a orientamento riparativo – ha proseguito Lizzola – non è un rattoppo, né un balsamo sulle ferite. Anzitutto, è un avvio di storie. Se la leggiamo come rattoppo rischiamo di sbagliare e di essere troppo specifici. Dietro lo scontro e il conflitto specifico ci sono cose più grandi. Devi far partire una storia che tenga dentro quello scontro. È un inizio, non una riparazione. Si tratta di rigenerare rapporti, riaprire possibilità e relazioni. È un inizio, nonostante la fatica, nonostante ci si fidi di meno dopo la ferita.» La giustizia riparativa, ha sostenuto Lizzola, «non è un cerotto sociale». 

«La realtà odierna si sta impoverendo di storie condivise. C’è una crisi delle narrazioni». Avere una narrazione comune con altri, che sia nell’ambiente scuola o nel proprio quartiere, è faticoso ma insegna. «Impari a fidarti e speri». Secondo Lizzola è necessario far ripartire queste storie in quei luoghi di particolare disagio, che siano le «bande giovanili» come i «luoghi del silenzio». Ha concluso, infatti, affermando che anche riconciliare le persone che fanno fatica a vivere fa parte della giustizia riparativa: «Solo perché non dà fastidio ed è silenzioso non lo consideri?».

Marcello Balestrieri, concordando con l’intervento del professor Lizzola in merito alla necessità di una narrazione collettiva e del bisogno di ricostruire legami di fiducia nella comunità, ha portato un esempio concreto di giustizia riparativa. Ha illustrato infatti come, tramite una serie di strategie imprescindibili quali l’ascolto di tutte le parti in causa, la mediazione dei conflitti, si è riusciti a risolvere un problema di morosità grave in alcuni condomini in zone di disagio a Milano. 

 

«Giustizia e pace si baceranno?», a Cremona un’occasione di riflessione sulla giustizia riparativa