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Nota dell’Amci Cremona sulla vicenda di Vincent Lambert

Di seguito una nota della sezione cremonese Amci (Associazione medici cattolici italiani) in merito alla vicenda di Vincent Lambert, il 42enne ricoverato da dieci nel Centre Hospitalier Universitaire di Reim, in Francia, a causa di un trauma cranico legato ad un incidente stradale. Vincent Lambert vive ora in uno stato clinico diagnosticato da alcuni specialisti come “di coscienza minima” e da altri come “vegetativo cronico”. 

 

Vincent Lambert ha 42 anni; da 11 anni si trova in stato di minima coscienza all’ospedale CHU (Centre Hospitalier Universitaire) Sébastopol di Reims,  in Francia, dopo un incidente.  La sua è una storia d’oggi, come tante di cui abbiamo letto o che conosciamo da vicino. Una storia di sofferenza e di amore. Dopo l’incidente di cui è stato vittima  Vincent Lambert è uscito molto rapidamente dal coma, ma è rimasto in una condizione di coscienza minimale; dorme di notte, si sveglia di giorno, reagisce quando gli si parla, ma non si sa con certezza quanto sia in grado di comprendere. Ha un’attività cerebrale, il suo elettroencefalogramma non è piatto. I suoi organi vitali (cuore, polmoni, reni) funzionano normalmente, senza l’ausilio di apparecchi. Il suo unico “trattamento” consiste nell’alimentazione e nell’idratazione, realizzata mediante un sondino gastrico, che porta gli alimenti direttamente nello stomaco. Si trova in un reparto di cure palliative, in quanto gli è stato impedito il trasferimento in un centro di riabilitazione specifico per persone in stato vegetativo o pauci-relazionale.

L’equipe dell’ospedale francese, ora guidata dal dott. Sanchez, ha avanzato da tempo la richiesta di interrompere l’idratazione e nutrizione; la prima richiesta di blocco delle cure risale addirittura al 2013. Un lungo iter giudiziario, che si trascina da anni, duranti i quali Vincent ha continuato a vivere, a riprova del fatto che non si tratta di una persona in condizioni terminali. Già nell’aprile del 2013 venne lasciato 31 giorni senza alimentazione. A favore dell’interruzione delle cure sono la moglie ed un nipote, i quali sostengono di aver sentito una volta Vincent affermare di non voler morire in un letto di ospedale. La realtà è che ci troviamo di fronte ad una persona impossibilitata ad esprimere la sua volontà e che non ha lasciato alcuna dichiarazione anticipata di trattamento. Strenui difensori del diritto di Vincent ad essere nutrito ed idratato e trasferito in un altro centro clinico sono i genitori e due dei suoi otto tra fratelli e sorelle.

Nell’aprile 2018 ventiquattro medici francesi, per la gran parte primari e specialisti di pazienti in stato vegetativo e in stato di coscienza minimale, scrivevano al dott. Sanchez: “Vincent Lambert respira in modo autonomo, la sua condizione generale è stabile, possiede delle capacità relazionali e di deglutizione incontestabili. Non rientra perciò nel quadro di un accanimento terapeutico”; consigliavano inoltre di permettere il trasferimento di Vincent in un altro centro specializzato, dove Vincent possa beneficiare di “una rieducazione all’alimentazione orale, prendendo il tempo necessario e avvalendosi di quei collaboratori familiari, in presenza dei quali manifesta delle reali relazioni”.

La vicenda giudiziaria per la morte o la vita di Vincent prosegue.  Il 24 aprile scorso, il Consiglio di Stato francese ha confermato la sentenza di gennaio del Tribunale amministrativo di Châlons-en-Champagne, che disponeva l’arresto dell’alimentazione e dell’idratazione. Nel frattempo la Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) ha rigettato il ricorso dei genitori e ha dunque confermato l’arresto dell’alimentazione e dell’idratazione. La Cedu ha ritenuto sufficiente riappellarsi ad una precedente sentenza del giugno 2015, senza prendere in considerazione quanto accaduto negli ultimi quattro anni. Venerdì 3 maggio il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha chiesto al Governo francese di non interrompere i sostegni vitali a Vincent Lambert, almeno fino a quando il Comitato non si sarà espresso sul caso. Negli ultimi giorni il dottor Sanchez del CHU di Reims ha però inviato questa lettera ai familiari di Vincent: «Vi informo che la sospensione dei trattamenti e la sedazione profonda e continua evocata dalla procedura collegiale avranno inizio nel corso della settimana del 20 maggio».

Di fatto, anche se non viene esplicitamente menzionata, ci troviamo di fronte ad una situazione di eutanasia mascherata. L’interruzione dell’alimentazione ed idratazione, cui Vincent Lambert sopravvisse per 31 giorni già nel 2013, sarà una fonte di sofferenza; da qui la “sedazione profonda e continua”, un’abbinata che porterà inesorabilmente alla morte. Può essere lecito sospendere alimentazione e idratazione artificiali? Solo se dalla loro prosecuzione non è atteso alcun beneficio, quindi in condizioni di terminalità. Quando deve essere applicata la sedazione terminale? Quando una persona si trova al termine della propria vita e non può più trarre beneficio dai trattamenti. Queste circostanze non si verificano certamente per Vincent Lambert. Egli non è in condizioni terminali (le sue condizioni cliniche sono tali da 11 anni). Il quadro clinico non ha visto l’insorgenza di nuove condizioni di aggravamento, per cui l’idratazione e alimentazione artificiali possano diventare cure sproporzionate. Non vi sono condizioni che richiedano una “sedazione profonda e continua”, se venisse proseguita l’idratazione e alimentazione. Il medico che intende attuare la procedura, la cultura e le autorità giudiziarie che lo avvallano ritengono evidentemente che l’esistenza di Vincent Lambert non sia più degna di essere vissuta, non più giustificato spendere alcuni euro al giorno per i prodotti della nutrizione enterale, non più necessario accudire questa persona gravemente malata e disabile. E se alcuni familiari (e non solo) la pensano diversamente non importa.

Concludiamo con le riflessioni rilasciate il 13 maggio da Eric de Moulins-Beaufort e Bruno Feillet, rispettivamente arcivescovo e ausiliare della diocesi di Reims; monsignor de Moulins-Beaufort è anche presidente della Conferenza episcopale francese. “È proprio della condizione dell’uomo e della sua grandezza di dover un giorno morire. È bene ricordarlo in un tempo in cui alcuni rivendicano il diritto di morire quando e come preferiscono, mentre i profeti del transumanesimo annunciano la fine della morte. Ma è l’onore di una società non lasciare che qualcuno dei suoi membri possa morire di fame o di sete, e di fare tutto il possibile per mantenere fino alla fine l’assistenza adeguata. Permettersi di rinunciarvi per la ragione che una tale assistenza ha un costo e perché si ritiene inutile lasciar vivere le persone interessate, vorrebbe dire rovinare l’impegno della nostra civiltà. La grandezza dell’umanità sta nel considerare come inalienabile e inviolabile la dignità dei suoi membri, soprattutto i più fragili”.

Michele Ceruti