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No alla guerra: la veglia per la pace in Cattedrale ricorda che «siamo tutti fratelli»

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Un grido di fraterna umanità per dire no alla guerra. Per liberare la pace. Nella nostra quotidianità e in ogni zona del mondo. Da Cremona all’Italia, dall’Ucraina alla Siria fino al Sahel. La richiesta si è alzata forte e chiara durante la veglia per la pace organizzata in Cattedrale alla vigilia dell’Epifania. Guidata dal vescovo di Cremona Antonio Napolioni, la celebrazione ha previsto diverse letture e testimonianze dirette. Dall’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco alla voce ancora commossa di padre Gigi Maccalli, mentre raccontava del sequestro di cui è stato vittima. Il missionario cremasco della Società missioni africane, arrivato in Niger nel 2007, ha esercitato la sua missione presso il popolo gurmancé, nella parrocchia di Bomoanga, diocesi di Niamey. Nel settembre 2018 è stato rapito da un gruppo di jihadisti e portato in Mali, dove è rimasto prigioniero per due lunghi anni nel deserto, fino all’ottobre 2020. «Questo tempo di prigionia mi ha cambiato, mi ha dato la possibilità di maturare uno sguardo altro sulla missione, sulla vita, su Dio. Oggi mi è chiaro che non mi ha salvato il Dio onnipotente, il Dio degli eserciti, ma il Dio ferito, provato in croce e che mi è stato accanto nella croce del sequestro. Oggi più di ieri il mio Dio è come Gesù, onnipotente nell’amore impotente nei confronti di chi sceglie il male o oppone rifiuto all’amore. Questa esperienza mi ha permesso di vedere la mia vita dalla fine. E, allora, posso dirvelo: non sprechiamo la vita, scegliamo la pace. Liberiamo la pace. L’ho detto anche al capo dei miei oppressori: sono fratello universale. Che Dio ci aiuti a capire che siamo tutti fratelli. Ai miei oppressori ho offerto l’amore che mi lega alla mia famiglia, alla mia comunità».

Il pensiero si è poi spostato all’uso delle armi atomiche, definito da Papa Francesco: «immorale e illegale». Serve opporsi, «non dobbiamo permettere che diventi normale». La voce è quella  di Setsuko Thurlow, sopravvissuta di Hiroshima, premio Nobel per la pace come leader della campagna globale Ican per il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari. «Sappiamo che la guerra nucleare non può essere vinta da nessuno. In questi tempi di incertezze e di ripetute minacce atomiche dobbiamo riflettere e prendere coscienza della nostra responsabilità collettiva. Dobbiamo agire oggi, affinché l’era nucleare finisca o si cancelli dalla memoria umana». La differenza si può fare insieme. Perché non possiamo stare fermi.

Questo è anche il fulcro del pensiero del vescovo Napolioni. «Ci stiamo abituando a pensare che la pace debba essere solo nostra, facciamo fatica ad indignarci per il dolore, per l’odio, per la violenza. Per la guerra. Dobbiamo fare e agire come comunità, come diocesi». Dobbiamo fare «come singoli, ciascuno con il proprio impegno politico, culturale o spirituale che sia. Dobbiamo fare, senza rimandare». Riflettere insieme, con canti, parole e preghiere a cura delle monache domenicane di San Sigismondo. E poi continuare.

Dopo la Giornata mondiale della pace dello scorso 1 gennaio, prosegue l’opera di sensibilizzazione per chiedere il disarmo nucleare aderendo e promuovendo la campagna Italia ripensaci. Perché dopo la pandemia, serve la pace. Non la guerra in Ucraina, non le armi atomiche. Abbiamo bisogno di “liberare la pace”. Al più presto.