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«Nella mani del Sarto divino ogni vita diventata un capolavoro» (Video, audio e foto)

Imbastire, rammendare e ricamare. Questi tre gesti, specifici della professione sartoriale, sono stati gli stimoli che il vescovo Antonio Napolioni ha voluto rivolgere alla città e alla diocesi di Cremona in occasione della solennità patronale di sant’Omobono, nella Messa pontificale presieduta in Cattedrale la mattina di mercoledì 13 novembre. Tre verbi idealmente suggeriti proprio dal sarto cremonese, diventato “padre dei poveri”, per rileggere e contemplare l’opera di Dio, il «Sarto divino», nelle cui mani ogni vita «diventata un capolavoro». Perché «quello che io e gli operai facevamo sulle stoffe – sembra dire oggi sant’Omobono – il Signore lo fa nella vita dei suoi figli, nella mia e nella vostra».

 

L’omaggio dei ceri in cripta

La giornata del 13 novembre è iniziata già di primo mattino con il pellegrinaggio di tanti all’urna del Santo, nella cripta della Cattedrale, dove alle 10.15 il vescovo Napolioni, secondo una antica tradizione, ha ricevuto “l’omaggio dei ceri” da parte dell’Amministrazione comunale di Cremona. Accanto al sindaco Gianluca Galimberti, in rappresentanza della Provincia di Cremona Rosolino Azzali e il prefetto Vito Danilo Gagliardi.

«Siamo qui silenziosi e festosi, grati e consapevoli di aver ricevuto un dono così grande nel concittadino Omobono Tucenghi», ha detto il Vescovo prima di ringraziare le autorità presenti per l’offerta dei ceri, «segno di un dialogo ininterrotto tra le varie componenti della comunità cittadina, ispirate alla testimonianza di sant’Omobono».

Dopo l’accensione dei tre ceri votivi, la preghiera al Patrono. Attorno all’urna del Santo anche il vescovo emerito Dante Lafranconi e i canonici del Capitolo della Cattedrale.

 

La Messa pontificale delle 10.30

Subito dopo, alle 10.30, in Cattedrale, la solenne Messa pontificale presieduta dal Vescovo e concelebrata da molti sacerdoti della diocesi. Nell’omelia il vescovo Napolioni ha voluto idealmente dare voce al Patrono, soffermandosi su tre gesti caratteristici di un sarto.

«Per imbastire – ha detto – ci vuole un filo umile e povero, che serve a tracciare il disegno, a guidare le forbici, a dar forma al vestito, su misura di ogni persona, del suo corpo reale. Un filo che sa scomparire, terminata la sua missione. Il Padre sa bene qual è il suo disegno, di salvezza e di vita, lo attua e lo rinnova guardando a Gesù, modello di carne e non di carta, sempre presente nella sua mente e all’orizzonte dell’umanità». Queste le parole del Patrono, che ha proseguito: «Sin dall’inizio, la mia vita fu imbastita di semplice bontà». E ancora: «Ora vedo invece quanto voi siete costretti a correre, cambiare, sperimentare, con il rischio di vivere senza radici e senza identità. Non vi servirà uno sterile lamento, non cedete alla tentazione della nostalgia, mentre il Sarto divino punge col filo del presente per preparare comunque una trama di amore, un tempo di grazia. Se Egli non è stanco di voi, fate attenzione a non dimenticarvi di Lui». Non manca un suggerimento: «Fermatevi, personalmente e in comunità, ad ascoltare la Sua Parola». «Il mondo che abitate – ha continuato – si fa sempre più piccolo, affollato, ma non altrettanto fraterno. Dovete imbastire una visione alta e universale del vostro futuro, per non soccombere soffocati dagli stessi scarti del vostro irrazionale consumare beni, quelli della natura, come quelli degli affetti. La Chiesa non tema di proporre la sua visione integrale e liberante della vita umana, la sua dottrina sociale profonda e attuale, e convochi gli uomini di buona volontà ai crocevia della pace».

«Per rammendare – ha quindi idealmente ricordato Omobomo – ci vuole un filo forte, ma non troppo, che riprenda trame e armonizzi colori, che ricucia gli strappi, come il chirurgo sutura le ferite. Il tessuto della vita, infatti, non è indenne da traumi e dolori, da crisi e prove». E guardando dal Cielo la sua Cremona, Omobono vede i suoi concittadini di oggi «a volte tentati di cedere all’indifferenza, o alla rabbia distruttiva, come pure a una certa smania rivoluzionaria». Da qui l’invito «a un rinnovamento radicale, ad una vera conversione». La sa bene Omobono, che ha attraversato tempi non certo più facili di quelli attuali, come egli stesso ha voluto ricordare: «Mentre la nostra città si allargava, e le sue periferie si popolavano di poveri, mentre eravamo spesso in guerra con le città vicine, mentre i cremonesi osavano persino darsi un vescovo scismatico (…) io scelsi di rammendare prima la mia anima (con la penitenza e la confessione costante dei miei peccati) e poi quella della mia gente, come umile ma convinto operatore di pace tra le diverse fazioni. E non ero prete o monaco, ma laico, sposo, sarto e mercante… cristiano!». E anche qui una parola da padre: «Voglio incoraggiarvi a non buttare i panni, e soprattutto chi ci sta dentro, appena sono un po’ logori. Reagite con determinazione al senso di declino che serpeggia, parlate tra voi del bene che cresce silenziosamente e dissociatevi dal male che reclama attenzione, per generare altro male. Non nascondete la vostra vulnerabilità, perché quella è la stoffa con cui si fanno vere relazioni umane, quella la ferita da tenere aperta e pulita, perché ne sgorghi – come dal Crocifisso – l’acqua della vita e il sangue dell’amore».

Ma per ricamare ci vuole un «filo finissimo e nobile». «La terra è ricamata da Dio e dall’intelligenza creativa dei suoi figli, tutti apprendisti artigiani e artisti della vita. E anche tra i più poveri, la bellezza è possibile e necessaria, attira, parla e disarma». «Vedo che oggi  – afferma ancora sant’Omobono – siete bravissimi nel confezionare vetrine e nel rivestire manichini, quando la plastica non finisce con l’invadere il corpo e il cuore. Sembrate tutti tanto belli, belle, quasi perfetti, così belli da non sembrare veri». E ancora: «Mentre costringete ai margini chi non risulta all’altezza della spietata “società dell’immagine”, Dio va a cercare gli umili e li esalta come sa fare Lui. Un inganno del genere è possibile anche tra i cristiani, come accadde ai miei tempi». Ecco perché «Quando la vostra lingua “taglia e cuce”, soffro e prego perché il Verbo di Dio vi trafigga il cuore e vi ricami nella coscienza il giusto turbamento e un sincero desiderio di verità e di carità».

Tre verbi che Omobono, al termine del suo messaggio, chiede di applicare agli scenari di vita familiare, sociale e politica, ecclesiale e spirituale. «Sappiate però – conclude nel messaggio alla sua città – che non sono soltanto i verbi del mio antico lavoro. Sono le meraviglie che vedo operare dalle mani di ogni madre, e specialmente da Lei, Maria, che ha imbastito la carne del Figlio nel grembo della sua obbedienza a Dio, che ha rammendato il mondo col suo ascolto premuroso di ogni grido e di ogni supplica, che ricama fino all’ultima ora la veste nuziale per ciascuno di noi».

Il testo integrale dell’omelia

 

Tra l’assemblea, nelle prime file, la rappresentanza di amministratori, politici, forze dell’ordine e categorie economiche cittadine, tra cui l’Associazione dei sarti di Cremona e provincia che, come ogni anno, nel giorno del santo patrono della categoria artigianale, al momento dell’offertorio ha portato all’altare alcune stoffe.

La solenne celebrazione, animata con il canto dal Coro della Cattedrale e servita all’altare dai seminaristi diocesani, si è conclusa con la benedizione e l’indulgenza plenaria.

 

Photogallery della celebrazione

 

 

Appuntamenti del pomeriggio

Nel pomeriggio la Cattedrale resterà aperta dalle 15 alle 19, con possibilità di accedere ancora alla cripta dove sono conservate le spoglie del Patrono. A garantire il regolare afflusso dei pellegrini l’Associazione Nazionale Carabinieri di Cremona.

Nel pomeriggio, alle 17, il vescovo Napolioni presiederà i Secondi Vespri.

Alle 18 l’ultima Messa della giornata, presieduta dal parroco della Cattedrale, mons. Alberto Franzini.