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Nella festa di S. Stefano il ricordo dei martiri cristiani di oggi

Nella festa di Santo Stefano, primo martire della storia cristiana, ricordiamo con riconoscenza quanti, per il semplice fatto di essere cristiani, sono stati perseguitati e uccisi in tante parti del mondo. Fra qualche giorno l’agenzia Fides – dal 1927 organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie – pubblicherà l’elenco degli operatori pastorali martirizzati nel 2015: l’anno passato sono stati 26, eppure sono migliaia i cristiani trucidati ogni anno nel silenzio e nell’indifferenza generale non solo dell’autorità internazionali, ma anche degli stessi fratelli di fede. Il Santo Padre Francesco nel tradizionale messaggio natalizio “Urbi et Orbi” ha detto: «Ai nostri fratelli, perseguitati in tante parti del mondo a causa della fede, il Bambino Gesù doni consolazione e forza. Sono i nostri martiri di oggi».

L’ultimo rapporto di «Aiuto alla Chiesa che soffre» (Acs) sulla persecuzione anticristiana rivela che il numero di Stati classificati come di «estrema» persecuzione è salito da sei a dieci. A Cina, Eritrea, Iran, Arabia Saudita, Pakistan e Corea del Nord si sono infatti aggiunti Iraq, Nigeria, Sudan e Siria, tutti Paesi segnati dall’ascesa dell’estremismo islamico, che si conferma una delle principali minacce alla comunità cristiana.

Oltre alla Siria e al caso iracheno – in cui oltre 120mila cristiani sono stati costretti a scegliere se convertirsi o morire dallo Stato Islamico (Is) – da segnalare la Nigeria, dove gli estremisti di Boko Haram hanno costretto alla fuga 100mila cristiani della sola diocesi di Maiduguri, nella quale sono state distrutte 350 chiese.

L’Africa in generale, considerata finora la speranza più brillante per la Chiesa del futuro, sta subendo l’avanzata di gruppi fondamentalisti anche in Kenya, Tanzania, Sudan e altri Paesi. E laddove non operano gli estremisti, ci pensano le autorità e le severe leggi locali. Come non ricordare il caso della cristiana sudanese Meriam Ibrahim, condannata a morte per apostasia, costretta a partorire in carcere e rilasciata solo dopo una campagna internazionale. In Eritrea, poi, si ritiene che vi siano fino a 3mila detenuti – in maggioranza cristiani – imprigionati per motivi religiosi.

Preoccupano anche altri oltranzismi. In India i movimenti nazionalisti indù hanno compiuto molti attacchi contro i cristiani e lo stesso arcivescovo di Ranchi, il cardinale Telesphore Toppo, è stato minacciato di morte. Nello Sri Lanka, invece, sono stati gli estremisti buddisti a distruggere o causare la chiusura di molte chiese (165 in due anni). In crescita sono anche gli attacchi in Israele, peraltro unico Paese mediorientale in cui la popolazione cristiana è in crescita.

Tornando all’Asia, emblematico è il buco nero nordcoreano, dove nel marzo 2014 Kim Jong-un ha ordinato l’esecuzione di 33 cristiani, accusati di essere delle spie. Inoltre si stima che il regime di Pyongyang abbia fatto finire almeno il 10% dei circa 400mila cristiani in campi di lavoro in cui subiscono torture, omicidi, stupri, esperimenti medici. In Pakistan resta in carcere, dopo la condanna a morte per apostasia, la cristiana Asia Bibi, nonostante i molti appelli a suo favore. In Vietnam il decreto 92 obbliga i gruppi religiosi ad ottenere dei permessi per incontri religiosi e i sacerdoti a partecipare a programmi di educazione. E la nuova legge sulla religione – prevista per fine 2015-2016 – potrebbe comportare nuove restrizioni. In Cina il 2014 è stato uno degli anni peggiori per i cristiani, con 449 leader religiosi imprigionati. Il 2015 è stato invece caratterizzato da oltre 650 aggressioni nella provincia di Zeijang, tra cui la distruzione totale o parziale di numerose chiese.

Il rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre considera inoltre alcuni Paesi con abusi meno gravi ma che preoccupano. In Russia, ad esempio, la legge è severa nei confronti dei cristiani e molte comunità religiose non hanno potuto registrare le proprie chiese. In Turchia, invece, i cristiani sono tuttora considerati cittadini di seconda classe e temono fortemente l’ascesa del fondamentalismo all’interno di una realtà anche qui sempre più problematica.