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Nel Duomo di Casalmaggiore si vive la Passione di Cristo con le tele di Fabbri

Quadri così grandi da «entrarci dentro» per rivivere in prima persona le tappe vissute dal Cristo attraverso la passione, morte e risurrezione. Una Via Crucis rappresentata con figure sfumate e colori tenui, in un’atmosfera sospesa, per riappropriarsi in modo intenso e suggestivo dell’esperienza della sofferenza nel quotidiano percorso di redenzione dell’umanità. In occasione della Pasqua, il Duomo di Casalmaggiore si arricchisce delle opere realizzate da Giovanni Fabbri. «L’idea di collocare questi quadri a dimensione umana – ha spiegato il parroco don Claudio Rubagotti – è far sì che non vengano solo visti, ma “incontrati”, come se fossero compagni di viaggio». Una proposta, quella delle parrocchie maggiorine, in grado di unire l’aspetto culturale a quello pastorale: «Ci auguriamo che attraverso queste opere le persone possano sempre più annodare il suo esistere all’esistente che è Dio».

Le quattordici stazioni più una realizzate dal pittore di Castiglione di Cervia, nel ravennate, di due metri per due, sono un invito a soffermarsi e a vedere oltre la rappresentazione delle sofferenze patite dal Cristo. «La Via Crucis canonizzata da Papa Pio VIII è stata pensata come un percorso concettuale in grado di richiamare il percorso ideale del Cristo – spiega il professor Vittorio Spampinato, curatore della mostra – affinché chi la osserva possa meditare sui passaggi e capirne il significato recondito. Anche nell’opera di Fabbri c’è un progetto concettuale, un percorso che invita a una riflessione più autentica».

Non è solo una descrizione sintetica, estatica o trasfigurata dell’esperienza del dolore vissuta dal Cristo, «ma la speranza di una rinascita dietro motivazioni di fede; non qualcosa di solo religioso, ma patrimonio dell’umanità».

Fabbri ha realizzato una Via Crucis «con uno stile neoclassico dai motivi michelangioleschi – prosegue il critico d’arte – riproponendo forme, segni, colori e materia tipici del Rinascimento per descrivere la bellezza insita dentro la sofferenza del dolore». Attraverso figure sfumate e volti non chiari, poi, l’artista non ha voluto dare risalto ai lineamenti della sofferenza: «Fabbri ha stilizzato le forme e le linee proprio perché l’importante non è vedere la sofferenza dell’uomo, ma il processo mistico di beatificazione del gesto. Il dolore, sembra suggerire l’autore, è propedeutico alla salvezza: non c’è amore se non c’è sofferenza».

Particolarità di questa mostra è l’aggiunta di una stazione in più rispetto alle canoniche 14, ovvero quella dell’Ascensione. Un valore aggiunto come necessità di rappresentazione simbolica e visibile di questo fine, del punto di arrivo che non è scontato nella visione di una Via Crucis. «Non è detto che lo spettatore possa comprenderne il senso anche in una raffigurazione classica – afferma Spampinato –. L’intuizione illuminata di Fabbri è dunque quella di aver reso concreta la finalità di un percorso comprensibile a tutta l’umanità».

La mostra è ad ingresso libero nel Duomo di Casalmaggiore e sarà visibile fino alla solennità dell’Ascensione.