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Napolioni: «È bello qui perché siete fragili, ma veri»

È sempre una festa l’incontro del vescovo Napolioni con il variegato mondo carcerario, un piccolo universo nel quale si confrontano ogni giorno detenuti, agenti di polizia penitenziaria, educatori, volontari, cappellani. In questa vera e propria “periferia esistenziale” la Chiesa cremonese c’è, con generosità e competenza, attraverso l’opera degli assistenti spirituali, don Graziano Ghisolfi e don Roberto Musa, e della Caritas cremonese presente con un operatore, Marco Ruggeri che è anche diacono permanente. Accanto alla cappellania tanti volontari: come i membri di Comunione e Liberazione che animano le liturgie o gli incontri di catechesi o i volontari della san Vincenzo diocesana che da quattro anni insegnano ai detenuti a coltivare l’orto: ve ne sono già una trentina gestiti autonomamente dai detenuti oltre che uno spazio comune per l’intera Casa Circondariale che comprende anche una serra. C’è poi la Cooperativa Nazareth capitanata da don Pier Codazzi che da alcuni mesi ha impiantato in una cucina dismessa del penitenziario un laboratorio di trasformazione agroalimentare: in pratica cinque detenuti producono conserve di ortaggi provenienti da agricoltura sociale e biologica. Verdura coltivata nel comune di Persico Dosimo attraverso il lavoro di agricoltori “nostrani” e di migranti e con l’impiego di persone disabili.

Tutte queste persone, che ogni giorno si impegnano a rendere meno dura e più costruttiva la detenzione, hanno accolto nel pomeriggio di giovedì 6 aprile mons. Napolioni che nel grande teatro del plesso di via Palosca ha presieduto l’Eucaristia. In prima fila naturalmente la direttrice, dottoressa Gabriella Lusi, con il comandante della polizia penitenziaria Maria Teresa Filippone, alcuni agenti e diversi educatori. Sull’altare il cappellano don Musa, l’ex assistente spirituale don Felice Bosio, il direttore della Caritas cremonese don Antonio Pezzetti, don Pier Codazzi e il diacono Ruggeri. L’altro cappellano, don Ghisolfi, ha diretto il piccolo coro formato da detenuti e volontari che ha animato la liturgia, semplice, ma assai sentita.

Subito dopo il saluto liturgico, Rosario, un giovane carcerato ha dato il benvenuto a mons. Napolioni: «Siamo davvero felici di rivederla e siamo fieri ed orgogliosi di essere la comunità diocesana che ha la gioia di essere da Lei visitata con maggiore frequenza». «L’incontro con Gesù – ha proseguito il giovane – significa sperimentare la straordinaria opportunità di sentirsi al centro del cuore di qualcuno, non iscritti d’ufficio e a tempo indeterminato ad una categoria di disagio, non esclusi, non dimenticati. Lo sguardo di Gesù restituisce alle persone la dignità della propria unicità, pur con i propri errori, peccati e fallimenti». Rosario pur con un tono affabile non ha nascosto qualche amarezza: «Quella penitenziaria – ha concluso – è un’istituzione forzatamente complessa, ma uno dei suoi punti critici è una burocrazia lenta e macchinosa, capace di logorare anche la pazienza di un santo e incapace di leggere le storie e i bisogni delle persone».

Nell’omelia mons. Napolioni ha ricordato quanto la storia del rapporto tra l’uomo e Dio sia stata particolarmente travagliata: «Il Signore stipula con Abramo un’alleanza, ma la promessa non si realizza magicamente, occorre anche il concorso dell’uomo, la sua libera adesione al progetto divino. Il Signore, infatti, non si sostituisce: all’uomo, non può continuare ad imboccarlo per tutta la vita come se fosse un lattante».

Se la storia rivela il ruolo attivo dell’uomo, al contempo mostra anche l’infinita pazienza di Dio: «Egli si mette continuamente al nostro fianco, non ci toglie gli ostacoli o le responsabilità, ma ci viene incontro per parlarci e risvegliarci».

Il presule ha poi ricordato la recente visita del Papa nel carcere di San Vittore: «Quando i detenuti gli hanno chiesto come riesca a sopportare la fatica di tanti incontri, Francesco ha dato una risposta disarmante: “Piango”! Egli cioè si lascia aprire il cuore dalle sofferenze altrui, ma anche dall’amore del Signore. Il suo è il potere della compassione più profonda».

Infine un invito alla speranza alla luce della Pasqua ormai imminente: «Cristo ci viene a prendere là dove non sappiamo chi siamo, laddove ci sentiamo o siamo realmente perduti». Quindi l’invito ad accogliere tutte le sofferenze del mondo, soprattutto quelle dei bambini di Siria trucidati con il gas, e a non nascondersi di fronte a Dio: «Mi piace venire qui – ha concluso – perché siete persone che non si nascondono. Siete fragili, ma veri».

Omelia di mons. Napolioni

Durante la liturgia si è quindi pregato per quanti in carcere si sono tolti la vita e perché l’istituzione penitenziaria miri sempre più al reinserimento sociale di chi ha sbagliato.

Prima della benedizione conclusiva la direttrice Lusi ha voluto ringraziare il vescovo attraverso un breve discorso per niente di circostanza: «Attraverso le sue parole, il suo sguardo, i suoi gesti noi oggi abbiamo incontrato l’amore. Ne abbiamo bisogno! Abbiamo bisogno di riscoprire i sentimenti, anche qui, in carcere! Le regole sono importanti e devono essere rispettate, ma occorre anche coltivare il cuore». La dottoressa Lusi, da sempre impegnata a far sì che il carcere si apra sempre di più alla città, ha voluto ringraziare tutti gli operatori – amministrativi, agenti, educatori, volontari, cappellani – per il loro quotidiano impegno  a favore del recupero dei detenuti: «Anche quando vi puniamo – ha puntualizzato la direttrice – lo facciamo con uno spirito educativo».

Intervento della dottoressa Lusi

Dopo aver consegnato a ciascun detenuto un piccolo ricordino mariano, mons. Napolioni ha benedetto due “sanguigne” di grandi dimensioni, dono dell’artista Adriano Rossoni e posizionate nella cappellina del penitenziario. Il primo rappresenta il buon pastore che libera la pecora perduta dai rovi in cui si è impigliata e nel contempo abbraccia dei migranti naufraghi in fin di vita; il secondo rappresenta l’abbraccio tra il Padre misericordioso e il figliol prodigo: il Padre ha le sembianze di padre Jacques Hamel, il sacerdote francese trucidato da un fondamentalista islamico nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray il 26 luglio 2016.

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