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Musei Vaticani, l’anno di Raffaello inizia col capolavoro del suo maestro Perugino

Rientra nei Musei Vaticani,  con la sua cornice e la sua “cimasa” dalle quali era stata separata nel 1797 per le requisizioni napoleoniche, la “Pala dei Decemviri” di Pietro Perugino, e l’occasione è l’apertura delle celebrazioni dei 500 anni dalla morte del suo allievo, il grande Raffaello Sanzio da Urbino. Dopo essere stata ammirata a Perugia nella sua ritrovata unità e bellezza originariada ottobre 2019 a fine gennaio 2020, la Pala sarà esposta nella Pinacoteca vaticana dall’8 febbraio al 30 aprile.

Tornano insieme Madonna con Bambino e Cristo in pietà 

Un’occasione imperdibile, nata dalla collaborazione tra i Musei del Papa e la Galleria Nazionale dell’Umbria, per ammirare anche nella Pinacoteca Vaticana la ricomposizione della celebre Pala del maestro umbro: la tavola con la Madonna in trono con Bambino e Santi dei Musei Vaticani reinserita nella sua splendida cornice originale e riunita alla cimasa raffigurante il Cristo in pietà del museo perugino.

Separati dal 1797, quando Napoleone portò a Parigi la tavola  

I due dipinti, realizzati nel 1495 per la Cappella del Palazzo dei Priori di Perugia, furono separati nel 1797, in seguito alle requisizioni francesi che portarono a Parigi la sola grande tavola. Cornice e cimasa furono invece lasciate nel Palazzo. Dopo la caduta di Napoleone, la tavola non fu restituita a Perugia ma, per disposizione di Pio VII, entrò a far parte della Pinacoteca Vaticana.

 

Jatta: un’opera che fa parte della storia dei Musei Vaticani

Ricordata dal Vasari e dalle successive fonti storico-artistiche per la sua bellezza, la Pala è firmata sulla pedana del trono dal suo autore. Così ci presenta l’opera e la mostra, inaugurata la sera del 7 febbraio, il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta.

Ascolta l’intervista a Barbara Jatta

http://https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2020/02/07/18/135472042_F135472042.mp3

«Questa del Perugino è una delle opere identitarie delle nostre collezioni. Quando Luca Beltrami insieme a Pio XI concepisce questa nuova pinacoteca la pone nella stanza precedente al grande salone dedicato a Raffaello. Esporre Perugino in questa occasione è un modo di fare tornare un po’ indietro anche la storia di questi Musei. l’opera arriva grazie al soggiorno che ha a Parigi per le asportazioni napoleoniche, ma arriva grazie a Canova quando decide di riportare le opere, dopo la caduta di Napoleone, non nei luoghi d’origine ma in Vaticano per una maggiore condivisione. Tante nostre opere identitarie fanno parte di quella riacquisizione: pensiamo a Caravaggio, pensiamo alla Madonna di Foligno di Raffaello, pensiamo al Domenichino, grazie all’intuizione di Canova di avere delle opere d’arte importanti condivise all’interno del Vaticano».

Cosa ci può anticipare dell’evento molto atteso del ritorno degli arazzi di Raffaello in Cappella Sistina?

«Sarà un’operazione unica, probabilmente irripetibile, non è mai fatto in questo modo. Sarà veramente un modo di apprezzare quel luogo, che è una catechesi visiva, nel massimo del suo splendore, ma soprattutto in quella concezione era stata voluta da Papa Leone X a completamento del forte messaggio religioso che la Cappella Magna dei Palazzi pontifici voleva dare».

Cosa significa Raffaello per i Musei Vaticani e come cercherete di omaggiarlo a 500 anni dalla morte?

«Dopo questa mostra e l’esposizione degli arazzi in Cappella Sistina, dal 17 al 23 febbraio, a fine aprile avremo un convegno internazionale di studi che farà punto su 37 anni di grandi ricerche, di restauri e anche di scoperte archivistiche avvenute tra la celebrazione dei 500 anni della nascita, nel 1983, e questo anniversario della morte. Avremo poi una mostra fotografica molto interessante, sempre qui nella sala 17 della Pinacoteca, della fototeca storica sulle opere di Raffaello. E in autunno una mostra che in qualche modo terminerà le celebrazioni. Sarà un omaggio di Papa Francesco che si priverà, dal suo appartamento privato, di due opere importanti che raffigurano i santi patroni di Roma, san Pietro e san Paolo, realizzate da fra’ Bartolomeo, ma il san Pietro finito da Raffaello, come sappiamo dalle fonti ed è evidente anche guardando l’opera. Verranno restaurati e ricollocati in questa sala temporaneamente, per poi ritornare a Palazzo. Infine un progetto di riallestimento: la risistemazione della sala ottava della Pinacoteca, quella dedicata a Raffaello, con una nuova illuminazione, molto sofisticata sia degli arazzi che delle pale».

 

Cornini: dalla bottega del Perugino, il classicismo di Raffaello 

Abbiamo chiesto a Guido Cornini, responsabile scientifico del Dipartimento delle Arti dei Musei Vaticani, di parlarci dell’opera di Pietro Perugino e dell’esposizione in Pinacoteca:

Ascolta l’intervista a Guido Cornini

http://https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2020/02/07/18/135472054_F135472054.mp3

«Questa esposizione a un doppio valore: da una parte un’operazione di alta filologia, perché, per la prima volta in quasi 250 anni, permette il ricongiungimento qui, e poco prima a Perugia, di una pala d’altara preziosissima dipinta da Pietro Perugino intorno al 1496 , con una propria cimasa ovvero l’elemento sommitale sopra la cornice con la cornice stessa, che varie traversie storiche avevano separato. Questo è potuto avvenire grazie alla disponibilità di uno scambio reciproco tra i Musei Vaticani e la Galleria nazionale dell’Umbria. Era successo che i francesi avevano fatto delle requisizioni a Perugia come nel resto dello Stato della Chiesa e a Roma in particolare, portandosi via le opere d’arte destinate al Museo di Napoleone. Caduto Napoleone dopo la sconfitta di Waterloo, i francesi dovettero restituire agli antichi proprietari le opere d’arte. Ma questa di Perugia, in particolare, restò da Roma perché era stato nei desideri delle potenze che avevano appoggiato la richiesta di restituzione del Papa, attraverso buoni uffici di Antonio Canova, di mantenere, come già a Parigi, le opere d’arte ad una visione pubblica, per “l’istruzione dell’estera gioventù studiosa” come riportano in modo colorito i documenti dell’epoca. Quindi non sono tornate nel chiuso dei palazzi e delle chiese ma sono state allineate in un disegno storico artistico moderno. La cornice che è un’opera di intaglio sopraffino che era rimasta vuota per tutti questi anni».

Raffaello ragazzino e allievo di Perugino può aver visto il maestro realizzare quest’opera?

«Quest’opera fu realizzata dal Perugino come un forte atto di espressione civica per la sia città d’adozione Perugia, che gli da’ il nome, anche se era nato a Città della Pieve. Raffaello dopo essere stato istruito dal padre, pittore della cerchia di Federico da Montefeltro, di Urbino, viene messo dal padre a bottega dal Perugino, nel capoluogo umbro. Quindi è certo che Raffaello abbia assistito alla realizzazione delle opere in gestazione nella bottega fra le quali questa. Raffaelo aveva più o meno 13 anni, e sicuramente ha fatto tesoro di quello che vedeva in quelle occasioni, le architetture, gli sfondi, il modo di disegnare le figure di quel grande maestro. Proprio qui nei palazzi Vaticani i dipinti del suo maestro il Perugino, nella Stanza dell’incendio, saranno gli unici ad essere rispettati da Raffaello e non essere distrutti».

Quali le particolarità di quest’opera?

«Raffigura una sacra conversazione, che era il nome convenzionale che si dava all’epoca, ad una situazione di gruppo in cui una Madonna col bambino direttamente seduta trono ma poteva essere anche in piedi, era circondata da santi che variavano a seconda della devozione della chiesa alla quale la pala era destinata. Questa invenzione stilistica si situa intorno agli anni cinquanta del Quattrocento a Firenze in particolare nell’ambito del Beato Angelico. 30-40 anni dopo, all’epoca del Perugino, si è evoluta allo stadio che vediamo. I santi riuniti con la Madonna sono san Lorenzo, san Ludovico da Tolosa, sant’Ercolano, e san Costanzo, i patroni della città di Perugia e quindi appropriati per la Cappella del Palazzo Dei Priori, sede della magistratura cittadina e del governo della città. E’ il momento più alto della produzione stilistica del Perugino, manifesto degli stilemi della pittura umbra di fine Quattrocento, che vediamo trasmigrare puntualmente nel primo Raffaello come ossatura di fondo, prima di arrivare al Raffaello classicista delle Stanze, delle Logge e di Villa Madama».