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Mons. Pergo: «Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo» (AUDIO)

Una lezione di fede, di impegno, di storia, di attualità, di vita. Questa la sintesi dell’appassionato intervento di mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio originario di Vailate in occasione dell’ultimo dei Quaresimali proposto dalla Parrocchia di Soresina, nella serata di giovedì 11 aprile. Mons. Perego, già direttore nazionale di Fondazione Migrantes dopo essere stato alla guida di Caritas Cremonese, ha trattato il tema della santità e dell’impegno sociale e, in particolare, dello loro stretto legame.

«Esiste uno stretto legame tra la fede e la vita – ha sottolineato l’arcivescovo -. Infatti, un uomo spirituale può essere molto sociale. E la Chiesa non è qualcosa di distinto rispetto alla città, perché vive nella città. Dunque la Chiesa ha il dovere di essere sociale e di contribuire alla formazione della politica: non per sostituirsi ad essa, ma per inserirsi in essa così da aiutarla ad essere concreta e a prosperare. Perché non basta il pensiero, ma come questo pensiero si traduce nei fatti e nelle opere».

Nel suo intervento, mons. Perego ha ricordato come il sociale sia molto presente nel magistero di papa Francesco. Ma ha richiamato anche numerose altre esortazioni, perché i Papi e la Chiesa si sono sempre occupati del sociale. In modo diverso, a seconda delle necessità dei tempi, ma sempre con un filo conduttore comune: l’attenzione e la difesa dei più deboli e dei più poveri.

L’arcivescovo di Ferrara Comacchio ha ricordato come nel tempo cambino le povertà e i poveri, e dunque anche le modalità dell’impegno sociale. Così l’attenzione è stata rivolta alle prostitute dopo la chiusura delle “case chiuse”, ai malati di mente dopo l’abolizione dei manicomi, agli anziani soli, ai lavoratori sfruttati, ai tossicodipendenti, ai carcerati, alle famiglie nel tempo della crisi.

Mons. Perego ha aperto quindi un’ampia parentesi sulla nuova povertà di oggi, quella dei migranti. Riflettendo anche sulle diverse posizioni che spaccano anche la Chiesa. Papa Francesco è stato però perentorio, come ha sottolineato l’arcivescovo: «Spesso si sente dire che la situazione dei migranti è un tema marginale. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto a quello “serio” della bioetica. Che dica cose simili un politico lo si può comprendere, ma non un cristiano! La difesa dell’innocente che non è nato deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù e in ogni forma di scarto. Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo, dove alcuni festeggiano, mentre altri guardano solo da fuori». E al riguardo, mons. Perego ha voluto ricordare che gli italiani sono un popolo di emigranti, facendo riferimento anche all’opera, ancora oggi attualissima, del vescovo Geremia Bonomelli, i cui ideali che si sposano con l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate.

Mons. Perego ha ribadito anche l’importanza dell’impegno sociale quale via per la santità e che «una città che si chiude, e non genera vita, muore». Ecco perché è fondamentale non dimenticare quello che Papa Francesco chiede ai cattolici: accoglienza, tutela, promozione, integrazione. “A volte – ha detto ancora Perego – siamo schiavi delle nostre paure: ciò che si condivide si moltiplica, invece abbiamo il timore che donare ci tolga qualcosa”.

Ascolta l’audio della serata

La serata si è quindi conclusa con un momento di dialogo e confronto con l’assemblea.