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Mons. Napolioni nella Messa in Coena Domini: «La medicina di Gesù per le nostre violenze e divisioni è invitarci tutti a cena»

Ha voluto puntare l’attenzione sui giovani e sugli oratori aprendo il Triduo Pasquale. Per questo il vescovo Antonio ha scelto una rappresentanza di giovani animatori per lavare loro i piedi. Non solo: per baciarli. Perché – ha detto citando il profeta Isaia – «come sono belli i piedi di chi porta il lieto annuncio: della pace, della giustizia, dell’amore fedele di Dio». Poi, riprendendo le parole di Gesù nel Vangelo, l’invito: «Lavatevi i piedi gli uni gli altri tornando a casa», ai bambini che si incontrano in oratorio o agli anziani e agli ammalati.

Nella Messa in cui si commemora l’Ultima Cena il vescovo Napolioni ha voluto idealmente invitare tutti a cena: un momento atteso e di festa. Ma quante cene sono invece rovinate dalle notizie di disgrazie, violenze e paure che, in modo ancor più forte in questi giorni, propongono i telegiornali. «Sarebbe troppo comodo spegnere e continuare a far finta di niente – ha affermato il Vescovo –. La cena del Signore non è la cena di chi fa finta che tutto vada bene, ma è la cena che rappresenta davvero la condizione della nostra vita».

Con un riferimento alla propria fanciullezza e ai richiami dei genitori che magari dopo qualche marachella mandano a letto senza cena, il Vescovo ha indirizzato lo sguardo all’idea di punire per correggere anche a fronte di chi semina odio. Una logica che, però, non è quella di un Dio che si ferma a tavola anche con il peccatore. «Un Dio amante della vita, venuto a dare la sua vita perché noi l’avessimo in abbondanza – ha proseguito – ci impegna e ci attira ad amare e servire ancora di più la vita, a invitaci a cena gli uni gli altri».

L’attenzione si è poi indirizzata al termine “l’ultima cena”. Con una precisazione: «Quella cena è talmente “ultima” che contiene tutto il nostro tempo fino al ritorno del Signore. È la cena definitiva, è la cena per eccellenza, è la cena che sfocerà nel banchetto celeste. E infatti Gesù oggi fa cena con noi! Ancora, in ogni Eucarestia, in ogni incontro umano, ci dice: “Aprimi la porta, io vengo da te”. Quella cena non si è più conclusa».

Poi lo sguardo si è focalizzato tutto sui 13 giovani a cui il Vescovo ha lavato i piedi: Sara Alvergna, Silvia Calvi, Alberto e Camilla Cigoli, Elena e Marco Dasti, Barbara e Lorenzo Guarneri delle parrocchie di S. Agata e S. Ilario e Luca Bona, Anna Bonali, Michele Mazzoni, Simone Rebessi e Marco Verdelli di S. Sebastiano.

In particolare il Vescovo si è soffermato sul fatto che di lì a poco avrebbe baciato loro i piedi, citando il profeta Isaia: «come sono belli i piedi di chi porta il lieto annuncio, della pace, della giustizia, dell’amore fedele di Dio». Perché «voi – ha detto mons. Napolioni – e i vostri amici in tutte le nostre parrocchie e negli oratori lo fate con i ragazzi e con i bambini. Non richiedete la carta d’identità! Non chiedete se vanno a messa tutte le domeniche, se no non aprite l’oratorio. Li prendete come sono! E immagino vengano anche bambini e ragazzi di tante nazionalità, di tante culture. Quelli di cui a volte noi diffidiamo, quelli ai quali abbiamo paura ad aprire le porte di casa e delle nostre città. Ma in quell’ultima cena Gesù ha preparato un posto per tutti! La sua medicina per le nostre violenze e divisioni è invitarci a cena tutti, nutrirci tutti, darci pace e vita a tutti. E voi lo state facendo! Come per gioco: ma è un gioco che costruisce un futuro di pace. E allora vi benedico. E vi chiedo di non mollare. E chiedo alla comunità di esservi vicino, perché gli oratori sono delicati e non sono proprietà del curato, del vicario o di un gruppetto di ragazzi: sono la porta aperta sul futuro della nostra civiltà, perché sia accogliente e solidale, coraggiosa nel testimoniare e convinta di custodire la forza necessaria per vincere il male».

«Lavatevi i piedi gli uni gli altri tornando a casa – ha quindi concluso il Vescovo –. Baciate anche voi i piedi dei ragazzi che giocano nel campetto o che danzano nella palestra. Così come chi torna a casa dagli anziani e dagli ammalati riconosca in quelle membra sofferenti del corpo di Cristo il sacramento della presenza del Figlio di Dio tra noi. Veramente non siamo soli! Nulla ci può separare dall’amore di Cristo. Possiamo talmente nutrirci di noi da essere ancora il segno visibile dall’amore di Dio per questo mondo».

Cuore della celebrazione è stata quindi la liturgia eucaristica. Accanto a mons. Napolioni il vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi, e il vicario generale, mons. Mario Marchesi. E poi i canonici del Capitolo, il delegato episcopale per la Pastorale, i superiori del Seminario e don Michele Martinelli, vicario di S. Sebastiano e referente cittadino per la Pastorale giovanile.

Dopo le comunioni un altro gesto caratteristico di questa celebrazione: la processione verso la Cappella del Santissimo per la reposizione dell’Eucaristia. Dopo un momento di adorazione l’assemblea si è quindi sciolta nel silenzio.

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