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Soresina, Santo Stefano con il Vescovo Napolioni al monastero della Visitazione

 

Come da tradizione nella giornata di Santo Stefano il vescovo Napolioni ha fatto visita al Monastero della Visitazione di Soresina, dove ha presieduto la Messa con la comunità claustrale e numerosi fedeli che non hanno fatto mancare la loro presenza e la loro preghiera per questo momento di incontro con le monache, così vicine e presenti nella vita della comunità cristiana.

Presiedendo la celebrazione eucaristica, insieme al parroco don Angelo Piccinelli e a mons. Giuseppe Quirighetti, sacerdote soresinese in servizio alla Missione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, il vescovo Antonio ha voluto essere vicino alle sorelle del Monastero ringraziandole della loro vita, della loro preghiera e per la loro fraternità.

«La fantasia dell’amore di Dio è sorprendente perché egli ha in serbo per noi un amore operoso, che agisce, inventa, accompagna. C’è come un fiume di Grazia che ci raggiunge. Tutto in questi giorni parte da Maria, piena di Grazia. Pieno di grazia anche questo giovane, questo primo martire: significa che la pienezza di Grazia è per tutti. . ciò che Dio ha in mente per noi: riempirci di Grazia».

«È la Grazia di Dio che inzuppa il terreno, lava ogni realtà e ridà vita. E allora impariamo a pregare non dicendo “fammi questa grazia”, ma “venga la tua grazia in me, fa che io viva della tua grazia, cioè grazia a Te”».

Dopo la Santa Messa il vescovo Antonio ha incontrato in modo semplice e privato le sorelle visitandine in parlatorio, scambiandosi gli auguri natalizi, prima di una visita al presepe che le stesse monache hanno allestito all’interno della clausura, nella sala di comunità.

 

 




Mercoledì festa al Monastero della Visitazione di Soresina nella memoria di san Francesco di Sales

Sarà il vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi, a presiedere, nel pomeriggio di mercoledì 24 gennaio, nella chiesa del Monastero della Visitazione, a Soresina, la Messa nella festa di san Francesco di Sales, il vescovo di Ginevra che il 6 giugno 1610 ad Annecy, in Francia, fondò l’ordine monastico visitandino scegliendo come prima guida Giovanna Francesca Frémyot di Chantal. La solenne celebrazione sarà preceduta, alle 17, dall’adorazione eucaristica e il Vespro.

Quindi alle 18 la solenne Eucaristia presieduta da mons. Lafranconi, che porterà il saluto anche del vescovo Napolioni, impegnato a Sestri Levante nella settimana residenziale di formazione per il clero diocesano.

Concelebreranno il parroco di Soresina, don Angelo Piccinelli, e gli altri sacerdoti della parrocchia insieme anche ad alcuni preti del circondario o particolarmente legati alla comunità claustrale guidata della soresinese madre Maria Teresa Maruti e che recentemente ha visto raddoppiare il numero delle monache a seguito dell’accorpamento con il monastero che è stato chiuso nel Milanese. Attualmente la comunità soresinese è formata da madre Maria Teresa Maruti (la superiora), madre Rosa Maria Colombo (già superiora per più mandati), suor Francesca Teresa, suor Maria Margherita e, dal monastero milanese, suor Maria Adriana, suor Maria Carla, suor Maria Grazia e suor Maria Maddalena Ferrari (originaria di Castelleone e già in passato alla Visitazione di Soresina).

Durante la celebrazione si pregherà in modo particolare per i giornalisti e gli operatori della comunicazione di cui San Francesco di Sales è patrono.

Nell’ambito della festa patronale di San Francesco di Sales, lunedì 29 gennaio presso il Centro pastorale diocesano di Cremona di terrà il tradizionale incontro del mondo della comunicazione con il Vescovo. Per saperne di più

 

Biografia di San Francesco di Sales

Nato a Thorens il 21 agosto 1567, concluse a Lione i suoi giorni, consunto dalle fatiche apostoliche, il 28 dicembre del 1622, l’anno della canonizzazione di San Filippo Neri, che Francesco conosceva attraverso la Vita scritta dal Gallonio, a lui inviata dall’amico Giovanni Giovenale Ancina. Iscritto nell’albo dei Beati nel 1661, fu canonizzato nel 1665 e proclamato Dottore della Chiesa nel 1887 da Leone XIII.

Francesco di Sales si formò alla cultura classica e filosofica alla scuola dei Gesuiti, ricevendo al tempo stesso una solida base di vita spirituale. Il padre, che sognava per lui una brillante carriera giuridica, lo mandò all’università di Padova, dove Francesco si laureò, ma dove pure portò a maturazione la vocazione sacerdotale. Ordinato il 18 dicembre 1593, fu inviato nella regione del Chablais, dominata dal Calvinismo, e si dedicò soprattutto alla predicazione, scegliendo non la contrapposizione polemica, ma il metodo del dialogo.

Per incontrare i molti che non avrebbe potuto raggiungere con la sua predicazione, escogitò il sistema di pubblicare e di far affiggere nei luoghi pubblici dei “manifesti”, composti in agile stile di grande efficacia. Questa intuizione, che dette frutti notevoli tanto da determinare il crollo della “roccaforte” calvinista, meritò a S. Francesco di essere dato, nel 1923, come patrono ai giornalisti cattolici.

A Thonon fondò la locale Congregazione dell’Oratorio, eretta da Papa Clemente VIII con la Bolla “Redemptoris et Salvatoris nostri” nel 1598 “iuxta ritum et instituta Congregationis Oratorii de Urbe”. Il suo contatto con il mondo oratoriano non riguardò tanto la persona di P. Filippo, quanto quella di alcuni tra i primi discepoli del Santo, incontrati a Roma quando Francesco vi si recò nel 1598-99: P. Baronio, i PP. Giovanni Giovenale e Matteo Ancina, P. Antonio Gallonio.

L’impegno che Francesco svolse al servizio di una vastissima direzione spirituale, nella profonda convinzione che la via della santità è dono dello Spirito per tutti i fedeli, religiosi e laici, fece di lui uno dei più grandi direttori spirituali. La sua azione pastorale – in cui impegnò tutte le forze della mente e del cuore – e il dono incessante del proprio tempo e delle forze fisiche, ebbe nel dialogo e nella dolcezza, nel sereno ottimismo e nel desiderio di incontro, il proprio fondamento, con uno spirito ed una impostazione che trovano eco profondo nella proposta spirituale di San Filippo Neri, la quale risuona mirabilmente esposta, per innata sintonia di spirito, nelle principali opere del Sales – “Introduzione alla vita devota, o Filotea”, “Trattato dell’amor di Dio, o Teotimo” – come pure nelle Lettere e nei Discorsi.

Fatto vescovo di Ginevra nel 1602, contemporaneamente alla nomina dell’Ancina, continuò con la medesima dedizione la sua opera pastorale. Frutto della direzione spirituale e delle iniziative di carità del Vescovo è la fondazione, in collaborazione con S. Francesca Fremiot de Chantal, dell’Ordine della Visitazione, che diffuse in tutta la Chiesa la spiritualità del S. Cuore di Gesù, soprattutto attraverso le Rivelazioni di Cristo alla visitandina S. Margherita Maria Alacocque, con il conseguente movimento spirituale che ebbe anche in molti Oratori, soprattutto dell’Italia Settentrionale, centri di convinta adesione.




L’arrivo delle sorelle dal Monastero di Milano: benvenute!

“Siamo arrivate qui grazie a Dio e alle vostre preghiere, alle preghiere soresinesi”, queste le parole di una delle monache milanesi prima di chiudere la porta della clausura dopo l’accoglienza di una folta assemblea.

Sono arrivate nel primo venerdi del mese (di novembre), durante l’adorazione perpetua, accolte all’inizio del Vespro solenne e con le parole di don Angelo Piccinelli:

“Carissime Sorelle, benvenute a Soresina. Il vostro arrivo tra noi è un dono impagabile: lo dichiariamo senza retorica, anzi senza ritegno. Ve ne siamo davvero riconoscenti. E in particolare siamo grati al buon Dio, che sempre ci sorprende, confondendo i nostri calcoli delle probabilità e contraddicendo le nostre previsioni con la prodigalità della sua grazia, di cui ci ricolma immeritatamente. Infatti, dopo la consacrazione  di Fiorenza, che, lo scorso giugno, con amore entusiasticamente sponsale, ha offerto a Gesù il suo cuore, la sua intelligenza, il suo corpo crocifisso dalla disabilità, professando i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza; e dopo la decisione di Riccardo, che in settembre ha iniziato un cammino di discernimento vocazionale nel nostro Seminario diocesano, investendo questo tempo della sua giovinezza nella ricerca serena ma “ostinata” di un progetto di vita “alternativo”… voi siete la terza meravigliosa sorpresa che Dio ha voluto riservare alla nostra famiglia parrocchiale. Segno di una benevolenza che ci commuove fino al turbamento… Dio sia benedetto dunque, perchè avete scelto, con una notevole dose di coraggio, di entrare a far parte della Visitazione di Soresina, consentendo alla nostra esigua, ma amatissima Comunità claustrale di continuare a vivere. Che Dio sia benedetto… per la libertà con cui vi siete destinate a noi, senza conoscere i difetti che ci rendono insopportabili, ancorchè impastati tra gli ammirevoli slanci di bene di cui è capace la nostra umanità “toccata” dal Vangelo. Che Dio sia benedetto… perchè vi incaricate di custodire acceso, tra noi, il fuoco dell’Amore vivo, di cui deve bruciare la nostra città, il cui cuore pulsante è volontariamente  prigioniero in questo Monastero. Che Dio sia benedetto, perchè la vostra presenza confessa che il mondo non ha bisogno solo di profeti, che denuncino i mali da cui siamo afflitti, ma anche di mistici, che tengano fisso lo sguardo sul Mistero ineffabile, dal quale lasciarsi incantare e sedurre per poter guardare con pietà infinita tutte le miserie umane. Che Dio sia benedetto, perchè la vostra personale e silenziosa “contemplazione” del Sommo Bene aiuta anche noi a contemplare Dio come la verità ultima della realtà nella quale siamo immersi e spesso “smarriti”: di ciò che è bello e di ciò che è rovinato, di ciò nasce e di ciò che muore, di quanto ci esalta e di quello che ci deprime. Dio sia benedetto… perchè voi ci insegnate che il vero collirio per i nostri occhi, stanchi di vedere tanta cattiveria, esausti di applicarsi a problemi senza soluzione, spesso bagnati dalle lacrime del dolore, talvolta accecati dall’odio o spenti dalla disperazione… l’unico vero collirio che purifica il nostro sguardo e ci consente di riconoscere la “novità” che lo Spirito sta operando nella storia, è la contemplazione di Gesù. Care Sorelle, all’indomani del Giubileo Straordinario della Misericordia voi siete per noi un segno straordinario dell’amore misericordioso del Padre. Ad un anno dalla celebrazione del Bicentenario di fondazione del Monastero di Soresina voi ci riaprite, anzi spalancate, le porte della speranza. A pochi mesi dalla conclusione delle Missioni Popolari Parrocchiali voi ci ricordate che ogni azione missionaria, per i discepoli di Cristo, è generata dalla contemplazione dell’unica grande Bellezza. Grazie, dunque. E grazie perchè siete qui: con noi  e per noi.”

Dopo la Benedizione da parte del parrocco sono state accompagnate in processione da tutti i presenti verso la porta interna del Monastero.

E domenica 5 novembre, nella consueta Santa messa delle ore 8.00 il saluto ufficiale dei parrocchiani soresinesi.

 

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Milano, addio al monastero delle suore di clausura dopo 304 anni – articolo

 




Il 24 gennaio al monastero della Visitazione di Soresina festa per il fondatore san Francesco di Sales

Nonostante la “zona rossa”, il 24 gennaio sarà comunque una giornata di festa al Monastero della Visitazione di Soresina. L’occasione è la ricorrenza liturgica di san Francesco di Sales, il vescovo di Ginevra che il 6 giugno 1610 ad Annecy, in Francia, fondò l’ordine monastico visitandino scegliendo come prima guida Giovanna Francesca Frémyot di Chantal.

A motivo della situazione contingente e delle disposizioni anticontagio non sono previsti particolari eventi (da tempo la Messa domenicale delle 8 si svolge a porte chiuse), se non la celebrazione del Vespro alle ore 16 presieduta dal parroco don Angelo Piccinelli e a cui sarà permessa la partecipazione dei fedeli secondo i criteri di spostamento autorizzati e i protocolli in vigore per le celebrazioni.

Durante la celebrazione si pregherà in modo particolare per i giornalisti e gli operatori della comunicazione di cui San Francesco di Sales è patrono.

 

Biografia di San Francesco di Sales

Nato a Thorens il 21 agosto 1567, concluse a Lione i suoi giorni, consunto dalle fatiche apostoliche, il 28 dicembre del 1622, l’anno della canonizzazione di San Filippo Neri, che Francesco conosceva attraverso la Vita scritta dal Gallonio, a lui inviata dall’amico Giovanni Giovenale Ancina. Iscritto nell’albo dei Beati nel 1661, fu canonizzato nel 1665 e proclamato Dottore della Chiesa nel 1887 da Leone XIII.

Francesco di Sales si formò alla cultura classica e filosofica alla scuola dei Gesuiti, ricevendo al tempo stesso una solida base di vita spirituale. Il padre, che sognava per lui una brillante carriera giuridica, lo mandò all’università di Padova, dove Francesco si laureò, ma dove pure portò a maturazione la vocazione sacerdotale. Ordinato il 18 dicembre 1593, fu inviato nella regione del Chablais, dominata dal Calvinismo, e si dedicò soprattutto alla predicazione, scegliendo non la contrapposizione polemica, ma il metodo del dialogo.

Per incontrare i molti che non avrebbe potuto raggiungere con la sua predicazione, escogitò il sistema di pubblicare e di far affiggere nei luoghi pubblici dei “manifesti”, composti in agile stile di grande efficacia. Questa intuizione, che dette frutti notevoli tanto da determinare il crollo della “roccaforte” calvinista, meritò a S. Francesco di essere dato, nel 1923, come patrono ai giornalisti cattolici.

A Thonon fondò la locale Congregazione dell’Oratorio, eretta da Papa Clemente VIII con la Bolla “Redemptoris et Salvatoris nostri” nel 1598 “iuxta ritum et instituta Congregationis Oratorii de Urbe”. Il suo contatto con il mondo oratoriano non riguardò tanto la persona di P. Filippo, quanto quella di alcuni tra i primi discepoli del Santo, incontrati a Roma quando Francesco vi si recò nel 1598-99: P. Baronio, i PP. Giovanni Giovenale e Matteo Ancina, P. Antonio Gallonio.

L’impegno che Francesco svolse al servizio di una vastissima direzione spirituale, nella profonda convinzione che la via della santità è dono dello Spirito per tutti i fedeli, religiosi e laici, fece di lui uno dei più grandi direttori spirituali. La sua azione pastorale – in cui impegnò tutte le forze della mente e del cuore – e il dono incessante del proprio tempo e delle forze fisiche, ebbe nel dialogo e nella dolcezza, nel sereno ottimismo e nel desiderio di incontro, il proprio fondamento, con uno spirito ed una impostazione che trovano eco profondo nella proposta spirituale di San Filippo Neri, la quale risuona mirabilmente esposta, per innata sintonia di spirito, nelle principali opere del Sales – “Introduzione alla vita devota, o Filotea”, “Trattato dell’amor di Dio, o Teotimo” – come pure nelle Lettere e nei Discorsi.

Fatto vescovo di Ginevra nel 1602, contemporaneamente alla nomina dell’Ancina, continuò con la medesima dedizione la sua opera pastorale. Frutto della direzione spirituale e delle iniziative di carità del Vescovo è la fondazione, in collaborazione con S. Francesca Fremiot de Chantal, dell’Ordine della Visitazione, che diffuse in tutta la Chiesa la spiritualità del S. Cuore di Gesù, soprattutto attraverso le Rivelazioni di Cristo alla visitandina S. Margherita Maria Alacocque, con il conseguente movimento spirituale che ebbe anche in molti Oratori, soprattutto dell’Italia Settentrionale, centri di convinta adesione.




“E la Parola di Dio si diffondeva…” – Scuola della Parola 2017/2018

La Nuova Zona pastorale II e l’Azione Cattolica propongono un percorso di Scuola della Parola (anno 2017/2018) dal titolo “E la Parola di Dio si diffondeva…” – meditando gli Atti degli Apostoli, incontri di Lectio Divina con Paola Bignardi.

Il primo appuntamento, martedì 24 ottobre al Monastero di Soresina, ha visto la partecipazione di un’assemblea numerosa e coinvolta che oltre ad aver ascoltato Paola Bignardi ha potuto godere delle parole di Fiorenza Zanenga, giovane soresinese disabile, consacrata a giugno.

Lectio e meditazione dal titolo “Soli, come figli diventati adulti” (At 1, 1-14):

Dagli Atti degli Apostoli:

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.
Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra».
Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».
Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo.
Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui.”

Audio Lectio Paola Bignardi

Audio actio Fiorenza Zanenga

Alcune foto

Locandina Scuola della Parola 2017_2018

 




Al monastero della Visitazione di Soresina festa per i 50 anni di consacrazione di suor Rosa Maria Colombo

È stato festeggiato lunedì 16 ottobre nella chiesa del Monastero della Visitazione, a Soresina, alla presenza del vescovo Antonio Napolioni, il cinquantesimo di consacrazione della monaca visitandina Rosa Maria Colombo.

L’occasione è stata l’Eucaristia presieduta dal Vescovo nella ricorrenza di santa Margherita Maria Alacoque (monaca visitandina a cui si deve la diffusione della devozione al Sacro Cuore) e concelebrata dal parroco di Soresina don Angelo Piccinelli, dal vicario don Andrea Piana e dai collaboratori parrocchiali don Davide Ottoni e padre Giuseppe Ripamonti. Ha prestato servizio all’altare il diacono permanente Raffaele Ferri con il ministrante Alessandro Loda. L’animazione del canto a cura del coro Psallentes con all’organo Francesco Stoppelli

Suor Rosa Maria Colombo, novarese di origine, figlia di un generale dell’esercito d’istanza a Cremona, è approdata al Monastero di Soresina il 9 gennaio 1966 e l’anno successivo, il 24 settembre 1967, ha emesso la professione dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza.

Da allora la clausura è stato il suo “universo”: uno spazio molto circoscritto, tuttavia più libero e liberante di un “mondo senza confini”; la sua “città sopra il monte” dalla quale, come sentinella, vigila sulla comunità. “Cinquant’anni in clausura… e un amore senza fine”, ha detto don Piccinelli nel suo saluto.

Il Vescovo durante l’omelia si è soffermato sulla vita consacrata e sull’esperienza di suor Rosa Maria Colombo. “Quando nasce una chiamata – ha spiegato – alla vita contemplativa, in questa che ai più sembra una vita tra parentesi, dentro si nasconde il grande Vangelo di Dio”. E ancora: “Nella Chiesa c’è bisogno di chi dedica tutto il suo tempo alla preghiera che è l’àncora della nostra salvezza, perché ci riconduce all’essenziale, in attesa dell’eternità”.

Durante la Messa la religiosa ha rinnovato i propri voti.

Per suor Rosa Maria la speciale benedizione di Papa Francesco, su pergamena, recapitata direttamente al Monastero.

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Accolti al Monastero..

Inizia il nuovo anno pastorale e le sorelle visitandine del Monastero soresinese offrono l’accoglienza per gruppi autogestiti nei locali adiacenti alla Chiesa, dando la possibilità di ritiri, momenti di preghiera  e di condivisione anche con le monache di momenti spirituali e dialoghi.

Recapiti e informazioni.

L’esperienza di padre Andrea e il suo gruppo:

“Il giorno 9 aprile (2017), Domenica delle Palme, insieme ad un gruppo di Francescani Secolari, abbiamo vissuto una bella giornata di ritiro in preparazione alla s. Pasqua nel Monastero delle Visitandine di Soresina. L’accoglienza squisita e calorosa delle sorelle del monastero ha colpito tutti i partecipanti, ma per alcuni di noi non era una novità.

Alcuni anni fa con quattro di loro abbiamo fatto un pellegrinaggio nel sud della Francia e siamo andati ad Anecy, dove nella bellissima Basilica della Visitazione, sono gelosamente conservati i corpi di san Francesco di Sales e di santa Giovanna Francesca di Chantal, due santi a me particolarmente cari.

Arrivati al santuario, abbiamo chiesto se fosse stato possibile celebrare la s. Messa e la monaca della sacrestia, accogliendo la nostra richiesta ci ha fatto celebrare sulla tomba di san Francesco di Sales; sempre nello stesso pellegrinaggio, le sorelle di Parray Le Monial, ci hanno concesso di celebrare la s. Messa all’altare di santa Margherita Maria Alacoque, la mistica visitandina che ha diffuso la devozione al Sacro Cuore di Gesù in seguito alle apparizioni avvenute in quel monastero.

Come si dice non c’è due senza tre, le monache visitandine hanno insito nel loro carisma l’accoglienza di chi chiede un aiuto spirituale o materiale, incarnando lo spirito della Vergine Maria che si mette in cammino verso la cugina Elisabetta accogliendo e servendo la stessa. Questa accoglienza fa molto bene in questo mondo così pieno di egoismo e di autosufficienza ci ricorda che la nostra fede va vissuta in Dio e nei fratelli.

Anche nel monastero di Soresina si respira questo spirito che vuole accogliere le nostre necessità spirituali e corporali e portare a Dio, nella preghiera, ogni volto ed ogni intenzione di preghiera che viene a loro affidato. Preghiamo Dio che doni sante sorelle a questo monastero affinchè, in questo angolo di paradiso, non manchi mai chi accoglie e offre preghiere per la salvezza del mondo.”

p. Andrea Cassinelli ofmca




Al monastero della Visitazione di Soresina festa con il vescovo Lafranconi

Mercoledì 24 gennaio, nella festa di san Francesco di Sales, fondatore dell’ordine della Visitazione di Santa Maria, nella chiesa del Monastero di Soresina le claustrali visitandine hanno vissuto una giornata di particolare significato e intensità. Al mattino, nella consueta Messa delle 7, è stata festeggiata la solenne ricorrenza, così come nel pomeriggio, con altri due momenti religiosi: alle 17 l’adorazione eucaristica e il Vespro, cui è seguita la Messa presieduta dal vescovo emerito di Cremona, mons. Dante Lafranconi. È stato lui a celebrare l’Eucaristia visto che il vescovo Antonio Napolioni era impegnato a Sestri Levante nella settimana residenziale di formazione del clero.

Diversi i sacerdoti concelebranti: insieme al parroco don Angelo Piccinelli, il vicario don Andrea Piana e i collaboratori parrocchiali don Andrea Ottoni e padre Giuseppe Ripamonti, non mancava don Giuseppe Quirighetti, sacerdote soresinese attualmente segretario presso la Nunziatura apostolica in Slovacchia, e don Enrico Maggi, incaricato diocesano per la Pastorale delle comunicazioni sociali, visto che san Francesco di Sales è patrono dei giornalisti.

Nel suo saluto iniziale, don Piccinelli ha ricordato come la comunità monastica si sia recentemente arricchita di nuove presenze: quattro monache provenienti da Milano. Ha quindi affiato all’intercessione di san Francesco di Sales la questione, attualissima nella Chiesa cremonese, dell’annuncio evangelico attraverso i mezzi della comunicazione, per i quali è in corso un generale riassetto. E non è mancato il ricordo della chiusura, alla fine dello scorso anno, dello storico settimanale e diocesano La Vita Cattolica, che – ha rilevato il parroco – «fa sentire tutti un po’ più poveri» e che costringe a trovare strumenti alternativi ed efficaci.

 

Pensieri ripresi nell’omelia da mons. Lafranconi. Due, infatti, i motivi di preghiera e di riflessione proposti. Il primo, legato alle letture, in cui emerge il bisogno, la bellezza e la gioia dell’evangelizzare. Da qui il richiamo al santo fondatore, convinto e contento della Parola che ha ricevuto e che può comunicare, nella consapevolezza di quanto è straordinaria questa Parola.

Il secondo spunto dalle nuove presenze giunte dal milanese, che hanno portato la mente del vescovo Lafranconi a una lettera delle monache Domenicane, poco prima del loro arrivo a S. Sigismondo, a Cremona, dieci anni fa: “Frumento di Cristo noi siamo, cresciuto nel sole di Dio… in Pane trasformaci, o Padre, per il sacramento di pace”. Un modo per dire a chi le accoglieva il significato della vita claustrale, consacrata: porzione di grano che non viene macinato, ma serve per essere continuamente seminato, nel silenzio, nella preghiera, nella carità fraterna, nell’osservanza del Vangelo, dove Dio è il tutto.  Una riserva importante.

«Che Dio sia benedetto – ha conclude mons. Lafranconi – perché la vostra presenza confessa che il mondo non ha bisogno solo di profeti che denunciano i mali da cui siamo afflitti, ma che abbiamo bisogno anche di  mistici, che tengono fisso lo sguardo sul mistero ineffabile per poter guardare con pietà infinita tutte le miserie umane».

Al termine della celebrazione il Vescovo si è fermato alla grata del coro per un saluto personale a tutte le sorelle: un momento sereno, semplice ma nello stesso tempo ricco di spiritualità.

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L’appuntamento di preghiera con il gruppo “La Dieci” ricomincia….

Domenica 15 ottobre 2017 hanno inizio i nuovi appuntamenti mensili del gruppo di preghiera “La Dieci”.

Il Gruppo Regina della Pace di Pizzighettone, in accordo con il parroco di Soresina e con le suore della Visitazione, prepara e conduce sin dal 2011 l’adorazione eucaristica “guidata e comunitaria”, una volta al mese, sempre di domenica alle 16,30 (salvo occasioni e luoghi particolari), nella chiesa de Monastero di via Cairoli.
Vengono utilizzati strumenti multimediali con proiezione su uno schermo di video/canti, preghiere, immagini.
Alcuni lettori si fanno carico di proporre delle brevi riflessioni su un tema che di volta in volta viene scelto,, intervallate da “ silenzi “ e, appunto, dalla proiezione di quanto sopra.
Questo evita di dover distribuire dei foglietti ai presenti che, o attraverso quanto scorre sullo schermo o attraverso l’ascolto delle riflessioni, può partecipare con più intensità e attenzione all’adorazione.
La durata è di circa un’ora.


Perchè partecipare?

“Ho iniziato a seguire le adorazioni presso il monastero della Visitazione di Soresina non appena il gruppo Regina della Pace e della Famiglia ha accolto l’invito del Parroco Don Angelo.

Ho aderito subito con entusiasmo all’iniziativa perché questo importante momento di preghiera si sarebbe svolto in un luogo molto particolare come la Chiesa della Visitazione che mi rimandava a cari ricordi della mia adolescenza e giovinezza.

Avevo conosciuto il Monastero della Visitazione durante la scuola media, quando il nostro parroco Don Carlo Caccialanza ci aveva portato con il gruppo di catechismo a trovare suor Regina, nostra concittadina. Alcuni anni dopo, al tempo dell’università, io e la nipote di suor Regina abbiamo deciso di fare una visita al monastero in bicicletta da Pizzighettone per trovare la zia e affidare alle preghiere delle care sorelle il mio imminente viaggio per il Brasile, dove mio fratello Padre Claudio svolge la sua attività pastorale dal 1983.

Nel 2007 ho partecipato per la prima volta alla veglia per le vocazioni con il vescovo Dante che si svolgeva proprio nella chiesa del monastero e ho avuto la percezione di trovarmi in un luogo speciale e benedetto da Dio.

Ho deciso quindi di informarmi e di leggere testi sul carisma di questo ordine e dei suoi santi fondatori che, essendo francesi DOC, sento molto vicini nel mio lavoro di docente di francese.

Frequentando mensilmente il Monastero per l’adorazione (ben strutturata, guidata e sempre attuale) è nata una sincera e fraterna amicizia con le care sorelle della Visitazione che sono sempre disponibili all’accoglienza, all’incontro, ad una buona parola di incoraggiamento e di conforto; il tutto rafforzato dalle loro intense e continue preghiere che si fanno davvero sostegno nella nostra quotidianità.

Fare adorazione al Monastero della Visitazione è pregare due volte!”

(Paola)

 

 

 




Avvicinandosi al Triduo Pasquale: il compendio della vita di Madre Anna Giuseppina

Compendio della vita e delle virtù della nostra Sorella Suor Anna Giuseppina Sangalli, deceduta in questo Monastero della Visitazione Santa Maria di Soresina il 20 agosto 2016 all’età di 85 anni, 1 mese e 26 giorni; di Professione religiosa 56 anni e 9 mesi.

“Donna, davvero grande è la tua fede!” (Mt 15, 28). Questa esclamazione ammirativa ed elogiativa del Signore nei riguardi della cananea ci sembra si addica molto bene anche alla nostra cara Suor Anna Giuseppina, la quale, non appoggiandosi, nella sua umiltà e modestia, sulla propria intelligenza e sulle sue risorse, confidava nell’aiuto del Signore, sicura del suo amore infinito e onnipotente.

La nostra Sorella nacque a Cassano d’Adda, grosso borgo situato nella provincia di Milano e nella diocesi di Cremona, il 24 giugno 1931 e fu chiamata Carla con l’aggiunta di Giovanna, data la coincidenza della nascita con la festa di San Giovanni Battista, fusi i due nomi in Giancarla. I genitori Carlo e Anna erano proprietari ed esercenti di una trattoria, benvoluti da tutti per la loro onestà e affabilità. Il papà soprattutto, gestore principale, bonario e simpaticissimo, sapeva attirare e conservarsi la clientela, con la quale si intratteneva amabilmente. La prole era formata, oltre che da Giancarla, da due fratelli, ai quali se ne aggiunse un terzo quando già la sorella aveva l’età di 14 anni, per cui ella gli fece da mammina. Dovendo far rigare diritto tre vivacissimi maschietti la mamma era piuttosto severa nell’educazione dei figli, ma sicuramente piena d’amore come il marito, che era invece più tollerante e condiscendente. Cristiani convinti, seppero entrambi trasmettere ai figli una fede viva. La nostra Giancarla s’inserì nell’Azione Cattolica parrocchiale con molto impegno, finanche a ricoprire la carica di Presidente della gioventù femminile e si dedicò a varie opere di misericordia, tra cui la visita ai carcerati. Sentiva in sé la vocazione missionaria, ma, non paga delle mezze misure, si domandava come potesse essere apostola nel modo più pieno. E la fede le suggerì la risposta: rinchiudersi fra le quattro mura di un monastero. Sottopose il suo divisamento al Direttore spirituale, che l’approvò appieno, aggiungendo un’espressione il cui significato le rimase allora incomprensibile, ma che più tardi, quando divenne Presidente federale, le tornò alla mente come una velata profezia. Il 2 febbraio 1958 entrò, dunque, nel nostro Monastero e il giorno 10 dello stesso mese, secondo l’uso di allora, fu inviata al noviziato regionale di Treviso, dove fece il postulato e il noviziato. Rivestì il Santo Abito il 16 ottobre 1958 ed emise la Professione temporanea il giorno di domenica 21 novembre 1959 nelle mani della Madre regionale Anna Margherita Mazzocato. Alcuni mesi dopo ritornava da Treviso per completare la sua formazione nel contesto della vita comunitaria del nostro Monastero in vista della Professione solenne, che emise il 21 novembre 1962 nelle mani della Madre Maria Marta Genestroni, alla presenza del reverendo monsignor Rosolino Saccani nostro Parroco, delegato dal Vescovo Danio Bolognini a presiedere il Santo Rito.

Le furono assegnati via via vari incarichi nella Comunità: dispensiera, aiutante in economia e poi economa, assistente del noviziato, maestra delle novizie, assistente della Comunità, finché il 30 maggio 1979 fu eletta per la prima volta Superiora. Da allora ebbe inizio quel lungo periodo della sua vita che la vide sempre rivestita con costante alternanza delle cariche di Madre e Assistente, fino all’aprile 2016. Ma il Signore voleva chiederle ancora di più ed ecco che l’8 settembre 1990 le piombò addosso la carica di Presidente federale. Stupita di questa scelta dell’Assemblea, timorosa nella consapevolezza della propria insufficienza, provò un certo senso di smarrimento. Qualcuno le suggerì il pensiero di Suor Benigna Consolata Ferrero: Io ho un Gesù onnipotente e mi fido di Lui. Ciò corrispondeva appieno al suo più intimo e profondo sentire e bastò a rincuorarla. Pronunciò il suo fiat incondizionato e si mise generosamente all’opera in un tempo laborioso per la Federazione per i grandi rinnovamenti in atto. Quanto lavoro nella quiete della sera dopo Compieta, perché il suo mandato federale non fosse troppo di aggravio alla sua Comunità!

Le prove di vario genere che non le mancarono palesarono sempre la mitezza del suo carattere e come profondamente si fosse lasciata istruire da Colui che ha detto: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Aliena dai cattivi giudizi, era rispettosa verso ogni persona e, se riceveva qualche offesa, mai e poi mai avrebbe reso la pariglia, ma sapeva scusare, coprire, perdonare, industriosa a vincere il male con il bene, se non altro con un magnanimo silenzio. Eppure, sensibilissima com’era, risentiva al vivo persino le punture di spillo. Ma in noviziato sotto l’esperta guida della “Maîtresse” Suor Anna Giuseppina Ghirardi aveva fatto un buon lavoro di ascesi, combattendo vigorosamente la naturale tendenza alla suscettibilità e permalosità. Se poi accadeva a lei di mancare nei riguardi altrui, con quanta umile sincerità chiedeva scusa, né mai avrebbe lasciato tramontare il sole senza riconciliarsi con chi avesse anche menomamente offeso. Un qualche soggetto un po’ difficile in Comunità metteva alla prova la sua pazienza di Madre o di Maestra? Eccola sempre pronta ad accogliere, ad ascoltare, senza tedio nelle lungaggini, senza alterarsi nelle provocazioni, sol desiderosa di trasmettere il pensiero di Dio e di orientare verso la Divina Volontà, alla quale ella stessa era sempre rivolta e che sapeva vedere in ogni evento. Perciò non si lasciava turbare dalle contrarietà. Quella volta, per esempio, che un inaspettato contrordine venne a scombussolare tutto il suo programma – e non in cose da poco! – con quanta pronta serena tranquillità vi si adeguò senza dar a vedere il minimo segno di sconcerto, tanto da lasciar ammirati gli astanti.

Anche le prove riguardo alla salute fisica misero in evidenza il suo profondo abbandono in Dio e dimenticanza di sé. Nei suoi mali non chiedeva cure, rimedi, non s’interessava delle medicine che le venivano date, ma lasciava fare rimettendosi semplicemente nelle mani di chi l’accudiva. Nel 1982, accorsa in aiuto di una Sorella che accidentalmente si era prodotta una piccola lesione, venne colpita da un’ischemia cardiaca. Era il venerdì 19 marzo, solennità di San Giuseppe. Le Sorelle del Noviziato erano pronte a festeggiare l’onomastico della loro Madre Maestra: l’altarino solennemente addobbato e adorno di innumerevoli violette raccolte ad una ad una nei praticelli del monastero, i canti, le poesie, le espressione in prosa, i doni, tutto preparato con tanto affetto. E invece … anziché la festa, la separazione per il ricovero in ospedale della cara malata. Solo qualche mese più tardi le Sorelline poterono prendersi la rivalsa e festeggiare, questa volta nel tripudio di fiori della lussureggiante estate, la loro Maestra in gioioso ringraziamento al Signore per il discreto ristabilimento della salute.

Una cardiopatia ischemica cronica, dunque, la frattura di una spalla, due volte la frattura di un piede, la sindrome di Sjögren, l’ipertensione e poi un certo grado di sordità e via via altro ancora le procurarono una bella fetta della torta della penitenza, che ella seppe gustare per amore di Gesù Crocifisso. Non si lamentava dei suoi mali e riusciva a convivere in pace con quelli inguaribili, come pure sapeva affrontare con coraggio le situazioni difficili in cui a causa di essi le accadeva a volte di trovarsi. Quando, ad esempio, proprio in prossimità di un’Assemblea di Federazione le successe la frattura di un piede – era allora Madre federale – non volle causare disturbo con uno spostamento di data e, contro il parere stesso dei medici, certamente con non lieve disagio, disimpegnò, condotta in carrozzella, l’oneroso incarico di Presidente. Allorché poi, magari, questo o quel male le causavano umiliazioni, si tuffava nella virtù, a lei tanto cara, dell’amore alla propria abiezione, virtù piccola, ma assai vantaggiosa, essendo “radice di pace e di gioia” e così, lungi dall’abbattersi, si rafforzava ogni volta in quella serenità che le era abituale. Quanto spesso e volentieri ripeteva: “La gioia glorifica Dio”! Ed era proprio perché cercava la gloria di Dio, il contento dello Sposo, che era sempre contenta nel profondo del suo animo, anche quando in superficie le onde erano increspate da travagli o amarezze.

Fedele allo spirito dei nostri Santi Fondatori, su questa via della gioia e della pace interiore indirizzava le anime con i suoi insegnamenti e i suoi consigli, non solo le Sorelle, ma anche le numerose persone secolari che a lei si rivolgevano nelle loro pene, angosce, affanni od ansietà. Sì, molti ricorrevano a lei e le aprivano il loro cuore come ad un’amica sincera o, ancor più, ad una vera mamma ed ella molto semplicemente, senza mai atteggiarsi a maestra o predicatrice, sapeva sempre dire quella parola di fede che toccava i cuori, illuminava, rasserenava, spronava secondo il bisogno. È il cuore che parla al cuore, dice il nostro Santo Fondatore. E proprio perché parlava con il cuore Suor Anna Giuseppina raggiungeva i cuori. Sapeva mettere a proprio agio la persona con cui si intratteneva, chiunque fosse, per quella carica di empatia che possedeva un po’ per natura ma ancor più per grazia. Ci si trova bene con gli umili, non è vero? Ed ella aveva messo a fondamento del suo rapporto con il prossimo la parola dell’Apostolo: “Ognuno consideri gli altri superiori a se stesso”. Ed era in questo tanto più ammirevole in quanto per la maggior parte della sua vita monastica ebbe a ricoprire le cariche più importanti: per diciotto anni Madre federale, altrettanti Superiora locale e ventiquattro Assistente. Se con semplicità si relazionava con le persone, anche nei riguardi di Dio amava i modi semplici. Pregava con il cuore più che con le parole, con lo sguardo contemplativo più che con i discorsi meditativi. Commoveva quando la si vedeva estasiarsi dinanzi ad un uccellino saltellante nel giardinetto o ad una coppia di tortore in amore e la si udiva esclamare rapita: “Come parlano del Signore!”. Amava la Liturgia delle Ore, fedele fin verso il termine della sua vita a parteciparvi e a sostenere il Coro con la sua forte e bella voce, come pure nei canti della Messa. Si avvertiva che vi effondeva il cuore. Stimava grandemente la fedeltà alle piccole cose, non certo per minuziosità o pedanteria, ma perché – come era solita dire e inculcare nelle Sorelle – vedeva in essa “il fiore più delicato di un amore per il quale niente è piccolo”. Come era attenta, ad esempio, ad osservare la tranquillità e il silenzio d’azione, pur quando il daffare era molto e incalzante, a premettere le piccole espressioni di gentilezza nel rivolgersi a una qualsiasi Sorella, a raccogliere un fuscellino da terra, anche allorché il chinarsi le era divenuto piuttosto difficoltoso e simili coserelle, che pregiava quali finezze d’amore, proprio perché, non avendo pregio in se stesse, lo traevano tutto dall’amore, che ne era l’impulso vigile e vivificante.

Verso gli 84 anni di età il declino, già gradatamente in atto, si accentuò con un’ invincibile inappetenza e il conseguente indebolimento fisico che le causò frequenti cadute, per fortuna senza fratture, e la costrinse all’uso più continuativo della carrozzella, perché sempre più malsicura nella deambulazione; finché il 14 giugno 2016 un’improvvisa ischemia vascolare rese urgente un’operazione chirurgica, superata la quale fu necessario il ricovero in un centro di riabilitazione. Si sperava in una ripresa, ma, ahimè, le forze fisiche erano troppo debilitate perché potesse rimettersi in piedi. Chi può dire la sua sofferenza nel trovarsi fuori del suo amato monastero, lontana dalla sua cara Comunità, anche se spesso la Madre o chi per lei andava a visitarla! Come sospirava in cuor suo il ritorno a casa, ma ben comprendeva che in quelle condizioni era impossibile, perciò se ne stava come un agnellino, silenziosa e interamente rimessa nelle mani di Dio e di coloro che la accudivano, soffrendo e offrendo tutta se stessa per la Comunità, il cui notevole assottigliamento era per lei una spina acutissima. Durante il soggiorno nel centro di riabilitazione venne a visitarla il fratello più giovane, quello al quale ella aveva fatto da mammina, unico superstite dei tre fratelli e si intrattenne con lei in un affettuosissimo colloquio, sicché, pur intuendone la prossima fine, se ne partì tutto consolato, portando con sé il ricordo dolcissimo di quella sorella che era sempre stata per lui, come per gli altri parenti, un raggio solare emanante luce di saggezza e calore di amore, ma di un amore divinizzato dal distacco religioso fedelmente vissuto. Passò il mese di luglio, passò la prima quindicina di agosto, finché un giorno a Suor Assistente, che la visitava in vece della novella Madre impossibilitata, disse con la flebile voce che le era rimasta: “Muoio, muoio” e poco dopo: “Non ne posso più” e ciò proferì con tanta dolcezza che ben si comprendeva come, lungi dall’essere un lamento, quelle parole erano un’apertura di cuore verso colei alla quale come a sua Madre non aveva mai nascosto nulla. “Muoio” disse, eppure non sembrava ancora così imminente la morte, ma certo il Signore la preavvisava. Difatti, appena qualche giorno dopo il male letale si manifestò in tutta la sua crudezza. E allora nuova corsa all’ospedale. Tentare un’altra operazione? I chirurghi sentenziarono che non sarebbe giovata a nulla date le condizioni della malata. Perciò un pronto dietro front la riportò al centro di riabilitazione in preda a fortissimi dolori, che costrinsero i medici all’uso della morfina. Le fu amministrato il Sacramento dell’Olio degli infermi (per la seconda volta in poco tempo) che ricevette con fervore, presente la Madre. Questa le stette accanto il più a lungo possibile in quegli ultimi giorni di vita. Era commovente vedere come Suor Anna Giuseppina mostrasse con il guardarla con tenerezza, con il tenerne stretta la mano e il baciarla spesso quanto gradisse quella presenza materna e insieme filiale, poiché la novella Madre era stata la sua prima novizia da Direttrice del Noviziato. All’alba del sabato – 20 agosto – mentre ancora regnava il silenzio notturno, esalò silenziosamente e dolcemente l’ultimo respiro. La Madonna era venuta a prendersi quella figlia che tanto l’aveva amata e onorata in vita: soave materna risposta al desiderio innumerevoli volte espresso con voce vibrante e trasporto d’amore nel canto preferito: “Maria, quanto sei bella … fammi venire in Cielo …”

Esposta la salma in Coro, vi fu un prolungato via vai di persone che venivano alla grata a dare l’estremo saluto a “Madre Anna”, memori e riconoscenti del bene da lei ricevuto. I funerali furono celebrati il 22 agosto, memoria liturgica della Beata Maria Vergine Regina. Numerosi i Sacerdoti concelebranti con il nostro Parroco, reverendo don Angelo Piccinelli, gremita la chiesa, molte le lacrime di commozione. Abbondanti anche le lacrime della nostra cara Madre che, dopo appena un trimestre di superiorato, si trovava ad accompagnare alla sepoltura proprio la sua amatissima e venerata Maestra e Madre. Ma nel dolore anche una piccola consolazione: infatti, poiché il sepolcreto di proprietà del monastero era in via di sistemazione, non si poté tumulare in esso la cara salma, che venne perciò provvisoriamente deposta nel loculo già da tempo acquistato dai genitori di nostra Madre per la figlia e tenuto in serbo per lei.

“O donna, davvero grande è la tua fede”. Quante volte anche la nostra cara Sorella si è resa meritevole di questo elogio del Signore nelle tante evenienze della sua lunga e laboriosa vita. E anche a noi piace considerarla grande non tanto per le alte cariche che ha ricoperto, quanto proprio per la grandezza della sua fede. È stata e rimane faro di luce!

Dio sia benedetto

Compendio della vita e delle virtù della nostra Sorella Suor Anna Giuseppina Sangalli