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Riflessioni sulla Passione – Parte terza

Discese agli inferi

Come abbiamo detto, la morte di Cristo avvenne per la separazione della sua anima dal corpo, come avviene per tutti gli altri uomini. Ma la divinità era così inscindibilmente unita all’uomo Cristo, che, nonostante la avvenuta separazione dell’anima dal corpo, essa rimase sempre presente sia all’anima che al corpo, sicché il Figlio di Dio, mentre col suo corpo era nel sepolcro, con la sua anima discese all’inferno. Ecco perché i santi Apostoli dissero: “Discese agli inferi”.

Per quali motivi discese agli inferi

Vi sono quattro ragioni per spiegare perché Cristo scese con la sua anima agli inferi.

1- Per sottomettersi interamente alla pena del peccato e così espiarne tutta la colpa

Infatti, la pena dovuta al peccato non consisteva solamente nel dover subire la morte del corpo, ma anche una sofferenza dell’anima perché anch’essa aveva concorso al peccato. Perciò dopo la morte, prima della venuta di Cristo, discendeva all’inferno. Anche Cristo, per sottomettersi totalmente alla pena dovuta ai peccatori, volle così non soltanto morire ma anche discendere con la sua anima all’inferno. Il salmo può perciò dire di lui: “Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai privo di forza” (Sal 88,5). Cristo però discese agli inferi in maniera diversa da come vi erano discesi gli antichi padri. Essi vi erano discesi per necessità e vi erano stati condotti e trattenuti contro la loro volontà. Cristo invece con autorità e liberamente. Perciò si dice di lui: “Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai privo di forza” (Sal 88,8). Gli altri, quindi, vi erano come schiavi, mentre Cristo come uomo libero.

2 – Per aiutare in modo perfetto tutti i buoni, suoi amici

Cristo aveva infatti amici non solo nel mondo, ma anche agli inferi. Si è infatti suoi amici in proporzione alla carità. Ma negli inferi c’erano molti che erano morti nella carità e con la fede nel futuro Messia, come Abramo, Isacco, Giacobbe e Davide e molti altri uomini giusti e perfetti. E poiché Cristo aveva visitato i suoi che erano nel mondo e aveva loro portato aiuto con la sua morte, volle far visita anche ai suoi che si trovavano agli inferi e aiutarli con la sua visita: “Penetrerò in tutte le profondità della terra, visiterò tutti coloro che dormono e illuminerò tutti coloro che sperano nel Signore” (Sir 24,45, Volgata).

3 – Per trionfare totalmente sul diavolo

Uno infatti trionfa totalmente su un altro, quando non solo lo vince sul campo, ma gli occupa anche la sede del regno e la casa. Orbene, Cristo aveva trionfato del diavolo e lo aveva vinto sulla croce, come affermò lo stesso Gesù quando disse: “Ora è il giudizio di questo mondo, ora il principe di questo mondo – cioè il diavolo – sarà gettato fuori” (Gv 12,31), cioè dal mondo. Perciò, per trionfare di lui in maniera totale, Gesù volle togliergli la sede del suo trono e legarlo nella sua casa che è l’inferno. Scendendovi distrusse tutti suoi beni, lo legò e gli strappò la sua preda, come dice l’Apostolo: “Avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà, ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo” (Col 2,15). Inoltre, avendo in precedenza già ricevuto il potere sul cielo e sulla terra, Cristo volle in tal modo prendere possesso anche dell’inferno, affinché – come afferma l’Apostolo – “nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10) e i suoi discepoli nel suo nome scacciassero i demoni (cf. Mc 16,17).

4 – Per liberare i santi che si trovavano agli inferi

Cristo, infatti, come volle sottostare alla morte per liberare da essa i viventi, così volle discendere agli inferi per liberare coloro che vi si trovavano. Scriveva in proposito il profeta Zaccaria: “Quanto a te, per il sangue dell’alleanza con te, io estrarrò i tuoi prigionieri dal pozzo senz’acqua” (Zac 9,11) e Osea profetizzò: “O morte, sarò la tua morte; o inferno, sarò il tuo morso” (Os 13,14). Infatti, sebbene Cristo abbia sconfitto totalmente la morte, non distrusse completamente l’inferno ma soltanto lo corrose, perché non liberò tutti dall’inferno ma solo quelli che erano senza peccato mortale: cioè quelli che erano personalmente senza peccato originale, in quanto ne erano stati mondati dalla circoncisione, ed erano senza peccato attuale, e che vi erano trattenuti in forza del peccato di Adamo dal quale, quanto alla natura, non potevano venire liberati che da Cristo. Vi lasciò invece coloro che erano in peccato mortale. Per questo è detto: “O inferno, sarò il tuo morso“.
Ora è perciò chiaro che Cristo discese agli inferi e perché.

Immagine: Discesa agli inferi, Beato Angelico




Riflessioni sulla Passione – Parte seconda

Riflessioni sulla passione, morte, discesa agli inferi e risurrezione di Nostro Signore Gesù

(dal commento al Credo di San Tommaso d’Aquino)

PARTE SECONDA

B – Come esempio.

Ma non è minore l’utilità che ci viene dal suo esempio. Come dice, infatti, il beato Agostino, la passione di Cristo è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. Chiunque voglia, infatti, vivere perfettamente non ha altro da fare che disprezzare ciò che Cristo ha disprezzato e desiderare ciò che Cristo ha desiderato. Nessun esempio di virtù è infatti esente dalla croce.
Infatti:

1- Cerchi un esempio di carità? Eccolo. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Così ha fatto Cristo sulla croce. Se perciò egli ha dato la sua vita per noi, non ci dovrebbe essere pesante sopportare qualsiasi male per lui. Infatti: “che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” (Sal 116,12).

2- Cerchi un esempio di pazienza? Ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce. La pazienza, infatti, si giudica grande in due circostanze: o quando uno sopporta pazientemente grandi avversità, o quando si sostengono avversità che si potrebbero evitare, ma non si evitano. Orbene, Cristo sulla croce sopportò grandi sofferenze: “Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio” (Lam 1,12). E le sopportò con pazienza, perché “oltraggiato non rispondeva con oltraggi e soffrendo non minacciava vendetta” (1 Pt 2,23); ed “era come agnello condotto ai macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori” (Is 53,7). Inoltre poteva evitare tali sofferenze ma non volle. Nel Getsèmani disse infatti a Pietro: “Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di Angeli?” (Mt 26, 53). La pazienza di Cristo sulla croce fu quindi grande, per cui “corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli, in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia“(Eb 12,1-2).

3 – Cerchi un esempio di umiltà? Guarda il crocifisso: è Dio che ha voluto essere giudicato sotto Ponzio Pilato e subire la morte “con giudizi da empio” (Gb 36,17), come fosse veramente un empio, perché dissero di lui: “condanniamolo a una morte infame” (Sap 2,20). Il padrone volle morire per il servo e lui, che è la vita degli Angeli, per l’uomo, “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 8).

4 – Cerchi un esempio di obbedienza? Segui colui che si è fatto obbediente al Padre fino alla morte: “Come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5,19).

5 – Cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene? Segui colui che è il Re dei re e il Signore dei signori, nel quale si trovano “tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2,3), che tuttavia sulla croce compare nudo, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, e in fine abbeverato con fiele ed aceto. Non legare dunque il tuo cuore alle vesti e alle ricchezze, perché i soldati “si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte” (Sal 22,19); non agli onori, perché io, “sono stato oggetto di insulti e di flagelli“; non alle dignità, perché “sul mio capo, intrecciandola, posero una corona di spine“; non ai piaceri, perché “quando avevo sete mi hanno dato aceto” (Sal 69,2).
In un suo commento al passo della Lettera agli Ebrei: “
Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia” (Eb 12,2), S. Agostino dice che “l’uomo Cristo Gesù disprezzò tutti i beni terreni per dimostrare che si devono disprezzare“.
Preghiamo il Signore.

Immagine: dalla Via crucis, Gaetano Previati, Musei Vaticani




Riflessioni sulla Passione – Parte prima

Riflessioni sulla passione, morte,

discesa agli inferi e risurrezione di

Nostro Signore Gesù

(dal commento al Credo di San Tommaso d’Aquino)

Necessità della passione di Cristo

Che necessità c’era perché il Verbo di Dio patisse per noi?
Grande, come si può cogliere da questa doppia motivazione:
la prima, come rimedio contro i nostri peccati
e la seconda come esempio al nostro operare.

A – Come rimedio.

Perché è nella passione di Cristo che troviamo rimedio contro tutti i mali in cui possiamo incorrere per i nostri peccati.
Orbene, il peccato ci procura cinque mali:

1 – Ci macchia.

L’uomo, infatti, quando pecca deturpa la propria anima, perché, come la virtù per l’anima è la sua bellezza, così il peccato ne è la macchia. Diceva al riguardo il profeta Baruc: “Perché, Israele, perché ti trovi in terra nemica… perché ti contamini con i cadaveri?” (Bar 3,10-11). Ma questa macchia viene tolta dalla passione di Cristo, perché egli con la sua passione preparò un bagno con cui lavare i peccatori nel suo sangue. Dice infatti l’Apocalisse che egli “ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1,5). L’anima infatti viene lavata dal sangue di Cristo nel Battesimo, perché esso trae la sua virtù rigeneratrice dal sangue di Cristo. Perciò, quando qualcuno si inquina nuovamente col peccato, reca un’offesa a Cristo e il suo peccato è più grande di quello commesso dagli uomini prima della redenzione. Scrive in proposito l’Apostolo: “Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell’alleanza” (Eb 10,28-29).

2 – Ci fa offendere Dio.

Infatti, come l’uomo carnale ama la bellezza carnale, così Dio ama quella spirituale, che è la bellezza dell’anima. Pertanto, quando l’anima si macchia col peccato, offende Dio il quale, di conseguenza, prende in odio il peccatore, come dice il Libro della Sapienza: “Sono in odio a Dio l’empio e la sua empietà” (Sap 14,9).
Orbene, questo viene rimosso dalla passione di Cristo, che ha soddisfatto il Padre – cosa che l’uomo da solo non avrebbe potuto fare – per il suo peccato. La carità e l’obbedienza di Cristo furono infatti più meritevoli di quanto non fossero state grandi la colpa e la disobbedienza dell’uomo. “Quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo” (Rm 5,10).

3 – Ci indebolisce.

Difatti, dopo una prima caduta nel peccato, l’uomo si illude di potersene trattenere in seguito. Avviene invece tutto il contrario, perché dal primo peccato egli viene debilitato e reso maggiormente incline a ripeccare. Il peccato soggiogherà l’uomo più di prima e lo metterà nella condizione, per quanto dipende dalle sole sue forze, di non poter risorgere senza un intervento divino: come uno che si getta in un pozzo e non può esserne estratto che da un altro. Dal peccato del primo uomo la natura umana fu infatti indebolita e corrotta e l’uomo si ritrovò più incline a peccare e maggiormente dominato da esso. Cristo, è vero, curò questa sua infermità e debolezza, ma non totalmente; per cui, dalla passione di Cristo l’uomo è stato rinvigorito e ne è stata indebolita l’inclinazione al peccato, che in tal modo non lo domina più. Anzi, con l’aiuto della grazia di Dio, che gli viene conferita dai Sacramenti che traggono efficacia dalla passione di Cristo, può ora lottare per resistere al peccato, perché “il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui (Cristo), perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato” (Rm 6,6).

4 – Ci rende meritevoli del castigo.

La giustizia di Dio esige, infatti, che chi pecca venga punito e che la pena sia proporzionata alla colpa. Ora, siccome la colpa del peccato mortale è infinita, in quanto offesa di un bene infinito, ossia Dio, i cui precetti il peccatore disprezza, anche la pena dovuta al peccato mortale è infinita. Ma Cristo con la sua passione ci ha liberati da questa pena, sottoponendovisi al nostro posto. Come dice S. Pietro: “Egli portò i nostri peccati – cioè la pena dovuta ad essi – nel suo corpo sul legno della croce” (1 Pt 2,24). E la passione di lui fu di un valore così grande da bastare ad espiare tutti i peccati del mondo intero, anche se il loro numero fosse stato infinito. È per questo che coloro che ricevono il Battesimo vengono assolti da tutti i loro peccati e che anche il sacerdote può assolverli tutti.
Ne segue anche, che quanto più uno si conforma alla passione di Cristo, tanto maggior perdono egli ottiene e più grazia egli merita.

5 – Ci espelle dal Regno.

Coloro, infatti, che offendono il re, sono costretti ad andare in esilio.
Analogamente, per il suo peccato l’uomo viene cacciato dal paradiso: è quello che successe immediatamente ad Adamo a causa della sua colpa e, dopo, la porta del paradiso venne chiusa.
Ma Cristo con la sua passione la riaprì e richiamò nel regno gli esiliati. La porta del paradiso fu riaperta in seguito all’apertura del costato di Cristo, quando, a causa dello spargimento del suo sangue, la macchia del peccato fu lavata, Dio fu placato, la fragilità umana fu curata, la pena espiata e gli esuli furono richiamati nel regno. È per questo che al ladrone fu subito detto “
oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43): parole che non erano mai state dette ad alcuno prima di allora: non ad Adamo, non ad Abramo, non a Davide. Solo oggi, dopo cioè che ne fu riaperta la porta, la domanda di perdono del ladrone venne accolta “avendo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù” (Eb 10,19).

Risulta, dunque, da quanto si è detto, l’utilità della passione di Cristo come rimedio.

Continua…

Immagine: Beato Angelico, Compianto sul Cristo morto, particolare




Il mistero della Croce

La croce non fu voluta dalla giustizia insaziabile del Padre, ma dall’amore insaziabile del Figlio e del Figlio fatto uomo, cioè dal Cuore di Gesù, che volle fare più del necessario per scuotere il freddo cuore degli uomini. E dopo ciò non fu ancora contento, ma volle darei anche la santissima Eucarestia.

Questa era voluta dalla giustizia insoddisfatta o dall’amore insoddisfatto?

E l’Eucarestia non prepara e non accompagna la croce? Quando impareremo a buttarci fra le braccia dell’amore di Dio?

Il mistero della croce è il più vicino a noi e insieme il più difficile ad essere da noi compreso con «intelletto d’amore». Comprendere la croce di Gesù è penetrare nel segreto del suo Cuore, è avere la rivelazione illuminante dell’amore infinito di Dio per noi poveri peccatori e del valore «quasi infinito» di ogni anima. Perciò è segreto di santità e di apostolato la croce di Gesù: una volta conosciuto come Gesù ci ama, non ci è possibile non obbedire alle esigenze dell’amore di Dio per amare fino a morire.

Saper stare ai piedi del Crocifisso con Maria, la madre di Gesù: ai piedi del Crocifisso, come san Domenico in beata e dolorosa contemplazione di amore abbracciato fortemente dalla croce, come Caterina «con ansietato desiderio» lasciarsi bagnare dal Sangue del Salvatore e inebriarsi e offrirsi e perdersi nell’amore di Gesù per la pace della Chiesa, per la salvezza del mondo: stare ai piedi della Croce, guardare Gesù crocifisso, penetrare il suo mistero di amore, di dolore, di gloria, è stata la sapienza dei santi.

Che cosa possiamo fare noi di fronte a tanto amore e a tanto dolore? Che cosa dobbiamo suscitare nell’anima nostra, per corrispondere almeno noi e supplire a quanto tanti nostri fratelli, redenti come noi dal preziosissimo Sangue di Gesù, non sanno o non vogliono fare? Queste domande hanno torturato i santi, e dovrebbero suscitare anche in noi un sentimento così forte, una volontà così efficace da spingerci come naturalmente ad abbandonare noi stessi e i nostri interessi personali per amare realmente Gesù e le anime, per riparare il peccato, offesa di Dio e dell’Amore crocifisso.

Dobbiamo averne anche noi il cuore ferito: il dolore per il peccato è un dolore inconsolabile, che deve suscitare nell’anima un desiderio insaziabile di riparazione. Di fronte ai peccati che l’umanità continua a commettere con una malizia talvolta veramente diabolica, dobbiamo sentire il bisogno di unirci a Gesù in una amorosa riparazione. È lui e soltanto lui il vero Salvatore: ma in lui e con la sua grazia possiamo portare anche noi il nostro contributo di amore e di dolore alla riparazione del male che si commette, «nel suo corpo, che è la Chiesa» (cfr. Col 1,24).

Dai Discorsi della S.D. Luigia Tincani, religiosa, “Egli si offre”, Roma.

Immagine: Cristo ligneo di Donatello, Padova.




Lettera: ottobre 1996

AMBALAU 18 ottobre 1996

Bisogna sempre chiamare in aiuto l’angelo custode, Maria, i Santi ed anche le anime contemplative su questa terra perché intercedano presso il Padre di ogni bontà e misericordia.

Gent.ma e cara Sorella,

La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

Oggi mi è arrivata la sua bella letterina insieme al materiale dalla base per celebrare la Giornata missionaria mondiale il 20 di ottobre 1996.

Non sono rientrato alla base di Nanga Pinoh perché ho avuto attacchi di malaria ed ero debole per rientrare, e poi affrontare di nuovo il viaggio molto lungo. Avrei rischiato poi di non poter celebrare la Giornata Missionaria almeno oltre che in Parrocchia, in altre stazioni grosse. Mi avrebbero consigliato di andare dal dottore, poi forse farmi ricoverare, poi forse far un periodo di riposo e via. Io sono un tipo che pensando all’ospedale mi ammalo di più ed allora c’è l’angelo custode che cerca di essere d’accordo con me, e con la Forza dei Dio tiene su. Guai se non fosse così! Anche i dayakki hanno una forza e una resistenza al dolore ed alla sofferenza che commuove, Io dico: “Sicuramente c’è Qualcuno che li sostiene, che li tiene su a secondo del variare dei loro bisogni e circostanze”! se no, non è possibile vivere in questo modo; certo bisogna ricorrere alle medicine ed anche al loro modo tradizionale di curare con erbe, ed altri intrugli che io chiamo “i misteriosi intrugli” “i grandi pasticci”. Ma quando per imprevidenza o poca saggezza non ci sono più, oppure non sono per niente efficaci, a chi ricorrere? Bisogna sempre chiamare in aiuto l’angelo custode, Maria, i Santi ed anche le anime contemplative su questa terra perché intercedano presso il Padre di ogni bontà e misericordia non solo per la salute dello Spirito, ma anche per quella del corpo che fanno un tutt’uno: la persona umana!

Mi è accaduto un fatto che ha fatto sì che non andassi via. Narrarlo brevemente prolungherà questa lettera ma non fa nulla. Come dicevo, nel plico della posta c’era solo la sua cara lettera dall’Italia con il Santino inserito. Il tutto ha un profondo significato missionario. Non riesco a capire come tale lettera sia arrivata così presto. Si vede proprio che come dice lei, cara Sorella, “la clausura è il grembo della missione” “dal nostro stare ferme dietro le nostre mura, nasce l’annuncio missionario che corre e di diffonde per il mondo intero”. Ed è arrivato fin qui in questo lembo di terra sconosciuto, da non essere segnato nemmeno sulla carta geografica del Kalimantan Barat. Poi le sue parole affiancate da quelle di Santa Teresina del Bambino Gesù completano il quadro missionario come un piccolo capolavoro rifinito. “Il mio cuore è pieno della volontà di Dio!… O come sento che mi perderei di coraggio se non avessi la fede, se non amassi Dio!… Se soffro, Dio mi darà la forza. Io l’amo ed Egli non mi abbandonerà mai!… Se non sapessi nulla di S. Teresina del Bambin Gesù, leggendo queste parole direi: “Qui c’è tutto quello che concerne la Santità come atteggiamento del cuore che ama e che ha immensa fiducia nel Signore, indipendentemente da quello che fa e che è! Mi pare poi che qui i teologi complicano le cose semplici quando commentano il passo del Vangelo di Marta e Maria o Maria e Marta, facendo una ridda di distinzioni e punti interrogativi. Ecco che Santa Teresina, e voi contemplative come lei, mettete insieme, facendo armonia in voi, sia Maria che Marta. La priorità va a Maria “che sta sempre con Gesù” e riesce a fare bene tutto quello che si deve fare dando la possibilità a Marta di servire, oppure di fare l’uno e l’altro con amore. Perché servire senza amore non serve a niente o ben poco! Sovente noi siamo loto Marta e poco Maria, senza armonia! Lo dico ai miei cattolici: “Ci sono in una settimana 168 ore ed è così difficile, un peso, dare un’ora, di Domenica, al Signore per stare con Lui. Sabato scorso avevo molta sete dopo un attacco di malaria. Sono andato verso sera ad una sorgente di acqua non molto distante dalla casa del Villaggio che funge da Casa Parrocchiale. È una benedizione del Signore che ci sia una sorgente di acqua. Ero quasi giunto ed ecco salta fuori un serpente (detto sawah) della lunghezza di quattro o cinque metri. Ebbi l’istinto di tirarmi indietro e lui invece di venire verso di me, andò via per conto suo. Ero sopra un piccolo rialzo da terra e lo vedevo veloce scivolare via muovendo l’erba verso la foresta. Quando fu ben distante mi portai alla fonte e bevvi a sazietà poi rientrai in case. Alle tre di notte si sente suonare il “Kotak” una specie di tamburo di legno che serve a richiamare la gente del Villaggio se c’è pericolo, oppure per un avvenimento importante. Tale richiamo proveniva dalle ultime case del villaggio, le più lontane. Avevano preso il serpente che aveva già divorato un maialino, inoltrandosi sotto la casa, rialzata da terra, di un dayakko. Questi, sceso a vedere di che cosa si trattava poiché gli animali facevano un gran fracasso alla vista del serpente lo uccise con la “parang” (scimitarra per tutti gli usi). Pesava 54 chili e, come è d’uso lo tagliarono facendone tante rotelle di carne, e ne distribuirono una rotelle per pata (casa famiglia). Ne toccò una anche a me. Dissi però di darmela già cucinata non avendo io la cucina ed essendo anche incapace di cucinare. Non era poi la prima volta che mangiavo carne di serpente. È buona, all’inizio sembra di mangiare carne di pollo, senza ossa, solo alla fine ha sapore amarognolo, di foglie o radici marcite in acqua stagnante. Ma va giù, soprattutto con il peperoncino e poi con il miglior ingrediente che è la fame. Dopo averne dato un pezzo ad ogni famiglia, con il resto si sono messi a fare festa. Ed è qui che per me sono sorte le difficoltà perché Marta ha avuto il sopravvento su Maria! Dovetti spostare la S. Messa (era di domenica) dal mattino (chiesta sempre da loro e non alla sera) alla sera! Molti arrivarono tardi ma arrivarono perché già …ubriachi!

Ero un po’ debole, ma alla Santa Messa ebbi tutta la forza di rimproverare e di affermare a piena voce che al Signore bisogna sempre dare il primo posto e l’ora migliore e non trattarlo da servo e metterlo all’ultimo posto! Prima la Messa! Dopo potete fare tutte le feste che volete e senza ubriacarvi! Chi vi ha dato il serpente e tutto l’occorrente per vivere è il Signore! Bisogna almeno dirgli grazie! La maggior parte dei presenti erano le donne ed erano le uniche a darmi ragione. Ed i pochi bambini che c’erano forse si domandavano zitti ed attenti, come mai io così mansueto con loro, soprattutto nel distribuire caramelle quando ci sono, riuscissi ad essere anche arrabbiato.

Ho raccontato tutto questo per dire che sotto tutti i cieli il Vangelo non ha mai avuto vita facile. E qui come da voi nell’opulento occidente, ha sempre il nemico in quel materialismo della vita che ha tutto occhi per la terra e niente o poco cuore per il cielo. Lo dissi anche ad un capo islamico: “guarda che io non voglio fare guerra a nessuno e nemmeno tu la devi fare a me. Noi dobbiamo essere fratelli uniti contro lo stesso nemico di ogni religione: materialismo ed ingordigia della vita) Volevo aggiungere anche “superbia della vita”, ma temevo di offenderlo. Mi disse solo che era rimasto meravigliato che io dicessi così, forse credeva che facessi valere i miei diritti contro di lui!

Ora chi dà in questa vita la testimonianza più grande contro le grandi nemiche dell’uomo di cui parla s. Giovanni? È vero che vanno scritte sia al maschile che al femminile. Ma penso che alla divina Maniera di Maria Madre di Gesù Cristo tocca a voi contemplative “compagne dell’Evangelizzazione e cuore della Chiesa” ridurre sempre più lo spazio d’azione di questo oblio di Dio che rovina la Chiesa tutta sotto ogni orizzonte.

Ora mi fermo nella chiacchierata dall’abbondanza del cuore. Lei cara Sorella non deve avere la preoccupazione di rispondere alle mie lettere. Anche se sono contento nel leggervi non vorrei togliere tempo prezioso alla vostra vita di preghiera che è già in sé apostolato!

Quando verrò in Italia […] verrò a trovarvi. Dovrete dirmi quale tempo sia più propizio cosicché io possa regolarmi secondo le vostre esigenze.

La saluto di cuore! Preghi anche per la mia salute! Estenda un augurio di santità a tutte le consorelle.

Riconoscente in Gesù, Maria, S. Giuseppe

P. Valentino Bosio, c.m.

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Seguendo la luce sono entrati nel Mistero

I Magi ci indicano la strada sulla quale camminare nella nostra vita. (…) Andavano alla ricerca di Dio. Visto il segno della stella, lo hanno interpretato e si sono messi in cammino, hanno fatto un lungo viaggio.

E’ lo Spirito Santo che li ha chiamati e li ha spinti a mettersi in cammino; e in questo cammino avverrà anche il loro personale incontro con il vero Dio. (…)

Guidati dallo Spirito Santo, arrivano a riconoscere che i criteri di Dio sono molto diversi da quelli degli uomini, che Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo, ma si rivolge a noi nell’umiltà del suo amore. L’amore di Dio è grande, sì. L’amore di Dio è potente, sì. Ma l’amore di Dio è umile, tanto umile. I Magi sono così modelli di conversione alla vera fede perché hanno creduto più nella bontà di Dio che non nell’apparente splendore del potere. (…) I Magi sono entrati nel mistero.

 

Immagine: Adorazione dei Magi, Filippo Lippi.




Lettera: Pentecoste 1996

A volte c’è il desiderio di isolarsi. Sarebbe facile per me…entrare in foresta, in solitudine.

Rev.ma Madre e care sorelle tutte

La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

Avevo promesso che avrei scritto per la Festività di Pentecoste ed eccomi all’appuntamento. Vi dirò che ho cambiato provvisoriamente zona e sono finito più a monte ancore del fiume Melawi, una zona molto impervia e selvaggia per cui ho ancora più bisogno di luce e di forza che possono venire solo dallo Spirito Santo. Care sorelle tutte, è ingarbugliata la vicenda delle missioni. Pare a volte di guardare un arazzo dal di dietro. Si stenta a credere che da tanta confusione di fili e di colori, da un garbuglio d’incroci e di fibre, possa risultare un bel disegno. Eppure osservato di fronte appare il lavoro in tutta la sua bellezza ed arte.

Anch’io mentre scrivo ho la sensazione di trovarmi davanti l’arazzo della Missione: Annuncio, accoglienza, rifiuto; oppure richiesta di annuncio e poi abbandono. Poi ancora richiamo, ricerca, nostalgia di quanto si è conosciuto e poi è andato perduto. I fili dell’indifferenza e dell’oblio ce si incrociano con quelli dell0’amore sincero e del ricordo, che nessuna mano può spezzare. Non posso guardarlo alla rovescia, devo guardarlo di fronte alla Luce dello Spirito Santo per capire la Bellezza di Arte Divina e di Verità che ha in esso. “Lo spirito di Verità vi insegnerà tutte le cose che dovete fare, e vi farà ricordare tutto ciò che vi ho detto”. Penso che qui in missione in modo particolare, c’è un grande bisogno non solo di avere nella memoria, ma soprattutto comprendere il senso delle Parole e dei fatti di Gesù.

L’ho capito in questi 43 giorni di tournée pasquale nella visita a 23 villaggi. Altri sono stati tralasciati per forza maggiore. Si ritenterà ancora a luglio quando la furia delle acque sarà meno impetuosa. A volte c’è il desiderio di isolarsi. Sarebbe facile per me quando sono arrivato all’ultimo villaggio, il più a monte oltre il quale non c’è più anima viva, entrare in foresta, in solitudine. È anche bello, con quel silenzio che non è turbato nemmeno dai suoni e rumori della giungla, perché domina sempre in profondità su tutto e lo permea. È vero, a volte ti sembra di non fare niente ed essere inutile! Allora ci vuole il fiducioso abbandono che aveva S. Isidoro per il quale la preghiera dopo tanto lavoro e dopo aver messo a posto quel che doveva, era definita: “Io guardo Lui e Lui guarda me…ciò basta e serve a lavorare di più…

È una pausa in cui si deve chiedere l’assistenza dello Spirito Santo negli impegni di apostolato perché comunichi la Sua Forza dando efficacia alla parola da comunicare. “La nostra predicazione del Vangelo si svolse in mezzo a voi non in parola solo, ma in potenza ed in Spirito Santo e con piena sicurezza”. Quanto vorrei averla questa “piena sicurezza”, soprattutto quando con “timore e tremore” parlo per la prima volta di Nostro Signore a chi non lo conosce ancora. Ma del resto è sempre la “prima volta” e non puoi nemmeno tirarti indietro dicendo che sei impreparato ed indegno per evangelizzare, perché non lo sarai mai abbastanza! Hai solo bisogno che lo Spirito Santo ti dia fede, grazia, forza e sapienza, altrimenti è un fallimento ed appare solo l’arazzo alla rovescia.

Paolo VI con il Suo grande amore alla Chiesa sospirava in preghiera: “Quale bisogno avvertiamo, primo e ultimo, per questa nostra Chiesa, benedetta e diletta, quale? Lo dobbiamo dire, quasi trepidanti e preganti, perché è il suo mistero, e la sua vita, voi lo sapete: lo Spirito Santo, animatore e santificatore della Chiesa, suo respiro divino, il vento delle sue vele, suo principio unificatore, sua sorgente interiore di luce e di forza, suo sostegno e suo consolatore, sua sorgente di carismi e di canti, sua pace e suo gaudio, suo pegno e preludio di vita beata ed eterna”.

E teniamo presente la materna presenza di Maria che con umiltà riconosce il Dono di Dio. “Si è degnato di guardare la bassezza della Sua serva… ed ha fatto in me grandi cose…” perché ci aiuti a vedere e scoprire il modo in cui lo Spirito Santo vuol fare il capolavoro della nostra personale santificazione e quella d’insieme.

Pregate in particolare per questa zona!!!

In Gesù e Maria

Riconoscente P. Valentino Bosio CM




Lettera: novembre 1995

Sarikan, 23 novembre 1995

Voi siete come le radici, da cui anche coloro che sono fuori dalla Chiesa si nutrono di grazia divina.

Gent. ma e cara Sorella in Cristo,

La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

Ho ricevuto la tua bella lettera che mi ha reso contento e sereno. Aveva ragione di dire il Santo Padre, che voi contemplative siete “le compagne dell’evangelizzazione” e poi ancora “siete il cuore della Chiesa”. Quanto tu scrivi: “la fecondità della nostra vita vissuta fra quattro mura che tu non vedi, il mondo la respira”,. mi ha fatto ricordare un pensiero che da tempo non usavo nella predicazione, ossia quello delle radici. Sovente, in foresta ci sono radici che si estendono per chilometri. A volte sono sotto terra, a volte emergono alla superficie ed è doloroso camminarci sopra, bisogna farci il callo! Ebbene, a notevoli distanze, ci sono germogli che succhiano la linfa, vivono, respirano da tali radici anche senza sapere e conoscere l’albero. Faccio il paragone: l’albero è la Chiesa di Cristo, voi ne siete come le radici, da cui anche coloro che sono fuori dalla Chiesa si nutrono di grazia divina. Mi sembra che stia anche qui la preziosità della vostra vita. E poi c’è anche “l’opus gloriae” l’opera della Gloria che voi fate!! Diceva di voi in una splendida preghiera Pio XII: “Ascolta il canto di tanti spiriti eletti che consacrano la loro vita a celebrare la Tua Gloria… la lode perenne che sotto tutti i cieli ti offre la Chiesa…”!

L’eccezionalità della vostra vocazione contemplativa vi porta a pregare sempre, incessantemente perché la vostra vita è tutta una preghiera e qualche volta, secondo le circostanze, come per questa volta, oltre che parlare al Signore, parla anche del Signore agli uomini. Non siete forse voi “Lettere viventi di Cristo” che Lui manda dove vuole e quando vuole?

[…]

Adesso termino chiedendo a te ed alle consorelle di pregare per me. Con l’anno nuovo penso di essere trasferito più a monte ancora e viene facile dire: “ci vuole più fede e più forza”!!! […]

Con affetto fraterno
In Cristo Gesù

P. Valentino Bosio




Seconda Lettera: Pentecoste 1995

Pentecoste 1995

  Io voglio afferrare la luce della Vita Contemplativa perché con il Suo Silenzio che è quello stesso di Gesù, rappresenta una realtà divina per la Missione ed il mondo intero.

  Rev.da Madre

  Care sorelle in Cristo!

  La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

  Scriveva un vescovo: Ascoltiamo quei silenzi di Gesù così intensi ed eloquenti… in realtà sono più numerosi i Suoi silenzi, rispetto alle Sue parole. I SILENZI DI GESÙ RAPPRESENTANO UNA REALTA’ DIVINA. Ci sono infatti realtà che hanno una loro eloquenza intrinseca enormemente potente, come la luce: basta avere occhi per afferrarla”. Ecco: io voglio afferrare la luce della Vita Contemplativa perché con il Suo Silenzio che è quello stesso di Gesù, rappresenta una realtà divina per la Missione ed il mondo intero.

  Ricordo i tempi del catechismo, dove la maestra diceva: “Le suore di clausura stanno sempre con Gesù, esse pregano per quelli che non pregano mai; per i senza Dio; esse sono i parafulmini della società! Poi rivolgendosi a me che non stavo mai fermo, e davo fastidio anche agli altri, con la bacchetta in mano, lanciava come un grido: “Valentino, monello, ti fulmino; stai fermo!”

  Forse fin d’allora le preghiere delle suore di clausura senza che loro lo sapessero, cominciavano a fare effetto, a dare frutti, anche per me! E la maestra di catechismo diceva con parole molto concrete e gesti decisi le verità ‘DELL’UNUM NECESSARIUM E DELLA PARTE MIGLIORE’ che consiste nell’ascoltare Gesù Cristo rimanendo presso di Lui in adesione di spirito e di cuore. Tutto per fare Luce in quest’ora di tenebre!

  Con tali pensieri mi introduco a parlare della Festività di Pentecoste. La Missione è Opera Divina ed è lo Spirito Santo il Suo Autore! Vorrei che lo invocaste non solo per tutta la Chiesa Universale – questo è certamente uno dei vostri Compiti Specifici – ma anche per Chiesa locale, particolare, in terra di missione ed inserita in essa! Certo che è vero: anche voi contemplativi non vedete quasi mai il risultato dei vostri sforzi e sacrifici. Anche se c’è, ed è abbondante, non si può mica sempre sapere; non è sempre riscontrabile!

  La vostra è una pura vita di fede che cammina al buio, per fare luce ad altri. Il mondo potrebbe dire: “Come mai tu fai luce a me per vedere, mentre tu resti al buio?” Ciascuna di voi potrebbe rispondere: “Io sono stata creata per fare luce a chi si trova nelle tenebre. Io ho Luce “dentro” e te la trasmetto a … distanza!” Ogni esempio ha sempre i suoi limiti! Ma è come si lì a Fontanellato partisse una invocazione dalla vostra Trasmittente divina: “Accende Lumen sensibus – infunde amorem cordibus – infirma nostri corporis – virtute firmans perpeti (accendi in noi la Tua luce – infondi nei nostri cuori l’Amore – Fortifica la nostra debolezza – con il Tuo Vigore Eterno… Ogni monastero non è forse come città sul monte”?

  “Noi, sorelle di clausura, cercheremo di stare al nostro posto. Innalzeremo una povera antenna, quella dell’umiltà e del desiderio di Dio, e cercheremo di captare mettendoci in sintonia, in lunghezza d’onda divina con voi, la supplica allo Spirito Santo, per vederla diventare realtà divina che opera in mezzo a noi e da’ “forza al verde”!!!”

  Anch’io pregherò lo Spirito Santo, perché la vostra vita riproduca sempre meglio non solo i caratteri della Universalità della Chiesa, ma anche la fecondità spirituale di Maria Madre della Chiesa.

  Non c’è bisogno che rispondiate alle mie lettere. Non voglio che togliate tempo prezioso alla vostra vita nascosta con Cristo in Dio (S. Paolo). Come dicevo, basta il vostro silenzio per parlare a Dio di Dio. Già siete “lettere viventi di Cristo” ed in Lui vi saluto con auspici di ogni bene e santità”.

Riconoscente

P. Valentino Bosio, CM.




Lettera: Pentecoste 1995

Pentecoste 1995

Bisogna gioire e porre in grande stima la vita contemplativa tutta dedita alla preghiera! Il segreto della riuscita nel nostro apostolato come di ogni altro evento ed iniziativa ecclesiale, dipende dalla preghiera!

  Gent.ma e cara sorella in Cristo,

  La Grazia di Nostro Signore sia sempre con noi!

  Sono stato spinto a scrivere da un numero del settimanale “La Vita Cattolica” che mi mandano qui in Indonesia e precisamente nel Borneo Occidentale (ora Kalimantan Barat). Arrivano sempre in ritardo a distanza di tre mesi nel numero di cinque o sei per volta. Se sono sul posto alla base, posso leggerle subito quando arrivano; ma se sono in tournée all’interno, passano mesi e mesi prima di leggerle. Tuttavia l’avvenimento di Grazia di una suora contemplativa, non può passare inosservato. Esso è una ricchezza non solo per la Chiesa Locale ma per tutta la Chiesa Universale. Il S. Padre chiama voi contemplative: “CUORE DELLA CHIESA” .. COMPAGNE NELL’EVANGELIZZAZIONE!!!

  Se debbo dire la verità ciò che mi ha spinto a scrivere è anche il fatto di aver conosciuto il vecchio parroco di Rivarolo del Re. “Sta sempre in Chiesa” dicevano. Io con fede un po’ interessata andavo in Chiesa prima di iniziare la partita, per chiedere di vincere. Ma quelle preghiere più che cambiare il risultato della partita lasciata alla nostra preparazione e bravura, cambiavano me stesso anche a mia insaputa. Per questo non andavano mai a vuoto, anche quando perdevamo. Io facevo parte della squadra di calcio di Solarolo Rainerio ed alcune volte in trasferta sono andato a giocare a Rivarolo del Re. Poi, invece di andare in C od in B, sono entrato nella Congregazione della Missione, o Lazzaristi […]. Li ho conosciuti quando sono venuti a fare la Missione in Paese, dove si trovavano le suore “Figlie della carità”, il ramo femminile della Congregazione della Missione.

  Ritorno a parlare del vecchio parroco. Lo trovavo quasi sempre in Chiesa. Era un’anima contemplativa, un Uomo di Dio ed avrà alimentato nelle vene, sorgive di Grazia che si saranno diramate dove il Signore avrà voluto, per irrorare cuori aridi, oppure fecondare con abbondante grazia, cuori in attesa. Ho già 57 anni eppure questi ricordi sono come disegnati negli occhi della mente. Sono già 25 anni che sono in Indonesia! Missionario di foresta come lo è questa Chiesa locale che deve mettere salde radici, perché è ancora come un giovane virgulto.

  Io ho avuta sempre una grande stima ed ammirazione per la vita contemplativa e quando posso chiedo preghiere alle contemplative che conosco. Qui ad esempio in Borneo Occidentale, nella Diocesi di Pontianak ci sono le clarisse cappuccine precisamente nella città di Singkawang, un grosso centro cinese. Sono nel numero di 21. Hanno poi una specie di succursale (chiamiamola così), un piccolo convento fatto costruire da un ricco cinese cattolico. Un posto molto isolato, difficile da raggiungere. Superstiziose credenze dicono che era un posto degli “hantu”, gli spiriti cattivi. Ancora adesso, questa credenza è dura a morire. Questa zona confina con la mia anche se sono centinaia di chilometri. Io sono nel Vescovado di Sintang che conta 65.000 chilometri quadrati, un po’ come la Lombardia ed il Lazio messi insieme. Qui nel Vescovado di Sintang non ci sono ancora i contemplativi.

  Allora io, certo anche questo per disposizione della Divina Provvidenza, ogni tanto vado a tale “succursale” delle suore clarisse cappuccine. Il luogo si chiama Sarikan. E siccome nessun sacerdote di quella zona può o vuole andare a servire anche ogni tanto queste povere sorelle, ci vado io, di solito quando ritorno dalle tournée. È come se ricaricassi il serbatoio spirituale che può alla fine farsi secco per il lungo girare. Perché senza vita spirituale si gira a vuoto, senza preghiera, senza il suo appoggio, si rischia di essere come delle ruote nel fango che girano a vuoto… non attaccano, non fanno presa!

  Bisogna gioire e porre in grande stima la vita contemplativa tutta dedita alla preghiera! Il segreto della riuscita nel nostro apostolato come di ogni altro evento ed iniziativa ecclesiale, dipende dalla preghiera.

  Le sorelle contemplative clarisse cappuccine qui a Sarikan sono nel numero di tre per ora, a periodi una viene da Singkawang e così sono nel numero di quattro. Restano lunghi periodi senza avere Messa ed Eucaristia, per cui quando ci sono io, sono molto contente.

  È una vita difficile in queste zone dove sacrifici e sforzi sembrano essere inghiottiti da questo intreccio grandioso di verde, alberi, radici, fiumi grandi e piccoli, senza vedere risultati. Non è tanto la difficoltà delle comunicazioni, pericoli di fiumi, pericoli di animali ecc. No! Non è questo! È piuttosto l’ambiente d’insieme che spesso sembra restio, freddo od indifferente davanti al Vangelo. Sembrerebbe così naturale, pacifico, assodato: non c’è nulla di più bello, vero, confacente per qualsiasi tribù, razza, cultura, della Persona di Gesù Cristo e del Suo Vangelo per crescere, progredire sia spiritualmente che materialmente. Ed ecco che a volte si frappongono come dei muri di superbia e di egoismo che sembrano molto forti, duri da abbattere.

  Ora termino. In occasione della Festa di Pentecoste ho voluto scrivere qui a parte una specie di “Missiva” perché facciate arrivare un appello allo Spirito Santo. La consegnerà Lei alla Madre Abbadessa ed alle consorelle tutte. Così io impegno tutte, se non esigo troppo!

  A Te cosa debbo dire ancora cara Sorella?!?

  Sei un Capolavoro della Grazia di Gesù Cristo, Artefice Divino nello Spirito Santo. Un Capolavoro però appena iniziato ed ancora da finire e rifinire. Nostro Signore non è che fa tutto Lui in noi. Vuole un po’ di collaborazione da parte nostra. Così io prego che tu Gliela dia in pienezza questa collaborazione. Fino alla Statura di Cristo che vuol dire pienezza di Santità!!!

In Gesù Cristo
e Maria sua e Nostra Madre
Riconoscente
P. Valentino Bosio, CM.