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Le nuove eroine del Terzo Millennio

“La mamma è sempre la mamma”, dice un motto popolare che, come molti detti, nasconde verità profonde e un sentire comune non così banale. Anche perchè è il futuro stesso del mondo che passa dall’apertura alla vita di tante donne, che regalano così alla società coloro che un domani ne saranno i protagonisti. La festa della mamma, una ricorrenza laica che, dapprima festeggiata l’8 maggio, è stata poi fissata in Italia nella seconda domenica di maggio. Non si può non notare che cade nel mese mariano di maggio e che l’8 maggio sia proprio la festa della Madonna del Rosario di Pompei. Una festa che quest’anno ricorre mentre nel mondo imperversa l’epidemia da Coronavirus e in alcuni Paesi riprendono, con prudenza, alcune attività.

È l’ora di aiutare le famiglie

In un Paese stretto nel gelo demografico, come l’Italia – per l’Istat nel 2019 il numero medio di figli per donna si attesta a 1,29 – si calcola vi siano poco meno di 10 milioni di minori. Alcuni giorni fa in un comunciato il presidente del Forum delle Associaizoni Familiari, Gigi De Paolo, è tornato a chiedere con forza misure adeguate per le famiglie che rappresentano il Paese nella sua interezza e tra le quali serpeggia “stanchezza e preoccupazione”.

L’Italia non è un Paese nel quale sia, poi, facile essere mamma. Eppure, quella della maternità, è un’esperienza di straordinaria ricchezza non solo come dono per la società, non solo come apertura alla vita con la sua dimensione trascendente e di comunione e condivisione con il padre, ma anche personalmente. Un’esperienza che però va sostenuta, specialmente in società come le nostre, come ci conferma Emma Ciccarelli, vicepresidente del Forum delle Associazioni Familiari e mamma di 4 figli:

Ascolta l’intervista a Emma Ciccarelli

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2020/05/05/10/135582439_F135582439.mp3

«Essere madre oggi è essere le nuove eroine del Terzo Millennio perché si vive la maternità con i propri cari ma lo Stato non sostiene e non incentiva questo valore, tanto è vero che noi stiamo cercando di fare delle battaglie per dare un pieno valore sociale alla maternità in tutti i segmenti della vita pubblica. Siamo eredi di una cultura che negli ultimi 50 anni ha reso la funzione della maternità come una funzione secondaria per le donne, non un aspetto di realizzazione della donna. Questo ci ha penalizzato perché comunque non ha permesso la piena esplicazione dell’identità femminile e poi avuto degli effetti demografici devastanti perché ha trascinato con sé questa rinuncia alla maternità per affermare il valore della donna sul piano lavorativo ma ha anche svalutato il valore dei figli. E poi lamentiamo – come donne lo sentiamo tutte quante – che facciamo una fatica terribile nel cercare di svolgere il nostro ruolo di madre ma anche cercare di essere presenti con le nostre competenze, la nostra professionalità, nel mondo del lavoro. Il grosso problema è che non ci sentiamo supportate né da servizi pubblici che agevolino queste funzioni ma neanche da un adeguato sostegno economico».

Veniamo alla questione delle scuole chiuse. Si parla di bonus baby sitter, del congedo parentale…Perché voi, come Forum delle Associazioni Familiari, puntate molto sulla proposta dell’assegno familiare unico, indipendente dal reddito?

«L’assegno familiare universale è una risposta strutturale e quindi non è dettato dall’emergenza. E’ una risposta di giustizia sociale proprio perché consente di riconoscere il figlio come un valore un valore per tutti e, quindi, il messaggio che fa passare è che l’intera comunità sociale, lo Stato, si prende cura. E’, poi, una questione di giustizia sociale perché di fronte alle tante erogazioni, ai sussidi che sono stati erogati in queste in queste settimane di cui vanno a  beneficiare gli individui – i liberi professionisti, lavoratori… – e anche con le varie forme di sostegno al reddito, va notato che in queste forme non viene considerato il carico familiare che poi ogni lavoratore ha».

L’assegno unico deve essere indipendente dal reddito nel senso che non deve essere un aiuto alla povertà ma il riconoscimento di una centralità delle relazioni e dei nuclei familiari?

«Sì. L’assegno universale non è una misura assistenziale ma una misura di politiche familiari, che riconosce il valore del “soggetto famiglia” e di tutti i membri che compongono la famiglia perché ogni membro, poi, ha un costo e ha un valore economico importante nella famiglia».

Di fatto in Italia le madri gestiscono lavoro, figli e anche anziani. Lo smart working è stato in qualche modo uno strumento che si è diffuso forzatamente in questo periodo. Secondo lei, purché con orari definiti, con una regolamentazione, può essere di aiuto alle madri?

«Sì. È entrato con irruenza, improvvisamente, nella vita di tutti gli italiani ma ben venga, questo è un aspetto positivo. Ne abbiamo sperimentato anche i limiti ma sicuramente è il futuro del mondo lavorativo sia per gli uomini sia per le donne perché questo consente una migliore conciliazione famiglia-lavoro».

Il Forum delle Associazioni Familiari ha organizzato un flash mob per ringraziare le famiglie per il loro impegno in questo tempo, con l’hastag #graziefamiglie.  Ci sono altre strade per sostenere le famiglie e per sostenere le madri?

«Noi ci attendiamo che dopo questo flash mob, che ha avuto comunque una risonanza nazionale importante in tutte le città e tantissime famiglie hanno risposto, questo sia un segnale per la politica per dare risposte più incisive di supporto al ruolo della famiglia. Penso, ad esempio, al fatto che noi ci ritroviamo adesso, nella Fase 2, a gestire ancora l’attività in casa e per i nostri figli non ci sono risposte e soluzioni sia per l’attività scolastica che per quella extrascolastica e questa è una grossa penalizzazione. Il nostro timore è che se perdura senza adeguate soluzioni e sostegni questa fase, noi rischieremo che tutta la fatica fatta dalle donne per essere sul mondo del lavoro, sia vanificata perché molte, moltissime, si troveranno costrette a rinunciare al lavoro per prendersi cura dei propri figli».

C’è un problema anche di violenza sulle donne, nel mondo, anche in Italia, che non è minore per le madri e tra l’altro per i figli vedere violenza esercitata verso la propria madre è una ulteriore violenza inflitta anche ai bambini. Il Papa più volte è tornato a stigmatizzare la violenza sulle donne. Cosa si può fare e cosa è anche stato fatto, in questo tempo, dall’associazionismo?

«Questo tema ci sta molto a cuore perché la violenza sulle donne è veramente una grossa piaga che è segno di una cultura del rispetto che non ha preso radici in molte persone, in molte aree della società. L’associazionismo si è molto interrogato su questo, anche quello cattolico, e sta fornendo iniziative di sostegno e anche in questo periodo ha attivato, su tutto il territorio italiano, centri di ascolto on-line gratuiti per dare risposta a quelle situazioni di tensione e di crisi familiari che la domiciliarità obbligata in casa può amplificare. Bisogna fare un grosso lavoro di prevenzione, cioè noi non vogliamo soltanto dare risposte alle donne quando si trovano in situazioni di violenza ma vorremmo far partire delle iniziative di educazione all’affettività e al rispetto del proprio corpo e di quello altrui, che partono proprio dall’adolescenza».

In questo senso, quando c’è violenza, bisogna anche proteggere molto il rapporto madre-bambino?

«È importantissimo anche perché la violenza sulle donne è implicitamente una violenza che viene fatta ai loro figli, perché comunque le conseguenze di queste violenze questi figli se le porteranno sulla loro carne, come ferite aperte per tutta la vita».