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La Via Lucis tra i Sassi di Matera momento culminante della seconda giornata del Congresso eucaristico nazionale. Mons. Castellucci: «Siamo un popolo che cammina»

La Chiesa non è «un popolo ritagliato a parte, un popolo già arrivato alla meta, un popolo seduto in attesa della conversione del resto del mondo, ma un popolo che cammina». Mons. Erio Castellucci, vicepresidente della Cei, ha concluso con questa immagine uno dei momenti finora più intensi del Congresso eucaristico nazionale: la Via Lucis che ha portato il “popolo” degli 800 delegati e 80 vescovi, in rappresentanza di tutta la Chiesa italiana (presente anche una delegazione cremonese con il vescovo Antonio Napolioni), in cammino dalla Madonna de Idris – una delle 150 chiese rupestri che nell’arco di 150 chilometri si estendono lungo il territorio materano – fino alla piazza di San Pietro Caveoso, luogo scelto anche da molti set cinematografici per ambientare episodi legati alla vita di Gesù. «La Chiesa nasce itinerante», ha ricordato Castellucci: «Il cammino sinodale trova il suo paradigma nella celebrazione eucaristica», e il pane eucaristico è «un pane che la Chiesa, resa a sua volta Corpo dall’Eucaristia, deve spezzare con tutti – specialmente con i troppi Lazzaro esclusi dalle mense dei ricchi, se vuole essere fedele alla chiamata del suo Signore».

«C’è bisogno di questo pane nel momen­to storico più brutto, difficile e sofferto che le nostre genera­zioni stanno vivendo: prima la pandemia e poi la guerra»,

le parole di mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, che ha curato le meditazioni delle otto stazioni:

«Da Matera, vogliamo portare e spezzare il Pane, cibo di vita eterna, nelle nostre Chiese, nelle nostre parrocchie, nelle nostre famiglie, nel mondo del lavoro, nel mondo della politica».

A sfilare in processione tra i delegati, il Crocifisso ligneo del Seicento restaurato grazie alla Cooperativa “Oltre l’arte”, che ha anche lanciato una campagna di fund raising per sensibilizzare tutta la comunità nell’opera di recupero di un simbolo della devozione popolare materana.

Venerdì 23 settembre la seconda giornata del Congresso eucaristico nazionale era iniziata per il gruppo cremonese con l’Eucaristia nella chiesa di Sant’Agnese, nella periferia della città, con la liturgia presieduta proprio dal vescovo Antonio Napolioni.

A seguire spazio alle catechesi.

Un «viaggio del pane», passando di tavola in tavola, attraverso le tavole della creazione, della casa, dell’altare, della chiesa, della città, del Regno.

A proporlo è stato mons. Gianmarco Brusca, vescovo di Mantova, nella prima meditazione di questa edizione del Congresso eucaristico nazionale, tenuta in Cattedrale. «Niente nel cosmo è profano, ma tutto può essere profanato e reso volgare», ha spiegato. E ancora: «Sulla tavola della creazione non c’è solo il gusto del pane buono; entra anche il retrogusto del pane di sudore che ha il cattivo sapore del lavoro sottopagato, dello sfruttamento minorile, del lavoro insicuro o fatto in condizioni non dignitose».

«L’Eucaristia fa la Chiesa perché genera una gamma di relazioni di cui la comunità vive:

relazioni filiali, fraterne e sororali, paterne e materne, relazioni sacerdotali verso il creato. Dio comunica sé stesso a noi e noi entriamo in comunione con lui; nello stesso tempo coloro che partecipano al sacramento entrano in comunione gli uni con gli altri e la creazione entra, attraverso l’uomo, in comunione con Dio».

«Il gusto profondo del pane è gusto delle relazioni ma anche il gusto della nostra originale personalità», ha osservato Busca, secondo il quale «è falsa l’alternativa tra vivere per la comunione e perdere sé stessi oppure vivere per sé, una sorta di autoaffermazione di sé. L’Eucaristia santifica l’unità, ma santifica anche la vocazione originale a diventare ciò che Dio vuole che io sia, ciò che egli ha amato in me da tutta l’eternità. La chiesa è sì un corpo, ma formato dalla sinfonia di personalità differenti, originali e uniche. Nell’Eucaristia la differenza smette di essere fonte di divisione e diventa buona».

«Il mondo, purtroppo, sembra diviso tra chi non ha fame perché ha troppo cibo e chi ha fame perché non ne ha»,

la denuncia: «In virtù di questa perversa situazione, molti sono esclusi dalla società in cui vivono e diventano ben più che sfruttati: diventano avanzi, scarti, rifiuti». «Il paradosso dell’abbondanza in cui credevamo di vivere, con la crisi economica di questi ultimi anni – la tesi del vescovo, sulla scorta del Papa – ha mostrato che la miseria può essere tra di noi e colpire qui, nelle nostre terre, uomini e donne che vivono tra la penuria e la fame, faticando ad avere ciò che è necessario per vivere e dovendo così ricorrere all’aiuto di istituzioni caritative». «Anche come comunità cristiana – l’invito del presule – impegniamoci in una conversione alimentare, a operare dei mutamenti dei nostri comportamenti verso il cibo:

combattiamo gli sprechi, gli eccessi, la pornografia alimentare

che esibisce senza ritegno cibi raffinatissimi senza capire che si offende chi non si può permettere neppure la razione minima giornaliera. Fare comunione al pane spezzato non ci può lasciare tranquilli. Una sana inquietudine eucaristica porta i credenti che sono cittadini del mondo globale, nostra casa comune, a denunciare disuguaglianze e ingiustizie, e promuovere piani politici ed economici per riaffermare che i beni della terra sono per tutti».