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La paternità al centro dell’intervento di don Guglielmo Cazzulani al clero diocesano

La paternità, nel suo significato più profondo e nelle sue implicazioni anche più problematiche, impegnative e comunque feconde. Questo il filo conduttore della riflessione – articolata, coinvolgente, documentata, provocante – che don Guglielmo Cazzulani, della diocesi di Lodi, parroco, direttore dell’Ufficio catechistico e docente di Spiritualità, ha offerto al clero cremonese, riunito in plenaria con il vescovo Antonio Napolioni in Seminario la mattina di giovedì 2 dicembre.

L’incontro è stato introdotto dalla recita delle Lodi, in cui il Vescovo, commentando il brando di Michea, ha richiamato tra l’altro come i verbi espressi al tempo futuro «aprano a un orizzonte sicuro e segnalino il dinamismo della storia», cosicché «Egli è davvero, oggi e sempre, la nostra pace», e ha invitato a mettersi in «stato di Avvento», in cui le attuali difficoltà «non impediscano la gioia di essere salvati, ma acuiscano il desiderio di essere salvati secondo lo Spirito».

Ha quindi preso la parola don Cazzulani che, incentrando l’attenzione sulla “generatività”, ha evidenziato innanzitutto come oggi la paternità e la maternità siano tutt’altro che valori scontati e diffusi: sembra che sempre meno si desideri essere padri o madri, come è documentato anche dal calo demografico in Italia.

Certo, un figlio è sempre un’incognita, per cui si potrebbe pensare che sia meglio non metterlo al mondo, magari per non sentirsi addirittura rinfacciare la più dolorosa delle accuse, quella di averlo generato.

Don Guglielmo ha offerto esempi concreti, che di fatto sono sotto gli occhi di tutti, il cui comune denominatore è stata proprio la fatica a non pensare che alla propria immediata ed effimera felicità e all’indisponibilità a replicare a propria volta quei sacrifici che i genitori hanno fatto.

Dunque, la paternità è una vocazione continua al dono, perché – di fatto – è una privazione continua per un altro, come risposta a una vocazione che richiede una infinita disponibilità.

Avere un figlio, dunque – ha sottolineato – significa accettare una lunga serie di disagi, anche perché egli si discosta inevitabilmente dall’immagine ideale che se ne può costruire.

Ecco allora la bellezza e la profondità teologica ed esistenziale della parabola del “figliol prodigo”, in cui il più prodigo e generoso è il Padre, che dimostra come essere tale significhi porsi come indifeso, esagerare nell’amore, non smettere mai di volere bene, anche nei confronti di ciò che non è amabile.

Anche i preti possono vivere e vivono una dimensione autentica e  profonda di paternità – ha invitato a riflettere -, nell’amore verso tutto  e verso tutti, anche e proprio nei confronti di chi nessuno ama, in un equilibrato esercizio di amore e di fermezza, magari anche attraverso una relazione comunque ruvida, ma intrisa di desiderio del bene dell’altro.

E anche ognuno di noi non può non scoprirsi amato, nel proprio essere poveramente carnali e miserevoli: come Dio potrebbe amarci, se non nelle condizioni concretamente imperfette della nostra vita?.

Don Cazzulani ha dunque rimarcato come la paternità assuma caratteristiche peculiari, come la generosità, l’altruismo, la morte personale, il servizio…, ma può rivelare anche un suo sottofondo tragico, quando essa entra in conflitto con le radici più profonde e autentiche di chi ha generato, soprattutto nel tempo del distacco, della “desatellizzazione”, della evidenza che il figlio non è proprietà di nessuno.

Ma – ha richiamato con forza – per essere padri bisogna avere desiderio di futuro; e tenere conto che le parole “felicità” e “fecondità” hanno la stessa radice. Perché una persona è felice quando è generativa.

L’incontro è quindi proseguito con l’assemblea dei membri della Società di Mutuo Soccorso e Previdenza fra i Sacerdoti della Diocesi di Cremona che ha provveduto tra l’altro ad approvare il nuovo statuto.