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La nostra offerta quotidiana, unita a quella di Cristo, fa Eucaristia, cibo per la vita del mondo

Un Corpus Domini particolare. La festa per eccellenza dedicata all’Eucaristia, sacramento dell’amore di Cristo fatto dono fino alla fine, quest’anno ha dovuto reinventarsi. Niente processioni, niente manifestazioni popolari, ma solo messa e adorazione. Ammesso che davanti alla celebrazione eucaristica si possa dire “solo”. Sappiamo, dal Concilio in poi, che l’Eucaristia è il centro, la vita del cristiano e di ogni comunità che nasce dal vangelo di Cristo. Eppure quest’anno abbiamo dovuto – almeno nelle forme classiche – rinunciare all’Eucaristia celebrata. Il tempo del lockdown ci ha certamente messo di fronte a una nuova consapevolezza e all’urgenza di cogliere più in profondità il mistero dell’Eucaristia. Una consapevolezza che è passata dalla vita concreta di tanti che, di fronte al digiuno eucaristico, hanno riscoperto un modo nuovo di “prendere e mangiare il Corpo Cristo”. Sono i tanti che hanno raccolto l’intuizione dello Spirito per cui il fratello, il povero, il malato, l’ultimo è la carne di Cristo, è il suo Corpo. Penso a Egla, giovane mamma albanese che – privata del cibo quotidiano dell’eucaristia – ha prestato il suo servizio di volontaria in una casa di riposo Covid-19 per “toccare il corpo di Gesù” nei più sofferenti. Penso ai medici venuti in supporto all’ospedale di Treviglio, e ospitati al Santuario di Caravaggio, impotenti davanti alla prepotenza del virus che ogni giorno li minacciava di morte, ma capaci di donare tempo, sguardi da incrociare e mani da stringere a chi se ne stava andando, solo. E proprio lì, nelle corsie, quando anche la scienza doveva arrendersi, rinasceva in loro, magari senza saperlo, il significato del sacerdozio battesimale, grazie al quale ogni cristiano può “prendere, spezzare, offrire”. Lì, il sacrificio del Corpo di Cristo si realizzava nel silenzio, senza organo e calici d’oro. Ma certamente non meno gradito al Padre. È l’offerta del pane, del vino, poche gocce d’acqua che fanno Eucaristia, pane per la vita del mondo. È la nostra offerta quotidiana, grande o piccola che sia, unita a quella di Cristo, che fa Eucaristia, cibo per la vita del mondo. Sì, abbiamo celebrato meno messe; abbiamo adorato meno davanti al SS. Sacramento esposto. Ma forse, come semplici offerte nel sacrificio quotidiano che a ognuno di noi è stato chiesto in questo tempo, abbiamo vissuto l’Eucaristia della nostra vita come non mai. Non spettatori passivi di una messa presieduta da altri, ma “sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”. Così ci ha insegnato san Paolo. Così proviamo a rinnovare il nostro essere Eucaristia. Senza processione, per quest’anno, ma non per questo meno “vita, e vita in abbondanza”.

Paola Rizzi