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La croce protagonista alla Gmg

Venerdì 25 gennaio la grande protagonista della GMG panamense è stata lei, la croce, pellegrina insieme ai giovani da quel lontano 1985 quando san Giovanni Paolo II la affidò loro dando vita a queste giornate mondiali. Protagonista alla mattina, quando nella parrocchia di Nostra Signora de Guadalupe tutti gli italiani hanno celebrato una liturgia penitenziale e il sacramento della Riconciliazione, cui ha fatto seguito la Messa presieduta dal card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana. Croce protagonista indiscussa anche nel pomeriggio, quando presso il parco S. Maria de Antigua, sulla grande Cintura Costera di Panamà, il Santo Padre ha presieduto una intensa Via Crucis “attraverso il continente americano”.

 

Di seguito la testimonianza di Luca Lanfranchi, giovane di Varese alla Gmg di Panama con il gruppo del Pime di Milano, insieme anche ad alcuni pandinesi.

Una croce semplice

Ci sono attimi in cui la fede respira, si rinfresca dalla calura di ogni giorno, e riparte più vigorosa di prima. Nelle Gmg che ho fatto questi attimi sono stati tanto frequenti quanto inaspettati, un po’ come quell’angelo che apparve alla Vergine Maria.

Oggi durante la Via Crucis nel parco di Santa Maria Antigua, circondato da migliaia di giovani, quell’attimo inaspettato è giunto.

Non è servito quasi nulla: una croce (sempre la solita da più di trent’anni), della musica giusta al momento opportuno – cosa mai da sottovalutare il momento opportuno – ed infine noi, i giovani. Con questi pochi doni ci ha pensato Dio a fare il resto. Il tramonto scendeva sul parco e la croce si spostava mentre i giovani Pellegrini leggevano le tappe del calvario di Cristo. Con delicatezza e sapienza Dio ha agito, sembrava fossimo tutti accolti sulle sue ginocchia, come un papà fa coi propri figli. Le parole del Papa a più gradi riecheggiavano lungo la muraglia umana che costeggiava l’oceano, le parole importanti si devono sentire più volte per apprezzarle. Francesco ci ha detto che le braccia del signore sono immense, il suo abbraccio arriva fino al luogo più profondo del dramma umano. «E noi? Noi che facciamo?» ripeteva il Santo Padre, «riusciamo ancora a non essere indifferenti al dolore?». Domande spiazzanti.

E ora dopo un venerdì vissuto con Gesù nel momento più difficile delle sue vicende umane, la Crocifissione, si riparte sapendo che , come letto quest’oggi «la debolezza di Dio è più forte di tutto il mondo».

Mi permetto di chiudere con un pensiero fatto qualche giorno fa mentre stringevo fra le mani una croce in cartone comprata a Guadalupe. Ero inconsapevole di quello che avrei vissuto oggi, ma credo che in questa Via Crucis questo pensiero abbia trovato la sua verità e il suo compimento.

Indosso una croce che racconta di Dio, credo in un Dio che ha indossato una croce più grande della mia.
Quella che indosso è fatta di cartone, pressato, dipinto e colorato.
Col sudore si scioglie e io so che prima o poi si sfalderà.
Ma il mio Dio non si sfalda col sudore, non si spaventa delle lacrime, non teme le rotture.
In Messico e a Panama mi hanno insegnato che si può essere la croce che parla di Dio.

 

 

La terza giornata con Francesco

“Il cammino di Gesù verso il Calvario è un cammino di sofferenza e solitudine che continua ai nostri giorni”. Nel Campo Santa Maria l Antigua, venerdì 25 gennaio, Francesco abbraccia per la seconda volta a Panama i suoi giovani, insieme alla Croce della Gmg, e sceglie di farlo con una grande preghiera, quasi sussurrata, in cui trovano posto tutti i volti concreti della sofferenza e dei mali che sfigurano e disumanizzano la nostra società, ad ogni latitudine.

“Egli cammina e soffre in tanti volti che soffrono per l’indifferenza soddisfatta e anestetizzante della nostra società che consuma e si consuma, che ignora e si ignora nel dolore dei suoi fratelli”, la denuncia dalla Cinta Costera: “Anche noi tuoi amici, o Signore, ci lasciamo prendere dall’apatia e dall’immobilismo. Non poche volte il conformismo ci ha sconfitto e paralizzato. È stato difficile riconoscerti nel fratello che soffre: abbiamo distolto lo sguardo, per non vedere; ci siamo rifugiati nel rumore, per non sentire; ci siamo tappati la bocca, per non gridare”.

La terza giornata del Papa a Panama è cominciata con la liturgia penitenziale celebrata insieme ai i giovani detenuti di Pacora, una “prima volta” nelle Gmg: “Ognuno di noi è molto di più delle sue etichette”, dice nell’omelia, prima di confessare 5 ragazzi.

“Com’è facile cadere nella cultura del bullismo, delle molestie e dell’intimidazione!”, esclama Francesco, nella Via Crucis con gli oltre 200mila giovani di Panama, provenienti da 150 Paesi: “Padre, oggi la Via Crucis di tuo Figlio si prolunga”, la sua preghiera:

“Nel grido soffocato dei bambini ai quali si impedisce di nascere e di tanti altri ai quali si nega il diritto di avere un’infanzia, una famiglia, un’educazione; che non possono giocare, cantare, sognare; nelle donne maltrattate, sfruttate e abbandonate, spogliate e ignorate nella loro dignità; negli occhi tristi dei giovani che si vedono strappar via le loro speranze di futuro dalla mancanza di educazione e di un lavoro degno; nell’angoscia di giovani volti, nostri amici, che cadono nelle reti di gente senza scrupoli – tra di loro si trovano anche persone che dicono di servirti, Signore –, reti di sfruttamento, di criminalità e di abuso, che mangiano sulla vita dei giovani”.

“La Via Crucis di tuo Figlio si prolunga in tanti giovani e famiglie che, assorbite in una spirale di morte a causa della droga, dell’alcol, della prostituzione e della tratta, si trovano privati non solo del futuro ma del presente”. È lungo e articolato l’elenco dei dolori stilato dal Papa. “E così come furono spartite le tue vesti, Signore, viene spartita e maltrattata la loro dignità”, la denuncia: “La Via Crucis di tuo Figlio si prolunga nei giovani coi volti accigliati che hanno perso la capacità di sognare, di creare e inventare il domani e ‘vanno in pensione’ con la pena della rassegnazione e del conformismo, una delle droghe più consumate nel nostro tempo. Si prolunga nel dolore occulto e che fa indignare di quanti, invece di solidarietà, da parte di una società piena di abbondanza, trovano rifiuto, dolore e miseria, e per di più vengono indicati e trattati come portatori e responsabili di ogni male sociale. Si prolunga nella solitudine rassegnata dei vecchi abbandonati e scartati. Si prolunga nei popoli nativi, spogliati delle loro terre, di radici e cultura, facendo tacere e spegnendo tutta la sapienza che possono offrire”.

La Via Crucis di tuo Figlio si prolunga nel grido di nostra madre terra, che è ferita nelle sue viscere dall’inquinamento dell’atmosfera, dalla sterilità dei suoi campi, dalla sporcizia delle sue acque, e che si vede calpestata dal disprezzo e dal consumo impazzito al di là di ogni ragione”. La Via Crucis si prolunga, sintetizza Francesco, “in una società che ha perso la capacità di piangere e di commuoversi di fronte al dolore”: “Gesù continua a camminare, a farsi carico e a soffrire in tutti questi volti mentre il mondo, indifferente, consuma il dramma della propria frivolezza”.

“Anche noi desideriamo essere una Chiesa che sostiene e accompagna, che sa dire: sono qui!, nella vita e nelle croci di tanti cristi che camminano al nostro fianco”. Al popolo giovane di Panama, il Papa consegna l’esempio di Maria, il suo “stare” ai piedi della Croce, madre di suo figlio e di tutti i figli del mondo. “Contempliamo Maria, donna forte del ‘si’, che sostiene e accompagna, protegge e abbraccia”, l’invito per imparare ad essere “operatori di pace, creatori di alleanze, fermenti di fraternità”.

“Da Maria impariamo a dire ‘sì’ alla resistenza forte e costante di tante madri, tanti padri, nonni, che non smettono di sostenere e accompagnare i loro figli e nipoti quando sono ‘nei guai’”,

a tutti coloro che “ricominciano da capo nelle situazioni in cui sembra che tutto sia perduto”.

“In Maria impariamo la forza per dire ’sì’ a quelli che non hanno taciuto e non tacciono di fronte a una cultura del maltrattamento e dell’abuso, del discredito e dell’aggressione, e lavorano per offrire opportunità e condizioni di sicurezza e protezione”,

il riferimento indiretto al tema del prossimo incontro di febbraio in Vaticano con i presidenti di tutte le Conferenze episcopali del mondo.

“In Maria impariamo ad accogliere e ospitare tutti quelli che hanno sofferto l’abbandono, che hanno dovuto lasciare o perdere la loro terra, le radici, la famiglia e il lavoro”.

Nella parte finale della Via Crucis, il Papa non si sottrae al tema più caldo della nostra attualità: “Come Maria vogliamo essere Chiesa che favorisce una cultura capace di accogliere, proteggere, promuovere e integrare; che non stigmatizzi e meno ancora generalizzi con la più assurda e irresponsabile condanna di identificare ogni migrante come portatore di male sociale”.

(AgenSir)