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Intorno all’opera/29 – Philippe Daverio, l’arte raccontata a tutti

L’arte della comunicazione. Per tutti. È stato il suo più grande merito: divulgare. Philippe Daverio, morto nella notte tra il 1° e il 2 settembre 2020, all’Istituto dei tumori di Milano (era nato a Mulhouse, in Alsazia, nel 1949, papà italiano e mamma francese).

Di lui conservo con piacere e gelosia i suoi libri, un biglietto di auguri natalizi, la sua mail e il numero telefonico di casa, tutti i numeri di “Art e dossier” rivista di cui era direttore, l’incontro a Milano in Duomo; il confronto e lo scambio di opinioni. Come direttore dell’ufficio diocesano mi aveva esortato perché sosteneva che a Cremona abbiamo uno degli armadi più belli e preziosi dell’arte ebanista, capolavoro del Platina, ma diceva che non lo sapevamo apprezzare, valorizzare e custodire; infatti chissà quanti cremonesi lo sanno.

Nella facciata della nostra cattedrale ci vedeva l’immagine della chiave di violino, la effe a baffo che decora i più importanti strumenti musicali che caratterizzano Cremona: “Ma fermatevi un attimo a guardare la facciata del Duomo e leggetela lentamente come un libro aperto. La più curiosa delle curiosità sta nel completamento in gusto classico del timpano, voluto per esaltare il casato sforzesco. E la vera bizzarria sono le due volute laterali, oblunghe e stirate. Sì, sono queste gli antenati linguistici delle effe sulle pance di tutti i violini. L’antenato del legno intagliato è il sasso scolpito

Avrei desiderato tanto averlo all’inaugurazione del museo, diceva: “Un museo è una entità pulsante, viva che interagisce con la città e coglie le opportunità dell’arte e del grande pubblico. Altrimenti diventa un guardaroba dove, anziché appendere i vestiti, si appendono i quadri alle pareti”.

È stato tra i più importanti e autorevoli protagonisti della critica degli ultimi anni. Aveva capito l’importanza della televisione e della comunicazione su larga scala. Innovativa la sua rubrica su Rai 3 che si chiamava “Passpertout”, un nome che richiama fortemente la nostra rubrica “intono all’opera”. Forse anche per questo mi sentivo in forte sintonia con lui. Un raccontare l’arte in modo pacato, un linguaggio innovativo, uno sguardo diverso. Cercando di vedere nell’arte una metafora della vita, dei luoghi raccontati, con i loro sapori, le loro tradizioni, il loro vivere dentro.

Daverio ha sistematicamente evitato il tono accademico, senza mai abbassare il livello dei contenuti, esperto conoscitore del territorio lo ha esplorato in lungo e in largo portando all’attenzione quel patrimonio “minore” che è in realtà di prima grandezza, ha creato continui rimandi tra tempo e spazio: mescolando il tutto con un sicuro senso dell’umorismo e un infallibile senso del ritmo: è certamente il più leggibile, il più godibile, il più piacevole e quindi ci mancherà la felicità, l’allegria il divertimento.

don Gianluca Gaiardi
incaricato diocesano per i Beni culturali