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Intervista al nuovo rettore del Seminario che anticipa alcune novità per il prossimo anno

Lo scorso 9 giugno, durante il Consiglio presbiterale diocesano, mons. Antonio Napolioni ha annunciato la nuova équipe formativa del Seminario. Don Marco D’Agostino è il nuovo rettore, che sostituisce don Trevisi nominato parroco a Cristo Re in città, don Francesco Cortellini è il vicerettore che prende il posto proprio di don Marco, mentre don Primo Margini lascia a don Maurizio Lucini il delicato ministero di direttore spirituale. A don Marco D’Agostino, soresinese doc, classe 1970, abbiamo rivolto qualche domanda all’inizio del suo nuovo incarico.


Don Marco con quale stato d’animo ha accolto la nomina a rettore del Seminario?
«Con serenità. Mi sono venute in mente alcune chiamate dei profeti o degli apostoli. La forza non sta nelle capacità, ma in Chi ti chiama. Sono sereno perchè come ogni prete non si chiede nulla. Si dice di “sì” e in quella disponibilità si sente tutta la consolazione della Chiesa, la vicinanza del Signore che si fa storia nelle persone che ti mette vicino, il Vescovo, don Francesco e don Maurizio, gli altri preti, la comunità diocesana. Sono sereno perchè sono dentro una comunità di fratelli e di sorelle che pregano e vivono il Vangelo. Non ho vinto un concorso e non devo raggiungere degli standard ideali».

Quali saranno le novità per il prossimo anno?
«L’equipe degli educatori è “nuova”. Di fatto io no, ma anche io lo sono come collaboratore di don Francesco Cortellini e di don Maurizio Lucini. Siamo tutti e tre nuovi e troveremo le modalità più adatte perchè il nostro vivere insieme, tra noi e coi giovani che il Signore chiama, possa essere fruttuoso. Anzitutto la comunità di propedeutica – cioè i giovani che faranno l’anno/gli anni di preparazione la cui conclusione sarà la domanda al Vescovo di essere ammessi alla comunità del Seminario. Questa comunità di giovani (e speriamo che sempre più giovani possano sperimentare la bellezza e l’efficacia di un anno di preghiera, vita comune, attività insieme, riflessione su se stessi, discernimento) sarà stabile qui a Cremona (non più a Lodi) e il responsabile di questo nuovo cammino sarà don Francesco. Avrà una sua vita “a parte” con momenti comuni, di formazione, preghiera e fraternità con il Seminario. Gli altri seminaristi andranno a scuola a Lodi dal lunedì al giovedì (solo al mattino e viene abolito il pomeriggio dei primi tre giorni settimanali). Possono così tornare a pranzo ogni giorno e al pomeriggio/sera ci sarà una vita stabile delle due comunità, sia la propedeutica, sia la comunità del Seminario. Don Maurizio sarà il Padre Spirituale di tutte e due le comunità».

È vero che la classe propedeutica sarà particolarmente numerosa?
«Diciamo che ci sono alcuni giovani (qualcuno sta terminando gli esami di maturità e qualcuno già lavora da anni) che ci stanno pensando seriamente. Don Enrico e don Primo, della precedente equipe formativa, li hanno incontrati più volte e le prossime saranno le settimane decisive per loro. Chiedo a tutta la comunità diocesana di accompagnare nella preghiera coloro che si stanno decidendo. Le tante esperienze estive e formative dei nostri Oratori, le esperienze di carità e di servizio – come i preti hanno messo in evidenza lo scorso anno pastorale nei questionari di Pastorale Vocazionale – sono occasioni d’oro per pensare a come rispondere al Signore con la vita. Anche la prossima GMG potrà essere un buon trampolino… per buttarsi nella risposta a Dio e alla sua voce».

Secondo lei come deve essere il Seminario oggi?
«Una comunità di discepoli, attorno a Gesù Maestro, che costruiscono la loro umanità. Peccatori riconciliati che possono raccontare la misericordia che Dio ci ha usato. Pecore in continuo ascolto del vero Pastore. Figli e discepoli in cammino verso la Pasqua, in attesa del dono dello Spirito che confermi e mandi in missione. Se abbiamo questo atteggiamento di fondo, disponibilità a Dio e ai fratelli, possiamo crescere umanamente, nella fede, grazie allo studio e alla dimensione pastorale».

Il Vescovo Antonio le ha fatto qualche particolare raccomandazione?
«Sì, di essere discepoli autentici del Vangelo e di passare, giorno per giorno, da uomini a credenti, da credenti a pastori. Credo che il Seminario abbia bisogno, ogni giorno del Vescovo e del suo presbiterio. Il Vescovo ha suggerito, come indicazione, che ci sian anche una famiglia nell’équipe formativa del Seminario: credo sia un’ottima indicazione che aprirà la porta ad altre attenzioni sulla vita familiare. Il Seminario, dentro la Chiesa e il mondo, saprà vivere la sua vocazione, ai piedi del Maestro, come Maria a Betania, in cammino come i due di Emmaus, con le stesse fatiche e gioie dei Dodici».

Tre qualità indispensabili per un rettore di Seminario…
«È una domanda difficile. Le elenco, ma ci sono “lavori in corso” su tutte e tre. Anzitutto l’ascolto, di Dio, dei preti che vivono con me, dei giovani che formano le comunità del Seminario, del Vescovo, del presbiterio, delle famiglie e dei laici. Dio parla in tutti e sa raggiungerci e sorprenderci in molti modi, anche attraverso qualche critica. L’umiltà di non avere la verità e la soluzione in tasca. Cioè l’atteggiamento di chi sa confrontarsi, ripensare, dialogare, mettersi all’ultimo posto, pur nella responsabiltà, per essere a servizio. Infine la riconoscenza. Credo che la bellezza del seminario sia essere a contatto con giovani entusiasti di vivere, di rispondere al Signore, di essere dentro l’esperienza del Dio vivo. È un’esperienza privilegiata. Vivere e collaborare con altri preti è un dono speciale di cui rendo grazie fin da subito».

Tre qualità indispensabili per un giovane prete…
«Al primo posto metterei la capacità di relazione. È il requisito fondamentale per il cammino di risposta al Signore. Sapersi relazionare con Dio, coi gli altri, con se stessi. Essere uomini di comunione e non di divisione nella comunità, lasciarsi aiutare. Riconciliarsi anche con le proprie storie, sapersi guardare con gli occhi misericordiosi di Dio. In secondo luogo la voglia di annunciare il Vangelo e di non avere due vangeli, uno predicato e uno vissuto. L’autenticità è requisito fondamentale, come il sapersi mettere in discussione continuamente, proprio attraverso le relazioni con i laici, che formano la maggioranza della comunità. Infine la maturità umana che evita il pettegolezzo e la critica distruttiva e fa considerare la Chiesa non come un possesso, ma come un servizio. Il potere delle “chiavi” non è un privilegio per comandare da padroni, ma un invito a slegare ciò che le nostre rigidità e punte impediscono di essere. Siamo i “collaboratori della vostra gioia”, non i padroni della fede altrui».

La maggior parte della sua vita l’ha passata proprio in Seminario: quali persone ricorda con più riconoscenza e affetto?
«I miei educatori e insegnanti, tanti preti con cui ho collaborato in questi anni, sia negli uffici di curia, alla Pastorale Giovanile, sia nelle parrocchie per incontri biblici o con i genitori dell’Iniziazione Cristiana, i miei colleghi e gli alunni del Liceo Vida e tanti adolescenti e giovani che ho incontrato, tante espressioni della vita consacrata, tante famiglie e laici che mi hanno arricchito con le loro storie. Spero che le buone relazioni con tutti possano regalare alla comunità del Seminario tanti amici che pregano, lo sostengono, lo fanno crescere nella comunità diocesana. A tutti grazie, fin da oggi».