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Inaugurata Casa San Facio, «per dare voce ai giovani, prendersi cura delle diversità, essere segno di speranza e testimone della fraternità»

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Una casa, una famiglia che esprima la capacità di accogliere di una comunità: questo vuol essere Casa San Facio, inaugurata nella mattinata di domenica 13 novembre, giorno di Sant’Omobono, dal vescovo Antonio Napolioni in via Martiri di Sclemo.

Una casa che «dia voce ai giovani, si prenda cura delle diversità, sia segno di speranza e testimone della fraternità», come ha dichiarato il vescovo davanti al sindaco Gianluca Galimberti, al prefetto Corrado Conforto Galli, ai comandanti provinciali di carabinieri e guardia di finanza, tenete colonnello Giuliano Gerbo e colonnello Massimo Dell’Anna, al cavalier Giovanni Arvedi, ai rappresentanti delle Università presenti sul territorio e a un discreto numero di studenti, operatori Caritas e del sociale del territorio.

La struttura, infatti, voluta dalla Caritas a 50 anni dalla sua fondazione (avvenuta il 13 novembre 1972, proprio il giorno del patrono), è frutto della ristrutturazione di una residenza diocesana a pochi passi dal centro. Un progetto ambizioso che ha dato vita (al civico 5) a 9 appartamenti per un massimo di 24 studenti universitari fuorisede (seguiti da un educatore Andrea Cariani) e ad altri 7 appartamenti (al civico 7) dedicati a forme di affitto calmierato o a contratto sociale per nuclei o individui in situazione momentanea di bisogno. Una realtà dunque di housing sociale promossa e sostenuta dalla Diocesi, attraverso l’impegno della Caritas cremonese e realizzato grazie al decisivo contributo della Fondazione Arvedi-Buschini e con il sostegno di Fondazione Cariplo.

«L’inaugurazione è un motivo di festa – ha dichiarato prima del taglio del nastro fuori dall’edificio don Pierluigi Codazzi, direttore di Caritas Cremonese, che per primo ha preso la parola – proprio nel giorno dedicato a Omobono, santo laico capace di cose straordinarie nella quotidianità. È un giorno di gioia perché il territorio, come ai tempi di Omobono, esprime, con quest’opera, attenzione verso i bisogni delle persone». Forse non è una coincidenza che questa casa, dedicata a un altro santo della carità, san Facio, inaugurata per i 50 anni della Caritas, il giorno del patrono coincida con la 6ª Giornata mondiale per i poveri. «Il Papa – ha concluso don Codazzi – ci invita a ripartire dagli ultimi, dal Vangelo ed ad essere creativi. Abbiamo cercato di farlo con questa iniziativa perché c’è bisogno di creatività, di novità, di segnali di speranza».

Emozionato anche l’intervento di due degli studenti universitari che già abitano la casa. Margherita Simonetti, che sta studiando Economia agroalimentare in Università Cattolica, ha testimoniato la vita condivisa dai ragazzi che già vivono al civico 5. Ne ha parlato come di «una comunità, un gruppo di amici provenienti da nazioni diverse che si stanno trasformando in una famiglia». Ziv, israeliano di provenienza, impegnato in un master di Politica ambientale, ha invece sottolineato l’accoglienza che gli ha permesso di risolvere ogni problema al suo arrivo per la prima volta a Cremona.

Sono seguite le parole del vescovo Antonio Napolioni per «un’assemblea che si è ritrovata per strada, a cielo aperto, come in cammino» per inaugurare una Casa (è stato letto anche un passo del Vangelo di Luca) e che «si prenda cura dei rapporti tra le persone, che sia segno di pace e di ospitalità», dimostrando fiducia nei giovani.

Dopo la benedizione e il taglio del nastro, i presenti sono stati invitati a visitare i locali, a partire dagli scantinati che, nell’idea progettuale potrebbero diventare la nuova sede dell’Archivio diocesano. Nel cortile invece, condiviso dai due numeri civici, il direttore dei lavori, l’architetto Massimo Fertonani, ha illustrato l’intervento di ristrutturazione, dal cappotto, ai pannelli  fotovoltaici che alimentano le pompe di calore, agli interventi di isolamento che hanno condotto l’edificio ad essere classificato in classe A, quanto all’uso intelligente e sostenibile delle risorse energetiche. Poi è seguito un giro di visita durante il quale si è potuto toccare con mano l’aria familiare che 18 studenti già condividono animando, già da qualche tempo, Casa San Facio.

 

 

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