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In Cattedrale la Messa del Vescovo per sant’Imerio, patrono secondario della città e della diocesi

È stato il vescovo Antonio Napolioni a presiedere, la mattina di sabato 18 giugno in Cattedrale, la Messa nella solennità di sant’Imerio, patrono secondario della città e della diocesi, le cui spoglie sono conservate nelle cripta della Duomo.

«Credo che nel cielo non ci siano patroni principali e secondari», ha esordito aprendo la Messa dopo le Lodi recitate insieme al Capitolo della Cattedrale, alla presenza anche del nuovo vicario generale, don Massimo Calvi.

«Un nuovo vescovo ha bisogno dell’intercessione di tutti i santi vescovi», ha quindi affermato mons. Napolioni sottolineando alcuni particolari legami tra lui e sant’Imerio: anch’egli venuto dal sud Italia (era originario della Calabria) ed eletto vescovo di Amelia (che è il nome della madre di mons. Napolioni). Ultimo richiamo al fatto di essere stato un eremita chiamato alla dignità episcopale, proprio come il vescovo san Severino, patrono della parrocchia guidata da mons. Napolioni sino a pochi mesi fa.

Nell’omelia il Vescovo, rileggendo la pagina evangelica, ha proposto tre stimoli, rivolti in particolare ai sacerdoti: «Sant’Imerio ha detto – ci invita a essere e ci rende capaci di essere presi per la missione, pieni di pace e segni del Regno».

Una missione così totalizzante da non concedere la possibilità di legami. «Lasciare – ha sottolineato il Vangelo – è un verbo fortemente cristiano. Se è per Cristo, se è perché siamo presi da lui, presi dalla missione, presi dal futuro che il Signore ci chiama a vivere con tutti, non è scortesia non salutare lungo la strada, ma è avere fisso lo sguardo su Gesù e corrergli dietro».

Poi la pace, con un invito chiaro: «Noi non possiamo predicare di pace se non siamo in pace; non possiamo pretendere la pace se non la costruiamo. E allora Imerio ci aiuti a essere pieni della pace del Signore. Cristo nostra pace regni dentro di noi».

Infine lo sguardo si è soffermato sul Regno dei Cieli da annunciare non tanto a parole, ma con i fatti, il sorriso, la tenerezza, la carità e le opere. «Quanta carità abbiamo bisogno di assaporare tutti noi – ha concluso – per essere felici di spenderci a prescindere dai risultati, dalle verifiche, “gratis et amore Dei”. Come sant’Imerio ha vissuto e come anche noi possiamo e dobbiamo vivere per rendere vivo il Vangelo nel nostro tempo».

I resti mortali di sant’Imerio sono conservati nella cripta della Cattedrale. Furono trasportati a a Cremona nell’anno 965 per volontà del vescovo Liutprando. La sua memoria è testimoniata dalle antiche fonti liturgiche cremonesi al 18 giugno. Fu onorato come patrono della città e della diocesi, finché la venerazione per sant’Omobono ne fece affievolire il culto. A lui è dedicata una sola chiesa in diocesi: la parrocchiale di via Aporti, intitolata ai santi Clemente e Imerio.

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