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Il viaggio del Papa in Iraq sarà storico per il Medio Oriente

Dal 5 all’8 marzo Francesco è in Iraq per un viaggio che segna gli spiriti e nel corso del quale farà gesti simbolici e concreti per sostenere i cristiani d’Oriente e incoraggiare il dialogo con l’islam. Pubblichiamo l’intervento di padre Charbel Eid, maronita libanese, collaboratore di ACN (Aid to the Church in Need – Aiuto alla Chiesa che Soffre) per l’Iraq, la Siria e il Libano.

Questo venerdì 5 marzo papa Francesco atterrerà in Iraq per il suo primo viaggio all’estero dopo l’inizio della pandemia, ma soprattutto per un viaggio storico, specialmente a Mossoul e sulla piana di Ninive occupata dai jihadisti del gruppo Stato islamico dal 2014 al 2017. Questo soggiorno segnerà gli spiriti per diverse ragioni, che è importante ricordare.

La prima è che esso costituirà un incoraggiamento senza precedenti per il cristiani d’Iraq, che non hanno ricevuto la visita di nessuna personalità governativa straniera da cinque anni. Ora, questa comunità è stato uno degli obiettivi privilegiati delle organizzazioni terroristiche e, attraverso insostenibili persecuzioni, è stata forzatamente costretta a fuggire dal Paese per mai più ritornarvi, tanto le tensioni rimanevano gravi e le strutture pubbliche distrutte. Fino al 2003 l’Iraq contava in milione e mezzo di cristiani. Oggi non sono più di 300mila, secondo l’ONG Hammourabi, che milita per la difesa della minoranza cristiana.

“La nostra presenza in Iraq, in Libano e in Siria e altrove è minacciata”, ha commentato il cardinale Louis Raphaël Sako, patriarca dei Caldei, a Radio Vaticana. “Il Papa viene a dirci che noi abbiamo una vocazione qui, perseverare e rimanere”.

Per Mons. Petros Mouché, arcivescovo siriaco cattolico di Mossoul e Quaraqosh, interrogato dall’agenzia di stampa cattolica i.media, “questo viaggio è in incoraggiamento a rimanere”. “Io non so se la venuta del Papa farà ritornare i cristiani che sono partiti. E’ possibile. Mostra già a tutto il mondo che il paese è ormai più stabile, che è capace di accogliere il Papa”, ha aggiunto.

 

Rafforzare la regione

La seconda ragione che rende fondamentale questo viaggio è giustamente la stabilizzazione del paese, che incoraggerà concretamente.

Questa partenza in massa dei cristiani d’Oriente ha infatti provocato drammi e ferite profonde nel paese. I pastori sono i primi a potere testimoniare questa tragedia. Visto che non possono esimersi dal comprendere la scelta dolorosa di numerosi fedeli di partire, per potere garantire la sicurezza della loro famiglia, le comunità cristiane che restano non ne sono meno indebolite, se non ancora di più emarginate.

Tutto ciò senza contare il fatto che la presenza cristiana nell’insieme del Medio Oriente è storica da due millenni ha rappresentato sempre un fattore di stabilità. Dunque, se incoraggiare una presenza cattolica forte in Iraq non è una questione da poco, questa è essenziale alla distensione culturale e politico del paese.

In più, ben più che “pastorale”, cioè destinato ai cattolici, a testimoniare loro la sua vicinanza attraverso una presenza confortante e orante, il viaggio del Papa in Iraq ha ugualmente come scopo assicurare il rispetto dei diritti umani fondamentali. In questo senso, diversi incontri sono organizzati con i dignitari e i responsabili politici della Repubblica Iraqena. Sarà soprattutto il caso del Primo ministro Moustafa al-Kazimi, che avrà l’occasione di ricevere ufficialmente papa Francesco venerdì 5 marzo.

In occasione di questi incontri, oltre agli scambi protocollari e i gesti diplomatici, ci si può aspettare, tanto dietro le quinte che nei discorsi ufficiali, che Francesco insista sull’urgenza della pace.

 

Benefico per il dialogo interreligioso

Ecco la terza ragione che rende questo viaggio così importante. Francesco, attraverso le sue parole e i suoi gesti, è in effetti un infaticabile artigiano della pace. Incoraggerà in questo senso l’insieme dei cittadini della Repubblica d’Iraq a mettersi al lavoro per rifondare il loro paese, al di là delle differenze religiose. Di più, la presenza del papa potrà essere un avvenimento perno in questo senso

La sua visita permetterà ugualmente di riaffermare la sua volontà di dialogo con l’islam e di mettere in pratica lo storico “Documento sulla Fraternità umana” che è stato firmato con lo sceicco Ahmed al-Tayeh nel febbraio 2019. La volontà di Francesco di cercare la pace grazie alle religioni resta infatti un punto focale nella sua spiritualità e nella sua teologia.

 

Un momento più ragionevole?

La visita del papa si indirizzerà dunque sia ai cristiani dell’Iraq che ai credenti di tutte le religioni nel mondo intero. Insisterà sull’apertura di spirito che ciascuno deve possedere per andare verso l’altro senza avere paura della differenza.

“Nella nostra epoca, il dialogo interreligioso è una componente importante dell’incontro fra popoli e culture. Allorché è compreso non come rinuncia alla propria identità, ma come occasione di maggiore conoscenza e di arricchimento reciproco, rappresenta una opportunità per le guide religiose e per i fedeli delle diverse confessioni”, aveva considerato il papa. Sulla base di questa visita storica sarà allora necessario rilanciare le tavole rotonde interreligiose intorno al “documento sulla Fraternità umana”, in quanto “l’unica alternativa alla civiltà dell’incontro è la barbarie dello scontro”, ripeteva Francesco nell’aprile 2017 nel suo discorso alla Università di Al Azhar, al Cairo, in Egitto.

Lo si comprende subito: la presenza del papa in Iraq non sarà certo di tutto riposo. E non c’era un momento migliore per recarvisi, un momento più sicuro, più “ragionevole”? Se si guarda dall’esterno e secondo i criteri del mondo, certamente, ma, come dice l’Epistola di Giacomo nel Nuovo Testamento, “la misericordia trionfa sul giudizio” (Gc 2, 13). Il papa ha dunque considerato che la priorità dovesse essere riservata innanzitutto a coloro che soffrono, a qualunque costo.

Durante questi giorni, il mondo intero sarà testimone di un pastore pronto a tutto per i suoi. Che sia attraverso la testimonianza del suo amore per questi cattolici, o un lavoro diplomatico al servizio dell’urgenza umanitaria o un desiderio di avvicinamento con i nostri fratelli musulmani, questo viaggio del Papa in Iraq lascerà l’impronta di un uomo interamente votato alla causa della pace. Costituirà in ogni caso anche una “grande gioia”, per riprendere le parole del cardinale Sako.

Padre Charbel Eid

 

(A cura di don Federico Celini,
liberamente tratto e tradotto dall’articolo pubblicato su www.lalibre.be)