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Il vescovo Napolioni, guardando ai drammi dell’oggi: «È tempo di diventare tutti francescani»

 

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È stato il vescovo Antonio Napolioni a presiedere la Messa nella festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia e degli ecologisti, celebrata nel pomeriggio di martedì 4 ottobre presso la chiesa di San Giuseppe dei frati Cappuccini di Cremona. A concelebrare insieme al vescovo Napolioni anche l’emerito Dante Lafranconi, il guardiano del convento di via Brescia padre Giorgio Peracchi, il vicario zonale e parroco di San Bernardo don Pietro Samarini con anche alcuni altri frati e sacerdoti.

Aprendo la celebrazione eucaristica monsignor Napolioni ha sottolineato come la solennità di san Francesco sia ancora una ricorrenza sentita anche dalla comunità civile, ricordando le celebrazioni civili alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella e la Messa celebrata ad Assisi dal cardinale Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana.

Nella festa del poverello di Assisi il vescovo Napolioni ha proposto nell’omelia una riflessione sui tre drammi che stiamo vivendo: «La guerra, l’emergenza ambientale con il pianeta che rischia di essere distrutto da noi e la crisi economica… la pandemia la lasciamo da parte, ma sullo sfondo c’è il legame di queste tre con la pandemia. Francesco d’Assisi è la risposta a questi drammi perché è uomo di pace, è uomo che sa trattare la natura e il Creato con rispetto e con amore e ha scelto madonna povertà».

«Pensate l’attualità di Francesco – ha proseguito Napolioni –. Pensate quanto non l’abbiamo seguito abbastanza: altrimenti non saremmo in questa situazione. Pensate quanto è necessario rileggere la sua testimonianza e ricevere la sua intercessione. Non bastano tutti i frati del mondo, non bastano tutte le famiglie francescane: è tempo di diventare tutti francescani! Vescovi compresi, industriali, famiglie, non si tratta di vestirci di marrone, ma di dire no a altre risposte a altre sfide».

La figura del frate medioevale, simbolo anche di pace, è stata quindi affiancata a un’altra figura dei giorni nostri: «Davanti alle sfide di oggi cosa avrebbe fatto Francesco? Quello che un altro Francesco sta cercando di fare: era giovane quello di Assisi, è vecchio e infermo quello di Roma, ma annuncia lo stesso Vangelo, della fraternità e della riconciliazione, del dialogo a ogni costo e dell’andare incontro per primi anche se costa, anche io lo faccio molto poco». «Francesco d’Assisi e Francesco di Roma sono gli imprudenti del Vangelo che non si arrendono all’inevitabilità della guerra, che non si rassegnano all’inquinamento, allo sfruttamento sconsiderato delle risorse, all’ingiustizia tra i popoli e le classi sociali per cui il divario tra ricchi e poveri si allarga  a dismisura», ha proseguito il vescovo di Cremona.

Da queste premesse monsignor Napolioni ha quindi proseguito: «Cosa fare dunque? Può sembrare una riflessione sociale, invece siamo in chiesa. Qui è esattamente il modo e il luogo dove Francesco non ci lascia in pace, non ci lascia soli, perché è Cristo che non lascia in pace né lui né noi e ci si consegna inerme. Qual è la nostra medicina, la nostra forza?».

Nel concludere l’omelia un invito forte e un auspicio al futuro da parte del Vescovo: «Il mondo è un po’ crocifisso, non alla maniera di Cristo, ma alla maniera dei maledetti: c’è il modo di Gesù, quello di cui Francesco porta le stigmate, con i poveri che si stringono a Gesù per partecipare almeno un po’ a quell’amore con cui il Padre non ha condannato il mondo, ma ha donato il figlio per salvarci: l’offrirsi gratis, il sacrificio e la condivisione sono la nostra forza: non siamo autorizzati a mollare, lo dobbiamo per fedeltà a Dio e agli uomini, a chi nel mondo aspetta che si manifesti l’armonia tra i figli di Dio, il Creato e le nazioni. Non c’è altro futuro: rimettere in ordine le cose lasciando che sia la croce a scrivere i segni di questa nuova vita».